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Crepuscolarismo, futurismo




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CREPUSCOLARISMO


Il termine "crepuscolare" venne usato per la prima volta dal critico Borghese che, a proposito di questa poesia, disse che essa rappresentava il crepuscolo della grande tradizione poetica del nostro Ottocento.

La poesia crepuscolare rappresenta il versante opposto della lirica dannunziana, nel senso che i suoi temi sono antieroici e il suo stile sembra la negazione della raffinatezza dannunziana.

Più che di una scuola vera e propria, si tratta di un gusto poetico che ha accomunato un gruppo di giovani intellettuali dello stesso periodo, i cui temi prediletti spaziano dai salotti polverosi ai parlatori dei conventi, dalla stazione ferroviaria alla strada in cui risuona la melodia malinconica dell'organo di Barberia.

Ne deriva che una poesia con queste caratteristiche non poteva offrirsi come strumento di salvezza per l'uomo contemporaneo; quelle crepuscolare non è una lirica che contiene illuminazioni sul mistero, più semplicemente attraverso essa il poeta prende coscienza della sconfitta del vivere. A questo proposito sono significativi i versi di Corazzini "perché tu mi dici poeta? Io non sono che un povero bambino che piange". Emerga qui chiaramente come la poesia divenga una registrazione della sofferenza individuale del poeta, e non abbia, quindi, alcun valore consolatorio per il lettore. Il poeta crepuscolare, immune dai miti superomistici, accetta inerte il proprio destino: nella vita non vale lottare, è molto meglio accettare il proprio destino ineluttabile. Scrive Gozzano ".verrà da sé la cosa / verrà chiamata morte / che vale ansimar forte / per l'erta faticosa?.".

Questi temi antieroici e legati ad una quotidianità mediocre vengono espressi in uno stile volutamente privo di ornamenti che, almeno apparentemente, sembra semplice ed immediato. Quando, infatti, Moretti intitola la sua raccolta "Poesie scritte col lapis" fa anche una dichiarazione di poetica volendo dire che egli intende scrivere le sue poesie in uno stile senza ricercatezze, alla buona. In realtà la poesia crepuscolare è una lirica studiata tanto quanto quella di tono alto (come ad esempio quella dannunziana); certo, si tratta di poesia prosastica che diventa racconto, ma la metrica, il gioco delle rime, le figure retoriche, l'uso accorto del lessico fanno comprendere che la disinvoltura è solo apparente e che la poesia è frutto di uno studio intenso.    


Il maggiore dei poeti crepuscolari è sicuramente Guido Gozzano, torinese, che vive tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. La sua fama è legata a due raccolte poetiche: "La via del rifugio" e "Colloqui". Gozzano ebbe simpatie iniziali per i miti dannunziani , ma si avvide ben presto della vacuità di tali miti, e si ritrasse in una dimensione intima e raccolta, agli antipodi quindi del super-uomo.

I temi preferiti da Gozzano sono quelli legati ad ambienti e figure di quella borghesia a cui egli apparteneva: i salotti borghesi, le vie e le piazze dell'elegante Torino del tardo Ottocento. Tuttavia, nel momento stesso in cui raffigura questa immagini, questi ambienti, questi oggetti, il poeta ne ravvisa anche la banalità, la pochezza. Un verso famoso del poemetto dedicato a Nonna Speranza è appunto ".le buone cose di pessimo gusto.": si allude, qui, agli arredi del salotto borghese della nonna, verso i quali il poeta sente un moto di simpatia, ma di cui, appunto, avverte anche la banalità. Di qui deriva quel ricorso all'ironia che è la cifra stilistica della poesia di Gozzano: il mondo borghese con i suoi riti, le sue feste, i suoi ambienti, viene nostalgicamente rievocato, e nello stesso tempo ironicamente canzonato, per cui possiamo affermare che la poesia di Gozzano si regge in un equilibrio assai abile tra recupero nostalgico e rifiuto del passato.

Il Gozzano delle ultime liriche (si pensi a "Totò Merumeni") appare come un uomo precocemente invecchiato e assolutamente scettico. Totò-Guido ha coltivato sogni che sono andati del tutto delusi, ed ora l'unica consolazione è data da poche corolle di versi che a stento riescono a lenire la pena.


