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LA LEGGE DI HUBBLE E L'ESPANSIONE DELL'UNIVERSO
Misurando la velocità delle galassie tramite il loro redshift, e la loro distanza, Edwin Hubble stabilì che esse si allontanano da noi ad una velocità tanto maggiore quanto più grande e' la loro distanza, secondo quella che e' ora conosciuta come 'legge di Hubble':
V=Ho d
dove V e' la velocità di allontanamento della galassia (velocità di recessione), d la sua distanza e Ho e' la costante di Hubble.
Per quanto riguarda il campo di validità della legge di Hubble, la relazione non può essere applicata per distanze astronomiche molto piccole, generalmente inferiori a qualche milione di anni luce, e per distanze molto grandi, generalmente al di sopra di alcuni miliardi di anni luce. Per quanto riguarda le distanze molto piccole, applicando la relazione matematica alle galassie della nebulosa di Andromeda, queste si dovrebbero allontanare, mentre invece presentano un moto di avvicinamento. Si pensa che l'inversione della norma espansionistica sia dovuta a certi effetti gravitazionali locali che si estrinsecano più intensamente quando gli oggetti celesti sono relativamente vicini. Per le grandi distanze, invece, la ridotta applicabilità della legge dipende dal fatto che errori e incertezze tendono ad aumentare man mano che le distanze si fanno più grandi. Inoltre, si dovrebbe anche conoscere con esattezza il valore della costante di Hubble. Per cercare di capire, almeno in parte, quello che succede, basta prendere un palloncino sgonfio e disegnarci sopra tanti pallini colorati. Soffiandoci dentro, la superficie del palloncino aumenta gradualmente e i pallini si allontanano gli uni dagli altri. Proprio come i punti disegnati sulla superficie del palloncino, le galassie sono pressoché immobili nello spazio: tutto il movimento è dato dall'espansione dello spazio, analoga a quella della superficie del palloncino. Così come i puntini del palloncino si allontanano gli uni dagli altri tanto più in fretta quanto più sono lontani, la velocità di fuga delle galassie aumenta in misura direttamente proporzionale alle loro distanze reciproche (legge di Hubble). Ma, al contrario di quanto potrebbe indurre a pensare l'analogia con il palloncino che si gonfia, lo spazio non si sta espandendo all'interno di qualcos'altro. In altre parole, una data regione di spazio non spinge in là il resto dell'universo mentre si espande. Secondo quanto sosteneva Einstein, lo spazio non è semplicemente un vuoto: al contrario, è un 'qualcosa' di reale, flessibile ed estensibile. Attualmente, la comprensione delle proprietà e del comportamento dello spazio rappresenta uno dei maggiori obiettivi della fisica moderna. Questo fatto da' l'impressione che la Terra sia il centro di un moto generale di recessione, mentre in realtà esso non ha un centro. Pensiamo ai punti disegnati su un palloncino che viene gonfiato; essi si allontanano l'uno dall'altro con velocità proporzionale alla loro distanza: ogni punto può essere considerato come il centro dell'espansione. Allo stesso modo, noi non siamo al centro dell'espansione dell'Universo, ma in un suo punto qualsiasi: un altro osservatore, posto in un punto qualsiasi su un'altra galassia, vedrebbe esattamente le stesse cose che vediamo noi. Un altro duro colpo per l'orgoglio dell'uomo
La constatazione che l'Universo si espande ha posto un problema nuovo: quello della sua nascita. Il fatto che le galassie si stiano allontanando l'una dall'altra implica che, se ritornassero indietro con la stessa velocità, dopo qualche miliardo di anni si rincontrebbero, e tutta la materia che compone l'Universo formerebbe un agglomerato densissimo e molto caldo.Questa considerazione ha condotto alla teoria evolutiva del 'Big Bang', cioè di un'enorme esplosione iniziale che diede origine all'Universo e che ne causò l'espansione che ancora oggi osserviamo. Secondo questa teoria, l'Universo primordiale sarebbe stato composto di materia densissima e caldissima, concentrata in uno spazio infinitesimo. Il suo stato fisico era così estremo che e' difficile perfino da immaginare; solo la fisica teorica e' in grado di descriverlo. Esso sarebbe poi esploso e si sarebbe espanso, diventando sempre meno caldo e meno denso, fino ad assumere gradatamente l'aspetto con il quale oggi lo conosciamo.Dalla legge di Hubble si deduce che l'Universo e' nato 15-20 miliardi di anni fa; in realtà, la determinazione della sua età e' molto più complessa e rappresenta uno dei problemi principali che la cosmologia moderna si trova ad affrontare.Il valore della costante di Hubble attualmente accettato e' compreso tra i 50 e i 100 Km/sec per Megaparsec; ovvero, le galassie si muovono con velocità che crescono di 50-100 Km/sec per ogni Megaparsec di distanza da noi.Il primo a proporre lo scenario di un'esplosione iniziale fu l'abate G.Lemaitre nel 1927, ma solo negli anni '40 il fisico G.Gamow lo affrontò in modo più quantitativo. Egli ipotizzò che i nuclei atomici più leggeri (idrogeno, elio, deuterio e litio) si siano formati nei primi istanti di vita del cosmo. Successivamente e' stato verificato che le quantità di tali elementi presenti nell'Universo corrispondono con quelle previste dalla teoria, confermandone la validità.
