Il «Dolce Stil Novo»
"Dolce Stil Novo" è
la denominazione ricavata dal 24° canto del Purgatorio di una nuova poetica
letteraria che sorse per prima a Bologna, poiché proprio qui nacquero
inizialmente le prime università, ma ebbe la sua massima fioritura a Firenze.
Il fondatore fu il bolognese Guido Guinizzelli, mentre i suoi successori furono
tutti toscani: Guido Cavalcanti, Lapo Gianni Cino da Pistoia e il più grande
Dante Alighieri.
Guinizzelli definito dallo
stesso Dante come proprio maestro, fu il primo, infatti, ad identificare
l'amore con la gentilezza e specialmente con la nobiltà d'animo. È inoltre il
primo ad equiparare la donna ad una figura angelica. A lui appartiene il
manifesto di questa nuova tendenza letteraria: "Al cor gentile rempaira sempre amore" nel quale fa uso del famoso
stile delle rime «dolci e leggiadre», quindi uno stile limpido e chiaro in
contrapposizione con quello guittoniano dell'amore cortese. Per gli stilnovisti
l'amore non si basa più sul semplice corteggiamento esteriore; la donna diventa
una forma di tramite fra Dio e l'uomo tanto da rappresentare la sua salvezza
spirituale per quest'ultimo. Il rapporto quasi feudale fra l'uomo e la donna è
sostituito con una visione più spiritualizzata della donna. Il tema principale
è l'identificazione fra «amore» e «gentilezza» intesa come nobiltà d'animo e
definita da Dante «altezza d'ingegno». Il saper amare finemente, inteso come
saper poetare, è indizio di una superiore nobiltà d'animo. Quest'ultima non
deriva però dai natali o a titolo ereditario ma è una qualità di natura. Non
troviamo la realtà cittadina come quella descritta da Guittone ma una nuova
nella quale il fine dell'uomo non sarà quello di appartenere ad una posizione
sociale elevata ma sarà una sua elevazione spirituale.
Guido Cavalcanti rappresenta la
personalità più rivelante del gruppo degli stilnovisti. Fiorentino, egli come
Dante fu esiliato dopo varie lotte politiche del Comune, è descritto immerso
nella meditazione filosofica e con un carattere eletto. La sua canzone
manifesto è "Donna me prega", dalla quale deriva la sua concezione dell'amore, mediante
un linguaggio oscuro, come passione che esclude ogni controllo razionale.
Quindi una rappresentazione cupa dell'amore, che rappresenta una forza
devastante che porta solo alla paura ed al dolore. Il tutto è rappresentato da
un mondo del tutto astratto e irreale senza alcuna concretezza che quindi
costituisce l'interiorità stessa dell'anima.