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Come illustrato precedentemente[1], la cultura non si trasmette geneticamente, attraverso i meccanismi riproduttivi della specie umana, in quanto la sua natura non è biologica: la sua è un'eredità sociale tramandata mediante altre forme di trasmissione.
L'uomo, in quanto essere biologico, si trova costantemente sottoposto al bisogno del cibo, del rapporto sessuale, del riparo dalle intemperie: questi problemi sono simili per ogni gruppo sociale, ma le risposte ad essi sono estremamente variabili. I modelli di comportamento a cui i membri di quel gruppo attribuiscono valore e a cui devono conformarsi, sono il risultato della scelta di un gruppo sociale tra possibilità alternative, condizionate geograficamente, nel suo sforzo di adattarsi ad un particolare ambiente, che può essere geofisico o sociale.
Ogni formazione culturale dunque, nasce in qualche luogo o momento e ad opera di qualcuno[2]. Se uno stesso fenomeno culturale si presenta in più zone geografiche tra loro lontane, può darsi che la nascita di esso sia indipendente dalle zone in cui si trova: si tratterà in tal caso di poligenesi, cioè di nascita plurima in tempi o luoghi diversi, ed il fatto che uno stesso elemento esista in più luoghi viene considerato come il prodotto di una convergenza delle attività umane verso soluzioni e risultati identici . Uno stesso fenomeno però può nascere in una zona per poi diffondersi alle altre: si tratterà in questo caso di monogenesi, cioè di nascita in un centro di origine seguiti da processi di diffusione, oppure, come si vedrà oltre, di acculturazione, se si tratta di propagazione in gruppi o zone di cultura diversa.
In questa sede si accennerà ad un particolare tipo di prodotto culturale, cioè ai cosiddetti problemi sociali: essi rimandano a situazioni oggettive, in quanto sono questioni che causano sofferenza umana. Tuttavia ogni cultura e società plasma la forma di questi problemi, nella misura in cui attribuisce significato e senso ad un universo altrimenti caotico. Quando tale sofferenza da semplice accadimento diventa oggetto culturale significativo, si trasforma in problema sociale. A questo punto è implicita l'esistenza di una soluzione.
I problemi sociali riflettono le idee e le istituzioni della società in cui si trovano: infatti essi sono culturalmente definiti, cioè costruiti in un determinato modo tra i tanti ugualmente possibili. Secondo alcuni studiosi la produzione di un problema sociale avviene in una arena pubblica in cui ha luogo la competizione tra le situazioni che possono essere potenziali problemi sociali: in questa si definisce il problema nelle sue componenti, dopo di che si cerca di attirare l'attenzione di istituzioni e media, anche tramite la drammatizzazione. Le situazioni selezionate come problemi sociali trattano temi profondamente radicati nella cultura e sono politicamente vitali, spesso perché collegati gruppi di interesse economici o politici.
Non tutti i problemi sociali sorgono con la stessa velocità: alcuni, come il crimine, sono sempre stati presenti ma la loro popolarità cresce o cala nel corso del tempo in termini di attenzione pubblica.
Un problema sociale può essere lo specchio di problemi più grandi: ad esempio quando i creatori culturali costruiscono un problema sociale particolare - come criminalità organizzata o tossicodipendenza, ciò implica da parte dei governi linee di intervento - cioè soluzioni - molto diverse, a seconda di come il problema è stato formulato. Se il problema droga fosse formulato come "vizio di giovani dissoluti", ci si sta rivolgendo ad un pubblico di soggetti perbene che teme un attacco al proprio stile di vita rispettabile ed operoso, le cui soluzioni potrebbero essere quelle di introdurre leggi proibizioniste e promuovere attraverso campagne mediatiche le immagini di stili di vita alternativi a quelli propri della cultura dello sballo. Se invece il problema droga fosse definito in modo che l'oggetto culturale fosse "fuga dalla realtà tramite narcotici, incentivata da insoddisfazione e disperazione", ad esempio, allora la soluzione non sarebbe la guerra alla droga ma la ricerca di soluzioni volte a mitigazione le presunte cause di tale fuga, opzione sicuramente più problematica per un governo, anche perché chiama in causa molte più agenzie.
L'oggetto culturale della "droga come problema sociale" avrebbe potuto essere costruito in molti altri modi - ad esempio come "peccato", o "decisione individuale meschina" - per ognuno dei quali sarebbero esistiti creatori culturali, pubblico, significati e soluzioni e diversi.
