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Medicina Legale
MEDICINA LEGALE: complesso delle conoscenze biologico-cliniche concernenti l’essere umano utili sia ai fini di una corretta elaborazione ed interpretazione delle norme giuridiche, sia ai fini della applicazione ai casi concreti delle diverse disposizioni di legge.
Costituisce il punto di incontro tra il sapere medico e quello giuridico: “De rebus medicis sub specie juris”.
Nell’evoluzione storica del pensiero medico-legale spiccano i nomi di:
Gian Filippo Ingrassia (1510-1580): Methodus dandi relationes;
Fortunato Fedeli (1550-1630): De relationibus medicorum;
Paolo Zacchia (1584-1659): Quaestiones medico-legales.
In epoca moderna la Medicina Legale si è sviluppata in diversi settori:
Etica medica e Bioetica; Tossicologia forense; Ematologia ed Emogenetica forense; Balistica forense; Tanatologia; Identificazione personale; Infortunistica e Traumatologia forense; Criminologia clinica; Psichiatria forense; Responsabilità professionale; Medicina previdenziale e Pensionistica; Medicina delle Assicurazioni Private; Valutazione del danno alla persona.
METODO MEDICO-LEGALE
Regole fondamentali del metodo medico-legale sono:
il rigorismo obiettivo che impone di essere rigorosamente aderenti alla realtà dei dati clinici o tanatologici o di laboratorio o strumentali rilevati;
la dominante conoscenza del rapporto giuridico cui il fatto si riferisce per cui il medico legale dovrà orientare le indagini tenendo conto delle norme giuridiche interessate dal caso in discussione.
RAPPORTO DI CAUSALITA’ GIURIDICO-MATERIALE
Il rapporto di causalità collega materialmente la condotta (azione od omissione) con l’evento dannoso o pericoloso.
Art. 40 c.p. nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.
Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico d’impedire equivale a cagionarlo.
Si parla di CAUSA qualsiasi condizione in assenza della quale l’evento non si sarebbe modificato (conditio sine qua non). Occorre pertanto dimostrare che quel determinato fatto, previsto dalla legge come reato, sia stato effettivamente causato dal soggetto imputato.
Si parla di CAUSA EFFICIENTE quando la condizione oltre che necessaria è stata da sola sufficiente a produrre l’evento.
Se nel determinare un evento concorrono più fattori causali si parla di concause concorrenti.
CONCAUSA è quella condizione pur necessaria, ma da sola insufficiente a produrre l’evento. Le concause si distinguono in preesistenti, contemporanee e sopravvenute.
Art. 41 c.p.: Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l’azione, od omissione, e l’evento. Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento.
Occasione è il momento sciogliente o rivelatore, privo di qualsivoglia efficienza causale. Da distinguere tuttavia con l’occasione intesa come momento sciogliente o liberatore, cioè come l’ultimo degli antecedenti causali, riconoscendole una sia pur minima efficienza causale (goccia che fa traboccare il vaso).
Criteri medico-legali in tema di causalità materiale
a) criterio cronologico: verificare se l’intervallo di tempo intercorso tra azione lesiva e manifestarsi della malattia è compatibile;
b) criterio modale o topografico: corrispondenza tra regione anatomica interessata dall’azione lesiva e sede di insorgenza della malattia;
c) criterio di efficienza lesiva o di adeguatezza quali-quantitativa: idoneità di un’azione lesiva a produrre la malattia;
d) criterio di continuità fenomenologica: vi deve essere una successione o continuum di segni o sintomi fra l’azione lesiva iniziale ed il danno conclusivo o comparsa della malattia;
e) criterio di esclusione di altre cause: occorre escludere l’esistenza di altri fattori causali nel determinismo dell’evento dannoso;
Criterio probabilistico e criterio della sussunzione sotto leggi scientifiche:
Perché un determinato antecedente lesivo sia considerato causa di uno specifico evento dannoso dovrà riconoscersi che questo possa inquadrarsi tra le conseguenze normali e ordinarie dell’antecedente lesivo secondo un serio e ragionevole criterio di probabilità scientifica, pur in difetto di certezza assoluta.
DIAGNOSI DI MORTE
MORTE: Privazione di tutte le proprietà biologiche dell’essere vivente
(è un PROCESSO e non un EVENTO ISTANTANEO)
Legge 578/93 (Norme per l’accertamento e la certificazione di morte)
Art. 2, comma 1 (Anche la morte per arresto cardiaco si intende avvenuta
quando la respirazione e la circolazione sono cessate per un intervallo di tempo
tale da comportare la perdita irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo)
CRITERIO CARDIOLOGICO
Legge n. 644 del 2/12/1975 art. 3 : rilievo continuo dell’elettrocardiogramma
protratto per non meno di 20 minuti e assenza di respirazione spontanea, dopo
sospensione, per 2’, di quella artificiale e assenza di attività elettrica cerebrale,
spontanea e provocata.
CRITERIO NEUROLOGICO
Legge n. 644 del 2/12/1975 art. 4: coesistenza di tutti i segni appresso indicati:
Stato di coma profondo accompagnato da: a) atonia muscolare; b) ariflessia
tendinea dei muscoli scheletrici innervati dai nervi cranici; c) indifferenza dei riflessi
plantari; d) midriasi paralitica con assenza del riflesso corneale e del riflesso pupillare
Assenza di respirazione spontanea dopo sospensione per 2’ di quella artificiale;
Assenza di attività elettrica cerebrale spontanea e provocata
Spetta a qualsiasi medico che abbia prestato assistenza al morente o che sia
intervenuto a decesso appena verificatosi: è una attestazione scritta dell’avvenuto
decesso dove, se riconoscibili, possono essere attestate anche le cause.
Spetta al medico curante privato o ospedaliero; nel caso di decesso senza assistenza
medica compete al medico necroscopo, estendendosi l’obbligo all’anatomo-patologo
in caso di riscontro diagostico ed al medico legale in caso di autopsia giudiziaria.
La denuncia diretta al Sindaco, deve essere inviata entro 24 ore dal decesso e deve
riportare le cause iniziali, intermedie e tardive che hanno condotto a morte l’assistito.
La Scheda di denuncia ISTAT comprende due riquadri: uno per la morte dovuta a
causa naturale e l’altro per la morte da causa violenta (suicidio, omicidio, accidente o
infortunio sul lavoro).
Finalità di ordine statistico-sanitario ed epidemiologico.
CERTIFICATO DI VISITA NECROSCOPICA
E’ l’unica certificazione valida ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla sepoltura da
parte dell’Ufficiale di Stato civile (o da parte dell’Autorità giudiziaria).
La visita del medico necroscopo va fatta non prima di 15 ore e non dopo le 30 ore dal
decesso, salvo casi particolari (decapitazione, maciullamento…).
PERIODO DI OSSERVAZIONE
Secondo il Regolamento di Polizia Mortuaria (D.P.R. n. 285 del 10/9/1990) deve
essere rispettato un periodo di osservazione (24 ore oppure 48 ore in casi dubbi di
morte apparente), prima di chiudere il cadavere nella cassa, o in cella frigorifera …
FENOMENI CADAVERICI (O SEGNI DELLA MORTE si dividono in:
NEGATIVI per cessazione delle funzioni vitali
POSITIVI nuovi processi che avvengono nel cadavere
SEGNI NEGATIVI (O ABIOTICI) IMMEDIATI: perdita della coscienza, della sensibilità, della motilità volontaria; cessazione della respirazione e della circolazione.
