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Le funzioni dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati nel procedimento di gestione e destinazione dei beni




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Le funzioni dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati nel procedimento di gestione e destinazione dei beni



Introduzione


Terminata la disamina della struttura della Agenzia Nazionale, cerchiamo ora di operare un' analisi delle funzioni che l'Agenzia nazionale ha assunto, alla luce delle innovazioni fondamentali apportate dal Codice Antimafia; la scelta espositiva operata nel seguente capitolo è parzialmente derogatoria rispetto alla prospettiva diacronica che fin dagli esordi ci sta accompagnando. Per ragioni di chiarezza espositiva si è scelto infatti di partire da una analisi delle funzioni che le recenti innovazioni normative hanno conferito alla Agenzia Nazionale nei procedimenti penale e di prevenzione oggetto di trattazione precedente, così risaltando il ruolo di "collante" che il legislatore ha conferito alla Agenzia nella speranza di ovviare ad una delle principali problematiche emerse nel corso del tempo successivo alla emanazione della Legge 7 marzo 1996 n.109, ossia la mancata collaborazione tra organi amministrativi e autorità giudiziaria.


Terminata la disamina delle funzioni attualmente ricoperte dalla Agenzia nel procedimento penale e di prevenzione, passeremo alla analisi del procedimento di gestione e amministrazione dei beni, partendo dalle origini e risalendo attraverso i più importanti e significativi interventi legislativi; secondo chi scrive, l'approccio appena descritto, permette di capire come la disciplina attualmente in vigore sia il frutto di interventi funzionali alla risoluzione di problematiche pratiche che tuttora ostacolano una effettiva e celere destinazione del bene oggetto di confisca alla criminalità organizzata.


In seguito l'attenzione si sposterà sulla destinazione dei beni confiscati. La strada che si è scelta, come si vedr , è quella della preventiva analisi della disciplina normativa, con una necessaria distinzione tra somme di denaro, beni mobili, immobili e aziende. Concluderemo poi analizzando le principali criticità che tuttora sussistono e che ostacolano una celere e produttiva riutilizzazione del bene, oggetto attuale di discussione parlamentare.


Alle origini di un procedimento di gestione e amministrazione dei beni. In particolare la legge 7 Marzo 1996 n.109


Come già è emerso dalle primissime pagine del presente lavoro, l'aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati ha costituito, dalla emanazione della Legge Rognoni La Torre ad oggi, la nuova frontiera attraverso la quale si è più efficacemente esplicata la lotta alle organizzazioni criminali di stampo mafioso. Si crede tuttavia che per esplicare a pieno le sue potenzialit , la legislazione di contrasto alla accumulazione di patrimoni illecitamente acquisiti, debba essere affiancata da una politica di gestione e amministrazione dei beni efficiente, che permetta agli stessi una celere destinazione e riutilizzazione. Insomma legislazione di contrasto patrimoniale e politica di gestione e amministrazione costituiscono un doppio binario, ciascuno posto rispetto all'altro in un rapporto di stretta interdipendenza funzionale.


L'impianto normativo originario della Legge Rognoni-La Torre, come ampiamente sottolineato, costituisce una grande intuizione di politica criminale; essa gettò infatti le basi per l'apertura di una nuova frontiera di lotta alla mafia, quella dell'accumulazione patrimoniale, ma era gravata da una lacuna nient'affatto trascurabile: mancava totalmente una regolamentazione della gestione e amministrazione dei beni sottratti ai mafiosi: da qui una serie di interventi del legislatore volti ad assicurare una sempre più efficiente e razionale gestione dei beni sottratti alle organizzazioni criminali mafiose, al fine di garantire la realizzazione del fine ultimo di reintroduzione del bene nel circuito economico legale, e di "restituzione" dello stesso alla collettività.

Cerchiamo di rendere brevemente conto degli interventi legislativi più significativi, volti ad una razionalizzazione del sistema di gestione dei beni oggetto di misura ablativa, per concentrarsi al termine di suddetta disamina, sul quadro normativo attuale.


Il primo intervento significativo in materia di gestione e amministrazione dei beni è stato emanato sette anni dopo l'entrata in vigore della legge Rognoni La Torre, per mezzo della decretazione di urgenza ; questo intervento costituisce il primo tentativo del legislatore di colmare una constatata lacuna del sistema di contrasto all'accumulazione illecita di patrimonio da parte delle organizzazioni criminali di stampo mafioso: si introdussero infatti gli artt. sexies,

2 septies, octies all'interno della Legge n.575, che dettavano regole circa la amministrazione giudiziaria dei beni oggetto di sequestro nel procedimento di prevenzione , ma soprattutto, con l'art.4 del decreto in esame viene affrontata per la prima volta la questione relativa alla destinazione dei beni confiscati all'esito del procedimento di prevenzione.


Dal primo punto di vista l'art. sexies, introduce la nomina di un amministratore e del giudice delegato, ma soprattutto si pone come obiettivo dell'amministratore giudiziario in fase di custodia, conservazione e amministrazione del bene, quello dell'incremento della redditività dello stesso; si introducono infine cause di incompatibilità dell'amministratore.

Dal secondo punto di vista invece l'art. 4 del citato decreto, pone sostanzialmente le basi per l'approvazione, 7 anni dopo, della Legge 7 marzo 1996, n.109, legittimante la destinazione dei beni colpiti dalla misura ablativa a fini istituzionali o sociali mediante acquisizione degli stessi a patrimonio dello Stato o di altri enti pubblici ; non solo infatti, per la prima volta si asserisce che i beni confiscati ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575, sono devoluti allo Stato, ma si constata anche l'esigenza di un progettualità volta a garantire come fine ultimo la riutilizzazione dei suddetti beni. Detto in altri termini la Legge n.109 che costituisce la vera svolta ai nostri fini, ha trovato un humus favorevole nel tessuto normativo allora vigente grazie al descritto intervento legislativo, perch :


. Da un lato, esso sanciva espressis verbis la trasformazione" della proprietà sul bene da privata a pubblica, in conseguenza del provvedimento di confisca raggiunto in seno al procedimento di prevenzione;


. Dall'altro, coglieva per la prima volta l'esigenza di garantire una progettualità volta alla riutilizzazione dei beni immobili a fini istituzionali, come alternativa alla vendita: si prevedeva infatti che l'intendente di finanza, ai fini della destinazione di beni immobili o mobili costituiti in azienda, acquista dall'ufficio tecnico erariale la stima del valore del bene; dopodiché ne informa il prefetto, il quale, sentito il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, integrato dall'intendente di finanza e dal sindaco del comune in cui si trova l'immobile o in cui ha sede l'azienda, e con la partecipazione dell'amministratore giudiziario, formula al Ministro delle finanze un proposta in ordine alla destinazione medesima che può avere ad oggetto la conservazione del bene a patrimonio dello Stato e relativa utilizzazione, il trasferimento a titolo gratuito ad altro ente pubblico per essere destinato al perseguimento di fini istituzionali e, per quanto riguarda le aziende, la cessione anche a titolo gratuito a società o imprese a partecipazione pubblica per la continuità produttiva o occupazionale; la proposta infine può riguardare anche la vendita del bene immobile o azienda se ritenuta questa di maggiore utilità per l interesse pubblico.


Come accennato però, l'intervento normativo che costituisce la svolta ai fini della nostra riflessione è la legge 7 marzo 996, n.109; l'aspetto maggiormente caratterizzante è l'introduzione della possibilità di destinare definitivamente il bene immobile oggetto della misura ablativa al patrimonio dello Stato per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile, oppure il trasferimento dello stesso immobile al patrimonio del Comune per finalità istituzionali o sociali, con successiva assegnazione in concessione ad enti, associazioni di volontariato e della società civile, abrogando così l'art.4 del D L.14 giugno 1989, n.230, e introducendo per converso, all'interno del tessuto normativo della legge 31 maggio 1965, n.575, gli artt. 2 nonies, decies, 2 undecies.

La legge n.109 introduttiva della possibilità di un riutilizzo a fini sociali del bene sequestrato alla criminalità organizzata, rappresenta sicuramente un cambio di passo qualitativo nella lotta alla mafia, e la risposta forte della parte sana delle istituzioni e della società civile, al periodo stragista. La mafia, soprattutto in determinate zone territoriali dove il fenomeno è particolarmente pregnante e caratterizzante impedisce l'affermazione di un tessuto sociale fondato sulla fiducia e sulla condivisione, priva il popolo della sua dignità, anche appropriandosi del capitale relazionale, e identitario, impedendo per questa via l'attuazione di un vero sviluppo della legalità. Il valore simbolico, educativo e culturale dell'uso sociale dei beni confiscati, ha effetti devastanti sul consenso di cui godono i mafiosi, che in molti casi continuano ad esercitare un forte potere di attrazione. I beni confiscati rappresentano oltre che un valore economico tangibile, uno strumento di crescita delle comunità locali, non solo economica, ma anche sociale . Detto in altri termini, se è vero come è vero, che la lotta alla mafia e la affermazione della legalipassa anche e soprattutto attraverso la promozione sociale e la crescita delle relazioni comunitarie, ecco che la destinazione a fini sociali dei patrimoni in possesso delle organizzazioni criminali assume un valore simbolico di non indifferente portata pratica sottraendo consenso e potenzialità attrattiva alle organizzazioni e contribuendo ad abbattere quella barriera culturale dell'omert , che nei territori in cui il fenomeno mafioso appare più radicato, costituisce (anche) il vero ed imponente ostacolo ad un coinvolgimento della comunità nelle politiche di contrasto al fenomeno criminale mafioso.


Questi assunti, saranno abbondantemente esaminati nei capitoli successivi, basti in questa sede ricordare come, all'obiettiva necessità dell'intervento richiamato, non se ne è affiancato uno altrettanto incisivo, volto alla introduzione di procedure amministrative chiare e semplici inerenti alla gestione e destinazione dei beni, al fine di garantirne un rapido ed efficiente riutilizzo. In altri termini non si è realizzato contestualmente alla emanazione della legge n.109 quel doppio binario, quella relazione di funzionalità interdipendente tra legislazione di aggressione ai patrimoni illeciti e procedura di gestione e amministrazione dei beni dalla quale dipende l'esito dell'effettivo riutilizzo: se dal primo punto di vista la legge n.109 ha costituito un indubbio passo avanti qualitativo, dal secondo invece non si sono affiancate altrettanto rapide e semplificate procedure amministrative per le successive fasi di gestione e destinazione dei beni: questo può essere identificato come il primo grande problema che ha impedito nelle fasi immediatamente successive alla emanazione della legge, una efficace ed efficiente applicazione della legge 109, un problema che si colloca fuori dalla struttura e contenuto della legge citata, e dovuto in larga parte alla inefficienza e negligenza delle amministrazioni e dei soggetti coinvolti nel procedimento. Ma non solo.


