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Giappone




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GIAPPONE


(Nihon o Nippon, dall'antico cinese Jih-pên-kuo, «il paese dell'origine del sole»)


Grande arcipelago e stato dell'Asia, compreso tra 129° e 146° di long. E e 30° e 45° di lat. N., interamente circondato dall'oceano Pacifico che ad ovest e a sud-ovest prende il nome di mar del G. e di mare Cinese orientale. La superficie è di 372.839 kmq; gli ab. sono 122.779.000 ca. Capitale, Tokyo.

Configurazione fisica.

L'arcipelago giapponese fa parte di una lunga catena montuosa insulare. Le isole principali sono Hokkaido, Honshu, Shikoku e Kyushu. Di esse Honshu è stata il centro della vita giapponese. Centinaia di piccole isole si trovano lungo le coste, ma molte sono inabitabili. Le isole sono bagnate a nord dal mare di Okhotsk, ad ovest dal mar Cinese orientale, dallo stretto di Corea e dal mar del G., ad est e a sud dall'oceano Pacifico. Tra le isole di Honshu e Shikoku vi è un mare interno (Seto Naikai). I monti del G. sono raggruppati in sei gruppi, il principale dei quali si trova nell'isola di Honshu, dove s'eleva il famoso e pittoresco Fuji-yama (3778 m). All'isola di Honshu corrisponde la fossa del Pacifico, profonda oltre 9000 m. Tra i monti si aprono valli fluviali e a mezzo giorno fertili pianure. Ad ovest della pianura di Tokyo vi sono depressioni da cui sorgono vulcani, in numero di 165, di cui 59 attivi. Tra essi, oltre al Fuji- yama, i maggiori sono lo Shirané-san (3150 m) e l'Azama-yama (2542 m); un altro, l'Aso, ha un cratere di 22 km di diametro.

Il mare interno del G. comunica col Pacifico attraverso angusti stretti, in cui le correnti sono violente. Ha una lunghezza massima di 400 km, una larghezza massima di 412; è poco profondo e orlato da numerose isole disposte in file parallele. Le coste di questo mare sono ricche di spiagge.

Fiumi e laghi.

A causa della configurazione del suolo i fiumi hanno in genere corso breve, sono poco profondi, impetuosi, nella massima parte non navigabili, però in compenso hanno una grande importanza come sorgenti di forza idroelettrica. Nelle pianure essi scorrono, divisi in molti rami, su fondi ciottolosi, fiancheggiati da dighe naturali o artificiali. I principali di essi sono: Shinano, Tone e Ishikari. Numerosi sono i laghi, ma tutti di modesta estensione. Il maggiore è il Biwa situato sull'isola di Honshu a nordest delle città di Osaka e Kyoto. Altri laghi di rilievo sono quelli Hashirogata e Kasumigaura.

Clima.

La lunga estensione dell'arcipelago giapponese, le diverse esposizioni che esso offre ai monsoni e ai tifoni e la prossimità delle correnti marine determinano una grande varietà di tipi climatici. Il fattore predominante del clima giapponese è il regime dei monsoni. Durante i monsoni invernali, da ottobre ad aprile, a nord sono copiose le nevicate mentre a sud si hanno frequenti piogge. Durante quelli estivi, da maggio a settembre, il clima è piuttosto umido e le piogge frequenti. I tifoni colpiscono per lo più le coste orientali e meridionali nei mesi da luglio a novembre e producono gravi danni. Il clima è rigido a nord con temperature che almeno per quattro mesi all'anno sono inferiori a 0°e con forti nevicate. Al centro e a sud la temperatura oscilla tra 0° e 20°, con abbondanti precipitazioni specie sulle coste e forti nevicate sui monti.

Flora

E' nel suo complesso unitaria, senza grandi differenze tra le quattro isole. Il clima umido ha permesso lo sviluppo di un numero assai grande di specie, che in parte coincidono con quelle della costa continentale, specie della Corea. Forme continentali sono specialmente osservabili nelle piante coltivate, come tè, aranci, fiori.

Fauna

E' affine a quella della Cina del Nord. Numerose sono le specie di insetti, rettili, rane e pesci. Tra i mammiferi si notano pipistrelli e orsi, tassi, martore, donnole, lupi, volpi, scoiattoli, cinghiali, lontre, cervi ed antilopi. Gli animali domestici sono quelli comuni all'Europa, tranne l'asino. Gli uccelli sono numerosi, specialmente fagiani, aironi, cicogne. Anche numerose le specie di corallo, le spugne, i ricci di mare e altri molluschi.

Terremoti e maremoti.

Sono i flagelli naturali che colpiscono più frequentemente il G. Sono di origine tettonica e hanno come centro l'area della fossa del Pacifico; spesso si manifestano congiuntamente. Tra i più gravi si ricordano il maremoto del 1896 con 27.000 vittime e il terremoto del 1923 con 150.000 vittime e un enorme numero di case distrutte. La media annua delle scosse si aggira sulle 1500.

Abitanti.

Il 70% del territorio giapponese è montagnoso, il 67% è ricoperto di foreste, il 15% occupato dall'agricoltura. Resta solo uno spazio del 18% utilizzabile dall'abitazione. Il G. è quindi uno dei Paesi più densamente popolato del mondo, con un coefficiente bassissimo di abitabilità. E' questo anche uno degli aspetti del G. d'oggi. L'urbanesimo, già rilevante fin dall'inizio del nostro secolo, è divenuto un fenomeno quasi abnorme. Basti pensare che Tokyo ha raggiunto superato gli 11 milioni di abitanti e si pone tra le megalopoli del mondo.

I Giapponesi sono razzialmente il risultato di antichi residui paleoasiatici: di Ainu, Mancesi, Mongoli, Coreani, Cinesi, Indonesiani e Polinesiani. Essi in genere hanno statura piccola (m 1,60 per gli uomini e 1,50 per le donne); sono robusti e ben proporzionati; il colore della pelle varia dal giallo pallido al giallo bruno. Molto probabilmente i Giapponesi si stabilirono nell'arcipelago diversi secoli prima della nostra era provenendo dalla Corea. Stranamente oggi i Giapponesi moderni considerano i circa 650.000 Coreani che vivono nel loro paese come una razza inferiore, anche se per aspetto essi non si distinguono da loro. Rarissimi sono i matrimoni tra Coreani e Giapponesi e difficilmente un Coreano riesce a occupare un posto di lavoro di rilievo. ln effetti i Coreani che vivono in G. sono gli Intoccabili giapponesi. Fino a soli pochi anni fa venivano chiamati Eta, che significa 'sozzi'. Ora questa parola è stata ufficialmente eliminata e sostituita col termine Burakumin, che vuol dire 'piccola gente'. La società giapponese è per vari aspetti poco comprensibile per un occidentale. A esempio, i Giapponesi hanno conservato un estremo rispetto per miti e tradizioni del passato, ma nello stesso tempo appaiono aperti in pieno alle influenze del progresso e del mondo esterno. Sembra inoltre che possano considerarsi l'unica società che sia riuscita a combinare la sensibilità della massa moderna con le regole casalinghe di una piccola tribù. Il G. è il paese dei calcolatori, eppure in ogni casa vi è un abaco, l'antico pallottoliere per fare i conti. Frequenti restano casi di bushido, il suicidio di un'intera famiglia, talora compiuto per onore. Eppure a Tokyo e in altre città si ergono modernissimi grattacieli, collegati da fasci di fibre ottiche a banche e ad altri uffici, quindi degli smart-buildings, edifici intelligenti.

