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Esami di Stato Tesina di presentazione - Radici storiche e filosofiche della CRIMINOLOGIA




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Tesina di presentazione





Radici storiche e filosofiche della CRIMINOLOGIA

Progressiva evoluzione degli studi sul CRIMINE, influenzata dai cambiamenti SOCIALI e dalle correnti FILOSOFICHE, in specie del XIX secolo.


Materie comprese:

STORIA e FILOSOFIA











INDICE


Prefazione

CONSIDERAZIONI STORICHE

Considerazioni sul Medioevo

La crisi dell'ancien régime

Illuminismo

Cesare Beccaria e la sua opera "Dei delitti e delle pene"

La svolta nel XIX secolo

L'"esplosione" della scienza del crimine":

scuola CLASSICA VS scuola POSITIVISTA

Darwin e le teorie evoluzionistiche- Influsso del pensiero di Spencer e Comte

Criminologia e MARXISMO

CESARE LOMBROSO

Biografia

La fortuna delle teorie lombrosiane e la nascita dell'antropologia criminale


Progressivo abbandono delle teorie

lombrosiane

Passaggio dall'antropologia criminale alla CRIMINOLOGIA MODERNA in Italia

Conclusione

Bibliografia







1. Prefazione


Da moltissimo tempo ormai la criminologia richiama una sempre maggior attenzione fra gli studiosi e gli studenti di molteplici discipline; dalle scienze sociali a quelle giuridiche, psicologiche, mediche e psichiatriche, alle scienze politiche, alla pedagogia, alla filosofia. Questo potrebbe derivare dal fatto che la criminalità non rappresenta certo uno degli ultimi problemi che affliggono le società e non parlo solo di quelle occidentali o di paesi a tecnologia più evoluta. Al contrario, la delinquenza, con il passare del tempo e il progressivo mutare delle condizioni sociali è paurosamente cresciuta, sia nel numero che nella gravità. La verità è che, accanto all'evoluzione positiva di tecnologia e benessere, assistiamo al fenomeno parallelo della frustrazione e del disagio che crescono in alcune persone, a causa di situazioni e condizioni di vita non propriamente serene e che portano, degenerando, al comportamento deviato, al sovvertimento di regole, a volte a disturbi di tipo psicologico dannosi per se stessi e per la comunità.

Inoltre la criminologia costituisce un reale interesse perché è una disciplina di ampio respiro, che offre l'occasione, studiando il comportamento delittuoso, di occuparsi attentamente di un tema così affascinante quale è quello della condotta umana in generale e delle mille e mille correlazioni che intessono e rendono complesso il vivere dell'uomo nel mondo. Io stessa mi sono ripromessa, con questo approfondimento, di formare una mia superiore consapevolezza in merito a tale




ambito: senza però entrare troppo nello specifico, in quanto non ne possiedo le facoltà.

Per comprendere a fondo la criminalità e il delinquente è necessario vi sia una visione chiara e lucida di chi vuole cimentarsi: tale visione deve abbracciare ampie vedute e considerare attentamente tutti i fatti storici, sociali e morali, costruendo così uno schema di fondo ampio e dettagliato, che valuta ogni possibilità e spiegazione. Una disciplina come quella della criminologia è stata in passato oggetto di numerose discussioni e polemiche proprio per alcuni suoi tratti

che venivano considerati come inneggianti ad atteggiamenti razzisti, discriminanti o comunque ingiusti nei confronti di alcuni membri della società, che presentavano tratti che venivano classificati a priori come "sbagliati","deviati", "fuori dalla norma". Interpretazioni errate, senza dubbio e non sono io la prima a confermarlo: nel valutare il comportamento di un uomo, bisogna considerarlo in modo imparziale e senza pregiudizi, senza escludere possibili opzioni per partito preso. Stabilire etichette o categorie è fuori luogo e insensato, perché il caso va valutato da singolo.

Quest'elaborazione scritta, sicuramente non soddisfa tutte le curiosità e le domande che ci si può porre in quest'ambito: esso è di fatto troppo vasto e merita considerazioni ben più ampie di quelle che io vengo delineando. Nonostante questa mancanza, ho voluto comunque presentare un quadro nel complesso totale e abbastanza preciso dell'evoluzione della criminologia nel corso dei secoli. In questo quadro, si parte da considerazioni di tipo storico, riflettendo sulla concezione del fattore crimine dal Medioevo fino a circa la metà del XVIII secolo, quando esso veniva

