Piazza s.Venceslao
Jan Palach Modesto studente di filosofia,
assistette con simpatia alla stagione riformista del suo paese, chiamata Primavera
di Praga. Questa esperienza, però, fu repressa militarmente dalla truppe del Patto
di Varsavia, ed in particolare dall'Unione Sovietica, in pochi giorni. Per
protestare contro quell'iniziativa bellica, Palach prima fondò un gruppo di
volontari anti-URSS e successivamente decise di cospargersi il corpo di benzina
in piazza San Venceslao a Praga, appiccando il fuoco con un accendino (16
gennaio 1969). Morirà tre giorni dopo.
Decise quindi
di suicidarsi morendo carbonizzato, ma preferì non bruciare i suoi appunti e i
suoi articoli (che rappresentavano i suoi pensieri politici), che tenne in uno
zaino molto distante dalle fiamme. Tra le dichiarazioni trovate nei suoi
quaderni, spicca questa: 'Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della
disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra
protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito
da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l'onore
di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la
prima torcia umana. Noi esigiamo l'abolizione della censura e la proibizione di
Zpravy (il giornale delle forze d'occupazione sovietiche). Se le nostre
richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il
nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno
sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s'infiammerà'.
Grazie a questo
gesto estremo, Palach venne considerato dagli anticomunisti come un eroe e
martire; in città e paesi di molte nazioni furono intitolate strade con il suo
nome. Anche la Chiesa Cattolica lo difese, affermando che
'Un
suicida in certi casi non scende all'Inferno' e che 'non
sempre Dio è dispiaciuto quando un uomo si toglie il suo bene supremo, la vita'.
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