Esiste un ulteriore ostacolo alla concreta operatività della legge n.109, che ci colloca per così dire all'interno dello stesso dettato normativo; un problema quindi che possiamo definire di contenuto, derivante dalla rigida distinzione in fasi introdotta (implicitamente) dalla disciplina in esame: in particolare si riscontrava la presenza di una fase giudiziaria di amministrazione dei beni sequestrati nell'ambito del procedimento di prevenzione, affidata esclusivamente alla competenza dell'amministratore giudiziario e del giudice delegato, da un lato, e una fase amministrativa di assegnazione e/o destinazione del bene confiscato, affidata alla competenza dell'ufficio del territorio del Ministero delle finanze. Lo spartiacque era specificatamente individuato nella definitività del provvedimento di confisca; la previsione di due fasi nettamente separate e distinte, con tempi lunghissimi intercorrenti tra il momento del sequestro e la definitività del provvedimento di confisca, hanno ulteriormente inciso sulla efficacia della normativa in tema di assegnazione e destinazione dei beni confiscati.


Per cercare di risolvere le lacune e le criticità cui abbiamo solo accennato (e che verranno approfonditamente scandagliate nella seconda parte del presente capitolo dedicato al procedimento di gestione e destinazione) e per rilanciare in via consequenziale l'azione di contrasto patrimoniale alle organizzazioni criminali di stampo mafioso, forte anche della esperienza maturata nei primi anni di applicazione della normativa in materia di prevenzione , il legislatore ha aperto un periodo volto alla identificazione delle maggiori criticità e lacune che il sistema normativo faceva emergere, e alla individuazione di modifiche e aggiornamenti da attuare. Si sono quindi susseguiti diversi disegni di legge con l'obiettivo di risolvere incongruenze e criticità, attraverso un complessivo riordino delle disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati


Qui è sufficiente sottolineare come, un punto di criticità importante, è stato riscontrato nella poca efficienza delle strutture deputate alla gestione e amministrazione del bene successivamente alla confisca definitiva: la costituzione della Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati, deve essere letta sotto questo punto di vista come il risultato dei gravissimi limiti, forse del sostanziale fallimento, che ha caratterizzato la fase di destinazione dei beni confiscati affidata dalla legge alla Agenzia del Demanio.


La legge 15 luglio 2009, n. 94 pone in essere un primo radicale mutamento dell'assetto normativo, in considerazione delle osservazione appena fatte, attribuendo al prefetto, in ordine alla adozione del provvedimento di destinazione nuove competenze, e lasciando al tempo stesso alla Agenzia del Demanio, competenze in materia di gestione dei beni confiscati . Il nuovo procedimento prevedeva un istruttoria tutto sommato celere da parte della Direzione Regionale della agenzia del demanio, con un termine di 90 gg entro il quale doveva formulare una proposta di destinazione non vincolante) al prefetto.


Tuttavia nonostante l'obiettivo dichiarato di rendere effettivo l'utilizzo per finalità istituzionali e sociali dei beni oggetto di confisca, l'intervento normativo citato non riesce a risolvere altre determinanti problematiche che ostacolano anch'esse l'attuazione effettiva della legge n.109; in particolare resta la rigida distinzioni in fasi che impedisce una efficacie comunicazione e collaborazione fra soggetti coinvolti nel procedimento, con tempi lunghissimi intercorrenti tra provvedimento di sequestro e confisca definitiva; ma non solo vi erano sempre problemi di scarsa programmazione delle attività di gestione, scarsa efficienza della attività ispettiva e di monitoraggio delle assegnazioni fatte, scarso controllo dell' attività degli amministratori, poca trasparenza in materia di oneri di gestione dei beni.


La svolta del D.L. n.4 del 2010


La svolta verso la effettiva, celere, efficiente destinazione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata di stampo mafioso a fini istituzionali o sociali come prescritto dalla legge n.109, si ha con la costituzione della Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati, operata dal D L. n.4 del 010 più volte citato;


L'obiettivo dichiarato è quello di modificare totalmente il precedente assetto normativo rivelatosi come detto inidoneo a "fronteggiare l'emergenza gestionale da cui deriva una grave asimmetria tra l'imponente sforzo investigativo e gli strumenti normativi e organizzativi attualmente a disposizione" in materia di amministrazione e destinazione dei beni confiscati , attraverso la costituzione di un soggetto dotato di personaligiuridica di diritto pubblico, con competenza generale in materia di beni confiscati, anche in una fase precedente la definitività del provvedimento ablativo.


A parere di chi scrive la ratio ispiratrice del decreto legge n.4 del 2010, è espressa compiutamente nelle seguenti parole: la contaminazione tra giurisdizione e amministrazione" che il decreto sopra citato ha attuato, "costituisce un rimedio alle inefficienze e ai ritardi cagionati da una doppia amministrazione (giudiziaria e demaniale) che scandiva in modo rigido le finalità della gestione e della destinazione per finalità sociali. L'intervento sulle tempistiche e una snella cinghia di trasmissione, in grado di operare sincronicamente rispetto alle due fasi, rappresentano un tentativo da assecondare e favorire . L'obiettivo dichiarato è quello di passare da una rigida separazione in fasi del procedimento, tradottasi come visto in una dilatazione dei tempi procedimentali di assegnazione e destinazione, dovuta anche alla scarsa collaborazione tra Autorità giudiziaria e Agenzia del demanio, ad una situazione di "contaminazione , una sovrapposizione quindi tra fasi che vede la presenza di questo nuovo soggetto pubblico, in funzione di supporto e collaborazione prima della definitività del provvedimento ablativo. In questo modo era possibile favorire la programmazione già durante la fase dell'amministrazione giudiziaria, e realizzare una destinazione finale dei beni celere, superando le criticità e le lungaggini del sistema in vigore, rivelatosi l'ostacolo più grave ad una rapida ed efficiente destinazione, alleggerendo al tempo stesso gli oneri di spesa a carico dello Stato.


Ecco che stiamo arrivando al punto: il legislatore ha inteso costituire da un lato, un soggetto responsabile non solo della amministrazione del bene dopo il provvedimento di confisca definitiva, ma anche dotato di poteri di partecipazione in una fase ad esso precedente, garantendo così l'immediata e diretta collaborazione tra Agenzia e autorità giudiziaria, in questo modo riducendo drasticamente i tempi procedimentali di assegnazione e destinazione ; dall'altro lato un soggetto che dopo la conclusione dell'udienza preliminare nel procedimento penale e dopo la definitività della confisca nel procedimento di prevenzione, assumesse la amministrazione diretta ed esclusiva del bene e ne programmasse la destinazione e assegnazione, mettendo fine alle criticità derivanti dalla pluralità di soggetti coinvolti, e alla loro constatata scarsa inefficienza gestionale.


Dal primo punto di vista tuttavia, l'impianto normativo originario del decreto, prevedeva un intervento immediato della Agenzia in entrambi i procedimenti penali e di prevenzione, attribuendo a questa l'amministrazione dei beni fin dalle prime fasi del sequestro; analizzando la disciplina normativa infatti si evince chiaramente l'intenzione del legislatore di assegnare alla Agenzia la funzione di amministrazione e gestione dei beni sequestrati, oltre che di quelli confiscati, nel corso dei procedimenti penali, per i delitti previsti dall'art.51, comma bis, c.p.p. e di prevenzione.


In sede di conversione del decreto, in seguito ad un dibattito parlamentare acceso in relazione alle competenze che L Agenzia avrebbe assunto nella fase che precede la definitività della ablazione, si scelse di modificare l'impianto originario sovra descritto, rimodulando completamente il sistema dei rapporti tra Agenzia e Autorità giudiziaria e limitando il ruolo dell'agenzia durante il procedimento di prevenzione e penale ad un ruolo di mera collaborazione


Detto in altri termini, con la decretazione di urgenza era stata introdotta una totale surroga della Agenzia nei compiti originariamente demandati all'amministratore giudiziario sin dal momento del sequestro, privando il giudice della prevenzione e penale di quel patrimonio conoscitivo frutto del rapporto diretto e immediato con l'amministratore giudiziario, fondamentale anche per la ricostruzione del contesto socio-economico riferibile al destinatario del sequestro, dunque per l'acquisizione di elementi fondamentali a sostegno del provvedimento di confisca definitiva.


Questa formulazione è stata oggetto di varie critiche in sede di conversione: in particolare la si accusava di avere espropriato completamente la magistratura inquirente e giudicante dalle procedure, anche giudiziarie in materia di patrimoni di mafia, sottolineando la necessità, la irrinunciabilità direi, di un controllo giudiziario sulla gestione del bene sequestrato. Secondo tali opinioni relegare l autorità giudiziaria ad un ruolo così marginale, circoscritto al rilascio di meri nulla osta, si diceva, avrebbe prodotto l'effetto di rendere ancora più forti quei rischi di infiltrazione mafiosa nella fase di amministrazione, che l'intervento di urgenza mirava a contrastare.


L attuale ruolo riconosciuto all' Agenzia allora, come più volte sottolineato nel corso del presente lavoro, è quello di garantire un raccordo, un legame tra fase giudiziaria del sequestro e confisca e fase di destinazione a fine sociali del bene: in altri termini la normativa attuale non ha modificato il ruolo dell'amministratore giudiziario, né il rapporto diretto di questo con l'autorità giudiziaria nella fase del sequestro fino alla confisca di primo grado. In questa fase l'Agenzia coadiuva il giudice delegato o il giudice che ha disposto il sequestro preventivo nell'ambito di un procedimento penale per uno dei delitti previsti dall'art.51, comma bis, c.p.p., in vista della futura destinazione dei beni dopo la confisca, svolgendo un attività di supporto.


Intervenuta la confisca di primo grado nel procedimento di prevenzione, o la conclusione della udienza preliminare nel procedimento penale, l'amministrazione assume l'amministrazione diretta dei beni. Questo ha spinto taluno a postulare una suddivisione della fase giudiziaria" in due sotto fasi


. La prima, che va dal provvedimento di sequestro fino alla confisca di primo grado nel procedimento di prevenzione, e fino alla conclusione della udienza preliminare nel procedimento penale, in cui l'Agenzia svolge un ruolo di collaborazione con l'autorità giudiziaria, e progettazione della destinazione;


. La seconda, che arriva fino al provvedimento di confisca definitiva, in cui l'Agenzia assume invece la amministrazione diretta del bene.


