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L'abate Giuseppe Parini (n. 1729 - m. 1799) è stato un poeta, librettista e traduttore italiano.
Fu uno dei massimi esponenti del Neoclassicismo e dell'Illuminismo italiano.
Giuseppe Parino, che cambierà in seguito il suo cognome in Parini, nacque in Brianza, a Bosisio (oggi Bosisio Parini, provincia di Lecco), presso il lago di Pusiano da Francesco Maria Parino, modesto commerciante di seta, e da Angiola Maria Caspani, sorella del curato di un paese vicino. Quella del poeta era una famiglia di estrazione popolare e numerosa e, non potendo permettersi di mantenere il figlio agli studi lo affidarono, a dieci anni, alle cure di una prozia che abitava a Milano dove Giuseppe venne iscritto alle classi inferiori delle Scuole di Sant'Alessandro, o Scuole Arcimbolde, gestite dai padri barnabiti.
Nel 1741 la prozia lasciò in eredità al nipote dodicenne una modesta rendita annua sui beni immobiliari, a condizione che divenisse sacerdote. Il giovane, che era debole di salute e desiderava continuare gli studi, si avviò così al sacerdozio (prenderà i voti nel ) e proseguì gli studi senza grande profitto, come risulta dai registri della scuola che nell'anno - così riporta: 'Parinus Joseph: ut plurimum abfuit, subdole per aliquot dies interfuit; litteris testimonialibus habitis, abfuit perpetuo'.
Si possono spiegare gli scarsi risultati agli studi con il fatto che a causa delle difficoltà economiche e per aiutare i genitori, che nel frattempo erano venuti ad abitare a Milano, il giovane fu costretto a dare lezioni private e a copiare carte per vari studi legali, ma soprattutto per una spiccata insofferenza verso i metodi rigidi e antiquati dell'insegnamento.
Degli anni trascorsi in quella scuola conservatrice anche se prestigiosa, della quale furono allievi anche Pietro Verri e Cesare Beccaria, gli rimasero più che altro le letture personali dei classici greco-latini, come Anacreonte, Virgilio, Orazio e quella degli scrittori italiani, Dante, Ariosto oltre ai poeti del settecento.
Terminate le scuole nel 1752, grazie ad una maggiore, anche se modesta, sicurezza economica dovuta alla rendita della prozia (che aveva ottenuto nel in seguito ad una causa con l'esecutore testamentario, Antonio Rigola), il giovane chierico pubblicò una prima raccolta di rime, dal titolo Alcune poesie di Ripano Eupilino (Ripano è l'anagramma di Parino, Eupili è il nome latino del lago di Pusiano: Parino da Eupili) sottoforma di novantaquattro componimenti di carattere sacro, profano, amoroso, pastorale e satirico, che risentono della sua prima formazione culturale e soprattutto dello spirito bernesco.
Da questi versi semplici e non encomiastici, si riscontra l'immagine di un giovane ancora socialmente e intellettualmente isolato che non conosce i dibattiti dell'ambiente lombardo ma che è ancora rivolto all'ambito dell'Arcadia e del classicismo cinquecentesco.
Grazie però ad una certa fama acquisita con questa raccolta, il Parini venne accolto nel 1753 nell'Accademia dei Trasformati che si radunava in casa del conte Giuseppe Maria Imbonati ed era formata dal meglio dei rappresentanti della cultura milanese, dove troverà amici e protettori.
Dopo aver ottenuto a Lodi i voti sacerdotali, il 14 giugno del , fu ordinato sacerdote ma le risorse economiche piuttosto scarse per farlo vivere in modo dignitoso, lo costrinsero ad accettare l'aiuto dell'abate Soresi che lo sosterrà nell'entrare al servizio del duca Gabrio Serbelloni come ripetitore del figlio Gian Galeazzo.
Il servizio a casa Serbelloni durò dal 1754 fino al 1762 e, pur non dandogli la sicurezza economica, lo mise a contatto con persone di elevata condizione sociale e di idee aperte, a partire dalla contessa Vittordia che leggeva Rousseau e Buffon, al padre Soresi che sosteneva con ardore le riforme in campo scolastico, al medico di casa, Giuseppe Cicognini (in seguito direttore della facoltà di medicina di Milano) che sosteneva il dovere morale ad allargare le cure anche a coloro che per pregiudizio avevano mali considerati degni di colpa.