Le abitazioni sono ovviamente costruite secondo moderni criteri e tuttavia quando è possibile, tenendo conto anche del poco spazio disponibile, si cerca di ripetere le caratteristiche della casa tradizionale, costituita da una gabbia leggera di legno, con pilastri appoggiati su pietre. Le pareti della casa sono scorrevoli e le camere sono separate da telai di carta. I pavimenti sono ricoperti di stuoie di paglia di riso. La cucina e i corridoi hanno pavimenti di legno lucido. Le camere migliori sono esposte a mezzogiorno, verso il giardino interno. Mancano quasi del tutto i mobili; i letti sono formati da coperte imbottite che si ripongono durante il giorno; gli armadi sono nascosti dietro i tramezzi; mancano le sedie e il riscaldamento è assicurato da bracieri. Anche se costruito e formato sul modello di quello cinese, il giardino giapponese rappresenta il colore locale. Esso in genere è costituito da un insieme di collinette, un laghetto con un'isola, prati erbosi, gruppi d'alberi e di bambù popolati di animali. L'arte del giardinaggio giapponese si può ammirare specialmente a Kyoto. La cucina giapponese è in genere priva di grassi, ricca di carbonio ma povera di azoto. Tre sono i pasti giornalieri: al mattino, a mezzogiorno e al tramonto. In una famiglia media si hanno per ogni pasto due piatti: un pesce arrosto, una minestra liquida con riso cotto a vapore. La bevanda abituale è il tè, che si beve in principio e alla fine. Il sake o vino di riso si beve in genere caldo all'inizio del pasto.

Il costume nazionale maschile è costituito da un perizoma di mussola bianca su cui s'indossa una camicia di seta o di cotone. D'inverno vi si aggiungono due vesti imbottite tenute ferme da una cintura. Nelle grandi occasioni s'indossano una veste spaccata e un soprabito rigido, entrambi di seta. Ai piedi si portano calzature di paglia o di legno. Il costume femminile non si discosta molto da quello maschile; l'unica variante è una grande cintura di broccato o di seta ricamata. Le pettinature sono decorate di pettini e spilloni di tartaruga, di corallo e di oro, che si trasmettono di madre in figlia.

Religione

Le religioni più diffuse del G. sono lo shintoismo e il buddhismo, e, a un secondo posto, il confucianesimo e il cristianesimo. Lo shintoismo è la religione nazionale dei Giapponesi. La sua caratteristica è il culto di kami (divinità) della natura, tra cui emergono la dea del sole Amaterasu, il dio degli uragani Susanowo e la coppia Cielo e Terra, cioè Izanagi e Izanami. Il buddhismo penetrò in G. nel 552 d.C. ed ebbe una grandissima diffusione ad opera del principe Shotokutaischi. Esso conta oltre 55 milioni di fedeli e 12 scuole suddivise in 60 diramazioni. Il confucianesimo fu introdotto in G. nel V sec. d.C. dalla Cina e conta oggi ca. 15 milioni di seguaci. Il cristianesimo vi giunse nel 1549 con s. Francesco Saverio ed oggi le varie sette cristiane hanno quasi 1 milione di fedeli.

Lingua

E' una lingua agglutinante, del gruppo uralo-altaico e, quantunque abbia rapporti con quella coreana ed una parentela con le lingue mongoliche, si differenzia dalle altre lingue dell'Asia orientale per la molteplicità delle sillabe. Il sistema di scrittura giapponese deriva da quello cinese e fu introdotto in G. intorno al 400 d.C. dal monaco coreano Wang-in. L'uso frequente di adoperare caratteri cinesi soltanto foneticamente, per rappresentare i suoni giapponesi, condusse alla formazione verso il sec. IX di due sillabari, ancora in uso: il katakana o scrittura degli atti ufficiali e delle persone colte, in cui le lettere si scrivono staccate, e il hirakana o scrittura del popolo, i cui caratteri possono scriversi in corsivo e con le figurazioni legate in diverse maniere fra loro.

Governo e amministrazione

La disfatta e la conseguente occupazione del G. da parte delle truppe alleate determinarono forti mutamenti nella struttura politica ed amministrativa, nel senso di una maggiore democraticizzazione politica e di una più larga decentralizzazione amministrativa. La struttura generale dello stato fu mutata dalla Costituzione elaborata ed entra in vigore nel 1947, la quale risente dell'influsso di quella USA. Il G. è una monarchia costituzionale ereditaria, rappresentato dall'imperatore e dalla Dieta (o Parlamento). Il potere sovrano risiede nel popolo e l'imperatore è il simbolo dello Stato e dell'unità nazionale. Attribuzioni dell'imperatore sono la promulgazione delle leggi approvate dalla Dieta e l'investitura del presidente del Consiglio dei ministri e del presidente della Corte suprema. Il presidente del Consiglio è scelto dalla Dieta fra i suoi membri e a sua volta sceglie gli altri ministri, la maggioranza dei quali devono essere anche membri della Dieta e non devono rivestire cariche militari. La Costituzione non prevede un preciso numero di ministri. L'attuale composizione del Gabinetto comprende: il presidente del Consiglio e i ministri degli Esteri, Finanze, Giustizia, Pubblica istruzione, Pubblica sanità, Agricoltura e foreste, Trasporti, Comunicazioni, Lavoro.

La Dieta consta di due Camere, la Camera alta o Camera dei consiglieri e la Camera bassa o Camera dei rappresentanti. La Camera dei consiglieri è composta da 252 membri, eletti ogni 6 anni; un sistema di elezioni suppletive ne rinnova la metà ogni 3 anni. Prerogativa della Camera dei consiglieri è di non poter essere sciolta. La Camera bassa è composta da 511 membri, eletti dai singoli distretti, ognuno dei quali è parte di una prefettura. I membri di questa Camera sono eletti per 4 anni, ma il presidente del Consiglio ha facoltà di scioglierla in caso di voto di sfiducia e di indire nuove elezioni. La Camera bassa ha maggior potere di quella alta in caso di conflitto fra le due Camere. Se una legge è rigettata dalla Camera alta, può essere approvata in seconda istanza dalla Camera bassa con una maggioranza di 2/3 dei suoi membri e divenire legge, mentre la Camera alta non ha potere di far passare una legge rigettata dalla Camera bassa. Il potere predominante della Camera bassa si manifesta negli affari esteri, finanziari e nella scelta del presidente del Consiglio dei ministri. La Costituzione prevede l'indipendenza del potere giudiziario. Il più alto organo giudiziario è la Corte suprema, che detrmina le procedure e le pratiche dell'ordinamento giudiziario, controlla le corti inferiori e guida l'amministrazione di tutti gli affari concernenti la giustizia. Il presidente e i 14 membri della Corte suprema sono scelti dal potere esecutivo, che nomina anche i giudici delle corti inferiori, scelti però fra nominativi raccomandati dalla Corte suprema. Tutti i giudici sono indipendenti nell'esercizio delle loro funzioni e contro di essi non può essere promossa alcuna azione disciplinare da parte del potere esecutivo. Il governo può soltanto trarli in giudizio pubblico davanti alla Dieta. La Corte suprema è altresì l'organo che stabilisce la costituzionalità delle leggi e degli atti ufficiali.

I governatori delle prefetture e i sindaci sono eletti dal popolo. Il principio del referendum è stato introdotto per dar modo al popolo di controllare continuamente le persone e l'operato degli eletti. I corpi legislativi locali sono costituiti dal Consiglio comunale, i cui membri durano in carica in genere 4 anni.

Educazione

Malgrado lo sviluppo avuto in senso moderno, corrispondente del testo all'avanzamento scientifico e industriale del paese, fino al 1945 le scuole giapponesi apparivano, almeno per gli occidentali come rimaste ferme a taluni sistemi tradizionali. Le autorità americane d'occupazione ritennero quindi necessario un rinnovamento, soprattutto quale freno al nazionalismo. In realtà dal 1945 a oggi le scuole giapponesi si sono adeguate alle nuove esigenze, ma certe forme di insegnamento, come l'educazione concernente l'onore, sono seguite scrupolosamente dai docenti. Ed è senza dubbio, rispetto alle scuole occidentali, qualcosa in meglio.

L'istruzione obbligatoria dura 9 anni e comprende tre classi elementari e tre medie; vi sono poi le scuole e gli istituti superiori e le università. I docenti sono severi, per cui la percentuale degli alunni che perdono anni per bocciature è alta. Si accede all'università, o ad altri istituti superiori, dopo aver sostenuto, in marzo, un esame abbastanza complesso (è da notare che un esame del genere proposto in Francia nel 1986 dal primo ministro Chirac fu in pratica tumultuosamente respinto dagli studenti e fino a tale anno non esisteva in Italia).

