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La vita alla Giudecca




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La vita alla Giudecca



Dopo le problematiche del lavoro e della semi-libertà si propongono ora due argomenti inerenti la vita delle detenute: la vita intesa come permanenza del carcere, con le difficoltà e i problemi di un ambiente che priva della libertà e della privacy, ma anche come vita affettiva e relazioni interpersonali, supportando queste tematiche con l'esperienza diretta delle detenute intervistate.


«Sono molto

Irrequieta

Quando mi legano

Allo spazio». (Alda Merini, Aforismi)


Il carcere della Giudecca è un carcere particolare: le celle sono enormi stanzoni che possono alloggiare fino a 10/11 detenute, soprattutto nei periodi definiti "alta stagione", ossia i periodi estivi, in cui in carcere, entrano numerose detenute, specialmente nomadi, o comunque straniere.

La Giudecca è un carcere aperto, ossia una struttura in cui le celle rimangono aperte dalle 8 di mattina alle 20 di sera, e in cui le detenute sono libere di muoversi tra le altre celle o negli spazi comuni.

Questa peculiarità ha lati positivi, come il potersi muovere molto, usufruire della biblioteca quando si vuole, andare in doccia con orari flessibili (e per le donne l'uso della doccia diventa qualcosa di importante, anche perchè se si fa attività fisica, o durante le stagioni estive diventa un lusso e un privilegio poterci andare frequentemente), socializzare con le altre ristrette, andare a trovare amiche in altre stanze, e poi poter uscire dalla cella, in modo da evitare situazioni di tensione eccessiva se non si è riuscite ad avere delle buone relazioni con le altre donne della propria cella.

I lati negativi però sono altrettanto pregnanti: convivere con una persona è difficile, se poi si è costretti a stare insieme per un periodo più o meno lungo di tempo, a volte può diventare insostenibile, e se le "coinquiline" sono molte e con culture, religioni, etnie diverse i problemi aumentano fino a provocare litigi e antipatie all'ordine del giorno.

Chiedendo alle donne intervistate come fosse la loro "giornata tipo" in carcere, sono emerse frustrazioni e difficoltà, ma anche la capacità di adattarsi alle situazioni, la determinazione a resistere e procedere avanti senza farsi coinvolgere in dissapori momentanei o crisi, il desiderio di non essere trattate in modo infantilizzante o eccessivamente de-responsabilizzante, perchè, una volta uscite dal carcere, ci si ritrova a doversi destreggiare con un mondo a volte molto più difficile della culla  protettiva carceraria.

L'istituzione penale diventa una sorta di madre-autoritaria, presenza imposta ma alla fine equilibrante, che priva della libera iniziativa e dell'autonomia le persone al suo interno.

Nel paragrafo seguente, sulla semi-libertà e il lavoro, queste difficoltà di post-carcere saranno evidenziate maggiormente, ma già tra le righe di queste interviste si legge, in modo chiaro e inequivocabile, come la vita in carcere, non sia propedeutica ad un reinserimento vero e proprio nel mondo esterno, perchè ogni azione non è solo controllata ma anche privata della responsabilità e quindi se per ogni piccola cosa si soccombe al tunnel burocratico che inghiotte molto tempo e allunga la realizzazione dei propri desideri (che siano un cibo diverso o un capo d'abbigliamento necessario), si subisce una lenta e inesorabile trasformazione in persone abituate ad essere guidate, per cui la capacità di fare e di fare da sole a volte si perde tra le domandine e le piccole e grandi frustrazioni che avvengono tra le mura carcerarie.

Il carcere di per sé diventa una struttura totalizzante, e costringe ogni donna a reagire, a trovare il desiderio e la forza di non farsi inghiottire e andare alla deriva, trascurandosi o perdendo i riferimenti anche della propria femminilità, del proprio essere donna, e solo chi riesce a maturare una coscienza di sé chiara e decisa riesce a vivere quantomeno bene, a scontare la propria pena nel modo migliore possibile, senza trascurarsi o perdersi nella depressione o nell'autocommiserazione.

Di seguito vengono riportate le interviste fatte, con i commenti delle detenute e la descrizione del carcere e della vita al suo interno.


1)Orari

«La Giudecca è un carcere aperto. Aperto vuol dire che dalla mattina alle 7.50 alla sera fino alle 19.50 mantengono i blindi aperti, dunque tu sei libera di andare e venire dove vuoi, in corridoio a fare delle attività come per esempio la scuola, c'è gente che va a scuola, c'è un corso di computer, al Mercoledì pomeriggio c'è la redazione di Ristretti Orizzonti che è in collaborazione con Padova, poi c'è un 'attività qui che è l'orto, questo è un carcere molto grande perché un vecchio convento per cui hanno una parte di verde e lì pianti trapianti, raccogli, il fatto che raccogli a cosa porta?al fatto che ogni giovedì alcune ragazze non tutte hanno il permesso di uscire dalle porte in pratica non davanti la portone principale ma nella porta a fianco fanno un mercato di verdure e vengono venduti tutti i prodotti» (Sogg A).

