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L'affettività negli altri ordinamenti penitenziari




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L'affettività negli altri ordinamenti penitenziari




1. Il problema dell'affettività all'estero: modalità di soluzione.

Il diritto all'affettività in carcere, è una realtà già consolidata e garantita in molti paesi europei e non solo. Le diverse normative penitenziarie, da questo punto di vista, risultano molto più avanzate rispetto a quella italiana in quanto prevedono spazi adeguati d' incontro per il detenuto e i suoi familiari.

In Croazia sono consentiti colloqui non sorvegliati di quattro ore con il coniuge o il partner.

In Germania alcuni Lander hanno predisposto piccoli appartamenti in cui i detenuti con lunghe pene possono incontrare i propri cari.

In Olanda, Norvegia e Danimarca vi sono miniappartamenti, immersi nel verde, forniti di camera matrimoniale, servizi e cucina con diritto di visite senza esclusioni relative alla posizione giuridica dei reclusi; in Finlandia ciò vale per coloro che non possono usufruire di permessi. In Albania, una volta alla settimana, sono previste visite non sorvegliate per i detenuti coniugati.

In Québec, come nel resto del Canada, i detenuti incontrano le loro famiglie nella più

completa intimità all'interno di prefabbricati, siti nel perimetro degli istituti di pena, per 3 giorni consecutivi.

In Francia, come in Belgio, sono in corso sperimentazioni analoghe: la famiglia può far visita al detenuto in un appartamento di tre stanze con servizi, anche per la durata di 48 ore consecutive; il costo dell'iniziativa è a carico dei parenti.

In Canton Ticino (Svizzera), chi non fruisce di congedi esterni può contare su una serie articolata di colloqui anche intimi in un'apposita casetta - "La Silva" - per gli incontri affettivi.

In Catalogna (Spagna) si distinguono i "Vis a vis", incontri in apposite strutture attrezzate per accogliere familiari e amici; nell'ospedale penitenziario di Madrid, un progetto prevede l'istituzione di tre camere "per le relazioni affettive" fornite di servizi.

Pur rigidamente normativizzata, la possibilità di coltivare i propri affetti è prevista anche in alcuni Paesi degli U.S.A., precisamente in Mississippi, New York, California, Washington e New Mexico. Tra gli anni '70 e '80, negli istituti di pena sono stati introdotti i cd. "Coniugal o Familiy Visitation Programs": i detenuti possono incontrare ogni due settimane il coniuge e ogni mese tutta la famiglia, in una casa mobile sita all'interno del carcere, per tre giorni consecutivi.

Persino in realtà molto lontane e disastrate l'affettività è considerata una componente ineliminabile della vita del detenuto: in Brasile, ove le condizioni detentive sono spaventose, ogni recluso ha diritto, ogni settimana, ad un incontro affettivo di un'ora con chi desidera, indipendentemente da precedenti rapporti di convivenza riconosciuti dallo Stato.

Nel carcere femminile di Caracas in Venezuela, dove manca praticamente tutto, vi sono cinque piccole camere con servizi dove le detenute possono ricevere, ogni 15/30 giorni, il marito o il fidanzato.

Quanto segue è la testimonianza diretta di un detenuto italiano che ha scontato la propria pena detentiva in un carcere della Danimarca. Risalta nell'immediato, la differenza abissale rispetto all'ordinamento italiano e il grado di civiltà con cui si è affrontato il problema dell'affettività.


" Da decenni in Danimarca la questione affettiva del carcerato è risolta; ritenendola un passaggio importante e necessario per il detenuto, gli mettono a disposizione gli strumenti e le possibilità di curarla in modo adeguato. Pensano, infatti, che già la privazione della libertà sia una sanzione sufficiente senza dover gravare con altre ulteriori restrizioni.

Viene concesso ai detenuti di trascorrere alcune ore settimanali e dei momenti di intimità con i propri familiari, mogli e figli, amiche, amici senza alcuna distinzione. Per rendere possibile tutto ciò, in ogni carcere hanno adibito una sezione particolare per i colloqui con i familiari. Non ci sono grandi, enormi sale, bensì tante piccole stanzette arredate con divani letto, tavolini e sedie, seggioloni per i bambini piccoli, lavandino con acqua fredda e calda, una specchiera, tendine alla finestra e un armadietto sempre fornito di lenzuola pulite e di una scatola di profilattici. Le porte interne sono dotate di chiusura per un'ovvia questione di privacy ed è permesso, sia per il detenuto che per i parenti, portarsi da mangiare.