Un'altra conferma e' giunta nel 1965 con la scoperta casuale di una debole radiazione che permea tutto l 'Universo, proveniente da tutte le direzioni. Essa ha un massimo di intensità alla lunghezza d'onda di 2.6 cm e viene detta radiazione di fondo cosmica. Si pensa che sia il residuo della radiazione intensissima ed altamente energetica che si e' prodotta poco dopo il Big Bang.
L' UNIVERSO STAZIONARIO
Si può pensare che, se l'Universo si espande, nel passato la sua massa doveva essere concentrata in unospazio minore, ma questa conclusione non è ovvia come sembra.
La teoria dell'Universo stazionario ( o dello " stato stazionario " ) fu formulata e presentata nel 1948 da H. Bondi, T. Gold e F. Hoyle. Il reciproco allontanamento delle galassie, cui coseguirebbe una diminuzione della densità media dell'Universo, verrebbe compensato da una continua creazione nello spazio di nuova materia, la cui aggregazione produrrebbe nuove galassie in sostituzione di quelle ormai lontane. La teoria ha incontrato però alcune difficoltà, a cominciare dalla mancanza di qualunque conferma sulla possibilità di formazione di nuova materia. Di conseguenza questa teoria ha perso terreno ed è ormai poco seguita anche se F. Hoyle, insieme a J.V. Norlikar, ne hanno presentato una versione modificata, che ammette variazioni nel ritmo di creazione della materia. Inoltre, gravi difficoltà per i sostenitori della teoria sono venute dalla scoperta della radiazione fossile (o di fondo). Di recente, infatti il progetto Boomerang ha rilevato differenze piccolissime di temperatura nella radiazione fossile che avrebbero provocato differenze nella densità della materia con conseguenti irregolarità nella distribuzione della materia originaria. Questa scoperta annulla la suddetta teoria.
IL BIG BANG E L'UNIVERSO INFLAZIONARIO
Esaminiamo tale teoria nell'elaborazione nota come modello dell'Universo inflazionario, sviluppata all'inizio degli anni Ottanta del XX secolo da A.H. GUT, A.D. LINDE, A.ALBRECHT e P.STEINHARDT. All'inizio del tempo, nell'istante zero ( forse quindici miliardi di anni fa ), l'Universo che oggi osserviamo doveva essere concentrato in un volume più piccolo di un atomo, con una densità pressochè infinita e ad una temperatura di miliardi e miliardi di gradi. Non sappiamo come fosse fatto questo nucleo primordiale di energia pura, né perché si sia formato, ma in un determinato istante questo uovo cosmico si è squarciato con un'esplosione immane: il big bang ( il grande scoppio ). Questa immagine dell'esplosione è suggestiva ma fuorviante: non c'era un " fuori ", uno spazio esterno in cui potesse dilatarsi un'esplosione, ma lo spazio si generò insieme all'espansione. Secondo il modello inflazionario, l'Universo sarebbe passato, subito dopo la sua nascita, attraverso una brevissima fase durante la quale le forze fondamentali ( di gravità, elettromagnetica ecc..) si sarebbero comportate in modo diverso rispetto ad oggi: si sarebbe verificata una violentissima esplosione che, in 10-32 secondi, avrebbe fatto aumentare il volume dell'Universo di miliardi e miliardi di volte. Al termine della fase di inflazione, mentre si sarebbe liberata una gran quantità di calore, la " sfera di fuoco " avrebbe preso ad espandersi con un ritmo più lento e avrebbe continuato a raffreddarsi.