«Le celle sono aperte dalle 8 del mattino alle 20 di sera, e l'ora d'aria è due volte la giorno dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 16.

E' un istituto aperto, puoi fare quello che ti pare, non è un istituto chiuso, non devi suonare per chiamare.

Si è in cameroni, ci sono tante persone in una stanza, se non stai lì vai dove vuoi, a scuola, in biblioteca, giri dappertutto.

Non sono corsi riconosciuti da quello che ho sentito, servono a mantenerti la mente, passare il tempo, non tanto per trovare lavoro fuori, impari qualcosina, solo per quello, ma per il futuro no, non credo, io ho il diploma di danza classica, ma che sono danzatrice io? no!

Poi c'è anche l'orto, è bello, da poco hanno cominciato a fare anche cosmesi nelle farmacie, è proprio bello, impari a fare delle cose davvero, come fare shampoo, bagnoschiuma.

Lì ti senti libera, senti l'aria della libertà quando non puoi uscire» (Sogg B).

«Prima quando ero dentro in sezione ero in una stanza non fumatori, una stanza piccola perché eravamo in nove persone, e c'erano i letti a castello.

Noi dicevamo di non mettere altre ragazze nella stanza, e di farne un'altra per non fumatrici, perché eravamo tante persone.

Il bagno in sezione è fuori dalle celle, quando si è in semi-libertà è dentro

Non ci sono problemi per i turni in bagno in semi-libertà proprio perchè si hanno turni diversi» (Sogg. C).

«Dalle 8 del mattino alle 20 di sera poi due volte al giorno c'è l'aria dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 17 circa.

L'ora d'aria è libera, si può andare oppure rimanere in cella.

Quando si è semi-libere non si hanno orari per la doccia, mentre quando ero in sezioni si poteva fare alla sera e al mattino» (Sogg D).

«Ci alziamo verso le 8 del mattino , perché alle 8 aprono i blindi ci facciamo il caffé, ci facciamo colazione,aspettiamo che arrivi l'aria alle dieci, poi andiamo, saliamo e pranziamo e poi stiamo lì un attimo a fare la siesta e poi aspettiamo di scendere all'ora d'aria alle 16, poi saliamo e la giornata è finita là.

Non si fa niente se non si lavora, si va all'aria, si mangia, si va all'aria di nuovo, si sale si fa una partita a carte poi si aspetta il mangiare delle 18.30, alle 20 chiudono il blindo, e poi si fa una partita a carte e basta.

Ci sono dei corsi di ceramica, delle sartorie, l'orto ma non tutti possono usufruire di queste attività, dipende perchè per esempio l'orto possono usufruire solo chi è in articolo 21, perché fanno i banchetti davanti al carcere e quindi fuori dalla struttura e devi aver fatto almeno metà della pena, per poterne usufruire». (Sogg. E)


2) Le celle, la privacy, la convivenza:

«Nel regolamento entro l'anno 2005, tutte le celle dovrebbero avere la doccia, alla Giudecca ne hanno fatte solo una sin'ora dove sono andata a coabitar fino a quando sono andata poi in 21.

Le celle normalmente hanno i letti , e il bagno con la porta e un muro che non arriva neppure al soffitto e che lo divide dalla cucina.

Privacy e intimità zero, magari vai in bagno e di là c'è una che fa il caffé, hai voglia di aprire tutta l'acqua ( coi rubinetti), diventi stitico!

In cella si può anche cucinare quando hai voglia di mangiare qualcosa di diverso, così si passa anche un po' di tempo.

Oppure alla mattina se siete in una cella di quattro che devono andare a lavorare chi va per prima?

Si comincia ad alzarsi alle sei!Poi c'è quello che fa attenzione e quello che se ne frega, come fuori insomma (in quanto a pulizia e educazione).

Io a M*** , anche se era un carcere in cui si stava in celle singole stavo bene, anche se tutti dicono che è un carcere blindato» (Sogg. A).

