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"L'anziano e i suoi problemi"




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"L'anziano e i suoi problemi"


Il problema del disadattamento senile è alquanto rilevante nel nostro paese, poiché dal 1950 ad oggi la popolazione con più di 60 anni ha avuto, e sta avendo tuttora, un progressivo incremento.

La vecchiaia rappresenta un'età che è caratterizzata generalmente da un notevole disadattamento verso sé stessi, verso gli altri e verso l'ambiente in generale; sono spesso rapporti mutevoli con l'ambiente che contribuiscono a modificare la personalità e ad incidere negativamente: abbassamento della forza muscolare, dell'acutezza visiva ed uditiva, della resistenza alla fatica. È a causa di questo rapporto con l'ambiente se l'anziano vive in uno stato di preoccupazione verso il futuro; il timore di non riuscire a adattarsi ad una situazione nuova si traduce in un comportamento ansioso, il quale rende ancora più difficoltosa la riuscita del soggetto in un determinato compito.

Il disadattamento dell'anziano non deriva tanto dal declino intellettuale quanto piuttosto da fattori emotivi e connessi all'integrazione sociale, quali la cessazione delle attività lavorative e l'esclusione da un ruolo predominante della vita familiare che portano ad uno stato di ansietà e di frustrazione. Molto spesso il trauma della pensione è brusco e trova l'anziano impreparato: da un'attività che impegnava fisicamente e psichicamente gran parte della giornata si piomba in una situazione di riposo, l'anziano ha una quantità di tempo libero a disposizione che non sa come utilizzare perché la società lo ha prevalentemente indirizzato ad un concetto di produttività, o anche non può utilizzare perché mancano la disponibilità economica, le strutture e la mentalità stessa per utilizzare al meglio il tempo libero. È risoluto che la qualità dell'invecchiamento dipende anche dalla classe sociale cui si appartiene, infatti, ha un declino senile più rapido chi ha svolto un lavoro manuale e non ha una situazione economica agiata.

Nel nostro tipo di società uno dei problemi maggiori per l'anziano è quello della solitudine cui è legato la questione dell'alloggio. In seguito all'urbanizzazione e ai cambiamenti della struttura familiare il problema dell'alloggio si è fatto sempre più pressante per gli anziani; questa tendenza all'allontanamento dalle campagne ha modificato la struttura delle famiglie, infatti, ora il numero di anziani che vive coi figli è esiguo rispetto al passato. Questo porta gli anziani ad abitare da soli. Oltre alla solitudine, il problema di molti vecchi che vivono da soli è quello dell'autonomia: essi non sono in grado di provvedere a se stessi fisicamente ed economicamente, perciò necessitano dell'aiuto di altre persone.

Una serie di svariati motivi sociali, familiari e personali possono portare l'anziano alla Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA). Per il vecchio il cambiamento di ambiente è traumatizzante: una persona anziana tende ad avere un suo spazio conosciuto e delimitato, ha le sue abitudini e spesso si adatta a fatica alla promiscuità della casa di cura, alla mancanza dei pochi rapporti sociali che conservava sino a quel momento, al senso di inutilità e di frustrazione che deriva dal suo ricovero. L'ingresso in una RSA è quindi per molti un trauma psicologico grave; comporta un rapido declino psicofisico e termina con una morte anticipata. Oltre alle condizioni carenti che caratterizzano il RSA, il vero trauma che colpisce l'anziano è il brusco trapianto dal suo solito ambiente di vita.

Per evitare che la situazione dell'anziano diventi frustrante, in quanto, con la perdita di potenza biologica e la diminuzione del ruolo sociale, viene intaccato il senso di integrità personale e il concetto di autostima, sono indispensabili degli adattamenti psicologici: una persona deve imparare ad accettare di più il valore della saggezza che quello della bellezza e dell'attrazione fisica o della forza in quanto queste vanno incontro ad un inevitabile declino; gli uomini e le donne devono essere più attenti ai loro partner in termini di personalità individuale piuttosto che di caratteristiche fisiche e sessuali; è necessario che nella mezza età vi sia una certa flessibilità emotiva, cioè che i propri investimenti affettivi vengano spostati da una persona o da una particolare attività su un'altra; per una persona di mezza età è bene restare duttile, flessibile e recettiva a nuove idee, il che dipende in gran parte dalla propria curiosità, dal continuare ad interessarsi agli avvenimenti, dal ricercare stimolazioni di tipo culturale.

Per quanto riguarda l'alloggio sarebbe opportuno sostituire al ricovero l'assistenza domiciliare nell'abitazione in cui l'anziano ha sempre vissuto. Con questo sistema l'anziano non cambia alloggio, mantiene quei legami che aveva con persone, luoghi e ambienti usuali e viene assistito da un assistente sociale che può far per lui la spesa, assisterlo nei compiti domestici più gravosi, seguirlo nelle diverse necessità della vita di ogni giorno.