Ci si può fare tè e caffè e in corridoio c'è un piccolo angolo cottura ove è possibile riscaldare il cibo; c'è un fornellino elettrico e un forno a microonde; c'è infine anche una macchinetta per le bibite, caramelle e cioccolato per i bambini. Durante il periodo del colloquio, nessuno verrà disturbato o importunato dagli agenti che discretamente fanno un blando controllo da lontano. Nessuno guarda o occhieggia quello che il detenuto fa con la moglie o la compagna; se vi sono bambini piccoli, vi è una stanzetta apposita adibita ai giochi, piena zeppa di giocattoli ove i più piccoli hanno modo di svagarsi intanto che i

genitori trascorrono questi momenti di intimità.Il tutto viene considerato semplicemente un

modo civile di porsi nei confronti dei detenuti in un ottica di reale rieducazione.

Queste e tante altre cose simili ho vissuto in questa mia esperienza carceraria, che mi hanno fatto vedere e capire il differente grado di civiltà di questo popolo che riesce a trattare con umanità anche chi ha sbagliato e recato danni alla società. Senza privarlo, di fatto, della possibilità di ravvedersi, evitando di infierire con privazioni gratuite e lesive della personalità, perché il detenuto è prima di tutto una persona


2. L'esperienza svizzera: il Canton Ticino

In Svizzera esiste una politica federale che privilegia l'autonomia e il decentramento.

I Cantoni "sono sovrani per quanto la loro sovranità non sia limitata dalla Costituzione federale ed esercitano tutti i diritti non delegati alla Confederazione" (art.3 Costituzione Federale).

L'art.123, c.3 C.F. prevede che "l'organizzazione dei tribunali, la procedura giudiziaria e

l'amministrazione della giustizia in materia penale" sia di competenza dei Cantoni. In particolare, l'autonomia emerge per ciò che riguarda l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza, in merito a cui, tra la fine degli anni '50 e gli inizi degli anni '60, i Cantoni si sono dati una politica comune tramite convenzioni. Si tratta di accordi intercantonali volti a colmare le lacune nella legislazione confederale e cantonale, che hanno permesso di armonizzare l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza anche attraverso l'istituzione e l'utilizzo comune di alcuni istituiti di pena (artt.382, 383 CPS - Concordato della Svizzera nord - occidentale e centrale ; Concordato della Svizzera orientale ;

Concordato dei Cantoni Romandi e del Ticino).

Secondo il Codice penale svizzero "i Cantoni eseguiscono le sentenze pronunciate dai loro tribunali penali in applicazione del presente Codice" e "sono obbligati ad eseguire, mediante rifusione delle spese, le sentenze delle autorità penali della Confederazione" (art.374,c.1 CPS).

La Confederazione si riserva la facoltà di intervenire in caso di mancata applicazione delle norme federali (artt.49,c.2 e 186,c.4 CF).


Il Canton Ticino, come in generale la Confederazione Elvetica, tende ad una politica penale che garantisce un trattamento umano e dignitoso, in ossequio alla normativa europea ed internazionale in materia di esecuzione delle pene. Le pene di reclusione e detenzione infatti, devono essere eseguite "in modo da esercitare sul condannato un'azione educativa e da preparare il suo ritorno alla vita libera"(art.37, c.1 CPS).

L'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza per gli adulti è regolata dalla Legge del 2 luglio 1974 e dal relativo Regolamento del 23 novembre 1978.

I principi direttivi e le modalità di trattamento sono informati al rispetto della dignità umana

in modo da esercitare sul carcerato un'influenza positiva, sostenendolo nel mantenere o nello stabilire contatti con il mondo esterno che possano favorirne il reinserimento nella vita sociale (artt. 12,c.1 e 23,c.1 Reg. '78).