«Io i primi mesi che sono stata a Venezia, ho passato sette mesi "incuffiata" sul mio letto perché ovviamente non c'è niente che è tuo, per cui l'unica che cerchi di avere come tuo come punto i riferimento è il letto  e il piccolo rettangolo di pavimento che hai che porta allo stiletto. Io mangiavo addirittura sul letto, questa vita comunitaria forzata non mi faceva sentire a mio agio. Il mangiare a tavola con persone che io non mi sono scelta, e nemmeno loro hanno scelto me, mi facevano sentire come un'imposizione sugli altri.» (Sogg. A)

«Beh quando sei chiusa gli unici momenti in cui puoi essere sola sono in bagno e in docciasempre se hai la cella con doccia, altrimenti le docce esterne sono separata da una tendacredo proprio che questo carcere sia stato costruito per privare anche della minima intimità la persona, per svalorizzare tutto.

[.] il carcere in se"da scapar via", perché non è una "galera" con tutto questo via vai!» (Sogg. A).

«Poi, secondo un mio punto di vista questo è un brutto carcere perché è aperto, si è bellissimo che è un carcere aperto però le stanze sono molto grandi,dentro ti puoi trovare anche in 13, sette otto persone anche tredici o quindici dipende dall'alta o bassa stagione questo adesso mi pare siano molte, c'è anche un reparto dedicato all'infermeria anche lì sono stanza da quattro e lì in genere ci sono detenute anziane o malate.

[.] il fatto di avere le celle aperte potrebbe essere positivo da una parte perché non si deve sempre chiamare l'agente quando per esempio devo andare in doccia, ce ne sono quattro di docce per ottanta persone, funzionanti due,un dramma,però ti ritrovi o gente di un altra cella che magari essendo tua amica ti viene a trovare, per cui diventa un porto». (Sogg. A)

«Privacy? Dove?! Quando sei in bagno dopo due secondi, bussano per dirti cosa fai? Cosa vuoi che faccia! Ne hai ancora per molto?

Non riesci a stare da sola, per cui o ti incuffi e scleri dopo un po' per la continua musica nelle orecchie, o fai finta che sei arrabbiata così non parli con nessuno e ti lasciano stare.

Non tutte andiamo in Chiesa per trovare un po' di privacy.

Le persone che ti conoscono sanno quando devi stare sola, dalla faccia lo capiscono, allora ti lasciano, allora io per esempio mi incuffio e cammino e loro vedendo che voglio stare sola mi lasciano da sola.

Però magari capita qualcuno che non ti conosce e ti vuole parlare anche se non vuoi ed è finita la tua pace e ti metti a parlare.»(Sogg. B)

«Io prima ero in un istituto chiuso, da due detenuti e io soffrivo moltissimo, meglio che siano aperte.

Qui grazie all'orto sono riuscita  a calare la mia insicurezza, veramente». (Sogg D)

«Dipende, ci sono stanze da cinque e da tredici, è difficile convivere se hai un carattere chiuso, non sopporti certe cose, ma se sei uno a cui non frega niente o hai un carattere più socievole riesci ad adattarti, dipende dal carattere.

Io sono una persona socievole, mi adatto a tutti i tipi di carattere, lascio vivere e voglio vivere.

Ognuno deve prendersi il suo spazio e lasciare stare quello degli altri.

Ce ne sono che fanno magari ma non lo so, non ho conosciuto per ora persone prepotenti che dicono "questo è mio" perché lì non è niente di nessuno, non siamo né a casa mi, né a casa loro né di nessuno, siamo finiti là perché abbiamo sbagliato e stiamo pagando perciò non è niente di nostro, ma tutto dello Stato e lo dobbiamo condividere.» (Sogg E)

A proposito della privacy:«Non saprei. si va all'aria  magari si sta per conto proprio senza dare retta a nessuno e magari ti incuffi, c'è la biblioteca ma c'è sempre traffico, perchè magari c'è gente che va leggere qualche libro o va a giocare a carte, sala giochi è un casino perchè stanno sempre lì a giocare a calcetto, solo all'aria ti potresti rifugiare un attimino, perché in stanza c'è sempre traffico, gente che va e che viene». (Sogg E)

«E' difficile convivere, anche perché poi non è che il carcere dispone le celle in modo da ghettizzare le varie etnie, sono tutte mescolate e comunque nemmeno loro vogliono ghettizzarsi, e quindi risulta che in una stanza a volte ci sono anche 7-8 nazionalità diverse e mettersi d'accordo anche sugli orari di dormire, mangiare, di fare qualsiasi cosa diventa difficile, anche il cibo a volte diventa un problema perchè ci sono gusti diversi.

[] c'è una cosa che lega le donne, la maternità, tutte queste donne sono madri e questa cosa le lega e le fa sentire uguali, poi è vero che i modi culturali di una persona nigeriana sono diversi di quelli di una rumena, di una cinese o di una sudamericana e qualche volta si scontrano, però generalmente si capiscono anche» (volontaria B).

«Le sezioni femminili sono diverse, sono ritenute in genere meno pericolose.