considerato con piattezza e staticità e coloro che se ne macchiavano venivano marchiati ed esclusi dalla società, a volte giustamente altre volte no, senza ulteriori indagini o considerazioni. Da questo periodo si passa al XIX secolo dove, con le rivoluzioni industriali, l'agglomeramento nei centri urbani e i cambiamenti di vita sociale si assiste ad una sorprendente crescita di delinquenti e criminalità, soprattutto ,appunto, nelle grandi città e nei quartieri più popolari. Da qui nasce la necessità di una maggiore attenzione verso tale fenomeno: non solo in ambito giuridico e sociale, ma anche scientifico e psicologico. Le correnti filosofiche di fine Ottocento, il positivismo, l'esistenzialismo, le teorie evoluzionistiche, con le varie riflessioni sulla condizione dell'uomo da parte di filosofi e scienziati come Darwin, Marx, Spencer e Comte hanno indubbiamente dato un forte contributo all'avanzamento degli studi sul crimine. Senza contare la figura portante di tali studi, Cesare Lombroso, il medico che con le sue considerazioni, alcune giuste altre sbagliate, ha

comunque fornito la "spinta" decisiva per lo sviluppo di questi studi, elevando la criminologia a vera e propria "scienza".

Quest'esposizione vuole essere un lavoro di ricerca da parte mia, ma anche una sorta di elaborazione di alcune considerazioni in merito all'evoluzione delle teorie sul comportamento criminale di cui oggi ci si serve, se non per sopprimere questo fenomeno, almeno per smorzarlo e scoraggiarlo in parte. Non ho certo avuto la pretesa di fornire interpretazioni o soluzioni, che, come ho detto prima, sono sempre contingenti, relative al momento, all'ambiente o alla persona.

Mio intento è unicamente quello di dare un possibile spunto d'interesse ad un argomento senza dubbio affascinante e che costituisce uno degli ambiti che mi appassionano di più.













Ognuno di noi ha (.) altrettante ragioni di uccidere una ventina di suoi simili quante, novantanove su cento ne ha l'assassino S.S. Van Dine, La strana morte del signor Benson (Philo Vance)






2.CONSIDERAZIONI STORICHE

La storia del delitto e, in genere, del comportamento deviante risale alle fasi primordiali della vita umana, particolarmente a quelle che segnarono il passaggio dalla vita individuale all'organizzazione della vita di gruppo. Lo studio scientifico risale invece a circa un secolo fa, quindi a un'epoca relativamente recente, quando l'opera di alcuni grandi studiosi, primi fra tutti Cesare Lombroso ha posto le prime basi per lo sviluppo della ricerca e della scienza in campo criminologico.

Queste basi non sono però nate dal nulla: possiedono radici derivate dall'insieme di fatti storici, sociali ed economici che hanno caratterizzato i secoli precedenti, in particolare del periodo del Basso Medioevo.

Seguirà adesso un breve excursus sullo sviluppo che gli studi sul crimine hanno avuto nel corso della nostra storia.


Prosperum ac felix scelus/ virtus vocatur".

Il delitto coronato da successo prende il nome di virtù.

Seneca, Hercules Furens



-Considerazioni sul MedioEvo:

Nell'età medioevale, l'interesse e l'attenzione al comportamento deviato del criminale era praticamente inesistente. Lungi dal formarsi un'opinione in merito a tali atteggiamenti, ci si limitava ad attribuire al condannato la pena che, secondo la legge giudiziaria, gli spettava. Pene e condanne venivano assegnate con criteri tutt'altro che indiscutibili: in ogni parte era presente la convinzione che il soggetto criminale dovesse essere condannato a priori senza ulteriori indagini sul suo comportamento e dovunque erano radicate convinzioni di discriminazione, razzismo e ostilità verso il più piccolo comportamento giudicato "diverso". La classe che contribuisce maggiormente al crimine è, senza alcun dubbio, quella del popolo. I tribunali del Medioevo punivano i reati contro la proprietà con uguale- se non maggiore- severità che nell'epoca moderna. Il furto era sempre considerato il reato per eccellenza. Nel registro criminale dello Chatelet di Parigi alla fine del XIV secolo si poteva vedere che le accuse di furto costituivano almeno il 66% del totale dei reati e che, nella maggior parte dei casi, gli accusati finivano i loro giorni sulla forca. Questa meschinità e la totale mancanza di tatto verso un fenomeno come quello della criminalità non hanno costituito un problema particolare per molti secoli né hanno trovato consistenti opposizioni. Si sentirà l'esigenza di cambiamenti radicali di atteggiamento solamente dopo la metà del Settecento, con la crescente crisi di valori dell'ancien régime e la necessità di rivoluzionare tutti i settori e i sistemi della società, necessità che diventerà via via sempre più pressante con la rivoluzione francese e i mutamenti voluti dalle rivoluzioni industriali