SEGNI NEGATIVI (O ABIOTICI) CONSECUTIVI: perdita dell’eccitabilità muscolare,
evaporazione, ipostasi, raffreddamento, acidificazione dei liquidi organici e dei tessuti, rigidità cadaverica.
SEGNI POSITIVI (O TRASFORMATIVI): autolisi, processi putrefattivi.
Perdita dell’eccitabilità muscolare: può essere saggiata con stimoli elettrici,
chimici, meccanici (martelletto).
La durata dell’eccitabilità muscolare è influenzata da fattori intrinseci ed estrenseci,
per i muscoli scheletrici si attenua dopo 5 ore, svanisce dopo 8-12 ore
per la muscolatura liscia scompare dopo circa due giorni dall’exitus.
Evaporazione tegumentaria o Disidratazione
L’essiccamento delle superfici escoriate, delle mucose e delle parti dove la cute è
più sottile si manifesta con chiazze pergamenacee.
Favoriscono l’evaporazione la temperatura elevata, la ventilazione ed il basso grado
di umidità.
Modificazioni del bulbo oculare (tanato-oftalmologia)
infossamento dei bulbi oculari;
raggrinzimento della superficie della cornea per diminuzione del tono del bulbo;
essiccamento della cornea ed opacamento dei mezzi oculari (dopo 12-24 ore);
tela viscida corneale (straterello biancastro dovuto a desquamazione delle cellule
superficiali della cornea);
macchie sclerali del Sommer (macchie triangolari laterali per essiccamento della sclera).
Ipostasi
Macchie, di colore rosso-violaceo, dovute al deflusso passivo del sangue nelle
parti più declivi, non compresse, del corpo; iniziano dopo circa un’ora dal decesso.
fase di migrabilità totale fino a 6 – 8 ore;
fase di migrabilità parziale da 8 a 12 ore;
fase di fissità relativa da 12 a 24-48 ore;
fase di fissità assoluta dopo le 48 ore;
sono di colore rosso ciliegia o rosso vivo nell’avvelenamento da CO e da HCN, o per
la riossigenazione superficiale della cute, se questa è bagnata.
Ipostasi antigravitarie.
Rigidità cadaverica
Rigor mortis = irrigidimento dei muscoli volontari ed involontari, dopo una fase
iniziale di flaccidità post-mortale; secondo Nysten inizia due o tre ore dopo il
decesso a livello dei muscoli mimici del volto per poi estendersi ai muscoli della
testa, del collo, del tronco e degli arti; si completa entro le 12 ore, raggiunge il
massimo tra la 24^ e la 36^ ora. Scompare dopo tre o quattro giorni.
Raffreddamento del cadavere
La temperatura va misurata a livello rettale ed è influenzata da fattori intrinseci
ed estrinseci.
Fase di discesa lenta: decremento di mezzo grado l’ora per le prime tre-quattro ore;
Fase di discesa rapida: decremento di un grado l’ora per le successive 6-8 ore;
Fase di nuova discesa lenta: decremento graduale da ¾ a ½ , fino ad ¼ di grado per le successive ore fino al raggiungimento dell’equilibrio termico con la temperatura esterna (circa mezzo grado più bassa per decremento termico da evaporazione).
Acidificazione dei tessuti e liquidi organici
Dovuti ad accumulo di acido lattico. Sono poco utili per valutare l’epoca della morte.
Putrefazione
Progressivo sfacelo del corpo per l’azione dei microrganismi saprofiti (batteri aerobi
ed anaerobi).
L’andamento della putrefazione segue la regola del Casper dell’1:2:8 ( 1 settimana
all’aria = 2 settimane in acqua = 8 settimane nel cadavere inumato).
Fasi della putrefazione:
Periodo colorativo
Periodo o stadio gassoso
Periodo colliquativo
Periodo o stadio della scheletrizzazione
LESIONI DA ARMI DA FUOCO
Lesioni causate da proiettili di artiglieria ----- grandi traumatismi contusivi
Lesioni prodotte da armi da fuoco portatili (pistole, rivoltelle, fucili…).
Meccanismo d’azione: lancio di uno o più proiettili grazie all’energia sviluppata dall’espansione dei gas generati dalla combustione di miscugli esplosivi.
Proprietà statiche del proiettile:
Peso generalmente compreso tra 5 e 10 grammi; per la necessità di utilizzare un metallo ad elevato peso specifico, economico e sufficientemente deformabile è stato scelto il piombo; oggi si impiegano proiettili incamiciati, cioè rivestiti da uno strato di lega di rame e nichel (maillechort).
Forma: dalla originaria forma sferica si è passati a quella cilindro-conica o cilindro-ogivale allo scopo di ridurre la sezione conservando la massa. Proiettili incamiciati solo lateralmente o con intaccature nella punta hanno maggiore effetto lesivo per la possibilità di deformarsi.
Calibro: per calibro di un’arma si intende il diametro dell’anima della canna, preso (nel caso di armi rigate) nei vuoti di rigatura (variabile da 4 a 12 mm.).
Proprietà dinamiche del proiettile
La traiettoria del proiettile è parabolica (prima rettilinea, poi si incurva verso il basso; nelle armi potenti (fucili da guerra con velocità iniziale del proiettile superiore ad 800 m/s) si possono distinguere:
zona di esplosione (fino a 150-200 m): il proiettile, dotato di grande forza viva, la trasmette alle zone colpite con effetti dilaceranti; possibilità di scoppio per trasmissione dell’onda d’urto a fluidi racchiusi (scatola cranica);
zona di perforazione (fino a 1000 m): la velocità del proiettile diminuisce ma vi è ancora una forza viva tale da perforare il corpo umano;
zona di contusione (da 1000 a 2000 m): la velocità e la forza viva del proiettile tende ad esaurirsi, permangono solo effetti contusivi.
Nelle piccole armi portatili (pistole e rivoltelle) la velocità iniziale è molto più modesta (300-400 m/s) e pertanto la traiettoria è più corta e manca la zona di esplosione.
Oltre al movimento di traslazione al proiettile viene impresso dalla rigatura della canna un movimento di rotazione, utile al fine di limitare movimenti di vibrazione, di beccheggio (oscillazione in senso longitudinale), di nutazione (movimenti a cono della base del proiettile) e di capovolgimento.
Polveri
Polveri nere (desuete): costituite da nitrato di potassio, carbone e zolfo;
Polveri moderne: costituite da miscele di nitrocellulosa, nitroglicerina e TNT
(a forma di cilindretti, anellini, scagliette, fili, etc.), sono maggiormente infiammabili, bruciano più velocemente e completamente senza fumo.
Innesco: il fulminato di mercurio è stato sostituito da miscele di sali di piombo (stifnato e biossido), di bario (nitrato) e di antimonio (solfuro).
ARMI
Pistole: armi a ripetizione automatica o semiautomatica; sono costituite da un fusto (canna + impugnatura) e da un caricatore destinato a contenere le cartucce; dopo lo sparo il bossolo viene espulso all’indietro dal movimento di ritorno della culatta-otturatore;
Pistole mitragliatrici: automatiche, i colpi vengono esplosi in successione tenendo premuto il grilletto;
Rivoltelle o Revolver : sono costituite da un fusto (canna + impugnatura) al quale è applicato, in posizione centrale, un cilindro (tamburo) con circa 6 fori (camere di scoppio), dove vengono alloggiate le cartucce;
Fucili da caccia: hanno canna liscia e sparano generalmente cartucce a proiettili multipli (pallini, pallettoni, proiettili di fortuna);
Armi a canna lunga rigata (fucili, carabine, mitragliatrici): molto potenti; stabilità e lunghezza della traiettoria crescono in funzione della lunghezza della canna rigata.