Comunque quando abbiamo discusso sulle celle aperte, è uscito che hanno dei vantaggi perché non sei confinato con orari precisi.

Una vita in cui non hai mai uno sazio per te, sempre una vita insieme, sempre, però almeno uno si muove con un po' più di libertà, va anche nelle aule dove si studia c'è un regime più libero, d'altra parte Suor Gianna diceva che quando le celle erano chiuse e le suore avevano il ruolo delle agenti oggi, era una disperazione perchè era un continuo chiamare, e così c'era molto più un clima conflittuale e pesante, quando hanno deciso di provare l'esperienza delle celle aperte si è ridotta di molto la conflittualità e l'insoddisfazione, perchè prima le detenute erano talmente dipendenti da fuori che continuavano a lamentarsi e chiamare.

(Alla Giudecca) Ci sono moltissime straniere, ultimamente le detenute sono circa 100, circa il 60/70% sono straniere, ma non sono sicura perchè comunque alla Giudecca un dato così varia di giorno in giorno, c'è molto ricambio perchè è un penale e circondariale.

Il nido per esempio è un disastro, qualche giorno fa per esempio c'erano 17 bambini» (volontaria C).


3) Attività, vita in carcere, problemi e difficoltà:

«C'è [], un laboratorio di cosmesi dove si fanno prodotti per l'igiene e prodotti di profumi che vengono venduti invece a degli alberghi ci sono delle commissioni e c'è questo laboratorio dove c'è il chimico che fa le composizioni che poi vengono flaconate e incartate.

Ci sono poi le solite attività che si svolgono all'interno di un carcere, adesso ti farà ridere, ma il carcere provoca l'infantilizzazione delle persone, de-responsabilizza perché tu non hai nessun libero arbitrio, non hai nessun potere decisionale, anche il fatto di avere un mal di testa e prendere una pastiglia, da qualunque parte anche se sei a casa e non ce l'hai scendi un attimo in farmacia mentre in carcere vai dall'agente e dici ho mal di testa posso prendere una pastiglia?se il dottore non c'è bisogna aspettare per cui se tu in questo momento hai mal di testa la pastiglia magari ti arriverà tra due ore.

Una delle componenti che secondo me, fin dall'inizio porta a capire che il carcere infantilizza sono i mestieri a cui tu puoi accedere (sono per rotazione). Tu richiedi di lavorare no?e cosa puoi andare a fare? la spesina, non si chiama addetta al sopravitto ma spesina, scopina quella che fa le pulizie, i lavori sono pochi comunque.

Un'altra cosa che non riguarda il lavoro però è inerente a questo per ogni cosa tu devi fare una richiesta su carta scritta e si chiama domandina, non può essere chiamata richiesta oppure modello tal dei tali, no domandina!

Dunque come si svolge una giornata? Diciamo che per la maggioranza delle persone è così: immagina stanza da undici persone, ci sono le pulizie da fare e sono a turno ovviamente, io posso concordare anche di farle insieme a qualcun'altra , le pulizie sono quelle di casa, anche andare prendere il vitto sotto perché la cucina di un carcere funziona con le detenute che fanno le cuoche, la porta-vitto che porta però il pane e la frutta mentre tutto il resto una per cella quando è il tuo turno di pulizia va giù, ci porti  su quello che è previsto dal menù.

Se sei una persona a cui piace leggere, io lo sono, leggo, io comunque ho sempre lavorato in carcere ma essendo il lavoro a turni, quando non lavoro o partecipo la giornale, scrivo sul computer, ne preparo delle altre ecc. Ho provato a fare corsi di computer, ma a mio modo di vedere era molto disorganizzato e poi questo insegnante partiva proprio dalla base per cui l'ho scartato.

Il gruppo che partecipa a questi corsi non è molto omogeneo se per esempio parti con un gruppo di cinque persone non è detto che parti e porti avanti quelle, c'è ricambio poi magari una non c'è perché lavora e quindi per questo non è molto organizzato.

Mi sono iscritta all'orto per poter uscire un po', io non andavo neppure all'aria perché c'è un cortile molto grande, ha anche tre pozzi è molto bello, ma vedevo la gente andare sempre nello stesso senso di come era fatto il cortile, e non pensavo fosse una cosa possibile, difatti le poche volte che andavo io camminavo a zig-zag perché non volevo sentirmi imposto anche il modo di camminare!