Sin dagli anni '80, il sistema penitenziario cantonale del Ticino, sull'assunto che l'affetto è alla base della risocializzazione, prevede una serie articolata di colloqui e incontri affettivi per i detenuti: vi è un sistema di esecuzione delle pene diversificato, in base al quale si favorisce innanzitutto l'affettività all'esterno del carcere, consentendo quanto prima dall'inizio dell'esecuzione, contatti extramurari diretti con i familiari.

Ove questo non sia possibile per motivi legati alla personalità del detenuto e al tipo di criminalità, l'affettività può comunque esprimersi grazie alle altre opportunità garantite all'interno del carcere: secondo l'Ordinanza 1 sul Codice penale svizzero "le relazioni con i congiunti devono essere agevolate nella misura del possibile" (art.5,c.2).

Preziosa è la collaborazione del personale penitenziario: gli agenti di custodia, sono istruiti e sensibilizzati con un corso di formazione della durata di un anno, durante il quale vengono impartite lezioni non solo sulla cultura carceraria, ma anche sulla conoscenza e l'accettazione delle forme di recupero sociale e affettivo previste


Grazie alla disponibilità di Serafino Privitera, Responsabile della formazione - Scuola agenti di custodia, nonché della Direzione dell'Istituto, siamo stati autorizzati ad una visita al carcere cantonale "La Stampa" di Lugano. Un'esperienza diretta che ci ha permesso di cogliere la volontà e gli sforzi volti a migliorare la condizione detentiva dei reclusi, affrontando con sapiente organizzazione e sensibilità, il problema dell'affettività. Privitera stesso sottolinea che, anche grazie al numero ridotto di carcerati, l' Istituto è come una

grande famiglia, tutti si conoscono e l'affettività è accettata con serenità, senza alcuna

malizia.


Il Regolamento penitenziario di Stato del Canton Ticino (3-12-1998), stabilisce che la

privazione della libertà personale debba eseguirsi "in condizioni materiali e morali che assicurino il rispetto della dignità umana ed in conformità con le disposizioni del presente regolamento"; le pene, quindi, vanno eseguite al fine di esercitare sul condannato "un'azione educativa e preparare il suo ritorno alla vita libera"(art.25).

In materia di affettività, i direttori degli istituti di pena hanno un'ampia autonomia decisionale: possono realizzare principi di politica reale, tenendo conto della realtà locale e delle esigenze cantonali, nel rispetto della normativa generale (confederale ed intercantonale).


2.1. Tipologia degli incontri affettivi

Nel carcere cantonale "La Stampa", sono previste oltre alla partecipazione delle famiglie dei detenuti alle manifestazioni organizzate in penitenziario (1° Maggio, Festa Federale del Ringraziamento-Festa in famiglia, Natale etc.), 6 ore mensili per le visite di familiari e amici ("è permesso ricevere visite per un massimo di tre persone adulte contemporaneamente", art.75 Reg.penit.), nonché tre colloqui telefonici alla settimana della durata di dieci minuti ciascuno. Fondamentali sono inoltre:

a) Congedo ordinario esterno

Il condannato ad una pena detentiva può usufruire di un primo congedo della durata di dodici ore, dopo aver raggiunto un terzo della pena e scontato almeno 3 mesi (art.80 Reg.penit.). La durata del congedo aumenta nel tempo sino ad un massimo di cinquantaquattro ore; tra un congedo e l'altro devono trascorrere almeno 2 mesi (3 per i

recidivi, art.81).


b) Diversamente, sono concesse le alternative seguenti:

Colloquio gastronomico

Ai sensi dell'art.77 Reg.Penit., il carcerato, alle condizioni e secondo le modalità stabilite da una disposizione interna, "può consumare il pasto di mezzogiorno con le sue visite", ossia in compagnia di familiari o amici.

La possibilità di stare insieme condividendo un momento intimo, com'è quello del desinare, consente di recuperare sensazioni di quotidianità rigeneranti: il cibo, in questi casi, va oltre la sua funzione di alimento nutritivo, fungendo da canale affettivo e strumento di relazione.

La stanza allestita per il colloquio gastronomico all'interno del carcere è semplice, ma accogliente: un ambiente che ci è parso, subito, protetto e confidenziale.