Segni del colpo sparato da vicino: attorno al forame di ingresso, nei colpi sparati da vicino, si possono notare segni dell’azione della carica esplosiva:
a) azione dell’espansione dei gas: se il colpo è sparato quasi a contatto e vi è sotteso un piano osseo si può avere la ferita a stella; fino a 10 cm si possono notare segni dell’azione contusiva dei gas (area pergamenacea);
b) azione della fiamma: bruciatura dei peli, apprezzabile fino a circa 5 cm;
c) azione del fumo: fino a 10 – 20 cm si può formare l’alone di affumicatura della cute, asportabile mediante il lavaggio (di forma circolare o ellittica a seconda della direzione perpendicolare od obliqua del colpo);
d) azione delle particelle di polvere incombusta: si produce il tatuaggio, apprezzabile fino ad una distanza pari al doppio della lunghezza della canna; non è asportabile con il lavaggio ed è dovuto alla infissione nel derma delle particelle di polvere da sparo.
Nel colpo sparato a contatto con la cute si può apprezzare l’impronta a stampo della bocca della canna o dell’asticciola posta sotto la canna che serve da guida all’otturatore rinculante.
Forame di ingresso
Soluzione di continuità della cute di forma circolare od ovalare con margini sfrangiati, cincischiati e sovente introflessi: orletto abraso-contuso o ecchimotico-escoriato; nel colpo sparato sul cadavere l’orletto è solo escoriato e di colore giallastro, nel colpo sparato su vivente l’orletto è rosso-nerastro o nero. Talvolta è visibile anche un orletto di detersione prodotto dal proiettile, sporco di fecce e grasso, che si deterge attraversando la cute. La dimensione del foro di ingresso è minore del calibro del proiettile tanto maggiore è l’elasticità dei tessuti e la profondità del cono di depressione al momento dell’impatto del proiettile.
Tramite
Può essere a fondo cieco o transfosso con presenza del foro di uscita; non sempre il tramite è una linea retta tra forame di ingresso e di uscita, talora si ha una linea spezzata (deviazione per urto contro un osso), o una linea curva (tramiti circumgiranti). Il tramite può essere seguito controllando le tracce dell’infiltrazione ematica. Attraversando un osso piatto il proiettile forma un tramite di forma conica, a cratere, che consente di stabilire la direzione del colpo: dal lato di ingresso il diametro del foro è più piccolo e corrisponde al calibro del proiettile; dall’altro lato il diametro è maggiore per lo sbrecciamento del tavolato osseo.
Foro d’uscita
Soluzione di continuo di forma circolare od ovalare, con margini talora estroflessi, mancante dell’orletto abraso-contuso; se il proiettile ha perso la forza di penetrazione può essere irregolare, a forma di fessura o spaccatura.
Eccezionalmente può esservi un orletto abraso-contuso anche nel forame di uscita se nel punto di uscita del proiettile vi è una resistenza (cintura, parete, pavimento).
Ferite da arma da fuoco caricate con proiettili multipli
I pallini per 1-2 metri escono dalla canna ammassati a palla, poi iniziano a distanziarsi formando la rosata, che va sempre più allargandosi (cono diretto); quando i pallini più periferici vengono dispersi, si ha una rosata più ristretta, con pallini più diradati (cono inverso).
Le lesioni prodotte sono:
fino a 1-2 m breccia unica;
5 m ferita a rosata di 15-20 cm di diametro;
10 m “ “ 30-40 cm “
20 m “ “ 50-70 cm “
30 m “ “ 80-100 cm “
La forma della rosata è circolare od ovale a seconda della direzione del colpo (rispettivamente perpendicolare od obliqua).
La densità dei pallini è elemento indicativo della distanza dello sparo.
Nei colpi sparati da vicino può essere rinvenuta all’interno della breccia anche la borra o il cartoncino.
Analisi di laboratorio
Ricerca di tracce di polvere da sparo negli indumenti o nelle mani del presunto feritore (guanto di paraffina): reattivo di Griess-Lunge per la ricerca dei nitriti e reattivi alla difenilammina ed alla brucina per la ricerca dei nitrati.
La ricerca dei residui dell’innesco (piombo, antimonio e bario) viene eseguita mediante il microscopio a scansione elettronica con sonda a raggi x.
Identificazione dell’arma
Indiretta: indagini generiche condotte sui proiettili e sui bossoli, in assenza dell’arma; sui proiettili si trovano le impronte negative delle rigature della canna da 4 a 6, che differiscono notevolmente tra i vari tipi di armi;
diretta: confronto al microscopio comparatore dei proiettili e bossoli repertati con quelli esplosi dall’arma sospetta mediante tiri di prova.
LESIONI DA ENERGIA ELETTRICA
Folgorazione o elettrocuzione: lesioni prodotte da energia elettrica di uso domestico o industriale;
Fulminazione: lesioni prodotte da elettricità atmosferica.
Gli effetti lesivi della corrente elettrica dipendono dalle caratteristiche della corrente (intensità, voltaggio, potenza, durata e tipo), dalle modalità di contatto (mono o bipolare) e dalla resistenza del conduttore.
A seconda del voltaggio si hanno correnti a bassa tensione (fino a 380 V), a media tensione (da 380 V a 20.000 V) e ad alta tensione (più di 200.000 V).
Gli effetti lesivi sono proporzionali alla intensità di corrente che passa nel corpo: I = V/R
La resistenza R è variabile perché il corpo umano non è un conduttore omogeneo: la R va da 12.000 a 80.000 Ohms della cute (a seconda dello spessore dello strato epidermico), fino a meno di 1.000 Ohms delle mucose.
Se la R è elevata si ha notevole sviluppo di calore (effetto Joule):
Q = 0,24 R I2 t
La lesività dipende anche dal tipo di corrente continua od alternata, dalla sede, dall’ampiezza del contatto e dalle modalità; la corrente alternata, specialmente alle basse frequenze (da 30 a 60 Hertz) è la più pericolosa;
la lesività dipende della intensità di corrente che attraversa il corpo:
amperaggio inferiore a 25 mA (corrente alternata): nessun evento dannoso;
amperaggio tra 25 ed 80 mA: perdita di coscienza, aritmie, spasmi respiratori
amperaggio tra 80 e 100 mA: fibrillazione ventricolare irreversibile per esposizioni prolungate;
amperaggio maggiore di 3 A: si ha sempre arresto cardiaco.
I meccanismi causali della morte per folgorazione possono essere:
morte nervosa per paralisi dei centri bulbari;
morte asfittica per tetanizzazione dei muscoli respiratori;
morte cardiaca per fibrillazione ventricolare ed arresto cardiaco.
Quadro anatomo-patologico della lesività da corrente elettrica
Caratteri interni: segni da morte asfittica (sangue fluido, ecchimosi puntiformi sottopleuriche e sottopericardiche, talora schiuma alla bocca).
Caratteri esterni (lesività cutanea): segni del passaggio della corrente si trovano nei punti di ingresso e talora nei punti di uscita.
A causa dell’effetto elettrotermico (sviluppo di calore per effetto Joule) si formano ustioni elettriche tipiche dovute a necrosi coagulativa dei tessuti con rapida disidratazione: ustione ben delimitata, indolore, priva di essudazione, resistente alla suppurazione.
Il marchio elettrico, generalmente di forma irregolarmente rotondeggiante o della forma del conduttore si può presentare:
a) senza perdita di sostanza: rilievo cutaneo, con margini netti, depresso al centro, di consistenza pergamenacea, di colore giallo-grigiastro;
b) con perdita di sostanza a spese dell’epidermide e del derma: cratere a stampo, con margini carbonizzati e fondo giallo-grigiastro o rosso scuro.