Occorre poi in questa sede notare come l'art.112 del d.lgs. 6 settembre


2011, n.159, annovera fra le competenze del Consiglio Direttivo la adozione di atti di indirizzo e linee guida in materia di amministrazione, assegnazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati, nonché la programmazione della assegnazione e destinazione dei beni in previsione della confisca , delimitando il ruolo dell'Agenzia nella prima sotto fase, e dando concretezza alla generica nozione di "ausilio"( art. 110, 2° comma, lett. b) e c) e di "coadiuvazione" (art. 38)


Affinché l'intervento della Agenzia possa raggiungere l'obiettivo di una più rapida destinazione e assegnazione del bene, la sua presenza e la sua riconosciuta funzione collaborativa nella fase precedente alla definitività del provvedimento di confisca, non deve essere interpretata come una interferenza sulle competenze proprie della autorità giudiziaria o dell'amministratore giudiziario, bensì deve essere letta come una straordinaria opportunità di realizzare una piena e preventiva collaborazione fra le due sfere giudiziaria e amministrativa, nella determinazione degli atti di indirizzo e linee guida in materia di amministrazione, assegnazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati e sulla programmazione generale adottata dall'Agenzia ai sensi dell'art. 112, 4° comma del Codice antimafia. In altri termini, per giungere all'auspicata riduzione dei termini procedimentali di assegnazione e destinazione dei beni confiscati, occorre che alla lettera della legge faccia eco una leale e reciproca collaborazione fra Autorità giudiziaria e Agenzia nella fase precedente la definitività del provvedimento ablativo: in questa ottica sembra debba essere letto il disposto dell'art.40 del Codice antimafia, secondo il quale il giudice delegato impartisce le direttive generali della gestione dei beni sequestrati, anche tenuto conto degli indirizzi e delle linee guida adottati dal Consiglio Direttivo dell'Agenzia medesima ai sensi dell'art.112, comma 4, lett.a


Fondamentale, al fine dell'espletamento del ruolo di collaborazione e ausilio che la legge ritaglia alla Agenzia in questa fase, appare la funzione di monitoraggio dei procedimenti in corso e dei beni sotto sequestro. Essa presuppone, per l'appunto, un continuo scambio di informazioni con l'autorità giudiziaria: ne sono un esempio le comunicazioni telematiche dei provvedimenti di modifica o revoca del sequestro e di quelli di autorizzazione al compimento di atti di amministrazione straordinaria , ma soprattutto la trasmissione delle relazioni periodiche che devono essere inviate periodicamente dall'amministratore giudiziario alla Agenzia


Anche in questo caso il Codice procede ad una operazione di concretizzazione, all'art. 110 del Codice antimafia, laddove attribuisce all'Agenzia competenze in materia di:


. Acquisizione dei dati relativi ai beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata nel corso dei procedimenti penali e di prevenzione;


. Acquisizione delle informazioni relative allo stato dei procedimenti di sequestro e confisca;


. Verifica dello stato dei beni nei medesimi procedimenti;

. Accertamento della consistenza, destinazione, utilizzo dei beni;


. Programmazione dell'assegnazione e della destinazione dei beni confiscati;


. Analisi dei dati acquisiti nonché delle criticità relative alla fase di assegnazione e destinazione




2.1.1. L'entrata in vigore dei regolamenti di attuazione


Abbiamo gavuto occasione di sottolineare come la traduzione pratica delle competenze di ausilio e collaborazione riconosciute in questa fase alla Agenzia, è stata differita alla entrata in vigore dei regolamenti di attuazione gprevisti dal D L. n.4 del 2010, e confermati nel Codice antimafia, avutasi il 15 marzo 2012.


Infatti l'art. 113, comma 1, lett.c) del Codice antimafia delega alla disciplina regolamentare:


La materia dell'organizzazione e dotazione delle risorse umane e strumentali per il funzionamento della Agenzia;


. La materia della contabilità finanziaria ed economico- patrimoniale relativa alla gestione dell'Agenzia, assicurandone la separazione finanziaria e contabile dalle attività di amministrazione e custodia dei beni sequestrati e confiscati;


. E soprattutto, ai fini della nostra riflessione, la materia dei flussi informativi necessari per l'esercizio dei compiti attribuiti all'Agenzia, nonché le modalità delle comunicazioni, da effettuarsi per via telematica, tra Agenzia e Autorità giudiziaria.


Soffermiamoci brevemente sulla disciplina tracciata in materia di flussi informativi, dal d.P.R n. 233, entrato in vigore come detto il 15 Marzo

2012. Il punto fondamentale è la previsione che L Agenzia debba essere dotata di un proprio sistema informativo, connesso con quello del ministero della Giustizia, con le banche dati e sistemi informativi delle prefetture, degli enti territoriali, di Equitalia, Equitalia Giustizia, delle


Agenzie fiscali e con gli amministratori dei beni sequestrati e confiscati; per garantire poi la completezza delle informazioni e dei dati a disposizione, il sistema informativo può cooperare con i sistemi informativi delle altre pubbliche amministrazioni sulla base di protocolli tecnici concordati con le stesse, nonccon enti e soggetti privati individuati con provvedimento del Direttore dell'Agenzia


Di particolare importanza l'art.2 del d.P.R. in esame che detta le regole per i flussi di scambio dati, documenti e informazioni con il Ministero della Giustizia e l'Autorità giudiziaria attraverso il sistema informativo delle misure di prevenzione, l'Albo nazionale degli amministratori giudiziari, il sistema informativo del processo penale (limitatamente alla fase successiva all'esercizio dell'azione penale, nonché anteriormente a tale fase, quando sono comunque eseguiti provvedimenti cautelari reali), il sistema informativo del processo civile, e la banca dati centrale dei beni sequestrati e confiscati di cui all'art. 49 del D.lgs. 6 settembre 2011, n.159144.

Per quanto concerne i flussi informativi attraverso il sistema informativo delle misure di prevenzione per i dati relativi ai procedimenti di prevenzione, notiamo come l'art.81 del Codice antimafia riproduca il contenuto dell'art. 34 della legge 19 marzo 1990, n.55, la quale dispone che presso le segreterie delle Procure della Repubblica e presso le cancellerie dei tribunali sono istituiti appositi registri, anche informatici, per le annotazioni relative ai procedimenti di prevenzione. Nei registri viene curata l'immediata annotazione nominativa delle persone fisiche e giuridiche nei cui confronti sono disposti gli accertamenti personali o patrimoniali da parte dei soggetti titolari del potere di proposta. Si prevedeva poi che il questore territorialmente competente e il direttore della Direzione Investigativa Antimafia provvedono a dare immediata comunicazione alla procura competente per territorio, della proposta di misura patrimoniale o personale da presentare al tribunale competente.


Attraverso la modifica del comma 1 dell'art.34 del sopra citato intervento normativo, operata dall'art.2 comma 8, della legge 15 luglio

2009, n.94, i registri informatici hanno fatto il loro ingresso nel procedimento di prevenzione; dal 2 Gennaio 2009 si è avuta la definitiva sostituzione dei registri cartacei delle misure di prevenzione, con il registro informatico.


Una volta quindi che saattuata la costituzione del sistema informativo della Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati, opererà in via automatica e consequenziale il tanto auspicato flusso informativo, con il registro informatico delle misure di prevenzione e con la banca dati centrale di cui all'art. 49 d.lgs. n. 159 del 201 , entrambi goperativi145.

Pcomplessa si preannuncia la concreta realizzazione dei flussi di scambio con l'Albo nazionale degli amministratori giudiziari di cui al D.lgs. 4 febbraio 2010, n.14. Infatti ad oggi si riscontra un ritardo nella emanazione della disciplina regolamentare cui viene rimandata la regolamentazione delle modalità di iscrizione, modalità di sospensione e cancellazione, modalità di esercizio del potere di vigilanza da parte del Ministero (art. 10), e modalità di certificazione dei requisiti di idoneità professionale (art.8 , nonché infine modalità di calcolo e liquidazione dei compensi degli amministratori giudiziari dall'altro.


Si pensa che il ritardo nella emanazione della suddetta disciplina regolamentare sia tanto più grave se si considera la centralità del ruolo dell'amministratore giudiziario, nella nuova struttura procedimentale concepita dal Codice Antimafia; una competenza tecnico professionale dell'amministratore giudiziario, soprattutto quando i beni colpiti dalla misura ablativa sono costituititi da aziende, è da considerarsi necessaria al fine di tentare un incremento o (tuttalpiù) una conservazione del valore veniale ed occupazionale che l azienda e il complesso societario cui fa capo esprime. In questo contesto deve essere inserito il dettato normativo dell'art. 38, comma 6, codice antimafia, il quale assegna alla Agenzia il compito di promuovere le intese con l'autorità giudiziaria per assicurare, attraverso criteri di trasparenza, la rotazione degli incarichi degli amministratori, la corrispondenza tra profili professionali e beni sequestrati, noncla pubblicità dei compensi percepiti secondo modalità stabilite con decreto emanato dal Ministero dell'Interno e da quello della giustizia146.


2.1.2. Tutela dei terzi e rapporti con le procedure concorsuali (cenni).


All'interno della fase antecedente la definitività del provvedimento di confisca si colloca infine l'ulteriore problema della tutela dei terzi e dei rapporti con le procedure concorsuali, che trova specifica disciplina nel Libro I, titolo IV, codice antimafia, che pare opportuno accennare in questa sede perccontempla anch'esso un coinvolgimento della Agenzia. La disciplina dettata dal Titolo IV si articola a sua volta in tre capi:


. Il primo dedicato alla disciplina generale per la tutela dei diritti dei terzi, alla individuazione del limite della garanzia patrimoniale in caso di confisca definitiva, alla disciplina del pagamento dei i crediti prededucibili, alla regolazione delle azioni esecutive che hanno ad oggetto beni sottoposti a vincolo di prevenzione;


. Il secondo dedicato alla disciplina volta all'accertamento dei diritti dei terzi, con previsione dettagliata delle modalità di presentazione della domanda di ammissione del creditore, progettazione pianificazione dei pagamenti previa liquidazione dei beni, e i casi di revoca dell'ammissione del credito;


. Il terzo capo è dedicato alla disciplina dei rapporti tra procedimento di prevenzione e procedure concorsuali, noncalla disciplina della dichiarazione di fallimento, che può precedere o seguire il procedimento di prevenzione;


Tralasciando l'esame della disciplina che non interessa ai nostri fini, poniamo l'accento sull'art. 59, comma 2, del Codice che prevede la partecipazione dell'Agenzia nazionale all'iter procedimentale, tramite proprio rappresentante, con facoltà di depositare atti e documenti all'udienza di verifica dei crediti; L'Agenzia è inoltre sentita in


relazione al piano di pagamento dei crediti ammessi ; inoltre può in ogni tempo chiedere al tribunale la revocazione del provvedimento di ammissione di un credito al passivo in caso sia stato determinato da falsità, dolo, errore essenziale di fatto, o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile al ricorrente


2.1.3. Osservazioni conclusive


Come detto all'interno della cornice rappresentata dal procedimento di prevenzione, il momento in cui si verifica il passaggio dalla funzione di collaborazione e coadiuvazione alla amministrazione diretta dei beni da parte dell'Agenzia nazionale è rappresentato dall'esito del procedimento di prevenzione, con l'emissione del decreto di confisca ; la lettera del D.lgs. 6 settembre 2011, n.159 non lascia spazio a dubbi: L'art. 38, 3° comma della richiamata normativa dispone infatti che dopo il decreto di confisca di primo grado, l'amministrazione dei beni è conferita all'Agenzia la quale può farsi coadiuvare, sotto la propria responsabilità, da tecnici, o da altri soggetti qualificati, retribuiti secondo le modalità previste per l'amministratore giudiziario. L Agenzia comunica al tribunale il provvedimento di conferimento dell'incarico; incarico che ha durata annuale salvo che non intervenga revoca espressa ed è rinnovabile tacitamente.