Le condizioni stabilite dalla direzione per accedere al colloquio riguardano sia la persona detenuta che le modalità di visita.

a)     Il detenuto deve:


- aver scontato almeno 12 mesi o superato la metà della pena (10 mesi su proposta del Direttore del carcere, se il comportamento del detenuto è esemplare);

- non aver beneficiato di congedi né poterne domandare nei due mesi successivi;

- aver tenuto negli ultimi 3 mesi una condotta esemplare (sono esclusi tutti coloro che sono       incorsi in una sanzione disciplinare).

L'incontro si svolge in un'apposita saletta, ogni giorno della settimana escluso il lunedì, dalle ore 12.00 alle ore 14.00; pranzo e bevande analcoliche sono offerte dall'Istituto al prezzo di Fr.6.00 per ogni visitatore, salvo che per il detenuto il cui pasto è gratuito.


Per quanto concerne la frequenza, tra un colloquio gastronomico e il seguente devono intercorrere almeno 2 mesi.

Per il computo di tale periodo non è determinante il giorno, ma il mese in cui è stato effettuato l'ultimo colloquio; ciò significa che chi ne avrà beneficiato non sarà autorizzato ad usufruire di questa opportunità per tutto l'arco del mese successivo (i colloqui vengono, inoltre, temporaneamente sospesi durante le festività e le manifestazioni organizzate in penitenziario):

esempio: per un colloquio gastronomico in un qualsiasi giorno di gennaio, non vi sarà alcun colloquio per tutto febbraio; il prossimo incontro potrà avvenire, al più presto, il 1° marzo.

La procedura per la richiesta consiste nell'indirizzare la domanda alla Direzione, 7 giorni prima della data desiderata, tramite gli operatori sociali che raccoglieranno il preavviso del

Capo agenti e del Capo d'arte

b) In merito alle modalità per la visita:

i visitatori potranno essere sottoposti sia in entrata sia in uscita a controlli più severi di

quanto non avvenga abitualmente;

il detenuto, inoltrando la domanda si dichiara d'accordo di essere sottoposto all'esame delle urine; sarà inoltre sottoposto a spoglio prima e dopo il colloquio gastronomico;

come per i colloqui ordinari è vietato consegnare merce al detenuto o farsene consegnare;

i colloqui sono sorvegliati a scadenze irregolari dal personale di custodia che, nel caso si verifichino scorrettezze, può interrompere l'incontro.


Colloquio "Pollicino"

La domenica, durante il normale svolgimento delle visite (tra le 9:30 e le 11:30) il condannato può incontrare i propri figli in un'apposita saletta adibita per accogliere i bambini (disposizione interna della Direzione del carcere e del Servizio di Patronato penale del Canton Ticino).

Si tratta di un servizio gestito da un'associazione - L'OASI - che opera per la prevenzione e l'autonomia della prima infanzia dal 1991: in collaborazione con l'Ufficio di Patronato di Lugano, ha elaborato il "Progetto Pollicino" al fine di sostenere e mantenere il legame genitori detenuti-figli.

Già nel 1992, l'associazione si è distinta per la creazione di un Luogo d'incontro mediatore parentale denominato YO-YO (Locarno), con l'obiettivo di realizzare e favorire una continuità nella relazione tra genitori separati o divorziati e i loro bambini, ovvero per affrontare i disturbi, i disagi, gli eventuali maltrattamenti che seguono alla rottura di un rapporto coniugale e che si ripercuotono inevitabilmente sui figli. Il gruppo di accoglienza ha garantito, in tutti questi anni, un lavoro di accompagnamento che cura la regolarità dell'esercizio del diritto-dovere di visita verso il figlio da parte del genitore "discontinuo".

Sulla base di questa esperienza, tenuto conto delle difficoltà e delle più gravi ripercussioni

che la separazione dovuta a detenzione causa nei rapporti affettivi, i volontari di YO-YO e l'Ufficio di Patronato, grazie alla disponibilità della Direzione del Penitenziario cantonale la Stampa e al sostegno della Fondazione "Ricupero Sociale", si sono dati un'ulteriore obiettivo: sensibilizzare i genitori in stato di detenzione in merito all'importanza del mantenimento del legame con i figli, attraverso la pratica delle visite all'interno del carcere.