In alcuni casi si hanno fenomeni di metallizzazione con tracce di metalli analizzabili istologicamente.
Nei punti di uscita si osservano piccole escavazioni crateriformi dello strato corneo dell’epidermide.
Lesioni da elettricità atmosferica: fulminazione
La scarica elettrica si stabilisce per la elevata differenza di potenziale tra l’atmosfera (caricata positivamente) e la terra (caricata negativamente); l’incontro si ha generalmente a 150-200 metri dal suolo.
La lesività prodotta dalla fulminazione sul corpo umano sono dovuti a fenomeni elettrotermici (con ustioni che vanno da forme lievi, appena visibili, fino all’incenerimento) e ad effetti meccanici indiretti (ecchimosi, ferite lacero-contuse, ferite da punta, fratture, lesioni da scoppio). In alcuni casi la cute presenta la formazione di figure arboree (strie di Lichtemberg): striature eritematose attribuite a vasoparalisi, o ad ustione).
La fulminazione è un evento accidentale (rischio generico), ma per talune categorie di lavoratori (agricoltori, boscaioli) può rappresentare un rischio generico aggravato.
USTIONI
Scottature: dovute a liquidi o gas molto caldi.
Bruciature: causati dalla fiamma o da corpi solidi roventi.
Le ustioni, a seconda della gravità, si possono suddividere in 4 gradi:
1° grado: eritema, con pelle arrossata e tumida (iperemia attiva);
2° grado: flittene o bolla, sollevamento dello strato corneo dell’epidermide con trasudazione di linfa; guarigione lenta, con possibilità di suppurazioni.
Nell’ustione prodotta sul cadavere le bolle hanno contenuto gassoso.
L’azione della fiamma può formare chiazze di bruciatura “a pelle di leopardo”.
3° grado: escara, area di consistenza compatta, coriacea, di colore bruniccio, leggermente infossate e depresse. Eventuale guarigione molto lenta con formazione di cheloidi o cicatrici retraenti.
4° grado: carbonizzazione: può interessare anche i muscoli, e le ossa.
ASFISSIOLOGIA FORENSE
L’asfissiologia forense studia le Asfissie meccaniche primitive violente
Asfissia: mancanza di aria, anossia, originariamente mancanza di pulsazioni;
primitiva: azione esercitata direttamente sull’apparato respiratorio;
violenta: l’ostacolo alla respirazione deve essere rapido;
meccanica: la cessazione del respiro dipende da azioni meccaniche che impediscono il regolare scambio dell’aria a livello polmonare.
A seconda della modalità dell’azione meccanica violenta si distinguono varie forme asfittiche:
a) per occlusione degli orifizi respiratori: soffocazione;
b) per compressione delle vie respiratorie: impiccamento, strangolamento, strozzamento;
c) per occlusione delle vie respiratorie: annegamento, sommersione interna, intasamento, aspirazione, bolo alimentare;
d) per immobilizzazione del torace: seppellimento, morte nella folla, sospensione o crocifissione;
e) per carenza di ossigeno nell’aria respirata: confinamento.
Fisiopatologia dell’asfissia
Si distinguono quattro fasi, della durata media di 1 minuto, caratterizzate dalla cessazione della coscienza, dei riflessi, della respirazione e della circolazione (arresto cardiaco).
1°stadio: dispnea inspiratoria: movimenti forzati del torace (sforzo inspiratorio) per circa 1 minuto; perdita della coscienza; aumento della frequenza cardiaca, diminuzione della pressione;
2° stadio: dispnea espiratoria: si ha ipercapnia che eccita i centri respiratori provocando dispnea espiratoria; si ha scomparsa dei riflessi, rilasciamento degli sfinteri, convulsioni; la frequenza cardiaca rallenta, la pressione aumenta notevolmente per vasocostrizione periferica; formazione di ecchimosi puntiformi (sottocongiuntivali, sottopleuriche e sottoepicardiche);
3° stadio: pausa respiratoria: i movimenti respiratori si fanno rari e deboli per esaurimento dei centri bulbari; polso raro e debole, la pressione diminuisce;
4° stadio: boccheggiamento: movimenti respiratori rari e scoordinati con movimenti delle labbra e delle pinne nasali per una fugace ripresa disordinata dei centri respiratori; la pressione si abbassa ulteriormente per poi annullarsi in seguito all’arresto cardiaco (prima il ventricolo destro).
Segni anatomo-patologici esterni ed interni dell’asfissia
Caratteri esterni
ecchimosi puntiformi sottocongiuntivali: per l’ipertensione nel 2° stadio;
precoce comparsa delle ipostasi : per la maggiore fluidità del sangue;
rapida putrefazione: maggiore diffusione dei germi per la fluidità del sangue;
cianosi al volto: solo in caso di compressione sui vasi del collo;
fungo schiumoso: più evidente nell’annegamento.
Caratteri esterni
colore nero-piceo del sangue: per il sangue ipossico ed ipercapnico;
fluidità del sangue: diminuzione del calcio per reazione con la CO2;
ecchimosi puntiformi sottopleuriche e sottoepicardiche;
congestione intensa dei visceri ed anemia splenica;
enfisema polmonare acuto.
Soffocamento
Occlusione degli orifizi esterni delle vie aeree (naso e bocca) attuata mediante le mani o altro mezzo idoneo. Evenienza prevalentemente omicidiaria (presuppone una sproporzione di forza tra vittima ed aggressore). Vanno ricercati i segni di ecchimosi sulla faccia interna delle labbra o altri traumatismi lesivi in altre sedi. Non rara l’evenienza accidentale (neonati).
Impiccamento
Applicazione attorno al collo di un cingolo, fissato da un lato ad un sostegno, che si stringe perchè tirato dal peso del corpo.
L’impiccamento può essere tipico (ansa del laccio nella regione anteriore) o atipico (nodo del laccio in posizione laterale o anteriore), completo (il corpo è completamente sospeso) o incompleto (il corpo poggia con i piedi a terra o su un sostegno).
La morte da impiccamento può essere determinata da diversi fattori:
fattore asfittico: spostamento in alto dell’osso ioide, sollevamento della base della lingua e dell’epiglottide contro la parete posteriore della faringe ed il palato molle e conseguente chiusura delle vie aeree;
fattore circolatorio: compressione delle arterie carotidi e vene giugulari (non delle arterie vertebrali) determina la rapida perdita di coscienza;
fattore nervoso: stimolazione delle aree riflessogene del seno carotideo con induzione di un meccanismo inibitorio sincopale.
Segni esterni del quadro lesivo da impiccamento
Caratteri del solco: il solco può essere duro (se lasciato da un laccio sottile) o molle (se il laccio è soffice ed ampio). Nell’impiccamento il solco è a) obliquo, b) discontinuo in corrispondenza del nodo, c) di diversa profondità (più profondo in corrispondenza del pieno dell’ansa). Il solco si presenta di aspetto pergamenaceo, di colorito pallido (per la compressione della cute), ma può anche presentare crestoline emorragiche e vescichette sierose per il pizzicamento della cute fra le volute della corda.
Altri caratteri esterni sono: la sporgenza della lingua, sperma nell’orifizio uretrale (contrazione agonica dei dotti deferenti e delle vescicole seminali), erezione del pene (ripienezza ipostatica dei corpi cavernosi), ecchimosi puntiformi sottocongiuntivali, particolare sede delle macchie ipostatiche (agli arti inferiori, mani ed avambracci, o al di sopra di legature).