In realtà non sono loro che ti impongono di camminare in un certo senso ma è un processo mentale che ha la persona, perché io ho scoperto che in carcere quando fai diversi anni è facile istituzionalizzarsi, credimi è facile, perché la struttura de-responsabilizzandoti in pratica diventa "tua mamma" la persona che ti dà protezione, l'istituzione è già totalitaria e chiusa in sé, totalizzante è la parola esatta in più tu non hai nessuno poter dire che la pensi in modo diverso, questo avviene al giornale in contesto ben preciso ma con l'istituzione non si può. Se l'Istituzione ha deciso che alle 7.50 si aprono le celle e alle 8.20 passa la sopra-vitto e tu devi essere lì a prendere il latte, già quelle sono cose che bloccano. Per cui organizza la tua vita fin dalla mattina, anche i corsi per quanto tu sia libero di partecipare o no, questo è il tuo libero arbitrio, libero di richiederne di farne parte o no, però se non faccio questo qual è l'alternativa? sto in cella tutto il giorno?

Va bene nel mio caso poiché mi piace leggere posso anche passare delle giornate a leggere però i periodi passati così sono mesi non anni, inoltre la maggior parte delle persone a volte non hanno voglia, il carcere è come uno specchio della società per cui dentro ci sono persone che, come quelle fuori non hanno voglia di fare niente, e allora questi si impasticcano e cercano di prendere terapia al mattino, al mezzogiorno e alla sera, non vuol dire che ci siano solo tossici però, ci sono persone che vanno in depressione e si fanno dare psico-farmaci che li mantengano in uno stato di non so come definirlo.Ci sono persone invece che magari hanno già le loro problematiche, e il carcere non è il posto giusto per loro e allora fai fatica anche a coinvolgerle.

[.] Le attività che si svolgono in carcere sono fatte per lo più di mattina a parte ginnastica non tutti i giorni, più che ginnastica danza, sono stai fatti anche degli spettacoli e anche quello è una volta alla settimana che aumenta quando si avvicinano gli spettacoli per cui devono provare di più.

Per quanto riguarda il lavoro, lavorando in laboratorio si ha anche il pomeriggio occupato  e non solo la mattina, io sono stata una delle poche fortunate a poter lavorare in laboratorio.

Parlando in generale invece della maggior parte delle persone che invece fanno poco, alcune lavorano a maglia ma non è una cosa dei tempi nostri, è gente abbastanza adulta.tra l'altro all'interno del carcere c'è una sartoria dove lavorano alcune ragazze mattino pomeriggio come fuori così fino alla 18 si é impegnati. Il fatto che tu abbia questo lavoro non ti obbliga non partecipare a attività che vengono svolte durante il tuo orario di lavoro, almeno spero che la gente non si nasconda dietro  a questo per non fare le attività.

La cultura non è alta in carcere e a poche interessano queste cose, ogni tanto arriva qualche quotidiano da sfogliare.

Un momento clou di tutti è invece la posta, che viene distribuita dalle 14.30 alle 15.00 per cui, ecco, quella appassiona tutti beh, insomma scrivi, ti scrive il ragazzo, la madre, è il legame affettivo che non c'è quello per te è aria, ossigeno, quello è un attimo di silenzio, vedi tutti che scrivono, cominciano a leggere, si chiedono consigli tra di loro, qualcuno cerca di condividere queste cose, fa parte dei legami affettivi che si interrompono spesso e volentieri.

[All'interno del carcere] c'è anche un calcetto, io ero un'appassionata, la prima cosa che mi è mancata quando sono andata via dalla sezione è stato il calcetto, ti giuro, perchè poi ti costruisci la squadra, io per esempio sto sempre in porta, poi (si fanno) partite a carte a briscola, che non finiscono più e poi c'è l'aria alla mattina di due ore e due ore alla sera.

D'estate poi (le ragazze) vanno a prendere il sole, poi lì dipende (capitava ci fosse) qualcuna che un giorno era troppo nuda, così colpa collettiva (e hanno detto) non si porta giù niente, non si va così per cui per un po' all'aria anche se c'è il sole qualcuno va vestito (con le maniche  più lunghe) poi invece si riprende paino piano, sono dinamiche che scattano.

La sera alle 19.30 in genere viene chiusa la cella e allora c'è la tv, però dieci persone sono tante, è difficile mettersi d'accordo, negli ultimi tempi noi eravamo riuscite a fare una cella abbastanza democratica, e allora ci trovavamo bene, anche perché in questa cella (in cui eravamo di età diverse) avevamo anche la briscola in comune per cui quando alcune guardavano la televisione, altre giocavano a briscola, per cui insomma si ruotava bene.

Poi non c'è altro.vai a prendere un caffé in un'altra cella, ti siedi in biblioteca questa è la vita che fai dentro.

In carcere, un altro momento che spezza la routine sono i giorni di colloquio, ovviamente su 100 detenute, non tutte avranno il colloquio, molte persone sono abbandonate per cui.perla gente che hai i colloqui, vedi che si prepara.