Sull'orma delle attività, già esposte nel capitolo 3, svolte dall'associazione "Relais Enfants Parents", è significativo notare come anche in Canton Ticino gli strumenti utilizzati per agevolare i rapporti parentali in difficoltà, siano pressoché uguali.

I volontari di YO-YO, infatti, svolgono un'opera di preparazione all'incontro attraverso una serie di iniziative volte a sostenere lo scambio affettivo.

Inizialmente essi frequentano il bambino nel suo attuale ambiente di vita, ovvero in famiglia - naturale o affidataria - o in istituto; con questi incontri si intendono prevenire eventuali conseguenze psicologiche causate dalla separazione, rassicurando il bambino circa la permanenza di un legame che può sussistere, malgrado la lontananza.

All'interno del carcere viene poi stimolato il dialogo con e fra i genitori, affinché sia sostenuta la presa di coscienza circa le loro responsabilità genitoriali.

Fondamentali in questo senso, sono i "gruppi di parola" gestiti da personale qualificato (psicologi-psicoterapeuti-psicoanalisti) attorno al tema delle relazioni affettive con i figli. Si tratta di incontri collettivi in carcere tra padri e madri detenuti, ma anche di colloqui individuali o rivolti alla sola coppia di genitori.

Nonostante la separazione forzata e l'ostacolo della lontananza, la genitorialità riemerge

nell'aiuto offerto ai figli nel gestire la sofferenza e il disagio del distacco, nella prospettiva di un futuro reinserimento familiare e sociale.

A tal fine i volontari, accompagnano il detenuto nel difficile compito di affrontare la sua

condizione di recluso e di comunicarla al bambino, durante le visite in carcere.

Di conseguenza, perché tutto questo si concretizzi, l'associazione ha realizzato all'interno del Penitenziario "La Stampa", il luogo d'incontro e d'accoglienza POLLICINO.

A partire dal 23 aprile 1995, all'interno del carcere i detenuti hanno quindi la possibilità di incontrare i propri bambini in uno spazio privilegiato, creato per favorire momenti di intimità. Si tratta di una piccola stanza che stupisce per la ricerca e la ricchezza di colori, di giochi e materiale didattico; un ambiente morbido, così quotidiano da far dimenticare di essere all'interno di un Istituto di pena.                 

La condizione di carcerazione non deve cancellare il soggetto e il suo ruolo di genitore: i figli possono e devono essere amati e di questo amore devono poter ricevere i segni e i significati, affinché non subiscano il destino di vittime involontarie per errori che non hanno commesso.


Congedo interno

"Il carcerato può essere autorizzato a trascorrere alcune ore con i propri familiari, amici o conoscenti, presso "La Silva". Una disposizione interna specifica le condizioni e le modalità del congedo interno" (art.86 Reg.Penit.).

I detenuti del Penitenziario cantonale hanno la possibilità di trascorrere momenti d'intimità con i propri familiari o amici per sei ore consecutive - dalle ore 10.00 alle ore 16.00 - , in una casetta situata nella zona agricola del carcere: una zona immersa nel verde non lontana dall'Istituto e protetta da una recinzione, ma al di fuori del perimetro di alta sicurezza.

"La Silva" - così è chiamata questa casa degli affetti - non ha nulla da invidiare alle più moderne strutture: essa veniva prima utilizzata dal corpo di polizia penitenziaria per le proprie riunioni. Ora, è diventata una prospettiva per tutti i detenuti.

Durante la visita in carcere, ci è stata data l'autorizzazione per entrare all'interno della casetta: abbiamo notato con piacevole sorpresa, che quello che si offre agli occhi di un carcerato nel momento in cui può accedervi, è un ambiente assolutamente caldo e familiare.

Si tratta di un piccolo appartamento dotato di cucina con camino, camera da letto, due bagni con doccia (e i preservativi nell'armadietto). Uno spazio che consente non solo incontri intimi, ma anche la possibilità di cucinare e consumare insieme un pasto.