Chi non punisce il male comanda lo si faccia

Leonardo Da Vinci, Scritti letterari



-La crisi dell'ancien régime

La crisi che scuote i valori e le regole dell'ancien régime va ricercata in alcuni disagi provocati, a partire dagli ultimi decenni del Cinquecento. Per metterla a fuoco occorre fare un lungo passo indietro, risalire alla crisi definitiva del sistema feudale e alla transizione versi modi di produzione capitalistici, in una cornice di guerre, di carestie, di epidemie, mentre faticosamente si affermava la concezione borghese del lavoro.

Le enormi masse di poveri, ormai avvertite come dirompenti dell'assetto sociale, la rottura dottrinale operata dalla Riforma protestante, l'enorme falla che si verifica tra classi sociali più alte e abbienti e classi più basse ha senza dubbio contribuito a scuotere un sistema di idee e regole conservatore e di parte come quello dell'ancien régime. Si assistette ad un progressivo peggioramento  delle condizioni dei ceti inferiori che verrà ancor più aggravato dalle rivoluzioni di fine Settecento nei settori industriali.

La povertà divenne il segno della maledizione divina. Perciò non c'era motivo che chi era escluso dalla predilezione di Dio e punito dalla sua collera non fosse anche escluso e punito dagli uomini.

Il sistema delle pene non mutò, ma lentamente andò estremizzandosi, soprattutto nella successiva età dell'assolutismo monarchico, tanto alla base quanto al vertice della piramide sociale. La discriminante tra reo e reo, tra crimine e crimine, tra pena e pena a seconda del ceto di appartenenza tanto del colpevole quanto della vittima divenne sempre più accentuata ed esclusiva; e la gamma delle punizioni corporali riservate ai ceti più bassi aumentò sia in varietà sia in crudeltà ed efferatezza con il crescere della devianza e della criminalità. Il delinquente era considerato solo alla stregua di un attentatore malvagio dell'autorità del sovrano impersonificante il potere e, come tale, gravato anche da un giudizio di colpa di significato religioso; doveva pertanto essere inesorabilmente punito e molto spesso materialmente soppresso. Lo strumento fondamentale di punizione era rappresentato dal supplizio. Le infrazioni più lievi erano punite con pene corporali, oppure con l'esilio, il bando, l'espropriazione dei beni.

Era pressoché ignorata la prigione, il nostro fondamentale mezzo di punizione, se non come incarcerazione in attesa di giudizio.


-Illuminismo-

Il movimento illuminista si presentava in quel contesto sociale come un ideologia rivoluzionaria che, contro l'arbitrio, la corruzione, la superstizione, propose come propri contenuti alternativi: l'approccio scientifico per la conoscenza della realtà; la ragione come sostituto della tradizione, asservita all'interesse delle classi detentrici di tutto il potere; la libertà e l'eguaglianza dell'uomo come "fatto e legge naturale", di fronte al privilegio di casta. Lo strumento che avrebbe consentito di ristabilire la primitiva uguaglianza tra gli uomini e la libertà, che era andata perduta per i difetti delle strutture sociali, era rappresentato dalla giustizia. Il mito dell'eguaglianza tra gli uomini di fronte alla legge ("la legge è uguale per tutti") risale a Voltaire e a Montesquieu; ma l'eguaglianza proposta dagli illuministi non si riferiva al diritto di possedere uguali beni, possibilità ed alla abolizione dei privilegi di classe, ma unicamente alla parità di tutti i cittadini di fronte all'autorità dello Stato, simbolizzato appunto dalla giustizia, che viene a sostituirsi all'autorità del monarca, espressione delle caste potenti.

Le teorie illuministiche svolgono un importante ruolo nella rivoluzione dei cambiamenti sociali, in quanto rivolgono la loro attenzione non più alla società nel suo insieme ma all'individuo singolo: esse spingono a vedere la ragione come unico elemento portante della vita dell'uomo ed escludono a priori qualsiasi considerazione di tipo scientifico, contrapponendo un coinvolgimento della sfera dei sentimenti, della condizione interiore psicologica dell'uomo. Può sembrare un controsenso, ma queste idee innovative aprono in qualche modo gli occhi sulla vera natura dell'uomo: ci si spinge a porsi domande, che prima non erano mai state poste concretamente. Chi è l'uomo? Qual è la sua funzione nel mondo? Quali sono gli schemi che deve seguire? A quali leggi e norme deve prestarsi per poter vivere in pace con se stesso e con gli altri? Sono domande che gli Illuministi in primis cominciano a intuire e alle quali sarà indispensabile dare una risposta non più tardi del secolo successivo.