FUTURISMO

Il Futurismo è la prima avanguardia storica del Novecento. Per avanguardia si intende un movimento artistico che si connota per il rifiuto totale e rumoroso dell'arte precedente, nel nome di un'arte radicalmente nuova(pag. 576). Le avanguardie novecentesche ricorrono ai manifesti per presentare i loro programmi. Filippo Tommaso Marinetti pubblicò a Parigi (allora capitale della cultura europea), nel 1909, sulla rivista "Figarò", il suo programma, sotto il titolo di "Manifesto del Futurismo". Secondo Marinetti , il Futurismo si deve fare portavoce delle realtà più vive del presente, l'industrializzazione e la produttività, con il loro corredo di velocità e dinamismo. L'arte, sostiene Marinetti, deve abbandonare i chiari di luna, le biblioteche, i musei, perché quella è arte "passatista". L'artista moderno deve invece celebrare il movimento, la velocità, appunto la modernità. Il Futurismo parte dalla letteratura e dalla poesia (del 1912 è il "Manifesto tecnico della letteratura futurista"), ma interessa tutte le arti figurative e anche tutti gli ambienti culturali: furono scritti anche un "Manifesto del cinema futurista", un "Manifesto della moda futurista", un "Manifesto della cucina futurista", un "Manifesto della pittura futurista", un "Manifesto della scultura futurista", un "Manifesto dell'architettura futurista" e tanti altri Manifesti. Queste nuove idee venivano gridate durante le cosiddette "serate futuriste" in cui Marinetti e gli altri intellettuali futuristi si esibivano in vere e proprie performances, in cui provocavano il pubblico con le loro nuove idee, facendo sì che spesso le serate finissero in liti accese.

Il futurismo non ha prodotto delle grandi opere letterarie, e, d'altra parte, le avanguardie in molti casi hanno un valore prevalentemente culturale più che artistico in senso stretto. Gli esiti migliori di questa avanguardia si sono avuti nel campo della pittura con Balla, Boccioni e Severini: è proprio la pittura, infatti, che ci mostra visibilmente uno dei connotati della poetica futurista, cioè l'oggetto in movimento (ne sono un esempio le opere di Balla "Dinamismo di un cane al guinzaglio", "Donna che scende le scale", "Il violinista"). In questa rappresentazione del dinamismo ci fu l'influenza anche della filosofia di Bergson, secondo il quale l'artista intuisce la realtà nella sua totalità dinamica.

L'origine ideologica del futurismo è controversa: secondo una corrente critica, la matrice prima si troverebbe nel socialismo rivoluzionario, e proprio tale eredità si rinviene nel "Manifesto", dove Marinetti canta le officine, gli arsenali vibranti del lavoro degli operai. Dunque, il lavoro viene messo in primo piano come fonte del progresso, come motore di dinamismo sociale. Questa matrice socialista rimase coerente in alcuni movimenti futuristi europei, in particolare in quello russo, che ebbe il suo massimo rappresentante in Majakovskij, il cantore della rivoluzione d'ottobre e di Lenin.

Invece, nel futurismo italiano alla matrice socialista si sovrappose un nazionalismo esasperato che spinse i futuristi ad un acceso interventismo e, in seguito, ad aderire allo squadrismo fascista. Singolare fu la svolta di Marinetti che, come è stato scritto, "da incendiario divenne pompiere", in quanto dopo i suoi proclami di ribellione contro tutto ciò che rappresentava il passato e l'ufficialità, finì per aderire alla dittatura fascista e per farsi "inamidare" come accademico d'Italia (Mussolini aveva istituito l'Accademia d'Italia che riuniva i maggiori letterati italiani, tra cui anche Pirandello).

Ricordiamo, infine, alcune affermazioni contenute nel "Manuale tecnico della letteratura futurista" in cui Marinetti fissa i canoni della nuova letteratura. Questa dovrà riformare la sintassi abolendo aggettivi e avverbi, considerati inutili fibre del discorso, e usando solo sostantivi e verbi all'infinito per esprimere la durata. Inoltre il poeta deve far uso di analogie ardite senza curarsi della loro comprensibilità, e per far ciò deve essere dotato di un'immaginazione "senza fili", che metta cioè in relazione aspetti diversissimi della realtà. Egli inoltre deve abolire la punteggiatura fino a giungere a "manate di parole in libertà", ricorrendo anche ad accorgimenti tipografici per dare l'idea di movimento.


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