Segni interni del quadro lesivo da impiccamento
a) Ecchimosi in corrispondenza del solco sia della cute che dei fasci muscolari sottostanti (utile per la diagnosi di impiccamento in vita);
b) Fratture dell’osso ioide e delle cartilagini della laringe dovute alla trazione del laccio;
c) Lesione trasversale dell’intima della carotide al di sotto della biforcazione;
d) Lesione del dente dell’epistrofeo: raramente e solo nelle impiccagioni.
Diagnosi differenziale tra sospensione di cadavere e impiccamento
Si basa sul riscontro di segni di reazione vitale (ecchimosi a livello del solco ed eventuale presenza di crestoline emorragiche). Altri segni di lesività.
Strangolamento
Costrizione delle vie aeree dall’esterno mediante un laccio posto attorno al collo al quale è applicata una forza agente trasversalmente rispetto all’asse maggiore del collo.
Può essere tipico o completo (il laccio cinge completamente il collo), oppure atipico o incompleto (compressione del collo in senso antero-posteriore mediante corde o bastoni); tra le compressioni atipiche del collo vi è anche il garrotamento (la costrizione del laccio è attuata mediante un pezzo di legno che, girato, attorciglia progressivamente il laccio).
Quadro anatomo-patologico
Caratteri del solco: il solco duro o molle è generalmente trasversale, continuo (nello strangolamento tipico), di uguale e regolare profondità, singolo o multiplo, posizionato a qualsiasi altezza del collo ma più spesso al di sotto della cartilagine tiroidea.
I segni interni sono analoghi a quelli riscontrabili in altre forme di asfissia.
Lo strangolamento è generalmente una evenienza di natura omicidiaria (occorre sproporzione di forze tra i soggetti). Vanno sempre ricercati segni di colluttazione (ecchimosi) ed è necessario verificare se la vittima sia stata resa inerme mediante somministrazione di sostanze ipnotiche o azione contusiva al capo.
Strozzamento
Compressione dall’esterno delle vie respiratorie con conseguente occlusione realizzata mediante costrizione del collo con le mani. Vi può essere anche l’ostruzione faringea per risalita in alto della base della lingua.
In alcuni casi si può avere la stimolazione del seno carotideo la cui stimolazione determina inibizione cardiaca, bradipnea, ipotensione e arresto cardiaco.
Quadro anatomo-patologico dello strozzamento
Segni esterni: lesioni ecchimotiche, talora di tipo figurato, localizzate alle superfici antero-laterali del collo; lesioni escoriate lineari, a forma di semiluna, prodotte dalle unghia; presenza di segni di colluttazione.
Segni interni: infiltrazioni emorragiche dei fasci muscolari e vascolo-nervosi del collo; lesioni delle strutture cartilaginee laringo-tracheali e dell’osso ioide; rottura delle cartilagini tiroidea e cricoidea della laringe.
Lo strozzamento è evenienza tipicamente omicidiaria e richiede sproporzione di forze tra aggressore e vittima; non si ha infatti rapida perdita di coscienza e sono necessari anche 15-20 minuti per causare la morte.
Annegamento
Consiste nell’occlusione delle vie respiratorie al seguito di penetrazione nel loro interno di sostanze liquide nelle quali si trovino immersi gli orifizi respiratori; in genere tutto il corpo è sommerso, ma ciò non è necessario affinché si verifichi l’annegamento.
La penetrazione del liquido nelle basse vie respiratorie non è immediato, inizialmente esso, giunto nella cavità orale, provoca la chiusura della laringe per atto riflesso, dando inizio all’asfissia.
Rispetto al quadro sintomatologico descritto per la compressione delle vie aeree esiste una leggera differenza. Invece che con il periodo di dispnea inspiratoria, l’asfissia inizia con un atto inspiratorio unico, profondo, detto di “sorpresa”, che può anche mancare; questo è seguito da uno stadio di d’apnea, che sostituisce il primo stadio e si protrae per circa trenta minuti o più (dipende dalla quantità d’aria che è presente nei polmoni al momento dell’immersione). A questo primo stadio si succedono, un secondo stadio di dispnea espiratoria, un terzo stadio di nuova apnea, o pausa respiratoria, ed infine un ultimo stadio di boccheggiamento, che corrisponde a quello delle altre forme asfittiche. Anche nell’annegamento come per le altre forme già trattate, si ha perdita della coscienza, abolizione dei riflessi, aumento della pressione. Ultimo ad arrestarsi è il cuore, che tuttavia può essere ancora eccitato per diverso tempo.
In alcune circostanze, però, al primo stadio di apnea non seguono le altre fasi: si ha subito l’arresto del cuore per uno stimolo inibitorio dovuto ad un riflesso naso-laringeo-cardiaco, e perciò la morte rapida del soggetto, altri autori hanno attribuito il meccanismo della morte in acqua ad un fattore circolatorio per lo stabilirsi di un’improvvisa vasocostrizione periferica. In questi casi si parla di morte nell’acqua, cioè non causata da annegamento vero e proprio, la caratteristica di queste morti è che non resta traccia, e manca il quadro anatomo-clinico dell’annegamento.
Segni esterni ed interni nell’annegamento
Segni esterni
Rapido raffreddamento del corpo (ha, però, un significato teorico perché quando si estrae un cadavere dall’acqua, la sua temperatura è già uguale a quella del liquido)
Diversa distribuzione delle ipostasi: queste risultano abbondanti al volto, al capo e agli arti; l’addome,invece, per il suo contenuto di gas risulta, la parte più leggera del corpo è tende a galleggiare; il corpo si dispone, nell’acqua, con la faccia ventrale in basso, di conseguenza gli arti con il sopraggiungere della rigidità cadaverica assumono una posizione di semiflessione ( posizione da lottatore ).
Colorito rosso delle macchie ipostatiche: il fenomeno deriva dall’umidità cutanea, la quale permette la riossigenazione del sangue.
Diverso andamento della putrefazione: è legato alla differente localizzazione delle macchie ipostatiche (il capo va più rapidamente incontro alla fase cromatica ed enfisematosa).
Cute anserina: causata dalla contrazione dei muscoli erettori dei peli, dovuta alla bassa temperatura, la cute anserina può essere fissata dalla rigidità cadaverica e poi mantenuta a lungo.
Macerazione della cute: fenomeno legato alla permanenza in acqua.
Schiuma mucosa alle narici ed alla bocca: è questo un segno patognomonico dell’annegamento, anche se può essere presente in altre forme di morte asfittica. La schiuma viene prodotta dalla commistione ed emulsione del muco e dell’aria presenti nelle vie e negli organi respiratori con il liquido annegante; questa fuoriesce all’esterno spinta dalla pressione dei gas putrefattivi in espansione nell’addome, esercitata sul diaframma.
Segni interni
Enfisema acuto dei polmoni: di solito spiccatissimo, viene denominato iperaeria: segno decisamente patognomonico che appare all’apertura del torace. I polmoni si presentano espansi, i margini anteriori ricoprono l’area cardiaca, hanno un colorito rosa chiaro, sono soffici ed al tatto risultano cotonosi e crepitanti. L’ipotesi più attendibile per spiegare questa condizione sembra essere quella dell’ostacolo alla fuoriuscita dell’aria alveolare rappresentato dal liquido che irrompe, e che indurrebbe lo sfiancamento degli alveoli.
Presenza di sostanze estranee nei polmoni: costituite da particelle solide microscopiche provenienti dal terreno o dal plancton, che trovandosi in sospensione nel liquido annegante, penetrano con esso e si depositano nelle vie e negli organi respiratori, dove possono essere messe in evidenza con l’indagine microscopica.