Un innocente perseguitato scambia a lungo per un puro amore della giustizia l'orgoglio del suo piccolo io

Jean-Jacques Rousseau, Le meditazioni del viandante solitario




Proud'hon- La Justice et la Vengeance pursuivant le crime- 1808- Hotel de Sandelin


-Le prime intuizioni di una svolta:

Cesare Beccaria e la sua opera "Dei delitti e delle pene"

Il piccolo libro di Beccaria, "Dei delitti e delle pene", edito nel 1764,si può considerare a ragione, il gioiello più prezioso dell'Illuminismo italiano, la più nota e sintetica esposizione della concezione liberale del diritto penale . Questo testo è pienamente in sintonia con il clima di passione e di creatività intellettuale del gruppo milanese. L'idea fu di comporre un trattato intorno al problema della legislazione e del diritto di punire, argomento non nuovo nella pubblicistica settecentesca che già prima di lui aveva sollevato il problema della riforma giudiziaria e aveva in diversi casi criticato la tortura e la pena di morte, i reati di opinione e i privilegi delle giustizie separate e particolari, soprattutto di quella ecclesiastica.

Si tratta infatti di un'ineludibile e avvincente proposta di un nuovo modo di intendere i problemi della giustizia e del diritto, delle leggi e della punizione, ma soprattutto si avverte in queste pagine più che mai l'appello ad una civiltà nuova, governata dai valori di libertà ed eguaglianza che la cultura illuminista cominciava a contrapporre vigorosamente alla società d'ancien régime.

"Dei delitti e delle pene" combatte vigorosamente quella barbara idea di giustizia intesa come volontà vendicatrice che ancora imperava e di quell'autentico giogo della tirannia e dell'errore imposto dal procedimento inquisitorio, dalla segretezza e spaventosità del giudice, dalla tortura,"infame crogiuolo della verità,(.) monumento ancora esistente dell'antica e selvaggia legislazione" e dalla pena di morte.

Ad essere messo sotto accusa è l'intero sistema sociale con le sue scandalose diseguaglianze, in quanto il delitto, per Beccaria, affonda le sue radici nel divario dei beni, nella sproporzione delle ricchezze. È sicuramente un'intuizione, da parte dell'autore, del disagio riguardante la situazione economica-sociale che opprime le società e che si renderà sempre più increscioso dopo le grandi rivoluzioni industriali.

Ad esempio, l'autore giudica la proprietà non un valore naturale ed eterno, ma un istituto storicamente costruito che poteva diventare fonte di comportamenti altrettanto ingiusti che il furto.

Si tratta forse di una dimensione utopica, ma Beccaria si pone, nonostante tutto, il problema di prospettare soluzioni percorribili: la riforma della giustizia, il progresso economico, lo sviluppo dell'istruzione.

"Dei delitti e delle pene" ottenne un' immediata risposta positiva ed entusiastica in Italia e in Europa, così come ostilità e risposte negative da parte di congregazioni, inquisitori e conservatori.

Ma furono la parte minore: questo perché ormai si cominciava a sentire appieno l'esigenza di un mutamento radicale, prima ancora che nella società, nella stessa condizione interiore dell'uomo.

L'opera di Beccarla viene consultata ancora oggi per scoprire nuovi dettagli di una creazione intellettuale che è giusto collocare alle origini del pensiero democratico.


La storia degli uomini ci da (.) l'idea di un immenso pelago di errori, fra i quali poche e confuse e a grand'intervalli distanti verià soprannuotano".


"L'opinione è forse il solo cemento della società".


"Il fine delle pene non è di tormentare e affliggere un essere sensibile, né di disfare un delitto già commesso. Il fine non è dunque altro che d'impedire il reo del far nuovi danni ai suoi cittadini, e di rimuovere gli altri dal farne uguali.

Perché una pena ottenga il suo effetto, basta che il male della pena ecceda il bene che nasce dal delitto" (.)

Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene


3. Passaggio all'età dell'Ottocento

Lungo il XVIII secolo sono individuabili una serie di elementi che contribuirono a una trasformazione della criminalità da fenomeno di massa per molti versi strutturale alle società d'ancien régime, in un fenomeno sottoposto sia a una tendenza crescente all'esclusione dalla nuova società in formazione, sia a una professionalizzazione del crimine. Un fenomeno, cioè, che ben più ampiamente si svilupperà nel corso dell'Ottocento, ma che ebbe un primo momento di coagulo in specie nella seconda metà del Settecento, per molti fattori, da quelli socio-economici che, producendo più miseria, producevano anche più criminalità, a quelli politici e istituzionali legati all'accentuazione della mentalità e della prassi repressiva del pauperismo, a quelli ideologici connessi alle polemiche contro il "lusso" e ai timori per la crescita demografica della città e a quelli socio-culturali riflettenti lo sradicamento e il disadattamento degli immigrati rurali nelle città, le loro tensioni per i bruschi aumenti dei prezzi, per la difficoltà di trovare lavoro, per le restrizioni ridotte nell'assistenza.

È il quadro generale del periodo dell'Ottocento: le società, sconvolte dalle rivoluzioni industriali e dal progressivo aumento dell'attività nel settore industriale e meccanico, si trovano a dover fare i conti con un totale capovolgimento di ruoli, funzioni, un'innovazione che genera, assieme a un benessere maggiore, un disagio e una frustrazione per una situazione che non si è in grado di accogliere e di affrontare.

Via via passa in secondo piano la delinquenza occasionale ma frequente, talora in grandi bande, delle classi più povere, per lo più di miserabili morti di fame, e fu sostituita da una delinquenza più individualista, più scaltra, concentrata soprattutto sul furto, ad opera in parte di professionisti sempre più attratti dall'innalzamento del livello di vita e dalla moltiplicazione delle ricchezze e delle proprietà.



-L' "esplosione" della scienza del CRIMINE:

scuola CLASSICA VS scuola POSITIVISTA-

é sostanzialmente causa degli eventi citati nel precedente paragrafo se mai alcuna epoca fu, e forse mai sarà, così creativamente feconda per le scienze criminali come il secolo XIX. È al secolo XIX che si fa convenzionalmente risalire la nascita di quelle tre fondamentali scienze che, nell'autonomia di contenuti e metodi, hanno pur sempre come comune oggetto lo studio della criminalità: la scienza penale, la criminologia e la politica criminale. Ma è pure in tale secolo che vengono a porsi e imporsi, con più chiara consapevolezza critica e in termini razionali, i quattro problemi costanti, di sempre e di fondo, delle scienze criminali:

I problemi :

della definizione di criminalità

delle cause di criminalità

della difesa contro la criminalità

delle garanzie dell'individuo contro le scienze criminali.

Per quanto concerne la criminologia, è indubbio che la ricerca delle radici del male ha, da sempre, costituito il più angoscioso problema dell'uomo, cui sono state date mutevoli e tormentose risposte nella mitologia, nella religione e nella filosofia e che l'ansia di spiegare il fenomeno della criminalità in una visione metagiuridica venne avvertito fin dai tempi più remoti. Attraverso i secoli filosofi e scrittori furono attratti dal fenomeno criminoso come entità naturale prima ancora che giuridica. Ma fino al secolo scorso lo studio della criminalità venne pressoché identificato col problema del "male" in contrapposizione al "bene". Lo studio del delitto con metodo naturalistico-sociologico inizia soltanto con la criminologia, che nasce come scienza autonoma a metà del secolo XIX sotto la spinta, in particolare, del pensiero positivista, anche se con le note carenze di ipotesi teoriche e di tecniche d'indagine, e che già dal suo sorgere manifesta quel dualismo di indirizzi unifattoriali, individualistici e sociologici, che contrassegneranno poi e tuttora lo sviluppo della disciplina.

-scuola Classica: è rigorosamente schierata per la soluzione indeterministica della assoluta libertà morale. Maturata nell'ambiente politico- culturale determinato dall'Illuminismo, muove dal postulato del libero arbitrio e pone il binomio responsabilità morale-pena retributiva a fondamento del diritto penale. Secondo i classici, un sistema penale così concepito esercitava anche un'adeguata e sufficiente azione di prevenzione del reato, in quanto gli individui non avrebbero scelto l'azione criminosa di fronte a leggi giuste e chiare e a pene proporzionate e perciò annullanti qualunque vantaggio derivante dal reato.

In definitiva, tutto il diritto penale classico guarda al comportamento passato, non al possibile comportamento futuro del soggetto: l'atto di volontà, sin tanto che è assolutamente libero,non può giustificare alcun giudizio di previsione sulla sua ripetibilità. Nell'architettura cristallina non c'è spazio logico per la valutazione naturalistica e sociologica della criminalità: tra assoluta libertà morale e criminologia non vi è una convivenza possibile.

