POLIBIO
Originario di
Megalopoli, Polibio visse ca. tra il 200 e il 118 a.C.; compose le Storie in
40 libri di cui sono conservati per intero solo i primi 5 e solo in estratti i
rimanenti, incentrate sugli avvenimenti che videro l'ascesa della potenza
romana tra il 220, inizio della seconda guerra punica, e il 146 a. C.,
contemporanea distruzione di Cartagine e di Corinto. La stessa biografia di Polibio, oltre che la
sua importante riflessione di storico, si intreccia con le vicende dell'espansione
romana nel Mediterraneo. Nel 168, dopo la sconfitta dei Greci a Pidna, nella
confusa resa dei conti dei romani con la fazione filomacedone della lega achea,
fu costretto a Roma per subire un processo; stretta un'amicizia con Scipione
Emiliano, di cui divenne precettore, Polibio si ritrovò al centro della vita
culturale e politica dell'urbe e poté assistere a importanti eventi, quali la
presa di Cartagine e l'assedio di Numanzia, e condurre diversi viaggi nei
territori conquistati, sempre al fianco di Emiliano che divenne il suo protettore.
La cifra di Polibio consiste, essenzialmente, in una serrata riflessione di
tipo politico e militare sull'irresistibile ascesa della potenza romana, di cui
fu spettatore; da qui muove l'interesse per la ricerca storiografica, nel
quadro di una tradizione ben radicata nel mondo greco, ma senza particolari
inenti di ricerca stilistica. La sostanza, nei suoi intenti, deve prevalere
sulla forma. In ogni caso, gli scritti di Polibio, unica testimonianza
superstite di una certa consistenza della storiografia ellenistica, sono di
grande importanza anche ai fini di una conoscenza dei modi linguistici della koiné
diálektos, la lingua comune che soppiantò le varietà dialettali del mondo
greco. L'obiettivo di Polibio, sulla scorta di Eforo, è quello di offrire una
visione universale della storia, resa appunto possibile dalla conquista romana
di quasi tutta l'ecumene. Il soggetto del discorso storico è offerto
esclusivamente dai fatti politico-militari, senza alcuna indulgenza alle
digressioni di tipo etnografico ed erudito; una storia 'pragmatica', dunque,
come egli stesso la definisce, basata sulla ricerca e l'analisi delle fonti,
sulla competenza politica (il VI libro è interamente dedicato alla 'teoria
delle costituzioni'), sulla visione autottica delle città dei luoghi in cui si
sono svolti gli eventi narrati. Da qui discende l'importanza della competenza
geografica: la geografia è parte della storia (cfr. per es. III 57-59, etc.);
da qui, inoltre, si distingue lo storico 'pragmatico', che ha una conoscenza diretta
dei luoghi, rispetto all'erudito che basa il suo lavoro esclusivamente sulle
fonti.