Permanenza in acqua del cadavere
Macerazione cutanea: consiste nel rigonfiamento dello strato corneo della cute, essa comincia e si rende manifesta dove questa è più spessa e priva di ghiandole sebacee ( palmo delle mani e pianta dei piedi); in seguito l’epidermide così impregnata si distacca a guanto od a scarpa per tutta la superficie della mano e del piede.
Deposito di alghe e melma: si forma uno strato aderente alla cute delle parti scoperte, specie sul capo; inoltre è possibile l’infiltrazione di sabbia che si deposita sulle parti rivestite dagli indumenti, penetrando sotto di essi.
CERTIFICATO MEDICO
Il certificato è l’attestazione scritta di un fatto di natura tecnica, destinato a provare la verità.
Esso ha il significato di certificazione se tale attestazione scritta è fatta dal medico nella sua qualità di pubblico ufficiale ed in tal caso ha lo stesso valore degli atti di stato civile. Altrimenti ha il significato di accertamento, cioè di un atto che fa fede fino a querela di falso.
I certificati possono essere:
obbligatori quando sono imposti da normative, con finalità di ordine amministrativo, nell’interesse della persona cui viene rilasciato; essi rientrano tra le giuste cause imperative di rivelazione del segreto professionale.
facoltativi quando sono richiesti dall’interessato per esibirli ad enti pubblici o privati, a proprio vantaggio.
Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative (Art. 480 c.p.), punito con reclusione da tre mesi a due anni.
Falsità ideologica in certificazioni commessa da persona esercente un servizio di pubblica necessità (Art. 481 c.p.), punito con reclusione fino ad un anno o con la multa da 100.000 lire ad un milione.
Perché sussista il delitto di falso (Artt. 480 e 481 c.p.) occorre provare il dolo del certificante. Il certificato è erroneo quando chi lo redige sbaglia in buona fede la diagnosi della malattia (in tal caso il medico non è perseguibile).
Nel falso ideologico la falsità riguarda l’obiettività clinica riportata nella certificazione; si parla di certificato falso e compiacente quando la falsità riguarda un giudizio o valutazione personale del medico.
Se la falsità riguarda grossolane e generiche distorsioni della verità, il medico risponderà di falso materiale, ai sensi dell’art. 482 c.p.
Nel redigere il certificato il medico deve rispondere ai due requisiti fondamentali del metodo medico-legale:
il rigorismo obiettivo;
la dominante conoscenza del rapporto giuridico cui il fatto si riferisce; cioè l’ambito nel quale sarà fatta valere la certificazione: diritto penale, civile, infortunistico, militare, previdenziale, assicurativo, di lavoro….
LA CARTELLA CLINICA
La cartella clinica è il complesso ordinato e scritto dei dati clinici (anamnestici, obiettivi, specialistici, strumentali e documentali) raccolti dai sanitari sulla persona del malato nel corso della sua degenza ospedaliera. La sua importanza è molteplice:
sotto il profilo clinico: la finalità principale è la tutela della salute del ricoverato (viene programmata e garantita la continuità del trattamento del paziente e viene consentita la comunicazione fra gli operatori sanitari);
sotto il profilo medico-legale: è un atto pubblico di efficacia probatoria; importante per il valore storico documentale e per l’attestazione del consenso informato;
sotto il profilo statistico-sanitario;
sotto il profilo scientifico: costituisce fonte di dati a scopo di ricerca;
La responsabilità della regolare compilazione, della tenuta e della custodia della cartella fino alla consegna all’archivio è del Primario del reparto.
Il Direttore sanitario è il responsabile della conservazione delle cartelle e della utilizzazione dei dati sanitari in esse contenute.
Le cartelle cliniche devono essere conservate a tempo indeterminato eventualmente mediante microfilmatura, per i primi 40 anni in archivio corrente quindi in archivio separato; le radiografie solo per 20 anni.
Poiché la cartella clinica è un atto pubblico la falsità documentale a carico di chi la redige viene qualificata come falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 476 c.p.) o come falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.).
Falsità materiale: quando il documento è redatto da persona diversa da quella cui competeva (cartella contraffatta) o quando il documento contiene modifiche successive alla sua stesura definitiva (cartella alterata);
Falsità ideologica: quando l’atto pur essendo materialmente corretto contiene affermazioni non rispondenti al vero.
Rilascio della cartella
Sono legittimati a chiedere copia della cartella: 1) l’assistito o un suo delegato; 2) altra Azienda sanitaria; 3) il medico curante; 4) gli Istituti previdenziali; 5) l’Autorità giudiziaria.
Scheda di dimissione ospedaliera (D.M. 28/12/1991)
La scheda di dimissione ospedaliera contiene le informazioni relative ad ogni paziente dimesso dagli istituti di ricovero pubblici e privati. Ha finalità statistico-epidemiologico e di controllo della qualità dell’assistenza sanitaria.
E’ parte integrante della cartella clinica ed ha la stessa valenza medico-legale. Deve recare la firma del medico che la redige e quella del responsabile del reparto. Una copia va consegnata al dimesso.
SOSTANZE D’ABUSO
Alcol etilico: è la sostanza psicoattiva più frequentemente impiegata ed il suo abuso rappresenta un serio motivo di allarme sociale per la notevole diffusione anche tra i giovani, per il rischio di gravi patologie che l’alcolismo può causare, con elevati costi sociali, e per le possibili implicazioni nel determinismo di incidenti stradali o di altri gravi eventi colposi o accidentali.
L’alcol etilico, se ingerito in quantità moderata, come bevanda a diversa gradazione alcolica (birra, vino, liquore), specialmente se assunto durante i pasti, può essere considerato un alimento.
La dipendenza da alcol etilico si instaura quando il consumo di bevande alcoliche supera i limiti che le usuali norme socio-culturali stabiliscono, ovverosia:
Quando un individuo si sente spinto a bere per partecipare alla vita sociale e tende ad aumentarne il consumo per raggiungere questi scopi.
Quando si beve in situazioni nelle quali normalmente non si beve.
Quando si inizia a manifestare l’assuefazione all’alcol (adattamento fisiologico e psicologico tale che l’alcolista appare più in forma dopo l’assunzione di alcol).
L’alcol etilico determina sia dipendenza psichica che dipendenza fisica con conseguente sindrome di astinenza (tremori, nausea, tachicardia, salivazione, aumento della temperatura, fino a convulsioni e delirio) quando la concentrazione ematica di alcol si abbassa. L’alcol altera le facoltà intellettive e la coordinazione psicomotoria, determinando un grave deterioramento delle capacità di lavoro.
Assorbimento, metabolismo ed eliminazione dell’alcol etilico
L’etanolo è una molecola piccola e miscibile in acqua, pertanto, se assunto per via orale, viene rapidamente assorbito, soprattutto a livello dell’intestino tenue; l’assorbimento è del 90% entro un’ora dall’assunzione; il picco massimo della concentrazione ematica viene raggiunto in circa 40 minuti a stomaco pieno e in soli 5-10 minuti a stomaco vuoto.
La maggior parte dell’etanolo assorbito (dal 90% al 98%) viene metabolizzata ad opera di enzimi presenti prevalentemente nel fegato: l’alcol-deidrogenasi che determina l’ossidazione dell’alcol ad aldeide acetica e l’acetaldeide-deidrogenasi che la trasforma in acetato; quest’ultimo viene biotrasformato in Acetil-CoA, che entra nel ciclo di Krebs e, se in eccesso, nella sintesi del colesterolo o degli acidi grassi.