-scuola Positivista:agli antipodi della scuola Classica, essa è rigorosamente schierata a favore della soluzione deterministica, biologia e sociologica. Affonda le proprie radici filosofico-culturali nel positivismo metodologico sviluppatosi nel secolo XIX in opposizione al razionalismo illuministico e muove dal postulato del determinismo causale, ponendo a base del diritto penale il nuovo binomio della pericolosità sociale-misura di sicurezza.

Ritenendosi razionalmente aberrante e praticamente inutile punire chi è spinto al delitto da forze agenti dentro e fuori di lui, si sottopongono i delinquenti a misure utilitaristiche di difesa sociale, volte a neutralizzare le potenzialità criminali mediante l'allontanamento dalla società (e addirittura l'eliminazione fisica) e, nei limiti del possibile, il riadattamento alla vita sociale.

Il pensiero positivista ebbe larghissima eco in tutto il mondo(sebbene non siano mancate le polemiche) e,con le sue incancellabili intuizioni, ha avuto una grande influenza nell'evoluzione del diritto penale e della criminologia.

Meriti della scuola p.:

ha messo a fuoco il problema della personalità del delinquente nei suoi vari condizionamenti

ha calato il reato e il soggetto dentro la realtà individuale e sociale

ha aperto le frontiere alla difesa sociale

Limiti della scuola p.:

l'individuo viene completamente "deresponsabilizzato"

è stata rimessa in discussione il sistema di "garanzie" e "certezza giuridica"

è stata messa in discussione la permanenza del fondamentale principio del nulla poena sine delicto



-Darwin e l'evoluzionismo; influsso del pensiero di Spencer e Comte-

In campo biologico, in particolare, le tesi darwiniane trovarono u entusiastico consenso da parte di alcuni naturalisti e presto si dimostrarono determinanti nell'influenzare il pensiero e l'attività di parecchie personalità scientifiche, tra cui Cesare Lombroso.

La principale opera di Charles Darwin, On the Origin of Species, dato alle stampe nel 1869, ha contribuito in larga misura allo sviluppo delle successive teorie lombrosiane, con tutti i meriti e le mancanze che questo ha comportato. Si tratta forse di un interpretazione errata dell'antropologia, o comunque di una visione deformata dell'evoluzione dell'essere umano.

Poderosa influenza hanno pure avuto i pensieri dei filosofi Spencer e, in contrapposizione ad esso, Comte; l'uno volto più a sostenere tesi di chiaro impatto indeterministico e d'impronta illuminista, l'altro con un impulso dello scientismo determinista e della filosofia positivista.


Criminologia e MARXISMO

Nel filone del determinismo sociale di questo primo indirizzo socio-criminologico va collocato anche l'apporto fornito dal marxismo: alla luce del materialismo storico, le caratteristiche del sistema di produzione dei beni economici in una società determinava oltre al carattere generale dei processi sociali, anche gli aspetti politici, etici ed ideologici della cultura di quella società. L'interpretazione economica dei fatti storici veniva ad identificare nel sistema capitalistico l'unica causa sia dei gravi squilibri della distribuzione dei beni fra le classi, sia delle devianze criminali della condotta che, almeno in quell'epoca, erano ritenute quasi esclusivo appannaggio delle classi più povere.

La rivoluzione ideologica marxista costituisce, in una visione storica, il fatto culturalmente più significativo della seconda metà del secolo XIX. Il materialismo storico e la nuova visione filosofica dei rapporti fra valori culturali e substrato economico non poteva non comportare anche una diversa visione della criminalità.

In breve: è stato messo in evidenza che un sistema di produzione basato sulla concorrenzialità, sull'iniziativa privata e sul profitto individuale era fondamentalmente contrario allo sviluppo dell'istinto sociale e dei legami di reciprocità. Lo stesso meccanismo economico che esigeva la concorrenza e l'antagonismo fra i singoli, rendeva gli uomini più egoisti e quindi più propensi al delitto.


L'alienazione dell'operaio nel suo oggetto si esprime, secondo le leggi dell'economia politica, in modo che, quanto più l'operaio produce, tanto meno ha da consumare, e quanto più crea dei valori egli è senza valore e senza dignità, e quanto più il suo prodotto ha forma e tanto più l'operaio è deforme, e quanto più è raffinato il suo oggetto e tanto più è imbarbarito l'operaio, e quanto più potente è il lavoro e tanto più impotente diventa l'operaio, e quanto più è spiritualmente ricco il lavoro e tanto più l'operaio è divenuto senza spirito e schiavo della natura

Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844










4.CESARE LOMBROSO

-Biografia-

Cesare Lombroso nacque a Verona il 6 novembre 1835.