Un'altra cosa che interrompe un po' (la vita in carcere) è andare dalla psicologa, anche lì va un po' a richieste (il richiederne il colloquio), poi dipende» (Sogg A).

«Essere vincolati un po' serve, comunque a far capire che ci sono loro che comandano, questo sì. Anche quando si è semi-libere, non è che noi possiamo avere tutto, si è vincolate perché se serve qualcosa c'è bisogno della domandina, anche per avere i tuoi soldi o se vuoi mangiare qualcosa, aspetti quindici giorni.poi magari ti passa la voglia di mangiare quella cosa!

[.] Se tu hai i soldi, fai la domandina e ti portano quello che vuoi, se trovano ti portano quello che vuoi e te lo cucini sui fornelletti» (Sogg B).

Una volta ci sono stati dei problemi perché la Direzione non ha voluto far acquistare delle cose alle detenute perché comunque avrebbero creato delle differenze di possibilità economica: qui di seguito si riportano le reazioni

«Da una parte sono d'accordo, dall'altra no. C'è stato anche un incontro con la Direttrice la quale ha detto che se si accontenta una persona poi comunque a questa mancheranno i soldi magari per comprare cose più utile o necessarie rispetto ad un profumo.

Loro cercano di gestirti i soldi e per non fare stare male le altre limitano quello che si può acquistare» (Sogg B).

«Sì, per me non è giusto perché sono i nostri soldi e dobbiamo comprare quello che vogliamo mentre ti controllano, non ti fanno spendere i soldi così facilmente.»

(alle domandine) Si è obbligati e quindi ci si adegua» (Sogg C).

«C'è la scuola, e poi tanti corsi.

Io sono andata a scuola per due anni. Ci sono corsi di inglese, computer, anche ceramica, floricoltura e poi l'orto, l'ho fatto anch'io.

Io con l'art. 21 ho lavorato quasi un anno dentro l'orto prima della semi-libertà. Si semina, si pianta, si coltivano ortaggi» (Sogg. C).

«Io ho lavorato sempre e sempre nell'orto e già la mia vita prima di adesso (in regime di semi-libertà) era diversa, non mi annoiavo, non è mai successo, mi alzavo mi preparavo e andavo al lavoro all'orto.

Dopo quando tornavo mi lavavo, facevo la doccia e mangiavo, tornava alle 13 circa, d'estate spesso c'era un corso e quindi tornavo alle 18,  e poi normale, lavarsi, farsi la doccia, prepararsi e la tv..

La tv essendo tante in una stanza è difficile guardare, io per esempio preferivo leggere o scrivere.

All'inizio ero in depressione prendevo tranquillizzanti, poi ho cominciato a lavorare e sono sempre stata attiva, prima avevo lavorato in amministrazione e poi ho fatto 3 anni e mezzo nell'orto allora è così» (Sogg D).


4) La cura di sé:

«Ci sono persone che si curano in carcere, perché altrimenti diventerebbero dei vegetali, sarebbero delle piante» (Sogg E).

«[.] in carcere si sta male, così tu vai giù (ai colloqui) tutta vestita e truccata e magari sei stato tutta una settimana buttato in una tuta. Io no, io dentro porto sempre le scarpe, alcune (invece) stanno sempre in ciabatte, ciabattare per anni è terribile.

Io sono una che si trucca poco anche fuori, comunque mi vestivo tutti i gironi, non mi vedevi in pigiama!Forse è una questione di dignità, non so.» (Sogg. A).

In riferimento alla vita delle donne in carcere: «Tante si lasciano andare, è come fuori, non è che tutte siamo uguali, alcune vivono pigiama-letto-pigiama.

E' lo stesso fatto che succede anche per il lavoro, ci sono persone che se ne fregano, altre che tengono a se stesse, perché prima devi tenere a te tesso, che fanno ginnastica, lavorano, si fanno i capelli, si truccano, come una giornata da fuori.

In sala-giochi si vedono le ragazze che si truccano, si vestono, non è come ti fanno vedere in televisione, con le divise o con la tuta, seguono la moda, perché ci sono i giornali, tipo postalmarket, si comprano i vestiti così.

Le ragazze si mantengono» (Sogg B).