E' una soluzione pensata soprattutto per i detenuti stranieri che non hanno legami con il territorio, mentre per quelli svizzeri e ticinesi è più facile ottenere i congedi ordinari e trascorrerli in famiglia, a casa loro.

La disposizione interna in merito alle condizioni e alle modalità per il congedo interno disciplina dettagliatamente ogni aspetto. Nello specifico, può richiedere tale congedo il

detenuto che:

- è privato della libertà personale da almeno 24 mesi (18 mesi su proposta del Direttore del carcere, se il comportamento del detenuto è esemplare); se tale periodo è trascorso in un altro carcere, si potrà presentare la domanda dopo una permanenza di due mesi nell'istituto "La Stampa";

- non ha beneficiato di congedi né ne domanderà nei due mesi successivi;

- ha tenuto negli ultimi tre mesi una condotta esemplare (sono esclusi coloro che sono incorsi in un provvedimento disciplinare);

- ha lavorato con impegno.

Possono accedere alla Silva al massimo tre adulti, oltre ai bambini, purché siano familiari o persone che da tempo hanno con il detenuto vincoli d'affetto degni di essere salvaguardati (sono ammesse solo quelle persone iscritte sul permesso permanente e che già, almeno in un'occasione, hanno incontrato il detenuto al colloquio ordinario).

Gli incontri possono aver luogo di regola tutti i giorni, salve le sospensioni festive già viste

in merito al colloquio gastronomico. Tra un congedo e un altro devono intercorrere 2 mesi, sino ad un massimo di 7 congedi all'anno ( per il computo vale quanto detto sopra).

Per quanto riguarda la procedura di richiesta, questa dev'essere indirizzata alla Direzione

almeno 15 giorni prima della data desiderata per il tramite degli operatori sociali, che raccoglieranno il preavviso del Capo-agenti e del Capo d'arte ed esprimeranno il proprio.

All'interno della casetta si trova un soggiorno con cucina dove il detenuto può pranzare insieme ai suoi cari: di regola il pasto è dell'istituto (in tal caso ogni visitatore dovrà versare Fr. 6.00, salvo il detenuto), ma è prevista la possibilità di cucinare al momento le delizie che i familiari possono portare da casa.

I visitatori e il detenuto vengono accompagnati alla Silva separatamente.

I primi, all'entrata devono firmare un documento in cui si dichiarano d'accordo di trascorrere le ore previste con il detenuto, alle condizioni stabilite dal regolamento, con scarico alla

Direzione di ogni responsabilità.

Una volta insieme all'interno della struttura, la porta d'entrata viene chiusa a chiave dall'agente in ronda esterna: è garantita la più totale intimità perché l'agente deve mantenersi ad una distanza di almeno 15 metri, senza possibilità di vedere all'interno.

Al carcerato e ai suoi ospiti è tassativamente vietato manipolare le inferriate di sicurezza, come pure l'ingresso. In caso contrario, il colloquio verrà immediatamente interrotto ed avviata l'inchiesta per tentata evasione; inoltre, non verranno più concessi altri congedi interni.

Nella casetta si trova un telefono: esso potrà essere utilizzato unicamente in caso di assoluta necessità ed esclusivamente per prender contatto con il locale guardia. Saltuari controlli telefonici da parte del personale sono possibili; in caso nessuno risponda, verrà eseguito un controllo senza altri avvertimenti.

Alle persone che usufruiscono del congedo è richiesto il riordino della casetta una volta terminato l'incontro: lenzuola, tovaglie, tovaglioli ed asciugamani dovranno essere tolti e riposti nell'apposito sacco.

E' indubbiamente un'opportunità preziosa per chi vive lontano dai propri affetti: Serafino Privitera sostiene che in Svizzera, in particolare in Canton Ticino, si è potuta trovare una soluzione al problema dell'affettività in carcere, proprio grazie ad una politica federale che privilegia l'autonomia e il decentramento nel settore dell'esecuzione delle condanne, ma anche al fatto che si opera in una realtà di piccoli numeri . Come non riconoscere che , in Italia, l'incapacità di muoversi su questo fronte dipende altresì dal grave problema del sovraffollamento.