Si iscrisse alla facoltà di Medicina di Pavia nel 1852 e in seguito frequentò anche la facoltà medica di Padova e Vienna. Dopo aver fatto esperienza nell'ambito dell'esercito ricoprendo il ruolo di medico militare, proseguì gli studi di medicina legale e delle alienazioni mentali, quali schizofrenia, frenologia, demenza e cretinismo. In questo periodo pubblica il suo scritto più famoso, "Genio e Follia". Proseguì per tutta la vita un instancabile attività di analisi e ricerca, lavorando a volte individualmente, altre volte in reparti psichiatrici e manicomi giudiziari, selezionando accuratamente tra i pazienti quelli che secondo lui, per le proprie singolari caratteristiche, meritavano di essere esaminati più a fondo. Famosissimi sono rimasti i casi da lui stesso esaminati dell'omicida con tendenze sadiche- antropofaghe e necrofile del bergamasco  Vincenzo Verzeni o del cleptomane di comportamento paranoico-schizoide Gianfranco Vitella.

Tra i suoi scritti ricordiamo: -"L'uomo delinquente","L'uomo di genio" "Ricerche sull'antropologia in ambito socio-culturale", oltre ai numerosi referti medici, corrispondenza con pazienti, perizie psichiatriche.


Cesare Lombroso può a buon diritto considerarsi come il pioniere di un indirizzo individualistico, secondo il quale lo studio del reato doveva principalmente polarizzarsi sulla persona del delinquente, fino ad allora rimasta pressoché ignorata. Il delitto veniva sostanzialmente inteso quale conseguenza di anomalie dell'individuo, secondo una visione patologistica di un comportamento non integrato.







-La fortuna delle teorie lombrosiane e la nascita dell'ANTROPOLOGIA CRIMINALE

L'antropologia criminale lombrosiana, ben lontana da quello "stereotipo" di antropologia "fisica" nella quale i suoi abituali denigratori l'avevano unilateralmente identificata, è stata fin dalle sue origini caratterizzata da un orientamento interdisciplinare e quindi indirizzata anche allo studio del contesto sociale nel quale ogni individuo, nella sua realtà umana (delinquente e non) si trova ad essere inserito. Il che non esclude affatto, anzi conferma, la matrice "medica" di tale studio antropologico, dati gli orientamenti interdisciplinari di quei settori della medicina che lo scienziato aveva prevalentemente coltivato (medicina legale, psichiatria).

Egli infatti formulò, dal punto di vista sociologico, la sua dottrina dei "fattori della criminalità", fra l'altro verificata in base al suo studio del movimento della delinquenza in Francia per circa mezzo secolo (dal 1826 al 1878). Tali fattori vennero da lui sintetizzati nelle seguenti categorie:

  • fattori individuali (o antropologici) riguardanti la personalità del delinquente
  • fattori fisici inerenti l'ambiente fisico-geografico
  • fattori sociali, risultanti dall'ambiente in cui vive il delinquente.

Da brevi cenni storici, risulta evidente che, nella configurazione della nuova scienza (criminologia) furono essenziali i contributi convergenti dell'antropologia e della sociologia criminale.

Lombroso iniziò il "corso libero di antropologia criminale" nel 1878; nel 1880 diede inizio alla pubblicazione dell'"Archivio di Psichiatria, Antropologia Criminale e Scienze Penali"; nel 1885 organizzò a Roma il I Congresso internazionale di antropologia criminale, il primo di una serie di sette congressi che furono tenuti in varie città d'Europa.

Il primo sviluppo e la diffusione mondiale della nuova scienza criminologica si verificarono, per iniziativa di Cesare Lombroso, attraverso una serie imponente di congressi internazionali che dal 1885 al 1911 si tennero, in diverse città europee, all'insegna dell'antropologia criminale. Con tale denominazione, dovuta a Lombroso, furono indicati tutti gli aspetti dello studio scientifico dei fenomeni criminali e i principi innovatori della criminologia si diffusero nel mondo.


Nulla somiglia (.) ad un matto sotto l'accesso quanto un uomo di genio che mediti e plasmi i suoi concetti

Cesare Lombroso, L'uomo di genio


5.Progressivo abbandono delle teorie lombrosiane

Dopo la morte di Lombroso, avvenuta nel 1909, venne pubblicato uno scritto polemico e critico di particolare asprezza, il cui titolo è significativo (I funerali di un uomo e di una dottrina), quasi ad indicare che, con la morte fisica di Lombroso, sarebbero finite anche le sue idee.