Per prepararsi meglio all'esame di ammissione all'università, molti studenti frequentano le Juku, che sono scuole a pagamento di 'preparazione intensiva'. Nel 1986 circa 840 mila studenti tentarono l'ingresso all'università, ma solo 600 mila furono ammessi lasciando gli altri (i Ronin, 'Samurai senza padrone', come sono chiamati) ad aspettare un altro anno per riprovarci. A volte i Ronin finiscono per perdere ogni speranza e a molti di essi si devono gli ijime, gli atti di grave vandalismo sempre più frequenti nel G. odierno.

Economia

Distrutto nelle sue città e centri industriali durante il secondo conflitto mondiale, unico paese al mondo a essere sottoposto all'agghiacciante offesa nucleare, il G. è oggi un gigante dell'economia mondiale, la seconda potenza industriale della Terra, tra gli Stati Uniti che lo precedono, e l'Unione Sovietica, che già da vari anni lo segue a distanza.

Si tratta di un fenomeno senza precedenti che sorprende e preoccupa il mondo e su cui vi è un'intera letteratura. Si cerca di spiegare sociologicamente i motivi del miracolo economico giapponese. Nel G. vi sarebbe stata una inedita fusione tra vecchio e nuovo e il lavoro viene considerato un'etica che ha preso il posto di passati modi di onore e di distinzione. E' questa una spiegazione almeno in parte valida. Vi è poi quella storica: il G non è nuovo a sorprendenti cambiamenti. Passò in pochi decenni dal Medioevo all'età moderna e nei primi anni del nostro secolo poteva già considerarsi una potenza industriale. Negli anni '30 la sua economia era in una fase di espansione internazionale e fu questa la vera causa della guerra nel Pacifico iniziata nel 1941 con l'attacco a Pearl Harbot. Oggi le grandi società industriali giapponesi sono alla conquista di spazi economici mondiali, mirano a quelli che gli Americani chiamano i global markets, i mercati globali. Il G. inoltre lavora per il futuro. Il programma giapponese diretto a realizzare l'intelligenza artificiale, che caratterizzerà la civiltà elettronica della fine di questo Millennio e i primi decenni del secondo Millennio, è tra i più completi e sistematici programmi dell'età postindustriale previsti nei paesi più avanzati del mondo, compresi gli Stati Uniti.

Il carattere accidentato del territorio, la mancanza di estese pianure limitano grandemente l'agricoltura. La coltivazione del riso occupa da sola quasi la metà del suolo arativo. La produzione si aggira sui 130 fondere la coltivazione del frumento, che è più calorifico e richiede gli agrumi, il tè. L'agricoltura non copre comunque il fabbisogno e la maggior parte dei prodotti per l'alimentazione e l'industria vengono importati.

Il G. è il maggior paese al mondo produttore di pesce. Un'importanza industriale ha assunto negli ultimi tre decenni l'acquacoltura, l'allevamento cioè di pesci, molluschi, crostacei, alghe già tradizionale nel paese.

Vi sono in G. diversi minerali, ma per la maggioranza delle voci occorre ricorrere all'importazione dall'estero. Il paese venne particolarmente colpito dalla crisi energetica iniziata verso il 1973, ma è stato anche l'unico paese a saper mettere in atto un'effettiva politica di risparmio di combustibile, tra l'altro costruendo elettrodomestici e macchinari in genere energeticamente più vantaggiosi.

Le industrie hanno oggi una distribuzione ramificata, per cui non esistono nel G. aree economicamente avanzate e aree depresse, come è in Italia, dove a un Nord industriale si contrappone un Sud agricolo depresso. Il passaggio alla robotizzazione si svolge con sorprendenti successo e rapidità. E' in fase di realizzazione un programma di costruzione di centrali nucleari.

Il progresso compiuto nell'espansione economica ha rapidamente determinato un miglioramento netto del tenore di vita dei Giapponesi. Il numero delle famiglie con automobile è salito dal 17% nel 1970 al 63% nel 1987; quelle con la televisione a colore dal 26% al 40%; quelle con aria condizionata dal 5,9% al 41%. E' da dire che appena due decenni fa i lavoratori giapponesi consideravano tre cose essenziali nella vita moderna: un'automobile, una televisione e l'aria condizionata. Oggi come abbiamo visto, questi prodotti sono del tutto comuni e a essi si possono aggiungere svariati tipi di computer.In genere i Giapponesi appaiono conquistati dal consumismo di tipo americano, ma in modo meno confuso e convulso di come è avvenuto in taluni paesi occidentali europei, tra i quali va posta forse l'Italia. Rispetto agli Americani i Giapponesi sono più portati al risparmio e non ritengono necessario lo shopping a ogni costo. Normalmente un lavoratore giapponese con un discreto impiego vive più modestamente di un analogo lavoratore americano.

Una caratteristica dell'economia giapponese è il concetto di competitività, che è predominante in qualsiasi scelta e decisione. Questo vale non soltanto per l'estero, ma anche all'interno stesso del paese. E' interessante notare che i Giapponesi imparano la competitività molto presto nella vita. Fin dal giardino d'infanzia essi si trovano di fronte a un sistema di educazione e di istruzione molto severo (che in Occidente sarebbe definito brutale), che li divide in vincitori e vinti. In seguito i giovani giapponesi sono portati a inserirsi in corporazioni, in effetti il sistema in cui lavorano e vivono. Essi non perdono però il senso della competitività, ma identificano la loro competitività con quella della corporazione. Così un impiegato della 'Toyota' può considerare la 'Ford' come un proprio nemico.

Unità monetaria.

La Banca del G. è la Nippon Ginko, che svolge le funzioni di banca centrale e amministra il controllo dei cambi. L'unità monetaria è lo yen, diviso in 100 sen. Oggi è divenuta una delle monete chiavi nel gioco cambiario mondiale.

Storia.