Solo quando, dopo 300 000 anni, la temperatura scese a circa 3000 K gli elettroni furono catturati dai nuclei e si formò un gas neutro, formato di idrogeno e, in piccola parte, di elio. Terminò così la fase della " sfera di fuoco ", dominata dalla radiazione. Con la formazione di idrogeno neutro la materia separò dalla radiazione e si avviò a divenire la componente dominante dell' evoluzione dell'Universo, mentre da qual momento la luce potè viaggiare liberamente nello spazio. Di quella fase primordiale so è trovata una traccia. L aradiazione emessa dalla sfera di fuoco ad altra temperatura si irraggiava in ogni direzione: pur indebolita dall'espansione, quela radiazione dovrebbe oggi " impregnare " tutto l'Universo; nel 1965 due ricercatori della Bell Telephone, osservarono per caso l'esistenza di una radiazione di fondo, rilevabile con i radiotelescopi in ogni direzione dello spazio, e corrispondente alla temperatura di circa 3 K ( - 270 C ). Tale radiazione residua è come l'eco del big bang. Dopo il primo miliardo di anni, l'Universo assume condizioni fisiche più familiari: la temperatura è ormai quella di una qualsiasi stella e la materia è fatta di idrogeno, elio, elettroni, protoni e fotoni. Mentre l'espansione dell'Universo continua, i quasar diventano più rari, e si fanno sempre più numerose enormi galassie a spirale, formate da miliardi di stelle, in continua evoluzione. Nei nuclei delle stelle e nelle esplosione delle supernovae si formano via via gli elementi chimici più pesanti, che, sotto forma di ceneri, finiscono per mescolarsi alle polveri e ai gas delle nebulose, dove nascono nuove popolazioni di stelle. Tra queste, circa 5 miliardi di anni fa, si è acceso il Sole.
VERSO GLI ABISSI DEL FUTURO.
Nel 1917, Albert prevedessero tutt'altro. Infatti, risolvendo le sue equazioni, Einstein aveva scoperto che l'universo, finito o infinito, non poteva essere statico: doveva contrarsi o espandersi.
Essendo un risultato sconvolgente, Einstein lo rifiutò e si vide costretto a introdurre nelle equazioni la cosiddetta 'costante cosmologica' per rimettere le cose a posto e rendere nuovamente statico l'universo, come voleva la buona tradizione.
Nel 1922, Aleksandr Fridman, matematico e meteorologo russo, seguendo la strada aperta da Einstein risolve nuovamente le equazioni della Relatività Generale, facendo l'ipotesi di una distribuzione omogenea della materia nello spazio (ipotesi valida qualunque sia la posizione dell'osservatore) e ignorando la 'costante cosmologica' introdotta da Einstein. Trovò così che l'universo era soggetto a un moto di espansione abbastanza lento, sul quale avrebbe finito con il prevalere l'attrazione gravitazionale fra le diverse galassie con il conseguente rallentamento e arresto dell'espansione, seguita da una fase di contrazione (universo chiuso). Malgrado Fridman abbia trovato un solo modello di universo, in realtà ne esistono altri due possibili che obbediscono ai suoi assunti.
Il secondo modello prevede un universo la cui espansione rallenterà lentamente, anche se l'attrazione gravitazionale non sarà mai sufficiente a farlo collassare su se stesso (universo piatto).