Ad ulteriore suggello di quanto esposto l art.110, comma 2, lett.d) del D.lgs. n. 159 del 201 , il quale affida l amministrazione e destinazione dei beni confiscati in esito del procedimento di prevenzione di cui al libro I, Titolo III .


Concludendo sul punto possiamo quindi dire che il legislatore ha ritagliato al nuovo soggetto pubblico un ruolo di piena partecipazione alla fase che precede la definitività del provvedimento ablativo, volta alla realizzazione degli indirizzi e delle linee guida, noncalla attuazione del programma di assegnazione e destinazione dei beni.


Anticipare al momento della confisca di primo grado nel procedimento di prevenzione (e al momento della conclusione dell'udienza preliminare nel procedimento penale) l'intervento della Agenzia risponde ad esigenze manifestatesi nella prassi applicativa della legge n.109 di unitarietà di intervento e di preventiva programmazione della destinazione del bene.


Tuttavia tale scelta ha destato notevoli perplessità da parte degli operatori, connesse ad ovvie ragioni di tutela del terzo, ma soprattutto alla presunta inadeguatezza del soggetto pubblico, date le scarse risorse strumentali e organiche messe a disposizione. In questo contesto, si colloca la proposta correttiva di ritardare il momento in cui l'Agenzia assume la amministrazione diretta dei beni, formulata dall'Osservatorio nazionale sulla confisca, amministrazione e destinazione dei beni e delle aziende, avente ad oggetto l'art.38, comma 1, codice antimafia . Su tale proposta appare condivisibile l'opinione secondo cui una tale modifica va in una direzione del tutto contraria alle ragioni ispiratrici che sono alla base della legge istitutiva dell'Agenzia nazionale ed è in netto contrasto con le norme del Codice che attribuiscono alla stessa specifici compiti di programmazione e destinazione addirittura antecedenti la confisca definitiva


Abbiamo già avuto modo di sottolineare infatti come l'obiettivo perseguito dal legislatore e realizzato nel 2010 con il Decreto legge n. 4, istitutivo dell'Agenzia, è quello di creare un organo pubblico che assuma la funzione di cabina di regia", in capo al quale concentrare l'attività di amministrazione, valorizzazione e destinazione dei beni, al fine di rimediare alle pregresse inefficienze e ritardi cagionati da un doppio livello di amministrazione, giudiziaria e demaniale e dalla pluralità dei soggetti coinvolti. Post ponendo la funzione di amministrazione diretta dei beni da parte della Agenzia alla definitività del provvedimento di confisca si rischia, detto in altri termini, di ritornare al sistema precedente di netta separazione tra fasi giudiziaria e amministrativa, sistema che ha gampiamente dimostrato la sua inefficienza pratica.


3. Le funzioni dell'Agenzia alla luce della disciplina dettata dal Codice antimafia


Chiudendo, vediamo brevemente le funzioni che l'impianto normativo costituito dal d.lgs. n.159 del 2011 affida alla Agenzia Nazionale, durante la vigenza di un procedimento penale.


Il punto di partenza è sempre costituito dall'art. 110, il quale al suo secondo comma, lett. c) ed e) delinea il ruolo dell'Agenzia nei procedimenti penali per i delitti previsti dall'art. 1, coma bis, c.p.p. parlando sempre, rispettivamente di funzione di ausilio dell'autorità giudiziaria nell'amministrazione e custodia dei beni sequestrati, in un momento precedente alla udienza preliminare da un lato, e di amministrazione e destinazione dei beni confiscati, in esito al procedimento, dall altro


La cosa che occorre notare, e alla quale si è più volte accennato nel corso del presente lavoro, è che in questo contesto, la linea di confine tra la funzione di ausilio, e di amministrazione diretta è individuata dal legislatore nella conclusione dell'udienza preliminare


Nel caso di sequestro disposto nell'ambito del procedimento penale per uno di delitti previsti dall'art. 51, comma bis, possono essere riprodotte osservazioni operate finora con riferimento al diverso contesto del procedimento di prevenzione. In particolare qui l'Agenzia svolge il suo ruolo di raccordo con il giudice che ha emesso il provvedimento di sequestro, concretizzato dalla lett.a) dell'art. 110, comma 2 del Codice Antimafia, il quale conferisce alla Agenzia il compito di acquisire i dati relativi ai beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata nel corso del procedimento penale, e le informazioni relative allo stato dei procedimenti di sequestro e confisca, e di verifica dello stato dei beni in pendenza dei medesimi procedimenti.


Anche in sede penale inoltre, L attività svolta dalla Agenzia deve essere conforme agli atti di indirizzo e alle linee guida in materia di amministrazione, assegnazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati e alla programmazione sull'assegnazione e destinazione in vista della confisca. Abbiamo gavuto modo di vedere come il legislatore di recente ha esteso la applicabilità delle disposizioni del D.lgs. 6 settembre 20 1, n.159 in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati Libro I, Titolo III Codice antimafia , ai casi di sequestro e confisca dei beni adottati nei procedimenti penali relativi ai delitti di cui all art 51, comma bis c.p.p.


L'obiettivo che ci poniamo adesso è analizzare il contenuto della disciplina contemplata al Libro I, Titolo III del Codice, intitolata L'amministrazione, la gestione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati , entrando così nella seconda parte del capitolo. Come anticipato nei passaggi introduttivi, la scelta espositiva fatta si basa su una analisi preliminare della evoluzione normativa del procedimento di gestione e destinazione, per concentrarsi successivamente sull'analitica esegesi della disciplina attuale; concluderemo evidenziando quelle che sono le principali criticità individuabili, e prospettando per quanto possibili soluzioni che a tali criticità possono ovviare.




3.1. Fenomenologia del procedimento di gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Dal commissario straordinario alla istituzione dell'Agenzia nazionale


Prima dell'entrata in vigore della legge n.109 del 1996, che come visto rappresenta lo spartiacque normativo del nostro campo di riflessione, la materia della gestione e destinazione degli stessi era regolata dall'art.4 del D L. 14 Giugno 19 9, n.230, convertito, con modificazioni, nella Legge 4 Agosto 1989, n.282, che ergeva a protagonisti del procedimento il prefetto e il Ministro delle finanze, il primo dotato di un potere di proposta, il secondo dotato del potere decisionale. La proposta era formulata dal prefetto sentito il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza, integrato dall'intendente di finanza, dal Sindaco del Comune ove il bene si trovava e dall'amministratore del bene, e poteva riguardare:


. La conservazione del bene a patrimonio dello Stato e la sua utilizzazione;


. Il trasferimento ad un ente pubblico perché lo destinasse a finalità istituzionali;


. Per quanto riguarda le aziende, la cessione a titolo gratuito a società e imprese a partecipazione pubblica, oppure la vendita;


Ricevuta la proposta, il ministro delle finanze provvede con proprio decreto in ordine alla destinazione dei beni, eventualmente anche in difformità dalla proposta medesima in considerazione di situazioni sopravvenute, ovvero di esigenze di carattere generale.


Durante la vigenza dell'articolo 4, tuttavia era già avvertita in modo forte l'esigenza di porre in essere una razionalizzazione del sistema di gestione, attraverso la emanazione di una normativa in grado di dare un senso compiuto alla politica di contrasto patrimoniale, il senso cioè della riaffermazione della legalità e della riappropriazione da parte della collettività di quella ricchezza di cui la criminalità organizzata mediante le attività illecite si era impadronita. Proprio a sostegno di questa idea l'Associazione LIBERA" promuoveva nel 1 96 una raccolta firme necessaria per la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare, approvata in commissione giustizia in sede deliberante alla fine della legislatura, e divenuta così Legge 7 marzo, n.109.


L'intervento normativo cui sopra, costituisce come più volte sottolineato lo spartiacque della nostra riflessione poiché introduce la destinazione a fini sociali dei beni oggetto di confisca, straordinaria opportunità per la collettività intera: la restituzione" dei beni alla collettiviche la criminalità le ha sottratto, costituisce per questa una fonte di ispirazione per un rinnovato e più forte impegno di contrasto alle mafie, ed ha un grandissimo valore simbolico di riaffermazione della giustizia e della legalità.


Tuttavia nonostante questo, la effettiva e concreta applicazione della Legge n.109, e la destinazione ad uso sociale dei beni confiscati ha incontrato sin da subito problematiche di non poco conto; prima fra tutte quella connessa ai costi di manutenzione ordinaria e straordinaria che gli enti locali assegnatari non erano in grado di sopportare. In effetti l'art.2 duodecies, inserito nel dettato normativo della legge n.575 del

1965 dalla legge n.109, prevedeva l'istituzione presso la prefettura competente , per un triennio, di un fondo alimentato con le somme versate all'ufficio del registro ai sensi del precedente art. undecies, funzionale all'erogazione di contributi destinati a finanziare progetti relativi alla gestione ad uso istituzionale, sociale o di interesse pubblico degli immobili confiscati, noncper una serie di altre attività, anch'esse di rilevante valore sociale. Il prefetto era responsabile della gestione del fondo: egli provvedeva sulle richieste di finanziamento, sentiti i sindaci delle località in cui si trovava il bene oggetto di confisca, l'assessore regionale, e un apposito comitato tecnico finanziario.


Scaduti i tre anni di vigenza del fondo previsti dalla legge, questo però non fu più alimentato, e gli enti locali non potendo sostenere i costi di manutenzione ordinaria o straordinaria degli immobili, non chiedevano più l'assegnazione; la conseguenza è che molti immobili restavano non destinati, e vittime di un progressivo degrado.


Ma non solo, problematiche di rilevante complessità e di difficile soluzione si inserivano nella fase di gestione e destinazione: si fa riferimento in particolare alla gcitata dilatazione eccessiva delle tempistiche intercorrenti tra provvedimento di sequestro e quello di confisca definitiva, con conseguente deperimento dei beni, ma anche all'esborso da parte dello Stato di somme rilevanti di denaro per il mantenimento e la gestione dei beni suddetti secondo la loro naturale destinazione economica, senza parlare dei tempi altrettanto lunghi necessari per la effettiva destinazione ad uso sociale, e della complessità delle procedure amministrative previste per tale destinazione.


Le problematiche cui abbiano fatto cenno, ostative di una efficace attuazione della legge n 109, divennero presto oggetto di riflessione da parte del legislatore: gli anni successivi alla emanazione della legge che introduceva il riutilizzo sociale dei beni, sono quindi caratterizzate da iniziative e proposte volte a ricercare soluzioni che potessero accelerare il procedimento di destinazione; la scelta espositiva abbracciata in questa è sede, è quella di dare conto dei più importanti, per mettere in luce come il D L. n.4 del 2010 istitutivo l'Agenzia Nazionale per i beni confiscati non sia un fulmine a ciel sereno intervenuto improvvisamente nel palcoscenico normativo, bensì il risultato di un lavoro congiunto posto in essere da legislatore e tecnici del diritto, volto al reperimento di soluzioni concrete che rendessero veramente" operativa la legge n.109.