In tutta Italia cominciarono a sollevarsi aspre controversie circa gli studi antropologici e di carattere fisionomico svolti dallo scienziato, quasi a sottolineare una componente discriminante e di stampo razzista presente nelle sue teorie, nel suo pensiero e nei suoi scritti.


6.Passaggio dall'antropologia criminale alla criminologia in Italia

In questo clima di tensione ideologica proseguirono in Italia i dissensi fra le due scuole opposte, la scuola classica e la scuola positiva, determinando il blocco di ogni iniziativa in campo criminologico.Tale blocco ha potuto essere eliminato nel corso del tempo, sostituendo alla rigidità e all'insensatezza di alcuni tratti delle teorie lombrosiane una attenzione sempre maggiore al fenomeno del crimine e del soggetto che lo commette.

Tale periodo critico per la criminologia in Italia risulta in realtà compensato dal valido contributo della medicina legale italiana, che in occasione dei suoi congressi nazionali dedicò molte relazioni a temi criminologici. Il termine di tale periodo coincide con l'inizio dello sviluppo congressuale autonomo della Società italiana di criminologia (fondata nel 1957) e dell'ulteriore evoluzione dell'antropologia criminale in vera e propria criminologia, che riafferma la sua autonomia, scientifica e accademica.

L'analisi delle origini e dello sviluppo storico della criminologia, in Italia e nel mondo, mette in evidenza l'importanza fondamentale dell'antropologia criminale, ossia di una scienza che, dal punto di vista della medicina e con orientamento interdisciplinare, studia il fenomeno delittuoso con particolare riguardo alla personalità del suo autore, in senso globale e unitario, in quanto inserita in un determinato contesto sociale. È indubbio che tale concezione, formulata all'epoca di Cesare Lombroso e tuttora valida, è stata essenziale per la fondazione della criminologia come SCIENZA


"Il criminale, nel momento in cui compie il delitto, è sempre un malato".

Fedor Dostoevskij, Delitto e castigo





7.Conclusione

Ritengo, a questo punto, di poter concludere dicendo che comunque sono molti e numerosi gli aspetti che ho deciso di omettere approfondendo quest'argomento. Basti solo pensare all'enorme contributo fornito da Sigmund Freud Circa la vera natura dell'uomo, le sue pulsioni più profonde e i suoi comportamenti istintuali e dalla nascita della psicoanalisi che, indubbiamente costituisce uno dei più validi strumenti di cui ci si serve oggi per "limare" eventuali anomalie della psiche e per scovare aspetti della propria condizione interiore che, se lasciati intatti contribuirebbero a minare forse l'integrità del soggetto e delle persone che lo circondano. Oppure basti pensare ai notevoli progressi compiuti da criminologi, studiosi e scienziati nel corso del Novecento. La disciplina della criminologia ha avuto un larghissimo sviluppo soprattutto negli Stati Uniti negli ultimi anni, soppiantando di fatto gli studi svolti in ambito europeo, a causa della maggiore vastità industrializzazione e sviluppo generale.

Ritengo però di poter concludere, in definitiva, che il contributo dell'antropologia criminale, fin dalle sue origini, è stato essenziale per la fondazione della criminologia odierna.

Tale contributo persiste nel tempo ed è tuttora valido proprio in considerazione della sua matrice medica e particolarmente medico-legale, per assicurare alla ricerca criminologica il suo fondamento interdisciplinare.



"Ogni società ha il tipo di criminali che si merita".

Robert F. Kennedy, The Pursuit of Justice
















8.Bibliografia

Nicola Abbagnano- Giovanni Fornero- Itinerari di filosofia- volume 3b, 1997

PierLuigi Baima Bollone- Dall'antropologia criminale alla criminologia, 1990

Mary Gibson- Nati per il crimine- Cesare Lombroso e le origini della criminologia biologica, 1995

Umberto Levra- La scienza e la colpa: crimini, criminali, criminologi, un volto dell'Ottocento, 1985

Carlo Lucarelli- Massimo Picozzi- Serial killer. Storie di ossessione omicida, 2004

Gian Luigi Ponti- Compendio di criminologia, 1977

Renzo Villa- Il deviante e i suoi segni: Lombroso e la nascita della criminologia, 1988


https://it.wikipedia.org/wiki/Criminologia


https://it.wikipedia.org/wiki/CesareLombroso


https://it.wikipedia.org/wiki/Fisiognomica


https://it.wikipedia.org/wiki/Darwinismosociale


https://it.wikipedia.org/wiki/Evoluzione


https://www.filosofico.net/lombroso.com


https://www.museounito.it/lombroso/storia/default.html


https://www.ecn.org/filarmonici/antonucci-37.html














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