SANT'IVO
ALLA SAPIENZA - ROMA
Realizzata da Francesco Borromini [1642-60]
per incarico del Cardinale Barberini la chiesa si trova nel cortile del Palazzo
della Sapienza, sede dell'antica Università di Roma. La facciata, compresa nel
cortile circondato da due piani di arcate, è' inquadrata da lesene con finestre
ad arco a tutto sesto. La cupola con alto tamburo convesso polilobato diviso da
paraste corinzie in cima si conclude con una lanterna con capitello a spirale.
Il prospetto interno della chiesa, distribuita su pianta centrale nella forma
dell'ape araldica, simbolo di Urbano VII° Barberini, che si fonde con la croce
greca, si basa sul rapporto concavo-convesso tra le pareti. Sull'altare
maggiore, disegnato da Giovan Battista Contini, 'Ss.Ivo, Leone, Pantaleone,
Luca e Caterina d'Alessandria in gloria di angeli' tela di Pietro da Cortona
[1661] terminata da Giovanni Ventura Borghesi.
Il primo passaggio che modifica il significato
dell'arte nella Chiesa come luogo di culto avviene dalla trasformazione della
basilica paleocristiana in chiesa medioevale. Nel passaggio dall'alto al pieno
medioevo, l'arte perde difatti la sua rigidezza e il suo impaccio, ma conserva
il suo carattere profondamente religioso e spiritualizzato, e resta anche in
seguito l'espressione di una società tutta pervasa dal cristianesimo. Ma la
visione propria del Medioevo non è comunque il risultato del periodo
precedente: l'arte paleocristiana infatti, non aveva ancora nulla della
trasparenza dello stile romanico e di quello gotico. La spiritualità del
paleocristianesimo in realtà era ancora quel generale, vago spiritualismo che
aveva caratterizzato il paganesimo. Le forme dell'arte paleocristiana sono
significative solo in senso psicologico, non metafisico: sono
espressionistiche, non divinatorie. I grandi occhi sbarrati dei tardi ritratti
romani esprimono una vita psichica intensa, intellettuale e affettiva; ma
questa vita psichica è senza sfondo metafisico e in sé non manifesta ancora la
nuova religione. L'arte paleocristiana supera l'incertezza formale e l'impaccio
solo dopo l'editto di Milano del 313 d.C, con Costantino che riconosce il
Cristianesimo, quando diventa l'arte ufficiale dello stato e della corte, degli
ambienti aristocratici e colti. Ora, in opere come il mosaico absidale di Santa
Pudenziana, essa riacquista quell'armonia di cui ancora prima non voleva
sentire parlare, ostile com'era al sensualismo classico. L'idea che soltanto
l'anima è bella, e il corpo, come ogni cosa materiale, non è degna e
contaminata, viene respinta, dopo il riconoscimento del Cristianesimo, almeno
per un certo periodo di tempo. La
Chiesa, istituzione che si è consolidata, fa rappresentare
Cristo e i discepoli in aspetto solenne e dignitoso. L'ideale cristiano non
cambia però nel suo aspetto esteriore ma nella funzione sociale dell'arte. Per
l'antichità classica, l'opera d'arte aveva un valore prevalentemente estetico,
per il Cristianesimo essa ha un significato completamente diverso. Così nel
Medioevo niente è superfluo: non c'è una scienza e un'arte che siano
indifferenti alle fede. Anzi l'arte è lo strumento più prezioso per l'opera
educativa della Chiesa, rivolta al popolo ignaro che non riesce a comprendere i
ragionamenti astratti e che per capire ha bisogno di una figurativa che gli
trasmetta valori, principi, significati morali. I metodi compositivi e le forme
provengono dall'Impero Bizantino e su questi, più tardi, avverrà
quell'evoluzione stilistica che intrapresa da Cimabue condurrà a Giotto e al
fermento innovativo della scuola fiorentina. Un passaggio importantissimo, da
cui nasce la storia della pittura italiana ed europea. L'arte bizantina
rappresenta Cristo come un Re, Maria come una Regina; l'uno e l'altro indossano
vesti preziose, e siedono freddi, inespressivi e distanti sul loro trono. Gli
angeli assistono e formano processioni severamente ordinate. Tutto è grande e
possente, ogni elemento umano, soggettivo, è soppresso. Un rituale intangibile
vieta a quelle figure di muoversi liberamente, di uscire dalle file, di volgere
lo sguardo. L'uso dei colori è semplice, chiaro, distinto: tutto è contenuto in
forti contorni ininterrotti, in colori puri, senza gradazioni. Alla fine del
Duecento e al principio del Trecento, Giotto porterà così quell'innovazione
pittorica che modificherà per sempre le forme e lo stile. Avviene un processo
che si concreta, di fatto, nella progressiva liberazione dalla dominante
cultura bizantina, ed è affrettato dal fatto che questa cultura ha ormai
esaurito le sue possibilità di sviluppo, allo stesso modo che l'impero d'Oriente
ha concluso il proprio ciclo storico e si avvia ineluttabilmente alla fine. Il
processo è graduale e si compie a livelli diversi. Il processo di superamento
della figuratività bizantina, avviene, in Toscana, ad un livello intellettuale
più elevato che certamente è in rapporto con l'intensa, agitata vita religiosa
suscitata dalla propaganda degli ordini religiosi. Il problema di fondo, di una
riforma strutturale del fatto pittorico, si pone con Cimabue: la sua linea si
tende in curve elastiche, sensibilizza a tal segno le zone di colore che
separa, da esigere il termine medio di una variazione chiaroscurale, di una
permeazione luminosa. Come nel suo Crocifisso, dove più che una forma umana
idealizzata, [tipica della pittura bizantina] il Cristo è una trama spaziale
che si configura come una forma umana. Ecco che Gesù nella pittura si fa uomo e
ci trasmette la sua sofferenza, nel suo volto intravediamo le sue sensazioni.
E' la grande rivoluzione filosofica che condurrà progressivamente alla diversificazione
rappresentativa dell'iconografia cristiana e che avrà in Firenze il suo centro
di sviluppo. Gli artisti introducono così, opera per opera, elementi
innovativi, che rendono i personaggi religiosi e spirituali sempre più intensi,
profondamente più vicini allo spettatore, più verosimili e reali. Un processo
naturalistico che avrà il suo culmine con Leonardo, la sua armonia estetica con
Raffaello, il senso del quotidiano con Caravaggio e che s'interromperà con il
Barocco, nella seconda metà del 1600, quando si evade verso un'iconografia
estatica, dominata da una luce soprannaturale, ai confini tra terreno e cielo.
La raffigurazione del tema religioso, dal Barocco in poi, inizia a diminuire
per un radicale cambiamento che avviene all'interno della società. Nel 1700
nascono e si affermano le prime vere e proprie forme di borghesia capaci di
dare vita a propri modelli di organizzazione civile e culturale. Nello stesso
tempo l'Europa è investita dal fermento scientifico e dallo sviluppo del
pensiero Illuminista, che nega l'esistenza di idee innate nella mente umana
affermando che le cognizioni dell'individuo sorgono dall'empirismo, ovvero
dall'esperienza, ponendo le promesse del deismo, una religione personale. Nella
metà del '700 si realizza nella cultura il distacco definitivo col mondo della
tradizione, e l'intellettuale, l'artista, si trova così in una situazione in
cui, divenuto autonomo, è invitato a contribuire allo sviluppo di modelli
artistici nuovi.