La questione della creazione di un problema sociale rende ben evidente come un oggetto culturale sia dunque un'interpretazione, un insieme di significati che si adeguano ad un contesto di idee e di istituzioni, che trasformano accadimenti casuali in eventi, e che suggeriscono atteggiamenti e azioni[4]; per identificare le soluzioni possibili e quelle che probabilmente non lo saranno, è utile tracciare i legami tra problemi, loro creatori, loro destinatari e loro mondi sociali.
La cultura entra a far parte dell'universo soggettivo delle persone attraverso dei processi sociali; una volta creati, infatti, i prodotti culturali devono essere trasmessi: gli strumenti deputati a tale funzione, sono la comunicazione e la socializzazione.
Per comunicazione si intende "ogni passaggio di informazioni all'interno di un sistema relazionale": essa è dunque un processo di incontro e di collegamento tra persone[5].
La comunicazione umana si compone essenzialmente di tre ambiti: la sintassi, che riguarda la struttura del discorso; la semantica, che riguarda la significazione; l'aspetto pragmatico, che concerne l'influenza che la comunicazione ha sul comportamento umano.
La comunicazione comprende, inoltre, due aspetti: quello verbale e quello analogico; quest'ultimo, la forma di comunicazione più antica - perché la più immediata - si compone di elementi, quali la gestualità, la posizione del corpo (lo studio della quale rientra nella prossemica[6]), l'espressione del volto, l'inflessione della voce, il ritmo delle parole: ogni manifestazione non verbale, quindi, di cui un individuo è capace . La comunicazione analogica è preziosissima, in quanto, oltre ad essere immediata, integra o sostituisce quella verbale, ed è rivelatrice della personalità, delle intenzioni e delle emozioni dell'emittente . È anche un modo per dare informazioni su come si vuole essere trattati: mentre infatti non si può intervenire molto sugli elementi statici della propria immagine esteriore, molto si può fare con quelli dinamici .
Affinché un messaggio[10] non verbale circoli correttamente nell'ambito di un'interazione, infine, è necessario che sia l'emittente che il destinatario appartengano alla stessa cultura, in quanto per codificare e decodificare il messaggio si deve far ricorso allo stesso sistema simbolico.
Si sottolinea che questo sistema di comunicazione è preponderante in ogni istituzione totale, quale è anche quella del carcere.
La comunicazione, dunque, diffonde in modo selettivo, intenzionale e discontinuo le rappresentazioni culturali. La socializzazione[11], invece, trasmette la cultura in modo continuo anche non intenzionale, ad esempio tramite la vita in comune, che genera emulazione. È attraverso la socializzazione che i nuovi nati di un dato gruppo socio-culturale vengono integrati nella cultura del gruppo stesso, attraverso cioè un processo di adattamento e di appropriazione interiore dei significati e delle regole più generali che lo caratterizzano. In questo modo si costituisce l'identità del singolo e i diversi aspetti della cultura diventano per lui significativi: sarà portato ad accertarne i valori ed i modelli, ad assorbirne le conoscenze, ad adottarne le concezioni ed i comportamenti .
R.L. Moreland e J.M. Levine[13] spiegano il processo di socializzazione degli individui attraverso un modello che ne descrive le fasi di transizione di ruolo: nella fase di esplorazione il gruppo recluta soggetti che sembrano adatti a raggiungere obiettivi di gruppo , i quali, nella fase di apprendistato saranno osservati dagli anziani: questo periodo è caratterizzato da circospezione ed attendismo da entrambe le parti. Lo stadio della socializzazione di gruppo vera e propria, invece, riguarda tutti quei meccanismi informali di trasmissione di comportamenti, abilità e conoscenze indispensabili nella vita del gruppo : da questo momento in poi, il soggetto farà parte di esso.
Si può vedere il processo di socializzazione anche come un adattamento alle nuove strutture e relazioni in cui il soggetto si viene a trovare innanzitutto nell'infanzia[16], ma anche nella vita adulta . In queste fasi è possibile arricchire le risorse cognitive già accumulate e modificare le proprie attitudini normative, ed è un processo che dura tutta la vita, in quanto nel corso della sua esistenza il soggetto si trova in posizioni e ambienti socialmente e geograficamente molto diversi. Preposte alla socializzazione dell'individuo vi sono determinate agenzie specializzate: la famiglia nucleare in primis, poi la scuola e gruppi e organizzazioni non esplicitamente orientate a questo scopo - come la chiesa e l'esercito - , infine il gruppo dei pari.