Le notizie sul G. antecedentemente all'era cristiana sono oscurate da miti e leggende. E' da notare però che la mitologia fa parte integrante della storia giapponese, in quanto fino al 1945 era insegnata nelle scuole e accettata come verità ufficiale. Nel VI sec.a.C. l'imperatore Jimmy, discendente dagli dei, avrebbe fondato l'impero giapponese. Dati storici più certi si hanno da alcuni antichi testi e cronache, come le cronache del G. (Nihongi), la cui compilazione risale al 720 d.C. Da esse appare che verso il periodo in cui in Europa aveva inizio il Medioevo la società giapponese era organizzata in tribù e in clan retti ognuno da un capo che si attribuiva origini divine e rappresentava il potere militare, politico e religioso. Intorno a lui vi era un'aristocrazia di guerrieri legati da patti di sangue o da istituzioni totemiche. Il resto della tribù era costituito da lavoratori semiliberi e da schiavi, catturati presso altre tribù. Nel corso dei secoli, fin quasi ai nostri giorni, il G. ha mantenuto, sia pure attraverso le trasformazioni della storia, tale struttura aristocratica e feudale della società. Al di sopra delle tribù, ma con un potere del tutto nominale, vi era la famiglia imperiale, scelta da un clan. Verso la metà del VII sec. d.C. il clan dei Soga s'impose con le armi su un largo numero di tribù dell'area costiera orientale del mare interno e minacciò la stessa famiglia imperiale. Si ebbe allora una riforma, la cosiddetta riforma Taikwa, con cui alla famiglia imperiale vennero date prerogative divine, in modo che nessuno potesse più minacciarla. Gli attributi divini concessi allora all'imperatore e ai suoi familiari sono stati aboliti solo nel 1945. Sempre nel VII sec. ebbe inizio, in una forma vasta, la penetrazione della civiltà cinese in G. Ponte di passaggio verso il G. fu la penisola coreana. Attraverso la Corea venne introdotto in G. il buddhismo, mentre la scrittura era stata importata due secoli prima. Spesso i re coreani si servirono dei guerrieri dei clan giapponesi per le loro guerre e i Giapponesi stabilirono loro colonie sulle coste coreane. Nell' VIII sec. troviamo la prima capitale del G., Nara, sede della famiglia imperiale. Nel periodo di Nara la società giapponese cominciò a svilupparsi nel senso nazionale. La cultura cinese, fino ad allora accettata con passiva imitazione, subì modificazioni locali, di cui si ha riscontro nelle arti, nella religione e in componimenti letterari. Nel 794 la capitale venne portata ad Heian (ora Kyoto), dove la famiglia imperiale rimase fino al 1868. Via via nel periodo di Heian i gruppi aristocratici dei clan persero le loro caratteristiche tribali e si trasformarono in una burocrazia di corte. In al modo essi mantennero il loro potere, esteso anzi ora su una società molto più vasta. Secondo la riforma Taikwa la terra posseduta dai clan sarebbe dovuta passare al demanio imperiale, ma in realtà si diffuse sempre più la tendenza da parte dei nobili di avere delle proprietà al di fuori dei clan e dei beni imperiali. Ad un certo momento gran parte del territorio giapponese fu costituito di grosse proprietà private. In tal modo i nobili poterono esercitare la loro autorità attraverso il potere burocratico e quello economico. Nel IX sec. si affermò a corte la famiglia Fujiwara, i cui membri riuscirono a prendere nelle mani la direzione degli affari di stato. Per lungo tempo essi ebbero una posizione preminente in tutta la vita giapponese, dalla politica all'economia, alle arti, alla letteratura e alla religione. Per distrarre l'imperatore dall'attività politica e amministrativa favorirono a corte attività artistiche e studi religiosi. I secoli successivi videro il declino della vecchia nobiltà, costretta spesso ad alienare i propri fondi per poter sostenere le spese dovute al suo rango. Un altro motivo del declino va visto nel formalismo burocratico e nell'estenuante cerimoniale di corte. Di contro sorse una nuova casta, quella dei guerrieri, privi di proprietà e legati strettamente alla difesa della famiglia imperiale. Questi guerrieri si affermarono nelle spedizioni in Corea e nelle guerre condotte contro gli Ainu, popolazioni ancora barbare del nord. Nei secoli successivi spesso riuscirono ad avere una posizione politica predominante. Così nel 1159 la famiglia guerriera Taira sconfisse le fazioni militari rivali e sali ad una posizione di primo piano nella vita giapponese. Nel 1185 i Taira furono vinti per terra e per mare dalla famiglia dei Minamoto, il cui capo, Yoritomo, venne nel 1192 nominato shogun, titolo che era usualmente dato ai generali comandanti le forze imperiali contro gli Ainu. Yoritomo fu in un certo senso il primo dittatore militare del G. L'ufficio dello shogun sopravvisse fino al 1868. Yoritomo venne soppiantato dal capo di un'altra famiglia, quella degli Hojo, mentre si succedevano intrighi, congiure, lotte tra fazioni. Durante gli anni del suo potere Yoritomo portò la sua capitale a Kamakura poco distante da Tokyo, sia per essere lontano dagli intrighi di corte sia per poter meglio governare la pianura di Kwanto, dove è situata la moderna Tokyo. Yoritomo inoltre cercò di organizzare in un sistema amministrativo il suo governo indiretto del paese. Tale sistema fu migliorato dagli Hojo. Le funzioni dell'imperatore divennero ovviamente del tutto formali. L'accesso dei guerrieri al potere e l'estromissione dei nobili costituirono una svolta nella storia del G. Per secoli i guerrieri guidarono il G. e anche nei tempi moderni la vita di questo paese è stato praticamente diretta da militari. Nel 1274 e nel 1281 i Mongoli invasero il G. stabilendosi nella parte settentrionale dell'isola di Kyushu. I Giapponesi opposero una fiera resistenza e, aiutati da un disastroso tifone, passato nella loro storia come il «vento divino» (Kamikaze), riuscirono a scacciarli. L'invasione dei Mongoli contribuì in misura determinante al formarsi in G. di uno spirito nazionale. Nel XIV sec. un imperatore, Go-Daigo, si ribellò alla dittatura degli Hojo e cercò di governare da solo. Ma il generale che lo sosteneva, un opportunista di nome Ashikaga Takauji, dopo averlo aiutato contro gli Hojo, che vennero sconfitti clamorosamente nel 1333, lo depose e mise al suo posto un imperatore fantoccio, membro però della famiglia imperiale e fornito di tutti i necessari titoli e attributi divini, dal quale si fece nominare sho gun. I successori del deposto imperatore continuarono a regnare a Yoshino (1336-1393). Durante il periodo degli shogun Ashikaga il G. fu in preda alle guerre civili, in quanto gli Ashikaga non avevano forze sufficienti per eliminare i regnanti di Yoshino ed altri loro rivali.

I commerci e i traffici con la Cina e l'Asia sud-orientale, iniziati su piccola scala, ebbero un incremento proprio negli anni degli shogun Ashikaga e segnarono l'apparire in G. di una nuova classe, quella dei mercanti. Intanto il G. era raggiunto da viaggiatori occidentali. Nel 1542 tre marinai portoghesi naufragati a Tanegashima mostrarono per la prima volta ai Giapponesi un'arma da fuoco. Nel 1549 il gesuita s. Francesco Saverio sbarcò in G. e vi rimase due anni cercando di operare conversioni. E' da notare che spesso i vari feudatari giapponesi in lotta tra di loro accoglievano gli Europei con la speranza di riceverne armi da fuoco e consigli di tecnica militare. Tuttavia non mancarono persecuzioni, dovute al timore che i missionari e i mercanti fossero seguiti da un'invasione. Così nel 1637-38 alcune migliaia di Giapponesi convertiti al cristianesimo vennero massacrati. Fu in questi anni che in G. venne presa la decisione concordemente accettata di chiudere il paese a tutti gli stranieri, eccetto agli Olandesi e ad un ristretto numero di Coreani e di Cinesi. Questi però potevano trattenersi, sotto pena di morte, solo in determinate località costiere. Il G. restò così praticamente chiuso ad ogni influenza esterna.

Nella seconda metà del sec. XVI alcune figure di militari operarono l'unificazione politica del G. Il primo di essi, Oda Nobunaga, cominciò con l'abbattere il potere economico e politico dei grandi monasteri buddhisti, che avevano finito per costituire dei domini autonomi. Hideyoshi, suo successore come personaggio preminente nel G., lottò contro i feudatari ribelli e ampliò l'area governata effettivamente da un potere centrale. Egli stabilì che chiunque voleva cambiare mestiere doveva chiedere il permesso al proprio signore feudale. Così pure ordinò che un guerriero non poteva diventare mercante e un operaio non poteva fare il contadino. In tal modo egli immobilizzò le classi e fece del diritto di portare le armi un monopolio esclusivo della casta dei guerrieri. Sotto la sua guida vi fu un tentativo non riuscito di conquistare la Corea. Secondo quanto era stato stabilito, alla morte di Hideyoshi avrebbe dovuto governare suo figlio Hideyori, ma quest'ultimo venne presto sopraffatto da Ieagusi Tokugawa che sconfisse le forze a lui fedeli nella battaglia di Sekigahara (1600) e negli scontri di Osaka (1614-15).

Tokugawa portò la capitale ad Edo (Tokyo) e operò una nuova riforma della società. Questa venne divisa in quattro classi: i guerrieri o samurai, i contadini, gli artigiani e i mercanti. Ognuna di tali classi ebbe propri doveri e diritti. All'ultimo gradino vi erano i mercanti, la cui attività veniva considerata disonorevole. Il fare affari e maneggiare denaro erano infatti ritenuti un pericolo per l'immobilismo sociale su cui si fondava il potere degli shogun, dei guerrieri e dei signori feudali. Per evitare possibili rivolte, Tokugawa divise i feudatari in due categorie, i vecchi signori (fudai) che gli si erano alleati nella lotta da lui sostenuta contro Hideyori e i signori estranei (tozama) che avevano invece sostenuto Hideyori. Ai primi Tokugawa diede importanti privilegi, conservandoseli così fedeli e ligi ai suoi ordini. Tutti i signori dovevano passare alcuni mesi dell'anno nella capitale di Tokugawa, affinché questi potesse sorvegliarli, e dovevano inoltre lasciarvi dei familiari come ostaggi. La stessa corte imperiale fu posta sotto stretto controllo.