Un'altra possibilità di assistenza consiste nell'utilizzare alloggi minimi, integrati in una struttura residenziale dotata dei servizi necessari, dove l'anziano, o coppie di anziani, ricevono l'aiuto di assistenti sociali. Il trasferimento in un appartamento minimo, anche se inserito nel centro storico o in normali case di abitazione, può trovare inizialmente un'accoglienza scarsamente entusiasta da parte dell'anziano: si tratta, in effetti, di un'esperienza che può essere vissuta come limitante e di un cambiamento che può sempre rappresentare un certo trauma; in seguito tuttavia l'anziano finisce con l'apprezzare lo scarso impegno che richiede un alloggio di dimensioni ridotte e l'assistenza che gli viene fornita.


ETÀ ADULTA E INVECCHIAMENTO


Fino a poco tempo, fa gli psicologi dell'età evolutiva non erano interessati alle modifiche che si verificano negli anni della maturità e della vecchiaia.

Questo perché il concetto di sviluppo era prevalentemente legato alle trasformazioni che si verificano dall'infanzia sino alla fine dell'adolescenza.

Recentemente gli psicologi hanno cominciato a guardare a tutto l'arco vitale, in termini di processi evolutivi poiché ogni età ha degli avvenimenti che rappresentano delle tappe fondamentali della vita umana, per es. l'unione con un partner, il matrimonio, la nascita di figli, il lavoro, il lutto, ecc.

Con il passare del tempo, il significato stesso di vita, sviluppo, personalità, memoria ed emozioni è cambiato, questo perché la vita umana si è allungata, cosicché a differenza del passato, oggi gli anni della maturità e della vecchiaia coprono la maggior parte del ciclo vitale.

Questo cambiamento ha attratto l'attenzione degli psicologi avanzando molteplici teorie, tra cui:


Le teorie sul ciclo vitale che considerano le varie stagioni della vita.

Le teorie che considerano le modifiche della personalità, dei processi cognitivi ed emotivi che si verificano nel tempo.

Le teorie più note sul ciclo vitale sono quelle di Bühler, Jung e Erikson.


La Bühler, è stata forse la prima ricercatrice a studiare le varie caratteristiche dell'arco vitale, attraverso la raccolta di centinaia di biografie e autobiografie nella Vienna degli anni '30 e '40.

La sua teoria sottolinea le aspirazioni e i traguardi che un individuo si pone nell'arco vitale.

La "crisi dell'età matura", una vecchiaia serena o frustrata dipenderebbero da un bilancio positivo o negativo a livello sociale.

Dal materiale biografico emergevano 5 diverse fasi (biologiche) alle quali corrispondono 5 stadi della vita:


FASE BIOLOGICA

STADIO VITALE

I fase: sino ai 15 anni, fase di crescita progressiva

I stadio: il bambino non è ancora in grado di determinare da solo quali saranno le sue aspirazioni

II: 15-25 anni, caratterizzata dalla continuazione della crescita e dalla maturità riproduttiva

II: preparazione all'espansione e tentativi per definire quali saranno i propri traguardi e interessi

III: 25-45 anni, caratterizzata dall'assenza di crescita

III: le aspirazioni prendono una forma decisiva

IV: 45-65 anni, caratterizzata dal venir meno della capacità riproduttiva

IV: l'individuo tira le somme dei risultati che ha raggiunto nel corso della sua esistenza

V: caratterizzata da avvenimenti regressivi e dal declino biologico

V: si può provare un senso di compiutezza o insuccesso, così che gli anni che passano possono essere spesi nel ricercare quelle aspirazioni che uno ritiene di aver già realizzato in maniera positiva o in uno stato di regressione, un ritorno infantile rivolto al soddisfacimento delle necessità di base


Jung al contrario della Bühler, ha guardato all'arco vitale in termini prevalentemente clinici.

Secondo lui un cambiamento significativo si manifesta verso i 35-40 anni, attraverso un lento cambiamento nel carattere di una persona, possono affiorare alcuni tratti che erano scomparsi sin dall'infanzia o svanire inclinazioni o interessi manifestati sino allora.

Con l'età adulta (50 anni ca.) si rinforzano e s'irrigidiscono le convinzioni e i principi cui un individuo è affezionato, cosicché si può spesso divenire intolleranti.

Per Jung il disadattamento in un dato stadio dell'arco vitale è legato all'incapacità di un individuo a adattarsi alla sua nuova situazione.