Mead attribuisce alla socializzazione un ruolo fondamentale nella costruzione dell'identità, che diventa quindi processo interamente sociale: gli individui entrano progressivamente, a partire dall'infanzia, in diversi contesti di interazione, apprendendo così ruoli, norme e valori sociali; il processo non è né unilaterale né meccanico, ma esprime una dialettica tra l'identificazione con gli altri e la differenziazione dagli altri. Il bambino diventa ciò che lo chiamano le persone per lui importanti, e ogni nome rimanda ad una collocazione sociale designata[18]. Questo è un processo che avviene anche in età adolescenziale, quindi situazioni fortemente stigmatizzanti, come ad esempio un precoce esperimento del sistema penale, può pregiudicare un equilibrato sviluppo della personalità in termini di identità.
Ovviamente il grado di interiorizzazione non è uguale per tutti, in quanto varia a seconda del tipo di norme e di valori, ma anche a seconda degli individui.
Nella vita adulta, come detto in precedenza, possono avvenire processi che comportano un nuovo apprendimento di norme e valori, che può anche portare alla completa destrutturazione di quanto appreso durante la socializzazione primaria: si tratta della cosiddetta risocializzazione[19]. Esperienze tipiche di questo processo, che comportano anche la ristrutturazione dell'identità personale, sono la conversione religiosa e la psicoterapia, le quali riattivano i processi di forte identificazione emotiva.
La trasmissione culturale attraverso la socializzazione è spesso sottolineata da riti di passaggio, "meccanismi cerimoniali che controllano e guidano i cambiamenti di individui e gruppi"[20]. Essi, a seconda delle società e dei gruppi, presentano un diverso grado di obbligatorietà e istituzionalizzazione. La simbologia ricorrente di tutti i riti è quello della morte e della nuova nascita; tali rituali possono consistere anche in prove dolorose, e ciò allo scopo di sottolineare l'importanza dell'avvenimento, oltre che per rinsaldare, attraverso la sofferenza comune, il legame di gruppo. I riti preliminari servono a separare il neofita dall'ambiente di provenienza; durante quelli liminari, invece, eseguiti sulla frontiera, il nuovo entrato cambierà aspetto ed abitudini. È con i riti postliminari, infine, che il soggetto entrerà nella fase di aggregazione con i membri della comunità.
La struttura di tale cerimoniale è ben visibile nella realtà carceraria: il detenuto, nel momento in cui entra in carcere, viene immediatamente isolato spazialmente e fisicamente dal resto del mondo e dalle relazioni di riferimento; viene poi immatricolato, spogliato di quasi tutti i suoi averi e lavato; infine viene accompagnato nella comunità reclusa, che da quel momento diverrà il suo mondo di riferimento[21].
Tuttavia nelle nostre società i rituali sono sempre meno obbligatori, determinati, importanti e diffusi, e sempre più privatizzati[22].
La socializzazione nelle società moderne è dunque un processo molteplice e continuo. Si possono verificare spesso dei conflitti di socializzazione, in quanto il soggetto è continuamente esposto all'influenza delle moltiplicate agenzie che esprimono anche valori e modelli in contrasto tra loro[23]: ad esempio il successo scolastico è un valore desiderabile per l'agenzia famiglia, ma non per quella del gruppo dei pari, per la quale esso rappresenta invece un disvalore.
A questo punto, una volta trasmesse, alcune relazioni ed azioni sociali si istituzionalizzano: esse, in virtù del fatto che vengono ripetute frequentemente, si cristallizzano in uno schema fisso che può essere riprodotto senza sforzo, quindi vengono date per scontate e oggettivate dai membri di un gruppo sociale. L'istituzionalizzazione, basata sulla consuetudine è dunque un processo che garantisce la persistenza e la conservazione culturale indipendentemente dall'interiorizzazione o dal controllo sociale diretto applicato attraverso sanzioni, ma spesso si rende necessaria anche una legittimazione delle forme culturali[24].
Le operazioni fin qui descritte prendono anche il nome di inculturazione o integrazione nella cultura di gruppo, ma i modelli proposti possono venire ereditati o rifiutati: in quest'ultimo caso si avrà il fenomeno dell'innovazione, soprattutto se si cerca di cambiare il contesto precedente operando su di esso aggiungendo o eliminando elementi.
La formazione culturale si può propagare, dunque, per luoghi[25], generazioni e strati sociali; in questi suoi movimenti può rimanere inalterata o trasformarsi.
Come messo in evidenza più volte, la cultura non è un entità fissa e immutabile ma un sistema in movimento, il cui contenuto cambia in seguito ad eventi che possono portare alla scomparsa o alla trasformazione di elementi vecchi e all'introduzione di nuovi. I valori di un qualsiasi gruppo sociale non sono norme determinanti, ma criteri orientativi di comportamento a cui i membri del gruppo si conformano in misura maggiore o minore, ma da cui possono anche deviare radicalmente: se a cambiare l'atteggiamento nei confronti di determinati valori è un intero gruppo sociale, o alcuni suoi settori, ci sarà la possibilità di un mutamento sociale. Questi cambiamenti possono causare problemi di integrazione, come nel caso dell'incontro con altre culture[27].