In questo contesto si colloca un primo intervento da parte del Ministero delle finanze che con d m.3 febbraio 1999, costituiva un Osservatorio permanente sui beni confiscati , al quale veniva affidato il compito di studiare e proporre modifiche alla normativa in materia di gestione, amministrazione e destinazione dei beni confiscati, al fine dichiarato di rendere più snella ed efficace l azione amministrativa da un lato, e di garantire un più stretto collegamento tra amministrazioni dello Stato coinvolte nel procedimento e mondo associativo.

L'Osservatorio era composto dai rappresentanti del Ministero delle finanze, della giustizia, dell'interno, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, dei lavori pubblici, dell'industria, commercio e artigianato, noncdai rappresentanti del C.N.L., dell'ANCI e delle associazioni di cui all'art. 2-duodecies, comma 2, lett.b) legge n.109, infine da rappresentanti della Direzione nazionale antimafia.

Nonostante la durata limitata155, e nonostante che questo organismo avesse, durante la sua vigenza, concentrato l'attenzione sulle modalità di monitoraggio dei beni sequestrati e confiscati e sull'opportunità di istituire un albo degli amministratori dei beni confiscati, riuscì comunque ad evidenziare i problemi che maggiormente caratterizzavano il procedimento di destinazione e la fase di gestione e amministrazione : l'accento si poneva sui tempi eccessivamente lunghi intercorrenti tra provvedimento di sequestro e definitività della confisca, e sui tempi egualmente dilatati occorrenti per garantire una effettiva destinazione  ad  uso  sociale  dei  beni  confiscati,  con  conseguente deperimento degli stessi e costi di manutenzione e gestione eccessivi da parte dello Stato; L'accento veniva posto poi sulla eccessiva complessità delle procedure amministrative previste per la destinazione così come concepite dalla legge n.109.

Durante il periodo di operatività dell'Osservatorio, si segnala la costituzione di una nuova figura, quella del Commissario straordinario del Governo per la gestione e destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali156 al quale furono affidati vari compiti fra cui:

. Assicurare il coordinamento operativo fra amministrazioni coinvolte nel procedimento

. Assicurare il necessario collegamento tra amministrazioni coinvolte e soggetti di cui all'art. 2-duodecies, comma2, lett.b), della legge 7 Marzo 1996, n.109

. Segnalare la necessi di adottare provvedimenti amministrativi volti ad assicurare la correttezza della gestione dei beni confiscati, e l'effettividella destinazione sociale degli stessi, ammettendo in tal senso la possibilità di porre in essere una diffida degli organi competenti

. Formulare proposte al Presidente del Consiglio dei Ministri, con riferimento alle possibili integrazioni e modifiche necessarie alla normativa vigente in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati

. Infine è attribuito al Commissario un potere di monitoraggio dei beni confiscati, anche avvalendosi della collaborazione del neo-istituito Osservatorio.

All'esito della attivi svolta il Commissario predispose una voluminosa e completa relazione, consegnata al Presidente del Consiglio dei ministri il 25 Luglio 2000; la relazione è interessante perc pone in essere un calcolo  dei  tempi  medi  necessari  ad  esaurire  le  singole  fasi  del procedimento, che pare opportuno riportare nel presente lavoro, per qualificare (anche) da un punto di vista quantitativo il quadro sconcertante che si presentò al Commissario.

Si parla nella Relazione di 516 gg come lasso di tempo che in taluni casi è stato riscontrato intercorrente fra la richiesta di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale e la data del sequestro; di 412 gg come tempo medio intercorrente fra sequestro e confisca; 1000 gg circa come tempo medio intercorrente fra provvedimento di confisca di primo grado e la definitività della stessa; 2.2023 gg come tempo medio intercorrente fra confisca definitiva e decreto direttoriale di destinazione; 141 gg il tempo medio intercorrente fra decreto direttoriale e verbale di consegna; infine 210 gg il tempo medio intercorrente fra emanazione del provvedimento di confisca definitiva e ricezione dello stesso da parte del competente ufficio del territorio, del Ministero delle finanze, con picchi di oltre 3.000 gg per talune province. Il tutto aggravato alla incompletezza dei dati relativi ai beni confiscati, compresi quelli catastali, che rendevano impossibile l'esecuzione dei provvedimenti definitivi.

Tra le cause principali della dilatazione spasmodica delle tempistiche procedimentali, e della incompletezza dei dati sovraesposte, il Commissario indica le inerzie degli uffici competenti alla emanazione dei provvedimenti di destinazione, inerzie e scarsa professionalità degli amministratori dei beni oggetto di confisca, timidezza dei sindaci solo in parte giustificate nel richiedere i beni immobili per destinarli a finalità istituzionali o sociali, il condizionamento ambientale creato dall'organizzazione criminale di appartenenza del soggetto colpito dal provvedimento di confisca, che impediva di fatto l'applicazione della legge.

Con il d.P.R. 19 Gennaio 2001, venne poi istituito il secondo Commissario straordinario del Governo per la gestione e la destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali, al quale vennero affidate


funzioni in linea di principio coincidenti a quelle che furono del primo Commissario. La scelta operata dal secondo commissario fu pe quella della istituzione di una commissione di studio, cui venne affidato l'esame di una serie di questioni tecniche e giuridiche relative all'oggetto e alla esecuzione del sequestro preventivo, finalizzato ai vari tipi di confisca penale, prevista come conseguenza della condanna per reati attinenti al fenomeno della criminalità organizzata, e ad altre materie, come quella del monitoraggio dei beni, ricognizione dei vari tipi di confisca previsto dal codice penale e dalle leggi speciali, al fine di razionalizzare il sistema.

La relazione del secondo Commissario fu presentata nell'Ottobre del 2002; i suoi contenuti furono ripresi in tutto o in parte da alcune proposte di legge presentate negli anni immediatamente successivi, ma senza ottenere la approvazione parlamentare.

Anche l'Ufficio del Commissario straordinario fu però soppresso dal Governo con decreto del 23 Dicembre 2003 e i compiti di esso furono affidati all'Agenzia del Demanio, con il coordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Durante la vigenza del secondo Commissario, tuttavia si riscontra una iniziativa importante assunta dalla stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri, il cui Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi aveva istituito un tavolo di lavoro per l'esame di un articolato contenente proposte di modifica della Legge n.575 del 1965. Se da una parte l'articolato rappresentava un apprezzabile tentativo da parte del Governo di dare risposte concrete alle problematiche che nel corso del tempo erano emerse in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati, esso era pe viziato da scelte di fondo non condivisibili, oggetto di profonde critiche in sede esame, e solo in parte recepite. L'articolato fu comunque approvato dal Consiglio dei Ministri e presentato il 19 Ottobre 2004 alla Camera dei Deputati. Il disegno di legge conteneva la delega al Governo per il riordino della disciplina in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali, e fissava i seguenti principi direttivi:

. L'attività di gestione avrebbe dovuto essere affidata, fin dal momento del sequestro di prevenzione al Direttore dell'Agenzia del Demanio, al quale spettava inoltre la nomina dell'amministratore giudiziario, previo nulla osta della autorità giudiziaria;

. Il Direttore dell'Agenzia del demanio inoltre doveva compiere tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, anche modificando se necessario destinazione o uso dei beni, ed eventualmente in questo derogando agli strumenti urbanistici vigenti;

. Lo Stato doveva assolvere al difficile ruolo di garantire contatti con gli istituti di credito, per il finanziamento della gestione delle imprese, nonché per la riattivazione e per il completamento degli impianti, immobili e attrezzature industriali, infine per la loro manutenzione ordinaria e straordinaria, prevedendo la soddisfazione dei relativi crediti in prededuzione ai sensi dell'art.111, comma1, n.1 L.F.;

. I procuratori distrettuali antimafia dovevano essere titolari del potere di proposta delle misure di prevenzione patrimoniale;

. Previsione di un elenco tassativo di casi, operato dalla stessa legge delega in cui si poteva operare la revisione della confisca definitiva;

Pare utile in questa sede riportare le principali critiche che furono mosse in sede di discussione al d.d.l., poiché come si vedrà molte di queste verranno riprese nei successivi interventi normativi.

In primo luogo non si condivideva la scelta di affidare all'Agenzia del Demanio la custodia, la amministrazione e gestione dei beni sequestrati o confiscati, per due motivi essenzialmente, l'uno attinente a problematiche di efficienza gestionale, l'altro più propriamente costituzionale e di compatibilità sistemica.


Dal primo punto di vista l'esperienza maturata dopo l'emanazione della legge n.109 del 1996, aveva dimostrato che gli uffici periferici dell'Agenzia del Demanio si erano ampiamente dimostrati inadatti a gestire in modo efficiente i beni oggetto di confisca definitiva, inefficienza gestionale che si sarebbe aggravata in caso di conferimento agli stessi della funzione di gestione, amministrazione e custodia (anche) dei beni sotto sequestro157;

Il tavolo di lavoro cui fu sottoposto l'articolato, evidenziava g allora come sarebbe stato maggiormente opportuno costituire un nuovo organismo istituzionale centralizzato, dotato di personali giuridica di diritto pubblico e con autonomia gestionale e contabile, al quale attribuire il compito di gestire e destinare i beni confiscati, con il quale l'Agenzia del demanio avrebbe dovuto collaborare. Mentre il nuovo organismo avrebbe dovuto svolgere l'attiviamministrativa finalizzata alla destinazione dei beni, l'agenzia del demanio avrebbe svolto una funzione di supporto e collaborazione nella fase di gestione, funzionale alla destinazione medesima; da questo punto di vista la sede più idonea presso la quale collocare l'organismo veniva individuata nel Ministero dell'interno: infatti esso avrebbe potuto mantenere e garantire un collegamento diretto e immediato con i Sindaci e gli Uffici Territoriali di Governo, utili sia per la individuazione dei soggetti cui destinare i beni, sia per garantire l'effettività dei provvedimenti amministrativi.

Ma non si trattava solo di una problematica attinente alla efficienza della gestione: affidare all'agenzia del Demanio la funzione di gestione, custodia e destinazione anche dei beni sequestrati, veniva considerato in contrasto con il principio della separazione dei poteri, poiché dava luogo ad una interferenza dell'amministrazione, in una attività tipicamente svolta dall'autorità giudiziaria. L'Agenzia si inseriva in virtù di questa previsione, nella fase giurisdizionale del processo di prevenzione158, privando il giudice delle competenze che le sono proprie, prima fra tutte, quella di nomina e revoca dell'amministratore giudiziario: il giudice non avrebbe più potuto scegliere la figura dell'amministratore sulla base delle sue competenze professionali e sulla base de rapporto fiduciario che deve caratterizzare la nomina, con approfondita valutazione delle situazioni di incompatibilità, ma avrebbe dovuto limitarsi ad esprimere un nulla-osta sulla indicazione nominativa proveniente dall'Agenzia del demanio. Concludendo, il problema tuttavia non sembra essere solo quello della separazione dei poteri, ma anche di compatibilità sistematica: la soluzione prospettata appariva disorganica e incoerente con l'obiettivo dichiarato di dare chiarezza ed omogeneità ad un sistema normativo eccessivamente frammentato e disorganico.