Malgrado le restrizioni sociali, politiche ed economiche a cui era stata assoggettata la classe dei mercanti, l'economia giapponese, basata da secoli sulla produzione del riso, si evolse lentamente verso forme di circolazione monetaria. Tuttavia mai i mercanti, pur con l'ampliarsi della loro classe, fecero tentativi per giungere al potere. Inefficaci furono anche numerose rivolte contadine contro i grandi feudatari e i governatori nominati dallo shogun.

La penetrazione occidentale in tutti i paesi dell'Estremo Oriente non poteva non raggiungere il G. Nel 1853 il commodoro americano M. C. Perry ebbe l'incarico dal suo governo di negoziare con i Giapponesi l'opportunità di stabilire una stazione mercantile americana in G. Perry riuscì a condurre con successo le trattative e il 31 marzo 1854 veniva firmato il trattato di Kanagawa. Altri trattati furono poi firmati dai Giapponesi con i Paesi Bassi, la Gran Bretagna, la Russia e la Francia. Subito dopo la conclusione di tali trattati in tutto il G. esplose un'ondata di xenofobia. In effetti l'odio popolare contro gli Europei era fomentato dalla propaganda dei signori feudali che miravano a scalzare lo shogunato dei Tokugawa, ritenuti responsabili della penetrazione europea in G. Nel 1863 navi inglesi effettuarono un bombardamento dimostrativo su Kagoshima; un secondo bombardamento venne eseguito da navi di varie nazioni l'anno seguente su Shimonoseki. I moti antieuropei ebbero termine solo con la caduta dei Tokugawa e la restaurazione di un regime imperiale sotto l'imperatore Meiji. Lo shogunato dei Tokugawa era caduto per una complessa serie di motivi, tra cui lo scontento dei tozama, esclusi dalle cariche politiche, il malcontento nelle campagne, dove i contadini vivevano in condizioni quasi servili, e lo sviluppo della classe mercantile o borghesia. Nel 1867 Keiki, il 15° shogun Tokugawa, riconosceva la supremazia politica dell'imperatore. Quest'atto segnò la fine del feudalesimo in G. In effetti lo shogun, con le sue restrizioni verso una parte della società, aveva espresso il potere di un ristretto numero di signori, proprietari di vaste estensioni di terreno e detentori delle più alte cariche politiche. Nella figura dell'imperatore, le cui funzioni erano rimaste per tanto tempo limitate alle cerimonie di corte, si tendeva ora a vedere lo stato stesso, uno stato che rappresentava l'intera società. Certo l'influenza di tradizioni radicate nella vita giapponese continuò a lungo; tuttavia il G. poté avviarsi verso un rinnovamento in senso moderno e occidentale. Nel 1869 furono riscattate le terre dei feudatari, nel 1871 fu abolito il sistema delle classi e il G. venne diviso in prefetture. Nel 1872 fu costruito il primo tronco ferroviario. La modernizzazione del G. fu tanto rapida che nel giro di poco meno di 20 anni esso divenne una delle grandi potenze mondiali e il paese più industrializzato e modernamente armato dell'Asia. Alla fine del XIX sec. nessuno più in G. si opponeva all'adozione della tecnica e dei costumi occidentali e in tutto il paese il processo di europeizzazione era considerato come un modo per aumentare la potenza nazionale. L'11 febbraio 1889 fu promulgata, dopo essere stata elaborata da un gruppo di studiosi diretti dal principe Ito, la prima costituzione moderna del G. Tale costituzione rifletteva lo spirito autoritario e medievale ancora vivo nel paese, malgrado tutte le novità. All'imperatore, considerato sacro, era data piena sovranità; il governo era responsabile verso di lui e non verso il popolo, e inoltre poteva limitare o sopprimere ogni volta che lo ritenesse opportuno qualsiasi forma di libertà; anche le corti di giustizia erano responsabili verso l'imperatore. Il Parlamento o Dieta, previsto dalla Costituzione, tenne la sua prima sessione nel 1890; esso non fu mai un organismo democratico, in quanto non ebbe mai l'apporto popolare né subì alcuna influenza da parte dell'opinione pubblica.

L'industrializzazione formò rapidamente una classe capitalistica che presto si trovò costretta, per assicurarsi mercati e aree di sfruttamento, a scatenare guerre di aggressione. Nel 1894 il G. attaccò la Cina ed ottenne l'isola di Formosa (Taiwan), le isole Pescadores, il pagamento di una forte indennità e il permesso di vendere i propri prodotti in Cina. Nel 1904-5 la penetrazione giapponese sul continente portò alla guerra russo-giapponese, durante la quale i Giapponesi ebbero successi sbalorditivi. La flotta russa del Pacifico fu distrutta. La flotta del Baltico, giunta nel mare del C. dopo mesi di navigazione, venne completamente disfatta da quella giapponese al comando dell'ammiraglio Togo presso Tsushima (27 maggio 1905). Il trattato di pace dava ai Giapponesi il predominio politico in Corea, che venne ufficialmente annessa nel 1910. Negli anni successivi i Giapponesi iniziarono la loro penetrazione in Manciuria. Durante la 1S Guerra mondiale il G. si unì con gli alleati occidentali e ne guadagnò il possesso delle isole tedesche del Pacifica.

Dopo il 1926, l'anno in cui salì sul trono l'imperatore Hirohito, s'affermò il cosiddetto movimento Showa («luce e pace»), un movimento militare estremista che si proponeva di fare in modo che i politici e i capitalisti non usurpassero o limitassero il potere dell'imperatore. Le aggressioni e le guerre di espansione intanto continuavano. Un attentato dinamitardo sulla ferrovia di Mukden, probabilmente organizzato dagli stessi Giapponesi (18 settembre 1931), servì di pretesto per attaccare la Manciuria. In pochi mesi essi si impadronirono del paese e proclamarono l'impero del Manchoukuo, uno stato sotto il loro stretto controllo. L'intervento della Lega delle Nazioni per frenare l'aggressione giapponese risultò vano. Nel 1933 anzi il G. uscì addirittura dalla Lega. Il 7 luglio 1937, senza dichiarare guerra, i Giapponesi attaccavano la Cina ed iniziavano in forze la conquista di questa immensa nazione. La politica di aggressione dei Giapponesi nel Pacifico coincideva con quella di Hitler e di Mussolini nell'area occidentale; così presto Germania, Italia e G. entrarono nel patto Anticomintern del 1937 (v.). A tale patto seguiva un altro di mutua assistenza.