In Ticino, ogni anno, i colloqui "gastronomici" e i congedi interni sono ca. 140, con una media di 45 congedi ordinari su una popolazione carceraria che oscilla tra i 100-130 detenuti. Non sussiste il problema di eventuali accavallamenti tra i diversi nuclei familiari, anche perché ogni richiesta è periodicizzata e la rotazione risulta agevole. Negli ultimi dieci anni si è registrato un solo caso di fuga durante un congedo interno.

Questo sistema di alternative affettive ha consentito una minor disgregazione delle famiglie e una diminuzione della recidiva.

La revisione della parte generale del Codice penale svizzero, ora in discussione alle Camere federali, si propone l'obiettivo del ricorso all'incarcerazione quale "ultima ratio": quando essa è inevitabile bisogna fare quanto è possibile perché non pregiudichi il rapporto tra il condannato e la sua famiglia (art.74 e segg., Messaggio sulla modifica del Codice penale svizzero del 21 settembre 1998). Nella revisione si prediligono i contatti diretti che avvengono all'esterno delle mura perimetrali del carcere (art.84, c.6 messaggio cit.); in

particolare, i Cantoni saranno chiamati a gestire due generi di penitenziari - aperti e chiusi -

godendo, quindi, di un ulteriore margine di manovra e potendo modificare i penitenziari in funzione dei bisogni reali. Si è rinunciato ad una separazione assoluta, riguardo il collocamento in un carcere aperto o chiuso, tenendo conto soltanto della pericolosità del detenuto e del rischio di recidiva:

"Di regola le pene detentive sono scontate in un penitenziario aperto. Il detenuto può essere collocato in un penitenziario chiuso o in un reparto chiuso di un penitenziario aperto se vi è pericolo che si dia alla fuga o vi è da attendersi che commetta nuovi reati" (art.76, c.1 e 2, messaggio cit.).

Privitera sottolinea che "l'essere umano ha bisogno d'affetto, non importa di che tipo, importante che sia affetto.la soluzione va cercata in una politica di esecuzione pene che privilegi immediatamente sin dall'inizio dell'esecuzione della condanna, l'uscita dal carcere, l'incontro coi propri cari e non il distacco, la separazione, il taglio netto, causa di infiniti problemi esistenziali, di relazione e interpersonali."


"Due amanti felici fanno un solo pane,

una sola goccia di luna nell'erba,

lascian camminando due ombre che s' uniscono,

lasciano un solo sole vuoto in un letto."


(Pablo Neruda)



3. L'esperienza spagnola La Catalogna: cenni

La Catalogna è la regione più avanzata della Spagna dal punto di vista economico-sociale e gode di un'ampia autonomia anche in materia penitenziaria: l'amministrazione carceraria dipende non dal governo centrale, ma dalla Generalitat di Catalogna. La legge che regola l'ordinamento penitenziario risalente al 1979, è invece nazionale e i principi liberali che l'hanno ispirata sono da considerare il frutto della rottura drastica col precedente regime franchista.

Principio fondamentale è il trattamento individualizzato del detenuto e lo sviluppo di una vita comunitaria, di relazione dentro il carcere, riducendo al minimo l'isolamento in cella.

Oltre al regime "aperto" (una sorta di semilibertà) si distinguono un regime ordinario e uno "chiuso", riservato a chi tiene un comportamento antisociale nel carcere, indipendentemente dal crimine commesso.

L'ordinamento penitenziario ha inoltre un' impronta garantista: il giudice di sorveglianza ha il compito di verificare il rispetto della legge da parte della direzione del carcere e di visitare l'istituto regolarmente tre volte al mese, per ricevere eventuali richieste o reclami da parte dei detenuti.


Per quanto riguarda la normativa sul mantenimento delle relazioni affettive, i detenuti si dichiarano soddisfatti: "Il rapporto con i familiari è molto buono. Sono permesse dalle otto alle dodici telefonate al mese. In verità in questo modulo a volte i funzionari si "dimenticano" di ritirare il tagliando della chiamata telefonica, dando la possibilità di effettuare qualche chiamata in più."