La seconda grande critica mossa all'articolato poi divenuto d.d.l., riguarda la prevista possibilità di porre in essere la revoca del provvedimento di confisca definitiva intervenuto in seno al procedimento di revisione, ad istanza di chiunque fosse titolare di un interesse giuridicamente riconosciuto, secondo alcuni principi espressamente indicati fra cui la ammissibilità in ogni tempo della revisione nel caso in cui i fatti posti a fondamento del provvedimento non potessero conciliarsi con quelli stabiliti in una sentenza penale passata in giudicato. Si faceva notare in sede di esame che la finali del procedimento di prevenzione non è accertare la responsabilità penale di un soggetto in ordine ad un fatto costituente reato, ma l'accertamento della pericolosi del soggetto medesimo desumibile da indici sintomatici della stessa; deve ritenersi dunque corretta l'opinione di un autorevole autore che sostiene che "è nel sistema la possibilità che vi possa essere contrasto fra il giudicato di prevenzione e quello penale"159. Ma dal punto di vista che a noi più interessa, la previsione proposta avrebbe avuto potenzialmente, ricadute devastanti sulla effettivi del procedimento, provocando una situazione di assoluta incertezza dei rapporti giuridici instauratesi in seguito alla destinazione e fini sociali o istituzionali del bene confiscato; detto in altri termini e più specificatamente, la possibili di richiedere senza limite temporale alcuno, la revisione del provvedimento di confisca con conseguente "retrocessione" del bene confiscato, avrebbe paralizzato di fatto qualsiasi iniziativa, impedendo perfino l'investimento finanziario occorrente per il recupero e la manutenzione del bene, necessari per lo svolgimento dell'attivi sociale o istituzionale alla quale la destinazione del bene confiscato era finalizzata.

Si trattava in sostanza di assolvere al non facile compito di trovare la giusta coniugazione di due principi egualmente importanti: quello della certezza dei rapporti giuridici necessaria affinc si possa investire sul bene senza il rischio di vederselo sottratto in ogni tempo, e quello della tutela del soggetto colpito dal provvedimento ablativo. La soluzione proposta, anch'essa ripresa nei più recenti interventi normativi, è stata quella di utilizzare il disposto dell'art. 42 della Costituzione, secondo cui la proprietà può essere, nei casi previsti dalla legge e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale, includendo fra questi, l'esigenza imprescindibile di contrasto alla criminalità organizzata attraverso strumenti idonei, come le misure di prevenzione patrimoniale.

Si suggeriva quindi l'aggiunta, accanto all'istituto della revisione, della previsione secondo la quale, in caso di revoca del provvedimento di confisca, fosse corrisposta al soggetto che tale confisca aveva subito, una somma equivalente al valore effettivo del bene al momento del sequestro.

Chiudiamo con un ulteriore osservazione: il tavolo di lavoro in sede di esame dell'articolato, guardava con favore il conferimento al Procuratore distrettuale antimafia, di un potere di proporre l'applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, ma al tempo stesso contestava la mancata previsione di un eguale potere di proposta anche al Procuratore nazionale antimafia, al quale venivano affidati poteri di impulso e coordinamento160. Anche questo suggerimento come sarà recepito dal legislatore successivamente.

Fra il 19 ottobre 2004, data di presentazione del d.d.l. citato,  e il 6 novembre 2007, data di istituzione del terzo Commissario straordinario del governo per la gestione e destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali, si segnala:

. La costituzione di un tavolo di lavoro per una "profonda rivisitazione della normativa antimafia e delle misure di prevenzione" con il compito di predisporre un Testo Unico che inglobasse tutte le misure di prevenzione vigenti in materia di misure di prevenzioni patrimoniali. Il progetto di T.U. elaborato dal tavolo di lavoro non fu mai presentato al Consiglio dei Ministri, è quindi appena il caso di accennare che tale bozza affidava al Direttore centrale dell'Agenzia del demanio la destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali confiscati in via definitiva, su proposta del dirigente della filiale della Agenzia del demanio competente per territorio, acquisiti i pareri del prefetto e del Sindaco del Comune interessato.

. Una proposta di legge presentata alla Camera dei deputati il 2 febbraio 2007, prevedente la delega al Governo per l'emanazione di un Testo Unico delle disposizioni in materia di contrasto patrimoniale alla criminalità organizzata di tipo mafioso. Con specifico riferimento alla destinazione, si prevedeva fra i principi e criteri direttivi l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di un'Agenzia nazionale per la gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati alle organizzazioni criminali, nonc l'istituzione presso le prefetture di Agenzie provinciali per la gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati a organizzazioni criminali.

Arriviamo così all'emanazione del d.P.R. 6 novembre 2007, con la gaccennata istituzione del terzo Commissario straordinario. I poteri non erano dissimili da quelli in precedenza conferiti ai suoi predecessori e risultati ampiamente insufficienti a risolvere i problemi evidenziati dal dibattito sviluppatosi nei sette anni precedenti in materia di ritardi nella destinazione dei beni confiscati. Tuttavia occorre sottolineare che a differenza delle due esperienze precedenti, veniva scelto come Commissario un magistrato, al quale veniva conferito fra gli altri, il compito di raccordo con l'autorità giudiziaria: in questo modo si riuscì a diminuire le tempistiche eccessivamente lunghe che caratterizzavano i rapporti fra uffici, attraverso la stipulazione da parte di quest'ultimo di convenzioni,   le   quali   prevedevano   meccanismi   automatici   di trasmissione  degli  atti,  di  informazioni  e  comunicazioni161.  Il  17 Dicembre 2009 il Consiglio dei Ministri nominava un altro Commissario straordinario, al quale sarebbe spettato il compito di traghettare l'ufficio verso la Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, che sarebbe stato poco dopo costituita. Infatti ai sensi dell'art.

7, comma 2, del D.l.n.4 del 2010 a decorrere dalla data della nomina del Direttore dell'Agenzia è cessata definitivamente la attivi dell'ultimo Commissario straordinario, e sono trasferite alla Agenzia le funzioni e le risorse strumentali, finanziarie e umane a lui attribuite.

Come abbiamo dimostrato parlando delle proposte elaborate dal Governo e Parlamento, precedenti l'emanazione del D.L. istitutivo dell'Agenzia nazionale, la nascita di questo nuovo soggetto pubblico non è un fulmine a ciel sereno, ma g da tempo si paventava la necessità del concepimento di un organismo centralizzato in grado di assumere le redini del procedimento, per la realizzazione effettiva della destinazione ad uso sociale ed istituzionale dei beni confiscati. P lasciare perplessi la scelta operata dal Governo, circa l'utilizzazione della decretazione di urgenza; in questo senso ci si è giustificati, sottolineando la necessi di approntare uno strumento straordinario che assicurasse una migliore amministrazione dei beni sottoposti a sequestro, e che consentisse nel contempo la più rapida ed efficace allocazione e destinazione dei beni confiscati, attestata l'inidoneità della normativa vigente a far fronte alla emergenza gestionale; in realtà a ben vedere questo assunto è contraddetto dalla tempistica dilatata di emanazione dei regolamenti, da cui è dipeso l'effettiva operatività dell'Agenzia.

Definita nel capitolo precedente la struttura dell'Agenzia, e messo in luce le competenze della stessa nella fase giudiziaria, in modo da evidenziarne la funzione di raccordo, un ultima postilla è necessaria prima di passare alla analisi della normativa in materia di destinazione dei beni confiscati, un ultima postilla: dalla formulazione letterale degli articoli del decreto legge n.4 del 2010 che enunciano le competenze dell'Agenzia e dei suoi organi, recepite dagli artt. 110 e 112 codice antimafia, si evince chiaramente come il legislatore non abbia voluto affidare alla Agenzia Nazionale alcun compito di gestione, amministrazione e destinazione, con riferimento ai beni sequestrati o confiscati nell'ambito dei procedimenti penali, per i delitti diversi da quelli di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., e per le ipotesi di confisca diverse da quella di cui all'art. 12-sexies, legge n.356 del 1992 e ss.mm.

In questi casi quindi la destinazione dei beni è regolata dall'art.86 disp.att.c.p.p. in virtù del quale i beni oggetto di confisca penale sono destinati alla vendita, salvo che per essi non sia prevista una specifica destinazione162.

3.2. La destinazione dei beni confiscati. Dall'entrata in vigore della

Legge n.109, al Codice antimafia

Abbiamo più volte ricordato nel corso del presente lavoro come la Legge n.109 del 1996 costituisca un pilastro normativo fondamentale per la nostra riflessione, poiché introduce la possibile destinazione ad uso sociale degli immobili non mantenuti al patrimonio dello Stato. In realtà essa incide su altri rilevanti aspetti della Legge n.575 del 1965 che sembra opportuno seppur brevemente richiamare.

La legge n.109, dopo aver modificato l'art. 2-sexies della legge n.575, inseriva ex novo nel medesimo impianto normativo gli artt. 2-nonies, 2- decies, 2-undecies, 2-duodecies, ossia quelle disposizioni che ponevano in essere la regolamentazione della amministrazione e destinazione dei beni sequestrati in seguito all'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale. Vediamo l'impianto della riforma co come si presentava originariamente agli occhi dell'interprete.

L'art. 2-sexies, regolava la nomina e i compiti affidati all'amministratore giudiziario, da svolgere sotto la direzione del giudice delegato al fine di incrementare se possibile la redditivi dei beni caduti in sequestro; all'interno della stessa disposizione si faceva poi un elenco delle categorie professionali nell'ambito delle quali l'amministratore poteva essere scelto, e dei casi di incompatibilità.

L'art. 2-nonies, stabiliva che i beni confiscati erano devoluti al patrimonio dello Stato e che il provvedimento definitivo di confisca era comunicato dalla cancelleria dell'ufficio giudiziario che aveva emesso il provvedimento, all'ufficio del territorio del Ministero delle finanze competente163, al prefetto e al Dipartimento per la pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno; dopo il provvedimento definitivo di confisca si disponeva che i beni fossero amministrati dallo stesso soggetto competente nella fase giudiziaria, o un altro nominato dall'amministrazione finanziaria.

L'art.2-decies, individuava nel Direttore centrale del demanio il soggetto competente ad emanare il provvedimento di destinazione di beni immobili e delle aziende confiscate, sentita la proposta non vincolante del dirigente del competente ufficio del territorio, sulla base della stima del valore dei beni effettuata dal medesimo ufficio, acquisiti i pareri del Prefetto e del Sindaco del Comune interessato, e sentito l'amministratore dei beni medesimi

L'art. 2-undecies invece stabiliva da un lato l'obbligo per l'amministratore giudiziario di versare all'ufficio del registro le somme di denaro confiscate che non dovessero essere utilizzate per la gestione di altri beni anch'essi confiscati; lo stesso per le somme ricavate dalla vendita dei beni mobili non costituiti in azienda, e le somme derivanti dal recupero dei crediti personali; dall'altro lato disponeva che i beni immobili erano mantenuti a patrimonio dello Stato per finali di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile; in alternativa potevano essere trasferiti al patrimonio del Comune ove l'immobile è sito, per finalità istituzionali o sociali; in questo ultimo caso il Comune poteva amministrare direttamente il bene o assegnarlo in concessione a titolo gratuito a comunità, enti, organizzazioni di volontariato, a cooperative per finali sociali; infine i beni aziendali erano mantenuti a patrimonio dello Stato e destinati all'affitto, alla vendita e alla liquidazione nei casi previsti dalla stessa norma, e con le modalità da essa stabilite.