Intanto in casa Serbelloni il Parini osservò la vita della nobiltà in tutti i suoi aspetti ed ebbe modo di assorbire e rielaborare alcune nuove idee che arrivavano dalla Francia di Voltaire, Montesquieu, Rousseau, Condillac e dell' Encyclopédie, che influenzarono gli scritti di questo periodo al quale risale, tra gli altri, il Dialogo sopra la nobiltà ( ), le odi La vita rustica (che sarà pubblicata solamente nel nelle Rime degli arcadi con lo pseudonimo di Darisbo Elidonio), La salubrità dell'aria ( ), che affronta come la precedente l'opposizione città-campagna ma con uno stile completamente nuovo, e La impostura ( ).
Sempre in questo periodo scrisse, per i Trasformati, una polemica letteraria contro i Pregiudizi delle umane lettere (1756) del padre Alessandro Bandiera con il titolo Due lettere intorno al libro intitolato 'I pregiudizi delle umane lettere' e nel una nuova polemica letteraria contro i 'Dialoghi della lingua toscana' del padre barnabita Onofrio Branda.
Nell'ottobre del 1762, per aver difeso la figlia del compositore e maestro di musica Giovanni Battista Sammartini che era stata schiaffeggiata dalla duchessa in uno scatto d'ira, fu licenziato e, abbandonata casa Serbelloni, venne presto accolto dagli Imbonati come precettore del giovane Carlo al quale il poeta dedicherà, nel , l'ode La educazione.
Nel marzo del 1763, incoraggiato dagli amici del gruppo dell'accademia e da conte Firmian pubblicò, anonima, presso lo stampatore milanese Agnelli, il Mattino che otterrà accoglienza favorevole dalla critica e soprattutto dal Baretti che, nel primo numero della rivista La frusta letteraria, uscito il 1° ottobre del , dedicava una critica positiva all'opera.
Nel 1765 uscirà, ancora anonimo, il secondo poemetto il Mezzogiorno che, tranne il giudizio negativo di Pietro Verri sul 'Caffè', otteneva da altre testate accoglienza positiva.
Nel 1771 tradusse, in collaborazione di
alcuni 'Accademici trasformati' tra cui il Verri una parte del
poemetto '
Nel 1774 fece parte di una commissione istituita per proporre un piano di riforma delle scuole inferiori e dei libri di testo e intanto si dedica alla composizione de Il Giorno e delle Odi.
Nel 1776 gli venne attribuita una pensione annua dal papa Pio VI e fu nominato ordinario della Società patriottica istituita da Maria Teresa per l'incremento dell'agricoltura.
Con il nome di Darisbo Elidonio entrò nel a far parte dell'Arcadia di Roma proseguendo intanto nella composizione delle odi: La laurea ( ), Le nozze (1777), Brindisi ( ), La caduta, In morte del maestro Sacchini, Al consigliere barone De Marini (1783-1784), Il pericolo ( ), La magistratura ( ), Il dono ( ).
Nel 1791 il Parini venne
nominato Soprintendente delle Scuole pubbliche di Brera e scrisse l'ode La
gratitudine. Nello stesso anno vennero pubblicate ventidue delle sue odi
con il titolo Odi dell'abate Parini già divolgate. Le ultime due parti
del 'Giorno', il Vespro e
Tra il 1793 e il ospite del suo amico
marchese Febo D'Adda
scrisse altre odi (Il messaggio, A Silvia, Alla Musa,
Come appare nel frammento dell'ode A Delia, scritta tra il 1798 e il , il poeta è avverso alla guerra e alla violenza e rifiuta la richiesta di una 'ragguardevole donna' che voleva da lui un'esaltazione poetica delle vittorie francesi perché non poteva cantare 'i tristi eroi' e 'la terra lorda/ di gransangue plebeo'.
Monumento a Giuseppe Parini a Milano.
Il poeta si spense nella sua abitazione di Brera il 15 agosto , a pochi mesi di distanza dall'entrata degli austro-russi a Milano, dopo aver dettato il famoso sonetto Predàro i filistei l'arca di Dio, nel quale condannava duramente i francesi, ma allo stesso tempo lanciava un severo ammonimento anche agli austriaci.
Fu sepolto a Milano nel cimitero di Porta Comasina con funerali molto semplici come egli stesso aveva voluto nel suo testamento.
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