L'espansione giapponese nel Pacifico aveva cominciato a preoccupare gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l'Olanda fin dagli anni venti. Queste potenze finirono presto per considerare il G. come un concorrente temibile sui loro mercati asiatici. Dopo l'aggressione alla Cina esse si adoperarono perché i Giapponesi cessassero le operazioni militari e fornirono aiuti ai Cinesi. All'alba del 7 dicembre 1941, prima ancora di dichiarare guerra, aerei giapponesi partiti da alcune portaerei attaccarono la flotta americana nella rada di Pearl Harbour, affondando o danneggiando quasi tutte le sue unità. Quest'azione diede mano libera ai Giapponesi nel Pacifico. Le maggiori isole del Pacifico furono conquistate, la flotta britannica del Pacifico venne messa fuori combattimento dopo l'affondamento delle navi da battaglia «Prince of Wales» e «Repulse». Caddero HongKong, Singapore, le Filippine, la Malesia, la Birmania. La stessa Australia venne a trovarsi davanti al pericolo di un'invasione. I militari giapponesi, dai quali era stata voluta la guerra, non avevano però tenuto conto dell'enorme possibilità industriale degli USA. Tale sbaglio del resto fu fatale anche alla Germania e all'Italia. Dopo poco più di un anno da Pearl Harbour gli Americani erano in grado di inviare nelle acque del Pacifico numerose modernissime portaerei, navi da battaglia, sommergibili, aerei. Il confronto tra la produzione industriale giapponese e quella americana si rivelò presto del tutto ineguale. Gli Americani potevano non solo colmare le loro perdite, ma aumentare il proprio potenziale bellico col ritmo di 10 ad 1. Nel 1943 il G. aveva già perso l'iniziativa e gli Americani con i loro alleati iniziavano la riconquista delle isole e dei territori occupati dai nipponici. I Giapponesi conducevano la guerra secondo le loro tradizioni: non era ammessa la resa e dopo un insuccesso i comandanti si sopprimevano facendo karakiri (cioè tagliandosi il ventre); i giovani della migliore società s'arruolavano in squadre di suicidi (kamikaze) impiegati per il lancio di apparecchi, siluri umani, ecc. Tuttavia dopo alcune grandi azioni la flotta e l'aviazione giapponese furono distrutte. Il G. fu isolato, privato dei suoi rifornimenti e posto sotto la minaccia di attacchi aerei e navali. Nell'estate 1945 si attendeva un grande sbarco alleato nel G., quando il mondo stupefatto apprese che ad Hiroshima ed a Nagasaki erano stati lanciati due nuovi terribili ordigni di morte e che con due sole bombe la guerra aveva avuto termine (v. Atomica, Bomba).

Il 2 settembre 1945 il G. fu occupato militarmente dagli Americani comandati dal generale D. MacArthur (v.), sostituito poi nel 1951 dal generale M. Ridgway. Durante l'occupazione, durata fino al 1952, gli Americani cercarono di eliminare nel G. la classe militare fautrice delle guerre d'aggressione e di sviluppare nel popolo le idee democratiche. Vennero incoraggiate le riforme agrarie e l'emancipazione sociale dei Giapponesi dai loro sistemi di classe.

Dal dopoguerra in poi il G. si è gradualmente trasformato, accettando le regole della democrazia occidentale. E' oggi un gigante economico, ma, come è stato definito, 'un nano politico' per quanto riguarda lo scenario internazionale. Pure a questo nano si guarda ora come a uno dei massimi protagonisti della prossima storia planetaria.

I governi tra gli anni '50 e '60 si adoperarono per allentare il controllo americano e dare al paese una precisa autonomia. Fu questa la politica dei liberaldemocratici vincitori delle elezioni del 1967 e del 1972. In tale anno K. Tanaka successe ad E. Sato. Due anni dopo però Tanaka, accusato tra l'altro di 'avere aperto' troppo precipitosamente all'Unione Sovietica, dovette dimettersi lasciando il posto a T. Miki, ancora un liberaldemocratico. I liberaldemocratici continuarono a restare al potere, sia pure con una maggioranza meno netta. Si avevano i governi di T. Fukuda e M. Ohira, quindi negli anni '80 si affermava un prestigioso leader, Yasuhiro Nakasone, vittorioso nelle elezioni del dicembre 1983 e del luglio 1986.

Nell'ottobre del 1956 il G. firmò una dichiarazione di pace con la Russia (vi era stata una breve fase di guerra in Manciuria nel 1945, al termine del conflitto). Nel 1972 gli Stati Uniti restituirono l'isola di Okinawa. Nello stesso anno il G. normalizzò i rapporti con la Cina, un fatto di importanza storica. Dal 7 gennaio 1989 al trono imperiale siede Akihito, ma ormai le sue funzioni hanno carattere rappresentativo.

Arte.

Restano del G. remoto numerosi esempi di vasellame e di altri oggetti che attestano la costituzione di una diffusa cultura neolitica. Tale cultura fu certamente sviluppata da comunità di diversa provenienza, come gli Ainu, i protomalesi, giunti in G. dopo fortunose navigazioni dalle isole meridionali del Pacifico, e i Coreani e i Cinesi per i quali l'accesso al G. era molto facile in quanto dovevano superare solo un breve stretto di mare. Caratteristici prodotti della cultura neolitica sono statuette d'argilla, quasi sempre figure femminili dagli elementi sessuali molto sviluppati, ritrovate nell'area degli Ain. Vasellame ricco di ornamenti decorativi, e appartenente ad una fase successiva a quella delle statuette, è stato scavato nella zona di Tokyo. Nel mezzogiorno invece vi sono dolmen ed altre costruzioni funerarie. In un'ultima fase della preistoria giapponese s'incontrano vasi rituali, statuine di esseri animali e umani e disegni decorativi di soggetto vario.

Nell'VIII sec. la città di Nara, fondata dall'imperatrice Gemmyo (661- 721) sul modello d'una città cinese, fu centro di uno sviluppo nuovo dell'arte giapponese. Vi sorsero monasteri buddhisti e shinto, cioè appartenenti alla fede shintoista, e vi furono costruiti grandi palazzi nobiliari. Una delle più importanti costruzioni di Nara è il Todaiji, un grandioso tempio formato da un complesso di edifici. Ne restano parti riferibili a varie epoche, come il portale d'ingesso meridionale o Nandaimon; due gigantesche statue eseguite nel XII e nel XIII sec.; la Sala del grande Buddha, del periodo di Edo, in cui vi è la statua bronzea di Buddha Vairocana alta 15 m; la Sala della terza luna o Sangatsudo, consistente in una sala principale e in una sala d'adorazione, entrambe ornate con statue. Numerosi sono inoltre gli oggetti che mostrano l'esistenza di un'arte fortemente industrializzata. Sempre nell'area di Nara vi sono costruzioni risalenti a varie epoche e delle quali esistono oggi resti più o meno rilevanti. Così ad Yoshino, città che fu per qualche tempo capitale degli imperatori Go-Daigo, a Taima, ad Ikaruga (tempio di Horyu), a Takatori (tempio di Kojima), a Tambaiki (tempio shinto di Isonokami).

Il periodo di Heian (Kyoto), fondata dall'imperatore Kammu, il quale nel 794 vi trasportò la capitale da Nagaoka, e il cui nome significa «la città della pace e della tranquillità» (Heian kyo), rivela la fine dei contatti con l'ovest cinese e coreano e il maturarsi di artisti che cercano di affermare una propria individualità. Si diffondono l'uso della lacca, i disegni e le pitture sul legno. Si costruiscono templi non più nelle città, ma in luoghi montuosi. La famiglia dominante in questo periodo è quella dei Fujiwara che favorirono il sorgere di maestranze non religiose. Così si ebbero architetti, scultori e pittori professionisti tesi a cercare effetti di bellezza e talora espressioni psicologiche. Importante è la «scuola di Tosa», volta per lo più a temi mondani, nei quali è possibile anche scorgere un certo umorismo in scenette di genere. Gli artisti di Tosa studiarono il modo di rendere lo spazio giungendo a scoprire le leggi prospettiche. Il palazzo imperiale di Kyoto venne varie volte distrutto. Nel 1569 Nobunaga ne iniziò la ricostruzione che venne completata dopo la sua morte; nel 1854-59 esso fu ancora riedificato. Restano però statue, pitture, sale e parti di mura di grande interesse. Sono particolarmente note la Sala del drago di porpora (Shishiiden) e la Sala della vera frescura (Seiroden). Kyoto conserva anche templi quasi tutti eretti dopo il Mille.

Con Kamakura, la città scelta come capitale dai guerrieri che abbatterono il dominio dei Fujiwara, si ha un ritorno all'influsso della cultura cinese. Sono indicativi di questo periodo, durato dal 1186 al 1333, una grande statua in bronzo di Buddha e dipinti ispirati dallo Zen (il «Supremo riposo»), principio sostenuto da una setta buddhistica.