Dopo pochi anni dalla emanazione della legge n.109 un primo significativo intervento integrativo fu fatto dalla Legge 22 Dicembre 1999, n.512, che tuttavia ha trovato una applicazione solo indiretta. Con questo intervento si stabi che dovevano essere versate all'Ufficio del registro le somme di denaro confiscate che non dovevano essere utilizzate per il risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso. Stesso principio per i beni immobili, i quali dovevano essere mantenuti a patrimonio dello Stato, salvo che non si dovesse procedere alla vendita di questi, finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso. Abbiamo pe parlato di applicazione soltanto indiretta della previsione, cerchiamo di capire il perché: è vero che in forza della modifica apportata, i beni confiscati o il ricavato della loro vendita possono essere destinate al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso, ma solo in via indiretta, come alimentazione del Fondo per la solidarie alle vittime dei reati di tipo mafioso, e non al soddisfacimento del diritto al risarcimento del danno per le parti offese; queste infatti solo costituendosi parti civili nel processo penale, all'esito del quale i beni vengono confiscati con la sentenza di condanna, possono ottenere la restituzione e il risarcimento.

Successivamente   altri   interventi   normativi,   sono   intervenuti   per arricchire l'impianto della legge n.575, nel tentativo di rendere sempre meno difficoltosa la destinazione dei beni oggetto di confisca definitiva; questo è stato fatto soprattutto attraverso un "allargamento" delle tipologie di enti ai quali potevano essere assegnati. Si segnala in particolare le modifiche introdotte all'impianto normativo suddetto dalla legge finanziaria per il 2007164, la quale all'art.1, commi 201, 202 e 221, la quale ha inciso profondamente sull'art. 2-undecies, stravolgendo o comunque ridimensionando lo spirito della Legge n.109165, post- ponendo la destinazione per finali sociali, alla destinazione per finalità istituzionali. In virtù di questo intervento le somme di denaro che non devono essere utilizzate per la gestione di altri beni confiscati e che non devono essere utilizzati per il risarcimento delle vittime de reati di tipo mafioso, le somme ricavate dalla vendita dei beni mobili non costituiti in aziende e dei titoli, al netto delle somme ricavate dalla vendita dei beni finalizzata al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso, nonc i proventi derivanti dall'affitto, vendita o liquidazione dei beni aziendali confiscati, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnati in misura eguale al finanziamento per gli interventi di edilizia scolastica e alla informatizzazione del processo.

I beni immobili vengono mantenuti a patrimonio dello Stato, con conferma degli usi già previsti, ma si aggiunge la loro destinazione ad altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento di attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse. Possono poi essere trasferiti per finalità istituzionali o sociali, in via prioritaria al patrimonio del Comune ove l'immobile è sito, ovvero al patrimonio della provincia o della regione. Entra nell'impianto normativo della legge n.575 il principio di sussidiarietà connesso al trasferimento dei beni immobili, dallo Stato agli enti locali e alla Regione, enti locali o Regione che possono a loro volta assegnarli in concessione a titolo gratuito oltre che agi enti, comuni e associazioni g previsti, anche alle associazioni ambientaliste.

Prima della emanazione del D.L. n.4 del 2010, istitutivo dell'Agenzia nazionale che come detto costituisce il secondo pilastro normativo sulla quale la nostra riflessione si posa, pare meritevole di citazione la legge

15 Luglio 2009, n.94166che ha sostituito l'art. 2-decies, e modificato

l'art. 2-undecies, della Legge n.575. Il nuovo art. 2-decies, disciplina il procedimento di destinazione che per i beni immobili e aziendali è affidato al Prefetto dell'ufficio territoriale di governo ove si trovano i beni o ha sede l'azienda, su proposta non vincolante del dirigente regionale dell'Agenzia del demanio. Il Prefetto procede d'iniziativa se la proposta non è formulata dall'Agenzia del Demanio entro 90 giorni dal ricevimento della comunicazione; il provvedimento del Prefetto è emanato entro 90 giorni dalla proposta o dall'inutile decorso del termine dato all'Agenzia del Demanio, prorogato di ulteriori 90 giorni per operazioni che presentano una complessità particolare.

L'art. 2-undecies invece non è stato modificato in modo particolarmente incisivo: viene aggiunto un comma 3-bis, secondo cui i beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati sono affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia, anche per esigenze di polizia giudiziaria, i quali ne facciano richiesta per l'impiego in attivi di polizia giudiziaria, ovvero in alternativa possono essere affidati ad altri organi dello Stato, o ad altri enti pubblici non economici, per finali di giustizia, di protezione civile, o di tutela ambientale. Come si vede la collocazione  della  norma  all'interno  dell'art  2-undecies  stona:  essa infatti riguarda la gestione dei beni sequestrati e avrebbe trovato la sua naturale collocazione fra le norme che regolano tale gestione, piuttosto che fra quelle che ne disciplinano la destinazione.

Arriviamo finalmente a parlare della normativa attualmente vigente in materia di destinazione dei beni confiscati, il Codice Antimafia167; in particolare in questa sede, interessano gli artt. 47 e 48.

Il primo articolo citato disciplina il procedimento di destinazione che per i beni immobili e aziendali è affidato all'agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, istituita con D.L. n.4 del 2010. In particolare è il Consiglio direttivo come g specificato nei capitoli che precedono, a deliberare la destinazione sulla base della stima del valore risultante dalla relazione posta in essere dall'amministratore giudiziario, salvo che sia necessario procedere a nuova stima. L'Agenzia deve provvedere all'adozione del provvedimento di destinazione entro 90 giorni dalla comunicazione del provvedimento definitivo di confisca, prorogabili per altri 90 giorni.

Il secondo indica la destinazione dei beni, distinguendo fra somme di denaro, beni mobili, anche registrati, crediti, beni immobili e beni aziendali; stessa distinzione che seguiremo noi per analizzare nel dettaglio la norma.

1)    Somme  di  denaro:  la  disciplina  è  contenuta  all'interno  del 1°comma dell'art. 48; Le somme di denaro confiscate, che non debbano essere utilizzate per la gestione di altri beni confiscati, e che non debbano essere utilizzati per il risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso, debbano essere versate da parte dell'agenzia al Fondo Unico Giustizia; stessa cosa per le somme di denaro ricavate dalla vendita , anche mediante trattativa privata, dei beni mobili, ivi compresi quelli registrati, e dei titoli, al  netto  del  ricavato  della  vendita  dei  beni  finalizzata  al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso. L'agenzia dispone la cessione o la distruzione del bene se la procedura di vendita è antieconomica.

2) Beni Mobili: la disciplina è contenuta nel 12° comma del medesimo articolo, ma possono riproporsi le osservazioni prima effettuate con riferimento al comma 3-bis dell'art.2-undecies, della legge n.575, che il Codice recepisce integralmente. La norma disciplina la gestione dei beni durante il sequestro, avrebbe trovato dunque la sua collocazione ideale altrove, non nell'art.48. Di conseguenza i beni mobili sono destinati alla vendita anche mediante trattativa privata, o alla distruzione, se la procedura di vendita è antieconomica

3)  Beni  immobili:  la  disciplina  è  contenuta  nel  comma  3, dell'art.48, e si presenta come molto articolata; sembra quindi opportuno a fini di chiarezza espositiva, porre in essere un esame della fattispecie per punti, ricordando ancora come sia il Consiglio Direttivo dell'Agenzia Nazionale a detenere il potere decisionale in materia di destinazione:

. I beni immobili possono essere mantenuti al patrimonio dello Stato per finali di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici connessi allo svolgimento di attivi istituzionali di amministrazioni statali, di Agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse, salvo che si debba procedere alla vendita degli stessi finalizzata al risarcimento delle vittime di reati di tipo mafioso.

. I beni possono poi essere utilizzati per finali economiche dall'Agenzia; ma in questo caso è necessaria una previa autorizzazione del Ministro dell'interno. I proventi, derivanti


dall'utilizzo dei beni da parte dell'Agenzia, affluiscono al netto delle spese per la conservazione e amministrazione al Fondo Unico Giustizia, per essere versati al capitolo di entrata del bilancio dello Stato apposito, e riassegnati allo Stato di previsione del ministero dell'interno, al fine di assicurare il potenziamento dell'Agenzia.

. La terza alternativa è quella che a noi interessa di più168, infatti

i beni immobili che non vengono mantenuti al patrimonio dello Stato sono trasferiti per finali istituzionali o sociali, in via prioritaria, al patrimonio del comune ove l'immobile è sito, ovvero al patrimonio della Provincia o della Regione.

Gli enti territoriali, anche consorziandosi, o attraverso associazioni, possono amministrare direttamente i beni o, sulla base di apposite convenzioni, assegnarli in concessione, a titolo gratuito e nel rispetto dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità e parità di trattamento, a comuni anche giovanili, ad enti, ad associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali, ad organizzazioni di volontariato, a cooperative sociali o a comunità terapeutiche e centri di recupero e cura dei tossicodipendenti, noncalle associazioni di protezione ambientale.

I beni non assegnati possono essere utilizzati dagli enti territoriali per finali di lucro e i relativi proventi devono essere reimpiegati esclusivamente per finalità sociali. Se l'ente territoriale non vi provvede l'agenzia revoca il trasferimento, o nomina un commissario con poteri sostitutivi.

Solo in ultima istanza è possibile procedere alla vendita, quando non sia possibile effettuare la destinazione o il trasferimento per finali di pubblico interesse; la vendita in quanto forma di destinazione, è deliberata anch'essa dal Consiglio Direttivo, e viene effettuata osservando, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura civile.

Certo il grande problema connesso alla vendita dei beni confiscati, è quello della riappropriazione degli stessi da parte dei soggetti ai quali sono stati sottratti, mediante prestanome; ecco che il legislatore consapevole del rischio, prevede alcune cautele per cercare di evitare il fenomeno: si dispone così che in primo luogo i beni immobili venduti non possono essere alienati nemmeno parzialmente per almeno cinque anni, e in secondo luogo che l'Agenzia prima di procedere alla vendita deve richiedere al prefetto della Provincia ove è sito il bene, un parere obbligatorio da esprimere sentito il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, e ogni informazione utile, proprio al fine di evitare il fenomeno del ritorno del bene nelle mani dell'organizzazione criminale169.

Le somme derivanti dalla vendita dei beni immobili suddetti, al

netto ovviamente delle spese necessarie per la gestione e vendita degli stessi, affluiscono, previo versamento all'entrata del bilancio dello Stato, al Fondo Unico Giustizia per essere riassegnati, nella misura del 50% al Ministero dell'interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, e per il restante 50% al ministero della Giustizia, per assicurare il funzionamento e il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali, in coerenza con gli obiettivi di stabilità della finanza pubblica.