Calcolo della quantità di alcol nel sangue
La concentrazione ematica dell’alcol si può calcolare mediante la seguente formula:
BAC (g/l) = 2,3 X a X f/p;
dove a è la quantità di alcol assunta; f è un coefficiente legato al sesso (0,7 per l’uomo e 0,8 per la donna); p è il peso corporeo (in kg).
La velocità di smaltimento dell’etanolo (mediamente 7 grammi/h) dipende essenzialmente dal metabolismo del fegato; la curva alcolemica (concentrazione ematica in funzione del tempo) presenta un incremento iniziale durante la fase di assorbimento (30-60 minuti), quindi una fase di equilibrio (assorbimento ed eliminazione si equivalgono) ed infine una fase di eliminazione che non è influenzata dai livelli ematici ma è funzione lineare del tempo, in cui il tasso alcolemico diminuisce in media di 0,15 g/l per ora.
Solo il 2-10% dell’etanolo assorbito viene escreto immodificato nelle urine, con il sudore e con l’aria espirata.
Per il dosaggio dell’alcol nel vivente i campioni di elezione sono il sangue (analizzabile mediante gascromatografia con la tecnica dello spazio di testa) e l’aria espirata (dove l’etanolo e misurabile mediante apparecchi elettronici portatili basati su metodi spettrofotometrici all’infrarosso).
La concentrazione dell’etanolo nell’aria espirata è proporzionale a quella presente nel sangue secondo un rapporto di 1 a 2300
L’influenza dell’alcol etilico sul comportamento dell’uomo dipende dall’azione sul S.N.C. con effetto sostanzialmente depressivo. Esiste, peraltro, un rapporto diretto tra l’incidenza dell’alcol sul comportamento e la concentrazione ematica, come si può rilevare dalla seguente tabella
Alcol e idoneità alla guida
Art. 186 – Guida sotto l’influenza dell’alcol
(modifiche ed integrazioni al codice della strada – legge 1/8/2003 n. 214)
E’ vietato guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche.
Chiunque guida in stato di ebbrezza è punito con l’arresto fino ad un mese e con l’ammenda da 258 a 1.032 euro. Per l’irrogazione della pena è competente il tribunale. All’accertamento del reato consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da 15 giorni a tre mesi (da 1 a 6 mesi in caso di più violazioni in un anno). Quando la violazione è commessa da conducente di autobus o veicoli di massa superiore a 3,5 t viene disposta la revoca della patente.
Gli organi di Polizia stradale possono sottoporre i conducenti ad accertamenti qualitativi non invasivi o a prove, anche attraverso apparecchi portatili.
Quando gli accertamenti qualitativi hanno dato esito positivo, in ogni caso di incidente, ovvero quando si abbia altrimenti motivo di ritenere che il conducente si trovi in stato di alterazione psicofisica derivante dall’influenza dell’alcol, gli organi di Polizia stradale hanno la facoltà di effettuare l’accertamento con strumenti determinati dal regolamento.
Per i conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche, l’accertamento del tasso alcolemico viene effettuato, su richiesta degli organi di Polizia stradale, da parte delle strutture sanitarie di base o di quelle accreditate o comunque a tal fine equiparate.
Qualora dall’accertamento di cui ai commi 4 o 5 risulti un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 g/l (grammi per litro), l’interessato è considerato in stato di ebbrezza ai fini dell’applicazione delle sanzioni di cui al comma 2.
In caso di rifiuto dell’accertamento di cui ai commi 3, 4 o 5 il conducente è punito con le sanzioni di cui al comma 2.
Con l’ordinanza con la quale viene disposta la sospensione della patente, il prefetto ordina che il conducente si sottoponga a visita medica ai sensi dell’art. 119, comma 4, che deve avvenire entro il termine di sessanta giorni. Se il conducente non ottempera a tale disposizione il prefetto può disporre la sospensione della patente di guida fino all’esito della visita medica.
Qualora dall’accertamento di cui ai commi 4 o 5 risulti un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l, oltre all’applicazione delle sanzioni di cui al comma 2, il prefetto dispone la sospensione della patente fino all’esito della visita medica.
Regolamento art. 379
L’accertamento dello stato di ebbrezza, ai sensi dell’art. 186, comma 4, si effettua mediante l’analisi dell’aria alveolare espirata; qualora la concentrazione alcolemica corrisponda o superi 0,5 g/l il soggetto viene ritenuto in stato di ebbrezza.
Devono essere effettuate almeno due determinazioni ad un intervallo di tempo di 5 minuti.
L’apparecchio con il quale di esegue la determinazione è un etilometro che deve essere omologato dal Centro Superiore Ricerche e Prove Autoveicoli e Dispositivi (CSRPAD) e periodicamente sottoposto a verifiche.
LA PERIZIA MEDICO-LEGALE e LA CONSULENZA TECNICA
La perizia è un parere tecnico motivato, richiesto dal Magistrato in sede penale, concernente questioni che per essere valutate necessitano di competenza specialistica e medico legale:
il termine “perizia” è limitato all’ambito penale e “periti” sono gli esperti nominati dal Magistrato giudicante;
il termine “consulenza tecnica d’ufficio” spetta alla consulenza richiesta in ambito civile o dal P.M.; la “consulenza tecnica di parte” è quella richiesta dai difensori delle parti.
Sia la perizia che la consulenza tecnica devono rispondere ai due requisiti fondamentali del metodo medico-legale:
Rigorismo obiettivo: l’elaborato peritale deve fare conoscere al Giudice la verità su questioni che richiedono una specifica competenza tecnica fornendo un parere tecnico motivato e pertanto la perizia costituisce una fonte o un mezzo di prova; se si contravviene all’obbligo di riportare l’esatta realtà dei fatti, il perito andrà incontro a sanzioni penali, civili e disciplinari. Art. 373 c.p. :”il perito che, nominato dall’autorità giudiziaria dà parere o interpretazione mendaci, o afferma fatti non conformi al vero soggiace alle pene stabilite nell’articolo precedente” (falsa testimonianza punita con reclusione da 2 a 6 anni); la condanna comporta anche l’interdizione dai pubblici uffici e la interdizione dalla professione.
Dominante conoscenza del rapporto giuridico cui il fatto si riferisce: l’esatta conoscenza di questo rapporto giuridico, relativo al problema tecnico in esame, rende necessario l’intervento dello specialista in Medicina legale.
Nel redigere l’elaborato peritale si dovrà seguire un certo ordine: dapprima le generalità del perito o consulente, i dati concernenti l’incarico e i quesiti posti dal Magistrato, si descriveranno, poi, le circostanze del fatto che costituisce l’oggetto dell’incarico, nonché eventuali reperti e documenti, si riporteranno i dati di eventuali esami clinici o dell’indagine necroscopica, si descriveranno le indagini di laboratorio ed eventuali analisi tossicologiche riportandone i risultati. Si procederà poi alla valutazione critica dei dati ed alla discussione del caso in relazione alle specifiche norme di legge interessate, formulando in conclusione un giudizio tecnico motivato in risposta ai singoli quesiti.
Il perito deve solo rappresentare al giudice l’esatta realtà dei fatti di interesse tecnico, in quanto è un esperto fornito di una particolare competenza di una determinata materia o disciplina (medicina legale, psichiatria forense, ecc), ma spetta al giudice (peritus peritorum) il compito di decidere e sentenziare sul caso, potendo anche disattendere il parere espresso dal perito o dal consulente, motivando adeguatamente le ragioni del dissenso.