«Se sei un po' più debole non ce la fai a tirare avanti perchè quelle più forti di carattere magari ti sottomettono, se hai sempre paura di dire la tua o non ha il coraggio di rispondere, vivi male, per questo dico che chi ha un carattere più e magari tu chiedi qualcosa e che è nel tuo diritto e nessuno ti dà retta, ti viene una rabbia che invece di riabilitarti ti rende ancora più cattivo. A volte può succedere anche questo. Però qua a Venezia il fatto di avere le celle aperte tutto il giorno permette che se non stai bene con le altre in stanza, aprono il blindo e vai via e torni alla sera, magari hai qualche amica e vai da lei, o vai in biblioteca, però i carceri in cui sono chiusi tutto il giorno non so come si fa, soprattutto se stai con qualcuno che non sopporti tutto il giorno ti mangi fegato, stomaco e tutto quanto esci e vai direttamente in manicomio. Dipende tutto dal carattere.

Se non hai il carattere potresti anche suicidarti, cioè non lo so, a volte ci sono certe cose che ti fanno venire la rabbia di essere impotente, sei chiusa non puoi rispondere, sai che abbiamo anche i 45 giorni di liberazione anticipata e sai di avere ragione e non te la danno e tu cominci ad alzare la voce, perché sei sicura di aver ragione  e non te la danno, ti sei persa i giorni per che cosa?

Si deve lasciar correre e andare avanti.

Per me il carcere più che farmi diventare bambina, perchè sei sempre lì a chiedere che sembra che sei diventata rimbambita, che non capisco più niente e devo sempre chiedere, mi fa più rabbia, e mi dico, prima o poi uscirò e riuscirò ad arrangiarmi per i fatti miei, devo sempre chiedere arriverà anche il giorno in cui non dovrò più chiedere.

Dipende sempre dal carattere.

Se una persona è straniera poi, e esce dal carcere e non ha una casa, non ha un lavoro (o hai quello della cooperativa che ti seguiva dentro), non hai una famiglia dove vai? cosa fai?» (Sogg. E).

«Poche si lasciano andare in carcere, generalmente si tengono bene, e quando qualcuna si lascia andare, lo si nota immediatamente, magari lo si dice, "cosa ti è successo?"; "come mai? Perché non ti tieni bella?", quello è un primo campanello d'allarme, quando le vedi in pigiama a mezzogiorno chiedi loro il perché, perchè generalmente ci tengono ad essere ordinate, perchè certe volte il carcere quando parli con la gente, i giovani no, però chi ha già compiuto 40 anni, hanno in mente le persone in carcere come i barboni, invece non è così sono persone come tutti come me, come te, ci sono ragazze giovani anche, circa una trentina, e sono ordinate, si tengono bene.» (volontaria B)

«Ho incontrato delle persone che erano veramente trascurate, e dicevano che tanto non valeva la pena di vestirsi bene perchè tanto non andavano da nessuna parte, e io dicevo loro che dovevano farlo per loro stesse, se si vuole tenere il ritmo bisogna fare cura di sé almeno una volta al giorno, far come se in apparenza si fosse nella vita normale.

Sono poche persone che proprio cercano di imporsi questo ritmo come se fossero fuori, io lo faccio per me, comunque ci sono tante persone che si trascurano, no so che sono depresse, non immaginavo, mettono il pigiama o qualsiasi straccio che io non faccio neppure quando sono a casa, è molto frequente questo fenomeno» (Sogg D).


5) Regolamenti:

«Ci si arrangia: in ogni carcere in cui sono stata ho chiesto il regolamento interno, anche ad un magistrato una volta, ma non è mai disponibile: o è in stampa o altro. L'unico che ero riuscita a recuperare era il regolamento del carcere di M** e di U**» (Sogg. A).

Attaccato ad ogni stanza, si c'è. Però nessuno lo guarda, ci si basa su quello che fanno quelle più vecchie che sono già dentro.

Si fa tutto da sé, non c'è nessuno che ti dica cosa fare, le assistente sociali, sono le ragazze, c'è tanta solidarietà perchè se una entra non c'è niente e le ragazze che sono già dentro insegnano loro, ti dicono vai dall'educatrice, se devi fare la domandina, fai questo e quest'altro, insegnano come fare, non gli agenti o gli addetti, sono sempre le ragazze.

Su questo c'è tanta solidarietà» (Sogg. B).

«Sì c'è il regolamento. Per esempio finché non sei processato non ti lasciano lavorare. Quando c'è bisogno ti aiutano le compagne» (Sogg. C).

«Si fa la domandina, perché non possiamo comprare le cose quando siamo fuori.

Così si compra per domandina, la spesa si fa dentro.

Per la domandina ci sono problemi comunque perchè ci vogliono 15 giorni perché ti arrivi quello che hai chiesto, perchè ci sono i turni, e poi le varie sezioni, per cui prima che arrivi il tuo turno passa del tempo» (Sogg. E).

«Sì sì è chiaro, e la persona viene aiutata perchè non è possibile spiegare tutto il regolamento, soprattutto se queste persone che entrano stanno male e sono giù, in depressione, sono informate solo su quello che è necessario, poi successivamente viene detto loro, nessuno lo legge subito» (Sogg D).