4)  I  beni  aziendali:  la  disciplina  è  contenuta  all'interno  del comma 8, art.48; essi sono mantenuti a patrimonio dello Stato, e possono essere destinati dall'Agenzia all'affitto a titolo oneroso a società o imprese, pubbliche o private, ovvero a titolo gratuito senza oneri a carico dello Stato, a cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata, quando sussistono ragionevoli prospettive di continuazione o ripresa dell'attività produttiva. Nella scelta delle soluzioni devono essere privilegiate quelle che garantiscono il mantenimento dei livelli occupazionali.

I beni aziendali possono pe essere destinati anche alla vendita, per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima eseguita dall'Agenzia, a soggetti che ne abbiano fatto richiesta, nel caso in cui vi sia una maggiore utili per l'interesse pubblico, o qualora la liquidazione sia finalizzata a risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso. Le somme ricavate dall'affitto, vendita o liquidazione affluiscono al fondo Unico Giustizia, per essere poi versati all'entrata del bilancio dello Stato, e riassegnati in egual misura al finanziamento degli interventi per l'edilizia scolastica e per l'informatizzazione del processo.

Fondamentale è la disposizione contenuta penell'art. 117 del Codice, commi 7 e 8, secondo cui l'Agenzia può disporre l'estromissione dei singoli beni dell'azienda non in liquidazione e il loro trasferimento al patrimonio degli enti territoriali che ne facciano richiesta, qualora si tratti di beni che i medesimi enti già utilizzano a qualsiasi titolo per finali istituzionali, fatti ovviamente salvi i diritti dei creditori dell'azienda confiscata.


4.   Analisi    delle    criticità   riscontrate    nel    procedimento    di destinazione e possibili soluzioni

Le problematiche connesse ad un effettivo riutilizzo dei beni nelle modalità appena descritte, sono varie, e si collocano nelle diverse fasi del procedimento. Nella fase di amministrazione e gestione dei beni immobili, un ostacolo alla loro futura destinazione, è stato fin dalla emanazione della legge n.109 del 1996, la presenza di gravami ipotecari sul bene oggetto di confisca170, oggi parzialmente superato grazie alla Legge n.228 del 2012, ossia la g citata legge di stabili per il 2013, e all' art.45 del Codice Antimafia.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione171, hanno interpretato i commi da 194 a 205 della citata legge finanziaria, come sancenti una disciplina tendenzialmente organica, diretta a disciplinare i rapporti tra creditori ipotecari e pignoratizi, con riferimento alle procedure di confisca non soggette alla regolamentazione del Codice antimafia, entrato in vigore il 13 ottobre 2011. La nuova disciplina si applica insomma alle misure di prevenzione disposte prima di tale data, e prevede, con riferimento ai beni confiscati all'esito dei procedimenti di prevenzione per i quali non si applica la disciplina dettata dal libro I del decreto legislativo n.159 del 2011, a meno che il bene non sia stato già trasferito o aggiudicato, anche in via provvisoria, o a meno che non sia costituito da una quota indivisa g pignorata, l'estinzione di diritto degli oneri e dei pesi iscritti o trascritti sui beni suddetti, anteriormente alla confisca 172.

Da un punto di vista contenutistico la disposizione è analoga a quella contenuta nell'art. 45, d.lgs. n.159 del 2011, il quale dispone che a seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti a patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi. Il Codice ha introdotto una disciplina che rappresenta un compromesso, un bilanciamento, fra due opposte esigenze: quello della tutela dei terzi da un lato, e l'interesse dello Stato alla ablazione dei patrimoni illegittimamente accumulati dall'altro, evitando possibili elusioni. La citata disposizione dell'art.45 del codice, permette l'acquisizione del bene a patrimonio dello Stato depurato da ogni problematica che per lo stesso comporti oneri e spese: vengono quindi affrontate e risolte le problematiche relative ad eventuali diritti di credito, diritti reali o personali di godimento, diritti derivanti da azioni trascritte anteriormente sui beni immobili (relative alla proprietà o ai diritti reali o personali di godimento) all'interno del procedimento di prevenzione, o del sub procedimento all'uopo introdotto, con una disciplina contenuta nel Titolo IV, Libro I173.

In questa sede occorre sottolineare come, in esito alla definitività della confisca, il bene immobile sa acquisito a patrimonio dello Stato libero da qualunque forma di gravame (quindi anche ipotecario), a meno che esso non sia venduto per soddisfare i creditori, ai sensi degli artt. da 57 a 61.

I creditori saranno soddisfatti nel limite del 70% del valore del bene, previo  riconoscimento  dei  presupposti  previsti  dall'art.53  Codice, compresa la buona fede nella concessione del credito.

Nonostante che la presenza di gravami ipotecari sul bene venga ancora oggi indicata come causa fondamentale di ostacolo alla destinazione dei beni immobili, è evidente l'impatto della disciplina introdotta in materia dal Codice e dalla Legge di stabili per il 2013: per i procedimenti cui si applica il Codice, cioè quelli successivi alla sua entrata in vigore, l'art.

45, cancella di fatto le ipoteche gravanti sul bene, liberandoli da oneri e pesi e rendendoli finalmente destinabili. Certo un ostacolo in tal senso potrebbe essere costituito dall'art. 60 del Codice, laddove prevede che i diritti dei creditori, in esito alla procedura prevista dall'art. 52 e ss., saranno soddisfatti con le somme ricavate dalla vendita dei beni confiscati (compresi i beni immobili), ove non siano sufficienti le somme a disposizione dell'amministratore giudiziario.

Per quanto riguarda le disposizioni introdotte dalla Legge di Stabilità, applicabili ai procedimenti anteriori all'entrata in vigore del Codice, dunque in procinto di pervenire o g pervenuti a confisca definitiva, come detto il legislatore ha provveduto a liberare ex lege i beni immobili dalle ipoteche, imponendo ai creditori di attivare il procedimento di riconoscimento del credito (i presupposti sono quelli descritti dall'art.52 del Codice) entro 180 giorni, previsti a pena di decadenza e che decorrono dalla entrata in vigore della legge (1 gennaio 2013) per le confische definitive a questa data; dalla definitività per le confische successive. Decorso il termine di decadenza il bene è liberato e può essere destinato. Tuttavia analogamente a quanto visto in precedenza anche in questo caso la effettiva destinabilità dei beni può essere vanificata, se gli stessi rientrano fra quelli individuati dalla Agenzia nazionale per il soddisfacimento dei creditori, ai sensi dell'art.1, comma 201, legge n.228 del 2012, ovvero nella significativa quota dei "beni dal valore di mercato complessivo non inferiore al doppio dell'ammontare dei crediti ammessi".

Terminata la breve disamina dei problemi derivanti dalla presenza di gravami  ipotecari,  passiamo  alle  criticità  riscontrate  in  materia  di amministrazione e gestione di beni aziendali. Si è stimato che oggi falliscono, o sono poste in liquidazione, ovvero sono cancellate perché prive di beni, più del novanta per cento delle attività produttive colpite da provvedimento di sequestro, seguito dalla confisca definitiva, in ragione di diverse criticità che subentrano nel momento in cui l'azienda è sottratta all'organizzazione criminale174; fra queste, i rapporti problematici con gli istituti di credito e i fornitori, clienti e dipendenti, che si trovano a doversi reazionare con un diverso soggetto (l'autorità statuale), con il compito di garantire la prosecuzione dell'attivieconomica ponendo in essere una politica di gestione produttiva improntata al rispetto delle leggi. In particolare venuta meno la disponibili di denaro assicurata all'azienda dall'imprenditore mafioso, viene meno la propensione da parte delle banche a concedere credito, con conseguenti problemi di "tenuta" dell'azienda sul mercato e salvaguardia dei livelli occupazionali, che prima l'amministratore giudiziario coadiuvato dalla Agenzia, poi la Agenzia direttamente, si trovano a dovere affrontare. A questo problema si aggiunga quello di una clientela restia a relazionarsi economicamente con l'azienda sotto sequestro e confiscata per intuibili problemi di condizionamento ambientale; questo comporta che anche gli stessi fornitori considerino l'azienda non affidabile, e di conseguenza l'esercizio da parte degli stessi di azioni monitorie ed esecutive. Tutte queste circostanze implicano un forte rischio di fuoriuscita dell'impresa dal mercato.

Altra criticità deriva dalla formulazione dell'art. 56, comma 1 del Codice Antimafia, il quale prevede la sospensione automatica dei contratti in corso di esecuzione, riservando ad una fase successiva la scelta tra scioglimento e prosecuzione del rapporto; si fa salva la possibilità  del  giudice  delegato  di  dare  provvisoria  esecuzione  di rapporti pendenti, ove dalla sospensione possa derivare danno grave alla azienda. Il difetto della norma è che essa non tiene conto della natura dell'attività imprenditoriale che difficilmente tollera interruzione dell'attività di impresa.

Ulteriori criticità è connessa all'aumento spesso fisiologico dei costi di gestione dell'impresa, dovuti al processo di legalizzazione; è necessario spesso porre rimedio alla mancanza di scritture contabili attendibili, affrontare il pagamento di oneri fiscali e contributivi, regolarizzare i rapporti di lavoro, applicare la normativa antinfortunistica, difficoltà queste amplificate dal troppo lungo lasso di tempo che intercorre fra provvedimento di sequestro e quello di confisca definitiva, a partire dal quale la Agenzia può provvedere alla destinazione.

Grandi difficoltà si rinvengono anche nella fase della destinazione, in cui l'eccessivo lasso di tempo che intercorre fra sequestro e confisca definitiva, comporta il deterioramento dei beni oggetto di confisca o in ogni caso costi di gestione e manutenzione a carico dello Stato eccessivi.

Inoltre si riscontra un generale disinteresse degli Enti locali diversi dai comuni nei confronti dei beni confiscati: certo su questo incide l'assenza di adeguate forme di pubblicità dell'elenco dei beni disponibili da destinare, ma soprattutto l'art. 46 del Codice antimafia e la disciplina della restituzione per equivalente per la quale si rinvia a quanto detto nei capitoli che precedono, con una precisazione la somma da versare al soggetto colpito dal provvedimento di confisca in sede di restituzione è a carico del Fondo unico Giustizia solo nel caso in cui il bene sia stato venduto; in tutti gli altri casi resta a carico dell'amministrazione assegnataria. Si riscontra quindi uno scoraggiamento degli Enti locali a chiedere la assegnazione dei beni, visto l'onere che su di essi potrebbe gravare in caso di revoca della confisca. Sotto questo punto di vista, di recente si è fatto notare come sia auspicabile una modifica dell'art.46 del Codice Antimafia, che da un lato preveda la restituzione per equivalente quale unica forma di restituzione nel caso in cui il bene (oggetto di provvedimento di confisca, poi venuto meno) sia g stato assegnato, dall'altro addebiti unicamente al fondo Unico Giustizia le somme necessarie per procedere alla restituzione175.

Scarica gratis Le funzioni dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati nel procedimento di gestione e destinazione dei beni
Appunti su: agenzia-pi@inazit mail, binadi e rzo,



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