PERIZIA PENALE
Il giudice nomina il perito scegliendolo tra gli iscritti in appositi albi o tra persone fornite di particolare competenza nella specifica disciplina (221 c.p.p.)
L’Ufficio di perito è obbligatorio, a meno che ricorrano uno dei motivi di astensione previsti dall’art. 36 c.p.p. (interesse nel procedimento), dall’art. 222 c.p.p. (incapacità ed incompatibilità del perito) e dell’art. 223 c.p.p. (ricusazione del perito).
L’art. 366 del c.p. (rifiuto di uffici legalmente dovuti) stabilisce che chiunque, nominato dall’autorità giudiziaria, ottiene con mezzi fraudolenti l’astensione dall’obbligo di comparire o di prestare il suo ufficio, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 516 €.
Quando le indagini e le valutazioni risultano di notevole complessità, l’incarico viene affidato a più esperti (Perizia collegiale). Disposta la perizia, il pubblico ministero e le parti hanno facoltà di nominare propri consulenti tecnici in numero non superiore per ciascuna parte a quello dei periti.
Dopo il giuramento di rito, il magistrato formula i quesiti; viene fissata la data di inizio delle operazioni peritali e viene stabilito il termine per la presentazione dell’elaborato scritto (massimo 90 giorni prorogabile fino ad un massimo di 6 mesi, pena la sostituzione ed il pagamento di una ammenda).
I consulenti tecnici delle parti possono assistere al conferimento dell’incarico al perito, partecipare alle operazioni peritali, formulando osservazioni e riserve; il consulente di parte può anche essere autorizzato a svolgere degli accertamenti e riferirne al giudice.
In dibattimento per il perito e i consulenti delle parti si osservano le stesse disposizioni stabilite per l’esame dei testimoni (possono essere interrogati dal P.M. e dai difensori). Mediante il dibattimento il perito illustrerà il significato dell’elaborato scritto e la perizia e le sue conclusioni acquistano valore probatorio.
CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO
Prende il nome di Consulenza tecnica d’Uffico la relazione medico-legale di risposta ai quesiti formulati dal Giudice in sede civile (valutazione del danno alla persona, cause previdenziali e del lavoro), ovvero la consulenza tecnica richiesta dal P.M. Il consulente viene scelto in appositi albi ed ha l’obbligo di prestare il suo ufficio dopo il giuramento di rito.
La relazione di CTU va presentata entro il termine fissato dal giudice e, in ogni caso, almeno 10 giorni prima della data fissata per la nuova udienza.
Art. 64 c.p.c “il consulente che incorre in colpa grave nell’esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda fino a 10.000 €, ed eventualmente anche alla sospensione dall’esercizio della professione ed al risarcimento dei danni causati alle parti.
NORME PER LA TUTELA SOCIALE DELLA MATERNITA’ E SULLA INTERRUZIONE VOLONTARIA DELLA GRAVIDANZA L. n. 194 del 22/5/78
Consultori familiari
La legge 405/75, ha istituito in Italia i consultori familiari e l’importanza delle loro funzioni sono state ribadite con la successiva legge 194 del 1978.
Gli obiettivi dei consultori sono:
a) assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità e paternità responsabile;
b) somministrazione dei mezzi necessari al fine di una procreazione responsabile;
c) tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento;
d) divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza.
Diritto alla vita
Il diritto alla vita, contemplato dell’art. 2 della Costituzione ha inizio sin da quando l’essere umano comincia ad esistere, questo per il feto significa il diritto di vivere e quindi di nascere.
Da un punto di vista giuridico, tuttavia, i diritti si acquisiscono solo dopo la nascita.
Dal nostro punto di vista la vita umana comincia dal momento stesso del concepimento e pertanto il medico deve rispettare la vita umana in ogni suo momento, trattandosi di un diritto assoluto, fondamentale ed inalienabile, le cui uniche deroghe sul piano giuridico sono quelle contenute nella legge sulla interruzione volontaria della gravidanza.
Con la legge 194/78, che ha abrogato il titolo X del libro II del c.p. (Dei delitti contro l’integrità e la sanità della stirpe), viene affermata la contrarietà giuridica all’aborto come mezzo di controllo delle nascite (art. 1) e si riconoscono il valore sociale della maternità e il diritto alla procreazione cosciente e responsabile.
Dal punto di vista giuridico si fa una netta distinzione tra la richiesta di interruzione fatta dalla donna entro i tre mesi della gravidanza o successivamente.
Interruzione della gravidanza entro i primi novanta giorni
Art. 4 : “Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90 giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbe un serio pericolo per la salute fisica o psichica, in relazione al suo stato di salute o alle sue condizioni economiche o sociali o familiari o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico o ad un’altra struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di fiducia”.
In pratica basta il semplice rilievo anamnestico di una o più condizioni potenzialmente pericolose per il benessere fisico o psichico della donna per ottenere l’autorizzazione all’aborto.
Art. 5 - Il medico o la struttura a cui la donna si rivolge hanno il dovere di informarla sulle possibili soluzioni del problema ed aiutarla a rimuovere le cause che la costringono ad interrompere la gravidanza.
Al termine del colloquio il medico rilascia un documento firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e la invita a soprassedere per sette giorni, trascorsi i quali ella può rivolgersi alle sedi autorizzate ed eseguire l’intervento. Nel caso in cui il medico riscontri delle cause patologiche che richiedano l’immediata interruzione della gravidanza viene rilasciato un certificato attestante l’urgenza mediante il quale l’interessata può ottenere subito l’interruzione della gravidanza.
In caso di donna minore, la richiesta va fatta dalla donna stessa, con l’assenso di chi ne detiene la patria potestà o la tutela. In caso di loro opposizione il medico invia una relazione al giudice tutelare, che, sentita la minore, può autorizzare l’intervento con atto non soggetto a reclamo.
Analoghe disposizioni valgono se la donna è interdetta.
Interruzione volontaria della gravidanza dopo il 90° giorno
L’art. 6 stabilisce che l’interruzione volontaria della gravidanza dopo i primi 90 giorni può essere praticata quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna (gestosi, ipertensione grave, diabete, anemia, etc.) o quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Interruzione della gravidanza quando ricorre l’imminente pericolo per la vita della donna
Art. 7 - In tal caso l’intervento può essere praticato senza le procedure previste e al di fuori delle sedi autorizzate.
Il medico deve accertare la situazione concreta di pericolo, obiettivarla e darne comunicazione alla autorità competente (direttore sanitario).
L’obiezione di coscienza non esime il medico dal partecipare a questo tipo di intervento.
Ove sussista la possibilità di vita autonoma del feto (età minima di vita intrauterina di 180 giorni), il medico che esegue l’intervento deve fare tutto il possibile per salvare la vita del feto.
Aborto illegale e Aborto criminoso
Per aborto si intende l’interruzione della gravidanza, in qualsiasi sua epoca o fase, con morte o con dispersione del prodotto del concepimento.
Si definisce aborto illegale quello effettuato su donna consenziente al di fuori delle norme previste dalla legge 194, cioè senza osservare le procedure e i limiti imposti dalla legge, ovvero al di fuori delle sedi autorizzate.
Si parla di aborto criminoso quando l’interruzione della gravidanza:
a) è una conseguenza della lesione personale (dolosa o colposa);
b) è ottenuta con azione dolosa del soggetto attivo diretta ad interrompere la gravidanza senza o contro il consenso della donna.
Appunti su: riassunti medicina legale, dispensa riassunto balistica forense, impiccamento segni, rebus medicis sub specie iuris, |
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