Il corsivo è dell'intervistatore, verrà usato per collegare periodi frammentati o chiarire punti del dialogo o per sostituirsi al linguaggio parlato senza modificare però il senso di ciò che ha detto l'intervistata.

Le docce delle semi-libere dovrebbero essere nelle celle, però alla giudecca non è ancora così, c'è una cella con la doccia le altre invece non l'hanno.

Si parla di una giornata tipo in sezione, in quanto per le detenute semi-libere la vita è diversa. I blindi sono chiusi perché le detenute non possono vedersi con le semi-libere proprio per il programma di re-inserimento che vige nel regolamento.

Per tutela della privacy si omette il nome della città a cui si riferisce il soggetto.

Termine molto usato dalle detenute: incuffiarsi significa mettere le cuffie del walkman e ascoltare musica. Le detenute non hanno possibilità di stare realmente da sole,e questo è uno degli stratagemmi che usano per potersi isolare e trovare e "staccare la spina" con ciò che le circonda.

Definiti i periodi in cui il sovraffollamento è più sentito tra le detenute

Anche la situazione veronese del femminile assomiglia come clima a quella della Giudecca, un religioso, intervistato sulla situazione carceraria di Verona ha detto: «Il carcere di Verona secondo me tutto sommato non è male, rispetto al maschile perchè c'è un'aria un po'non dico da collegio nel complesso è migliore che non al maschile, però la donna comunque ha difficoltà spesso molto più urgenti impellenti che non al maschile, per i bambini, per il marito, per il convivente, è in una situazione più fragile da questo punto di vista. Ora dentro ci sono vari tipi, in genere sono di molto giovani, alcune hanno grossi problemi di tossicodipendenza, e dentro cercano di scalare fino a disintossicarsi, poi il problema e fuori che nessuno li segue più, dentro invece ci sono varie offerte al femminile. Le detenute non sono molte, vanno da 40-50-70 a volte, ci sono due sezioni, una sopra  e una sotto. C'è un corso in accordo col provveditorato all'istruzione, fatto da una maestra, che segue la scuola elementare, dall'anno scorso anche la scuola media ma arrivano in poche anche perchè la maggioranza sono straniere, allora ha problemi di lingua e per avere un titolo di studio. Contemporaneamente poi vengono tenuti corsi proposti come corso di pittura, di cucito, di computer, io per esempio ho un corso chiamato polivalente che ha dentro tutte e tre queste discipline e dura nel giro di un anno praticamente con la pausa delle ferie.

In questo corso la proposta ufficiale è per un recupero della persona dare una professionalità però sono belle parola, poi dentro si fa quello che si può, gli strumenti sono limitati.»

Dati riferiti al periodo giugno-luglio 2004

A questo proposito parla anche il Soggetto A e si trova esposto anche nel bimestrale Ristretti Orizzonti a cura del Carcere due Palazzi e della Giudecca, nel numero speciale sulle donne. Ecco l'estratto che ne parla:«Vorremmo, per finire, trattare un argomento più "futile": perché, per la spesa, c'è un limite dentro al limite, cioè noi non possiamo decidere di spendere la cifra consentita come vogliamo, per esempio per un profumo o una crema particolarmente costosi?Perché viene posto un limite? Perché in carcere si deve cercare di garantire un livello di parità e uguaglianza, allora il "lusso" è un po' contrario a questo principio. Se una persona mi dice che vuole l'aragosta ed io le rispondo di no, la sua domanda è: "Ma io me la posso permettere, se è nei limiti di spesa perché me lo vieti?". Perché è un discorso di opportunità e di equità. E allora è stata data una regola. Ma succede anche fuori che una donna, per esempio, cerca di limitare le spese, mettere da parte qualcosa e poi alla fine dell'anno si fa un bel regalo. Lei cosa ne pensa? Penso che se me lo dice singolarmente va bene, ma se le cose vengono viste complessivamente, può non andare bene. C'è una grossa fetta di persone che spendono per spendere. Ora è vero che noi non dobbiamo stare ad insegnare più di tanto su questo, però non possiamo nemmeno tollerare disparità così notevoli. Si farà poi anche un regolamento interno per questo Istituto, che dovrebbe disciplinare, i beni che si potranno comprare e in che quantità, e allora sarà tutto più chiaro. C'è da dire però anche che più si regolamenta e più aumenta il rischio di diventare ingiusti con la singola persona, perché non si riesce più, se una materia è disciplinata molto, a dire "Beh, forse con questa persona possiamo fare una differenza, perché ha effettivamente risparmiato tutti i mesi per poi farsi un regalo"».


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