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Il mondo femminile
E' proprio delle donne che si è voluto parlare e della detenzione femminile, per mettere in luce anche questo tipo di criminalità, che spesso passa in secondo piano rispetto alla criminalità maschile, senza pensare che il carcere nasce come istituzione di contenimento pensata al maschile, e creata da uomini. Si è in un ambiente maschile dove le modalità relazionali sono basate su quelle maschile, per esempio, sul potere.
La donna soffre molto di più riguardo alla mancanza degli affetti, ed è più incline alle forme di depressione, vive con molta ansia la sua situazione di madre lontana dai suoi affetti.
I rapporti amicali e sociali che le detenute instaurano tra di loro sono diversamente instaurati rispetto a quelli maschili, per esempio vi è la tendenza a formare piccoli gruppi molto uniti affettivamente, mentre i detenuti preferiscono associarsi in modo meno stretto e più generico
Ecco perché ho voluto occuparmi dell'universo femminile in carcere, circostanziando la mia ricerca al Veneto e precisamente al carcere della Giudecca di Venezia, che ha saputo dare nel tempo, un sostegno nella ri-educazione alla legalità tramite il lavoro alle detenute, avendo all'attivo due Cooperative (sartoria e cosmetici) che impiegano detenute semi-libere al loro interno.
Inoltre questo carcere è stato gestito per lunghissimo tempo dalle Suore dell'ordine della Carità, le quali sono state agenti-educatrici-infermiere delle detenute sino al 1992, ossia finché non è stato costituito il corpo di polizia penitenziaria, prendendo il posto delle suore nella parte inerente la direzione e la sicurezza del carcere.
Le suore rimarranno in veste di infermiere e volontarie per le detenute, occupandosi anche dell'asilo nido presente all'interno della struttura penitenziaria.
Per poter dare uno spaccato realistico dell'ambiente carcerario, si è ritenuto opportuno coinvolgere con delle interviste, sia le detenute semi-libere che coloro che si occupano direttamente di carcere, come per esempio la volontaria C la quale opera alla Giudecca e presso il carcere maschile Due Palazzi di Padova, e che tramite il giornale Ristretti Orizzonti e il sito internet gestito anche dai detenuti, opera come tramite per il lavoro e il recupero sociale dei detenuti, apportando anche un'informazione diretta e fruibile da tutti coloro che hanno interesse nel carcere e nelle attività svolte in questo contesto.
Per rendersi effettivamente conto di quale sia la vita in carcere, in termini di privazioni personali e di difficoltà quotidiane, dopo aver letto storie di detenuti riportate nei testi, tra cui quelle delle detenute del carcere della Giudecca, si è scelto quindi di intervistare direttamente queste donne, anche perché la vita femminile in carcere non trova molto spazio nei libri o nelle ricerche, per cui l'intenzione è stata quella di sondare questo mondo semi-sommerso al fine anche di sottolineare come la condizione di detenuta e anche di semi-libera abbia ripercussioni sull'identità personale e sulla ricostruzione della vita di queste donne.
Si è voluto anche considerare con attenzione la vita delle detenute semi-libere, in quanto questa condizione crea delle spaccature interne al concetto dell'identità personale: non si è infatti né completamente fuori dal carcere (vi sono delle regole precise da rispettare) ma neppure completamente dentro, per cui assumere un'identità precisa in questa situazione non è certamente facile.
Lo scopo della tesi, è stato quello di scandagliare il carcere guardandolo dal punto di vista delle donne, tenendo in forte considerazione aspetti psico-sociali che determinano l'affermazione/lesione della propria identità, l'essere madre/figlia/compagna oltre che detenuta, analizzando anche l'effetto prodotto su questo aspetto e su quello del reinserimento, del lavoro, considerando anche la semi-libertà, e l'attuazione delle pene alternative al carcere, come forme di recupero sociale della persona detenuta.
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