L'acquisizione più o meno spontanea di forme culturali diverse da quelle proprie, che si verifica a causa del contatto tra cultura tra loro diverse, prende il nome, come già detto, di acculturazione; in tali situazioni, soprattutto se l'incontro-scontro è coatto e intenzionale, si possono verificare dei sincretismi, ovvero la coesistenza di componenti culturali che inizialmente erano tra loro contrastanti o addirittura inconciliabili in un qualsiasi elemento culturale: la cultura osservante può considerare i fatti sincretici come contraddizioni, ma la cultura osservata può non viverle come tali, e farli rientrare invece in un preciso quadro. È questa la una delle dinamiche che stanno alla base delle argomentazioni addotte dai detenuti a difesa dei propri reati, come anche alla base delle motivazioni giustificanti il disprezzo riservato ai reclusi autori di particolari delitti[28].
Questo processo vitale dunque, che si snoda nelle dimensioni temporale, spaziale e sociale, giunge a conclusione quando quella cultura cessa di esistere e di agire negli individui e nei gruppi.
Alcune questioni in cui si articola il problema della nascita del prodotto culturale riguardano la specificazione dello strato sociale, del periodo e del luogo nel quale essa avviene, e se ad opera di individui o di collettività.
E' lo studio degli aspetti spaziali della presentazione sociale: lo spazio personale sociale, dunque, e il modo in cui l'uomo lo percepisce. E' un ambito studiato più che altro dall'antropologia culturale, mentre la sociologia si occupa più di studiare le regole del comportamento non verbale a livello macroscopico, cioè nei diversi contesti sociali, attraverso l'interazionismo simbolico e l'etnometodologia.
Si pensi ad esempio alla manipolazione del proprio aspetto esteriore - attraverso l'abbigliamento, il trucco, l'uso di accessori - , al modo di gesticolare, alla postura, al tono di voce, alle espressioni del viso ed allo sguardo. Sull'argomento anche P. WATZLAWICK., J. BEAVIN, D. JACKSON, Pragmatica della comunicazione umana, Roma, 1971.
E' la singola unità di comunicazione. Sugli aspetti formali di un messaggio cfr. A. MUCCHI FAINA, L'influenza sociale, Bologna, 1996.
Questo processo, detto anche tradizione, permette ai fatti culturali di trasmettersi nel tempo all'interno di un gruppo socio-culturalmente omogeneo; nel in caso in cui il processo di propagazione di forme culturali avvenga tra gruppi dotati di diversi modelli comportamentali, si deve parlare, come si vedrà, di acculturazione.
T.L. MORELAND, J.M. LEVINE, Socializzation in small groups: Temporal changes in individual-group relations, in L. BERKOWITZ (a cura di), Advances in experimentalsocial psychology, New york, 1982.
Il soggetto entrante invece valuta l'opportunità di accedere al gruppo a seconda dei propri obiettivi.
Spesso il soggetto assumerà anche un altro nome, o adotterà un soprannome, a conferma della nuova identità assunta.
Si parlerà quindi a tal proposito di socializzazione primaria, operata soprattutto all'interno della famiglia.
In questo caso si parlerà invece di socializzazione secondaria, in riferimento all'apprendimento di specifici ruoli e competenze, via via più complessi, nell'ambito di relazioni sociali più ampie.
ibidem. Con il termine risocializzazione si intende, tra gli altri, anche quel processo di rieducazione, illustrato ampiamente nel capitolo primo di questo lavoro, a cui il condannato dovrebbe essere accompagnato, al fine di agevolarne il suo reinserimento nella società conforme.
Quest'ultimo è un processo più fragile dell'istituzionalizzazione, in quanto ruota esclusivamente intorno a universi simbolici che possono essere messi a confronto con altri alternativi, e che pertanto possono entrare in crisi.
La propagazione nello spazio è chiamata anche diffusione. Questa può investire anche gruppi culturalmente diversi fra loro: in questo caso la diffusione viene a configurarsi piuttosto come acculturazione, fenomeno che interessa gli spostamenti della dimensione sociale.
Una volta nati, i comportamenti, le concezioni, gli istituti e i vari prodotti culturali possono cadere rapidamente fuori dagli usi e dalle abitudini del gruppo, come per esempio le mode, oppure rimanere attivi nella vita dello stesso per decenni e oltre.
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