Con gli shogun Ashikaga (1334-1573) si costruirono ovunque edifici e templi che rivelano una commistione di stili precedenti. Uno degli artisti più importanti fu il prete e pittore buddhista Sesshu (1420-1507), le cui opere vennero ammirate anche in Cina. Di Sesshu, il quale apparteneva al tempio di Shokoku, sono da citare tra l'altro una stupenda veduta di Amano- hashidate, oggi famosa località turistica del G., Eka che si taglia un braccio e un paesaggio. In queste opere vi è l'uso di linee molto marcate che creano forti effetti chiaroscurali. La forte richiesta di decorazione nei palazzi diede luogo alla «scuola di Kano», così detta dal suo fondatore Kano Masanobu, che ha costituito una delle scuole accademiche del G. Col tempo i dipinti Kano persero l'iniziale spontaneità, pur guadagnando nella perfezione tecnica. Nell'arte delle porcellane furono perfezionati paesaggi e scenette, come cerimonie da tè, con graziose figurine.

Alla fine del sec. XVI i lavori eseguiti per una residenza degli shogun di Kyoto permisero lo sviluppo di un'altra scuola che, pur conservando molti elementi della scuola Tosa, accentuò il gusto per il grandioso e il monumentale.

Con i Tokugawa la capitale dello shogunato fu Edo (Tokyo), dove l'arte giapponese si sviluppò in forme del tutto nazionale e con grandi varietà di forme. In questo periodo (1615-1866) più che la scultura prevalse la pittura, coltivata dagli artisti Tosa e da cinesi profughi (scuola di Nangwa), i quali ultimi eccelsero soprattutto nel paesaggio. Tra le personalità più note vi sono Ogata Korin (1653-1716) della scuola di Kano e Maruyama Okyo (1738-1795) dal quale ebbe inizio un'altra scuola. L'arte della lacca, della porcellana e del vasellame in genere raggiunse effetti di barocco virtuosismo. A Nikko sui monti gli shogun Tokugawa fecero costruire i loro sepolcri, tutti d'una ieratica maestà.

Sempre durante il periodo Tokugawa fiorirono la scultura delle maschere No per il teatro e la produzione delle bambole e delle piccole sculture ornamentali (okimono). Queste ultime sono figurine di uomini, animali, piante stilizzate ed avevano diffusione anche in case non nobili.

Nel periodo Meiji (1867-1911), il periodo in cui ebbe termine la potenza degli shogun e fu restaurata l'autorità imperiale, mentre cominciava lo sviluppo moderno del G., l'arte fu influenzata in un primo tempo da forme occidentali, poi attraverso una fase nazionalistica. Giunsero nel G. architetti ed artisti stranieri, quali gli inglesi T. J. Waters e J. Conder, l'americano R. P. Bridgens e l'italiano C. V. Cappelletti, che costruirono particolarmente a Tokyo edifici tipicamente occidentali. Anche artisti giapponesi studiarono in Europa e in America e al loro ritorno diffusero mode architettoniche occidentalizzanti (come il Parlamento di Tokyo ed altri edifici). Con l'inizio delle guerre di aggressione vi fu un ritorno alla tradizione. Esponenti della scuola tradizionali furono Okakura Tenshin (1862- 1913), Yokoyama Taikan (1868-1958) e Hishida Shunso (1874-1911). Dopo il 1945 si è avuto ancora un ritorno occidentalizzante con la diffusione di correnti artistiche europee d'avanguardia. Attualmente pittori e scultori giapponesi espongono in tutte le più importanti mostre europee e americane e studiano da vicino lo sviluppo dell'arte occidentale.

Letteratura

I primi componimenti letterari giapponesi risalgono all'epoca in cui penetrò in G. la cultura cinese. Si tratta per lo più di cronache, ricche di elementi leggendari e mitologici come le Cronache del G. (Nihongi o Nihon Shoki), compilate verso il 720 d.C. Allo stesso periodo risale una delle prime raccolte poetiche, la Collezione delle mille foglie (Mannyoshu) cui concorsero numerosi poeti. Alla tradizione di lunghe poesie caratteristiche della Mannyo-ahu seguì quella di componimenti dai versi molto brevi. Nacque anche l'uso da parte degli imperatori di commissionare la compilazione di antologie poetiche. La prima di queste (21 in tutto) è la Kokin-shu (Raccolta di poesie). La maggiore-complessità della vita in G. e soprattutto il costituirsi di cerimoniali barocchi, di cui la corte era il centro, determinarono un evidente formalismo nella poesia, che finì per perdere la sua originaria freschezza. Un'eccezione è data dalla Raccolta dei mille anni (1188). La prosa raggiunse la sua più alta espressione col Racconto di Genji (Genji monogatari) di Murasaki Shikibu nata nella seconda metà del sec. X e vissuta come cortigiana alla corte imperiale. La sua opera è il vasto affresco d'una vita ferma nel tempo, ma in cui i personaggi pur nella stilizzazione del cerimoniale hanno improvvisi sentimenti di amore, di gioia o di dolore. Anche il genere autobiografico e quello storico si svilupparono in questo periodo. Per il primo vanno citati Il diario della signora Izumi (Izumi Shikibu Niki) e Il diario della signora Murasaki (Murasaki Shikibu Niki), per il secondo il Racconto della gloria (Eiga monogatari), una storia eroicizzata della vita di un leader della famiglia dei Fujiwara, e il Grande specchio (O-kagami), altra storia celebrativa dei Fujiwara. L'apporto delle donne alla poesia e alla prosa è rilevante. E' da notare che alla corte imperiale e in quella dei signori feudali presto sorse l'uso di scambiarsi brevi messaggi poetici, consistenti in un detto, in un'immagine di pochi versi o in un aforisma, si scrivevano versi nei rapporti erotici come in quelli di cortesia e le donne, educate appositamente alla composizione poetica, vi eccellevano. Con l'ascesa al potere dei guerrieri apparvero storie eroiche celebranti questo o quel clan militare. Altri lavori furono dedicati ai nobili, il cui potere ereditario era stato abbattuto dai guerrieri (Hogen monogatari, Racconto della guerra degli Hogen). Heiji monogatari, Racconto della guerra degli Heiji). Alcune di tali storie erano scritte appositamente per essere accompagnate dal suono della biwa. Non mancano però anche lavori ispirati da racconti e tradizioni popolari. In genere tutta la letteratura giapponese dal XIII al XIX sec. riflette una società feudale immobile nella divisione delle classi. Nel XVIII sec. si incontrano per la prima volta opere di autori borghesi provenienti dalla classe dei mercanti, la classe che era considerata priva di onore sociale, nelle quali è possibile scorgere un'intenzione di analisi realistica e umana. Tra questi autori i maggiori sono IbaraSaikaku (1642- 1693) e Kada Azumamaro (1668-1736). Sempre nel periodo feudale è da ricordare tutta la produzione sviluppatasi presso i conventi buddhisti e shinto, opera di scuole teologiche, filosofiche e poetiche. Tra la seconda metà del sec. XVIII e la prima parte del XIX fiori in G. il kokkei-bon (racconto umoristico) basato su contrasti delle maniere sociali, ma senza alcun tentativo di satira corrosiva. Eccelse in tale genere Shikitei Samha (1775-1822) con La casa da bagno del mondo (Ukiyo-buro) e La bottega di barbiere del mondo (Ukiyo-doko). La caduta dello shogunato (1868), la restaurazione del potere imperiale e l'arrivo in G. delle mode occidentali determinarono una svolta fondamentale. Tra l'altro venne tradotto il Contrato sociale di J. J. Rousseau e molti autori riferirono alla società giapponese i temi dell'autonomia educativa e del ritorno alla natura. Contemporaneamente fu conosciuto Shakespeare, che ha esercitato un'influenza notevole su tutta la letteratura giapponese del sec. XX. Le vecchie forme di composizione poetica (la forma waka dal verso di 31 sillabe e quella kokku dal verso di 17 sillabe) vennero per un certo tempo accantonate e i nuovi poeti (Mori Ogai, 1862-1922; Shimazaki Toson, 1872-1943) si ispirarono ai grandi poeti romantici dell'800 inglese e tedesco. Lo stesso Mori Ogai si adoperò per far conoscere in G. le letterature romanze europee. Un grande successo ebbe a partire dai primi anni del sec. XX la letteratura contemporanea francese, specie i naturalisti come Zola e Maupassant. Seguì un periodo di isolamento corrispondente agli anni in cui la vita politica giapponese fu dominata dai militari nazionalisti, quindi dopo il 1945 il G. si aprì nuovamente alle correnti americane ed europee. Tra gli anni '50 e '80 si sono delineati diversi filoni letterari, taluni di ripensamento sulla tragedia della guerra, ma anche sui nuovi splendori del G., altri legati alle mode occidentali e destinati in parte a restare un prodotto di consumo. Hanno continuato la loro attività vecchi scrittori, quali Shiga Nayoa, morto nel 1971, e Kawabata Yasunari, premio Nobel nel 1968, morto nel 1972, mentre via via ne sono apparsi altri raggruppati in tendenze diverse, dai 'Proletari' (Shiina Rinzo, Noma Hiroshi), ai 'realisti' (Ishihara Shintaro, Oe Kenzaburo).