Sostiene anche che la società contemporanea tende a restare aggrappata alla prima metà della vita, a ricercare la giovinezza anziché guardare al futuro; infatti, per l'anziano il maggior errore è rappresentato dall'estraniarsi dal presente, rimuginare il passato, colpevolizzarsi per i traguardi mancati.

L'individuo può raggiungere il senso di compiutezza e d'appagamento, che può dare senso alla sua esistenza e rendergli accettabile anche la morte, attraverso l'introspezione.


Secondo Erikson il comportamento di un dato stadio vitale dipende essenzialmente dalle esperienze che si sono verificate negli anni precedenti e rappresentano le basi per il raggiungimento, positivo o negativo, della tappa seguente.



EVOLUZIONE E MODIFICAZIONE DELLA PERSONALITÀ


Gli studi sul tipo di personalità che caratterizza i diversi stadi dell'arco vitale mostrano due diverse tendenze, negli anni della giovinezza e della prima maturità e della vecchiaia.

La prima tendenza, spinge l'individuo più verso il mondo esterno e i rapporti sociali che verso l'analisi di se stesso, in quanto per un giovane è necessario acquisire nuovi ruoli e adattarsi a relazioni sociali in continua espansione.

Durante gli anni della media e tarda maturità, quando il ruolo e la situazione sociale di una persona si sono stabilizzati, si arriva ad una specie d'equilibrio tra gli aspetti costanti della personalità e quelli in espansione.

In questo periodo una persona dovrebbe aver sviluppato uno stile di vita ideale che gli consente d'integrarsi in maniera soddisfacente nel suo ambiente.

Gli anni della tarda maturità e della vecchiaia, sono caratterizzati da tendenze centripete, che spingono a considerare meno importanti quegli aspetti della personalità che sono condizionati dai ruoli, dalle aspettative e dalle pressioni sociali, vi è l'impressione che la vita scorra e che sia quindi importante spostare propria attenzione dal mondo esterno a se stessi (come ha indicato Jung).

Per quanto riguarda le emozioni, nel corso della vita le reazioni emotive subiscono delle trasformazioni, con il passare del tempo si acquisisce una sorta di maggiore padronanza delle emozioni, in linea di massima si arriva a controllarle e ad indirizzarle meglio.

Studi hanno evidenziato come, rispetto agli anni giovanili, nella maturità (50 anni ca.) aumenti molto la capacità di esercitare un controllo sulle proprie emozioni, di combinare gli aspetti razionali con quelli emotivi, di ridurre l'uso di meccanismi di difesa basati sulla proiezione e sull'attacco degli altri.

Uno dei periodi più studiati è la cosiddetta mezza età, che si pone al centro dell'età matura e che viene spesso percepita come un momento di crisi e di conflitti.

Spesso si parla di "crisi di mezza età", per indicare che molte persone, intorno ai 50 anni, diventano consce dei cambiamenti che si verificano, sia a livello fisico sia psicologico, all'allontanarsi dei figli da casa e spesso alla morte dei genitori anziani.

Le reazioni delle persone mature al procedere degli anni dipendono in gran parte dal modo con cui essi si percepiscono.

Gli psicologi ritengono che, anche se alcuni aspetti della personalità possono restare relativamente stabili dall'adolescenza alla tarda maturità, vi siano degli adattamenti psicologici intorno ai 50 anni.


Peck indica 4 punti principali:

Bisogna imparare ad accettare di più il valore della saggezza che quello della bellezza e dell'attrazione fisica o della forza, perché queste vanno incontro ad un inevitabile declino.

Uomini e donne sono più attenti ai loro partners in termini di personalità individuale piuttosto che di caratteristiche fisiche e sessuali.

E' necessario avere una certa flessibilità emotiva, vale a dire essere in grado di spostare i propri investimenti affettivi da una persona o una particolare attività su un'altra.

è bene restare duttili, flessibili e recettivi a nuove idee, mantenere quindi curiosità e interesse per i vari avvenimenti.


Le statistiche indicano che le malattie della vecchiaia (es. Alzheimer) colpiscono maggiormente chi è senza stimoli.

La mezza età si presenta quindi come una fase di turbolenza e di sfide, in cui le persone devono trovare un modo per adattarsi ai propri cambiamenti interni e spesso, a quelli che si verificano nel mondo che li circonda.

La tarda maturità rappresenta la transizione verso gli anni della vecchiaia, un età che un tempo veniva definita genericamente terza età, oggi invece è l'età che va dai 60-65 anni fino a 75 anni ca.

Con l'allungarsi della vita media, è stato introdotto il termine quarta età o senescenza, per indicare la fase dell'arco vitale che va dai 70-75 anni e che può durare ancora 10-15 anni.


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