Nel terzo e ultimo modello, la materia presente è senz'altro insufficiente a contrastare la spinta di espansione, di conseguenza l'universo è destinato a espandersi indefinitamente (universo aperto).In quale di questi 'possibili' universi noi viviamo? Quale delle due forze in gioco - la spinta dell'espansione che fa allontanare le galassie le une dalle altre, e la forza di gravitazione che tende a tenerle legate e a frenare l'espansione - prevarrà? Esiste, secondo la teoria della Relatività Generale, una densità critica della materia presente nell'universo (pari a 10-29 g/cm3) al di sopra della quale l'attrazione gravitazionale può frenare l'espansione. In questo contesto, i cosmologi usano il parametro di densità 'Omega', cioè il rapporto tra la densità di materia totale presente nell'universo e la densità critica, per descrivere i tipi di universi possibili. Se Omega è minore di 1, la densità di materia presente nell'universo è inferiore della densità critica, di conseguenza l'universo è aperto; se Omega è maggiore di 1, e quindi la densità della materia presente nell'universo è maggiore della densità critica, l'universo è chiuso; nel caso limite di Omega uguale a 1 (cioè la densità della materia è quella critica), l'universo è piatto. Le stime più recenti collocano il valore di Omega tra 0.1 e 1. Di conseguenza, la maggior parte degli scienziati esclude la possibilità di un universo 'chiuso', destinato a collassare su se stesso in un 'big crunch'.Come risulta dalla Relatività Generale di Einstein, lo spazio s'incurva in presenza di una massa. La curvatura è tanto maggiore quanto più grande è la massa del corpo che provoca l'incurvamento rispetto al suo volume, cioè quanto maggiore è la densità. Che forma ha, dunque, l'universo in cui viviamo? La curvatura dell'universo dipende dalla sua velocità di espansione media e dalla densità media della materia in esso contenuta. Se la densità media della materia (distribuita omogeneamente in tutto l'universo, secondo il principio cosmologico) è più grande di un certo valore critico, determinato dalla velocità di espansione, lo spazio s'incurva a un punto tale da chiudersi su se stesso. Le traiettorie percorse dai corpi (dalle particelle alle galassie) e persino il cammino dei raggi di luce s'incurvano e si parla in questo caso di universo chiuso, con un'estensione finita. Se la densità è minore del valore critico l'universo è incurvato al contrario, verso l'esterno, e si dice aperto. In questo caso, lo spazio è infinito. Infine, se la densità coincide con il valore critico, si ha il caso limite i un universo piatto (anche in questo caso infinito).Per comprendere meglio la geometria spaziale in tre dimensioni dell'universo, in questi tre casi distinti, facciamo riferimento a uno spazio a due dimensioni (la cui geometria è analoga a quella dello spazio tridimensionale in cui noi viviamo).Cominciamo dal caso limite di un universo piatto. In uno spazio a due dimensioni questo tipo di universo si rappresenta con un piano infinito, per il quale vale la geometria euclidea. Su questo piano, la somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a 180 gradi. Tale risultato vale sempre, dovunque sia il triangolo e quali che siano la forma e le dimensioni. Inoltre, su questo piano, due rette parallele mantengono sempre la stessa distanza tra loro. Un universo chiuso, nel caso bidimensionale, corrisponde alla superficie di una sfera. Su una sfera, la somma degli angoli interni di un triangolo supera i 180 gradi. Inoltre, due rette parallele convergono. Tali effetti risultano comunque impercettibili su distanze molto piccole, per le quali sono ancora validi i risultati ottenuti nel caso della geometria piana (di conseguenza, anche in questo caso, per un triangolo di piccole dimensioni la somma degli angoli interni può essere uguale a 180 gradi). Infine, l'universo aperto ha come analogo bidimensionale la superficie (iperbolica) di una sella: infinita e incurvata verso l'esterno. In questo caso, la somma degli angoli interni di un triangolo è inferiore a 180 gradi, e due rette parallele divergono. Per regioni molto piccole sulla superficie della stella valgono ancora una volta i risultati della geometria piana, come nel caso della superficie sferica di un universo chiuso.Naturalmente, in tutti e tre i casi, che sono solo delle analogie per capire ciò che può avvenire nel nostro universo mediante l'osservazione di ciò che avviene in uno spazio ridotto di una dimensione, le galassie (come qualsiasi altro corpo) devono essere immaginate piatte, prive di spessore. Misurando la curvatura dell'universo, noi possiamo determinare la quantità di massa ed energia presente in esso, e da questo risalire al suo destino finale. Ma in che modo? In uno spazio curvo, la luce proveniente da un oggetto distante giunge sino a noi seguendo la curvatura dello spazio, di conseguenza le dimensioni angolari dell'oggetto risulteranno modificate. Di conseguenza, l'analisi delle dimensioni angolari delle strutture (cioè delle regioni più calde e di quelle più fredde) presenti nella radiazione cosmica di fondo alle microonde (CMBR) ha fornito ai cosmologi le informazioni al momento più accurate sulla geometria dell'universo, dimostrando che la geometria del nostro universo è piatta, e non curva.Einstein costruisce un modello di universo statico, omogeneo e isotropo, cioè con proprietà identiche in ogni istante, in ogni punto e in ogni direzione dello spazio, malgrado le equazioni della Relatività Generale.
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