Ma l'esponente più vero del nuovo G., e forse dell'intera letteratura moderna giapponese, resta senza dubbio Yukio Mishima. Autore d'una tetralogia di romanzi, che inizia con Neve di primavera e finisce con L'angelo in putrefazione, in cui una complessa vicenda si amplia sullo sfondo del G. dalla guerra nel 1905 con la Russia fino all'arrivo del consumismo americano. Il 25 novembre del 1970, a Tokyo, Mishima si uccise aprendosi il ventre con la spada dei samurai. Si trovava nel palazzo del ministero della Difesa e prima di uccidersi, stando sulla balaustra del balcone gridò: 'Il Giappone muore di prosperità e di vergogna, l'innocenza è venduta in piazza, l'imperatore non più dio per colpa nostra ha cessato di vegliare su di noi'. Mishima ha espresso l'angoscia per la realtà orientale di sentimenti che muore per lasciare il posto alla terribile realtà delle nuove tecnologie e delle multinazionali. A Mishima la grande scrittrice francese Marguerite Yourcenar dedicò il fondamentale saggio Mishima o la visione del vuoto, pubblicato a Parigi nel 1980.

Le opere di Mishima sono tradotte in diverse lingue e quanto vi è di esistenzialità orientale in esse appare del tutto valido.

Musica.

In una sua fase iniziale la musica giapponese fu preminentemente vocale, per quanto non mancassero primitivi strumenti, quali un arcaico flauto e una prima forma di koto, una sorta di cetra. Dal VI sec. d.C. in poi le tradizioni musicali locali vennero trasformate da canti, danze e riti provenienti dall'ovest asiatico. Per la prima volta apparvero in G. le orchestre. Presso la corte imperiale e presso quelle dei feudatari si svilupparono il genere musicale gagaku e alcune danze di origine cinese. Gli strumenti più noti del tempo erano la biwa (v.), l'oteki, un flauto, e lo sho, un tipo di organo. Dal XII sec. ebbe inizio lo sviluppo nazionale della musica. E' però da dire che i giapponesi non sono mai giunti poi a caratteri musicali veramente propri. Prevalse la musica per i no, forma eroica d'arte drammatica che esprimeva il governo dei samurai. Nella classe mercantile s'affermò lo shamisen, una specie di banjo, nelle classi popolari il koto, presso i monaci lo shakulaki (un flauto). Alla fine del sec. XIX il G. fu influenzato dalla cultura occidentale. Vi sono oggi in G. orchestre di musica sinfonica, bande di tipo europeo ed ha larga popolarità il jazz.

Teatro.

Danze, musica e spettacoli drammatici, questi ultimi strettamente connessi alla danza e alla musica, non hanno in G. un'origine nazionale ma si svilupparono a partire dall'VIII sec. d.C. dall'imitazione di forme importate dalla Corea e dalla Cina. Certamente presso le comunità del G. settentrionale, centrale e meridionale, formate da gruppi etnici di diversa provenienza, vi furono remote tradizioni artistiche, ma quando la società si organizzò in caste, tali tradizioni vennero respinte dalla nobiltà e dalla corte che per differenziarsi preferirono ad esse mode straniere. Nel cerimoniale di corte fu accettata la musica gagaku, che aveva propri strumenti e ritmi, e nelle cerimonie ufficiali pubbliche la musica kagui-a, con toni solenni e stilizzati passi di danza. Più tardi si diffusero danze e componimenti musicali per i banchetti dei nobili, mentre nei conventi nasceva tutto un genere legato ai riti religiosi. Su alcune forme di musica e di danza per banchetti (il dengaku e il kôwaka) si sviluppò, dal XII sec., il dramma giapponese. Questo fu coltivato particolarmente dalla classe al potere: così i guerrieri usavano assistere a rappresentazioni di sarugaku, una forma di dialogo molto espressivo su argomenti religiosi o poetici. Più tardi il sarugaku venne chiamato no e giunse a vere forme d'arte. Restano oggi centinaia di no, molti dei quali ancora rappresentati in G. da speciali compagnie. Alcuni sono anonimi, altri si attribuiscono al danzatore Se-ami (1363-1445). Lo sviluppo del no ebbe termine poco dopo la sua diffusione e da allora esso viene rappresentato nei modi originari. Ancora dal sarugaku derivò il kyogen, una specie di interludio comico dato presso i templi buddhisti e shinto per attrarre i fedeli. Rispetto all'aristocratico no, il kyogen si richiamava per la fraseologia ad elementi più popolari. Nel XVII sec. l'ampliarsi della classe mercantile e la nascita d'una economia basata sulla circolazione del denaro diedero luogo ad alcuni generi drammatici che potremmo dire borghesi: così il kabuki, meno ieratico dei no, costituito da uno spettacolo di danza gestuale accompagnato da un'orchestra e da un coro e ispirato da fatti di vita. Autrice dei primi kabuki fu una danzatrice di nome Okuni, morta nei primi anni del sec. XVII. Il kabuki venne coltivato da cortigiane e danzatrici di Tokyo e fu ad un certo momento proibito, poi assoggettato a varie limitazioni dalle autorità politiche e religiose. La censura esercitata sugli spettacoli contribuì all'affermarsi del teatro delle marionette che eseguivano scene eroiche basate su un misto di recitazione, canto e danza, cui fu dato il nome di joruri. Uno dei più celebri autori di joruri fu Chikamatsu Monzaemon (1653-1725). Egli scrisse joruri eroici e joruri «domestici», riproducenti scene di comune vita. Altri scrittori drammatici molto noti sono Ki-no-Kaion (1673-1742), Takeda Izuma (1691-1756) e Chikamatsu Hanji (1725-1783). Nell'ultima parte del sec. XVIII, con il declino del teatro delle marionette, vi fu un ritorno del kabuki coltivato da un gruppo di autori di Tokyo, il più importante dei quali è Tsuruya Namboku (ca. 1755-1829). Il kabuki sopravvisse per poco anche al crollo della società feudale e fu accolto con tutti gli onori nella letteratura e dalle classi alte, rimaste per secoli al no. Una trasformazione del kabuki determinatasi alla fine del secolo scorso fu il dramma storico. Fukuki Ochi (184119o6) scrisse kabuki molto accurati per la ricostruzione dei dettagli storici. Altri più recenti autori si ispirarono direttamente a Shakespeare. L'ondata europeista penetrata nel G. allontanò dal kabuki gl'intellettuali e le classi più giovani. Dopo la morte di alcuni grandi attori di kabuki tale genere tradizionale entrò in crisi. Venivano intanto fondati a Tokyo e nelle maggiori città teatri stabili e compagnie che rappresentavano autori europei, e questo via via ridusse la diffusione del kabuki alle sole classi popolari. Oggi, dopo la parentesi della guerra, il G. è ritornato alle esperienze teatrali occidentali che, attraverso il cinema, hanno cominciato ad essere comprese anche dal popolo, ma in opposizione non sono pochi gli intellettuali che si richiamano alla tradizione dei no e dei kabuki.

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