I colloqui ordinari si svolgono in un "locutorio", separato da vetri, ove si comunica con un microfono e degli altoparlanti, sotto il controllo visivo, non auditivo degli agenti; nelle carceri ove si concedono meno ore, si può arrivare sino a otto colloqui mensili, per due ore ogni fine settimana (un'ora il sabato e una la domenica).

" E' sufficiente comunicare i nomi delle persone che vogliono venire a trovarti, dopo di che possono entrare tutte le persone che vogliono, a differenza del Vis a Vis che deve essere prenotato di volta in volta".

Nel '91, sono state introdotte per consentire ai detenuti di mantenere un legame con i propri affetti, visite riservate - "Vis a Vis"- da parte di familiari e amici. Non si tratta di un premio, ma di un diritto per tutti i reclusi, anche per chi si trova in regime "chiuso" o in custodia cautelare: non sono quindi richiesti requisiti di ammissione, salvo eventuali esclusioni in caso di sanzioni molto gravi per ordine del direttore del carcere o con l'approvazione del giudice di sorveglianza.

La legge autorizza due visite al mese (ma ne sono concesse altre se il detenuto non dà problemi) la cui durata varia di carcere in carcere - in genere è di due ore ciascuna - e che si svolgono senza sorveglianza in apposite stanze dotate di una porta di sicurezza:

1) un "Vis a Vis" familiare con parenti e amici in una stanza con tavoli, sedie e un bagno comunicante;

2) un "Vis a Vis" intimo con il coniuge o il partner, ossia colui che si presenta regolarmente ai colloqui a fine settimana, in una stanza in cui si trova un letto matrimoniale. Gli incontri intimi sono possibili anche tra persone dello stesso sesso.






Note:

AA.VV., L'affettività dei detenuti, https://www.ise-europa.it/inserto8.htm/.


R. PAMPALON, Intervista ad Alain Bouregba, in Atti della Giornata di Studi: "Carcere: salviamo gli affetti", Casa di Reclusione di Padova, 10 maggio 2002, https://www.ristretti.it/.


C. HENSLEY, Prison Sex. Practise & Policy, Lynne Rienner Publishers, London, 2002.


M. CRIMI, in Atti della Giornata di Studi: "Carcere: salviamo gli affetti", Casa di Reclusione di Padova, 10 maggio 2002, https://www.ristretti.it/.


A. SOFRI, F. CERAUDO, Ferri battuti, Archimedia, Pisa, 1999.


A. MISTRI, Viaggio attraverso la differenza, https://www.ristretti.it/.


M. OCCHIPINTI (a cura di), Intervista a Serafino Privitera, in Atti della Giornata di Studi: "Carcere: salviamo gli affetti", Casa di Reclusione di Padova, 10 maggio 2002.


Capo d'arte, nella cultura generale di un carcere, viene definita quella persona che, in virtù di specifiche capacità, conoscenze ed esperienze professionali, garantisce ad un detenuto le basi necessarie per un futuro reinserimento nella società; si occupa della direzione degli opifici, provvedendo all'acquisizione dei lavori, all'ordinazione dei vari materiali necessari per un'esecuzione di qualsiasi opera, vigilando sul rispetto delle regole interne e sul mantenimento della sicurezza in penitenziario. L'agente di custodia, opuscolo informativo a cura della Scuola di formazione e perfezionamento del personale, Sezione dell'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza, Dipartimento delle Istituzioni del Canton Ticino.


S. PRIVITERA, L'esperienza svizzera, in particolare quella del Canton Ticino, in Atti della Giornata di Studi: "Carcere: salviamo gli affetti", https://www.ristretti.it/.


Ibid..


G. ZUFFA, La gestione liberale e l'onda repressiva. Affettività e riduzione del danno nelle carceri sovraffollate, https://www.fuoriluogo.it/.


F. SCATIZZI, N. ZAMMARELLI, Ci scrivono dalle carceri spagnole, in "Ristretti Orizzonti", periodico di informazione e cultura dal Carcere Due Palazzi di Padova, n.2 anno 4, marzo-aprile 2002.


Ibid.


F. SCATIZZI (a cura di), Affetti in carcere. Notizie dalla Catalogna, https://www.ristretti.it






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