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Composta da Stazio fra l'80 e il
92 d.C.,
Lo stile è certamente ispirato a quello de 'L'Eneide' di Virgilio, ma, tra le numerose fonti a cui Stazio attinge, non possiamo non ricordare le tragedie di Euripide e Seneca.
La prima parte dell'opera contiene la dedica all'imperatore Domiziano, la seconda parte la narrazione delle vicende che avevano portato al conflitto tebano.
Nel poema Stazio racconta dall'avanzata degli Argivi su Tebe, accenna poi alla discordia fra i fratelli Eteocle e Polinice (nati dal rapporto incestuoso fra Giocasta e il figlio Edipo) in continuo scontro fra loro, all'incontro fra Polinice e Tideo alla corte di Adrasto.
Racconta poi
l'episodio di Issipile ed Archemoro: la donna, nutrice di Archemoro, lo perde
di vista mentre è intenta ad indicare la via per trovare l'acqua ai sette
guerrieri che si approssimano a Tebe ed il giovane, morso da un serpente,
muore.
Nella seconda sestina, invece, Stazio narra l'ascesa al trono di Creonte (il quale, divenuto nuovo signore di Tebe, assume un atteggiamento tirannico rifiutandosi di dare sepoltura ai nemici morti in battaglia. Questo sarà il motivo per cui verrà preparata una spedizione contro di lui), il suicidio di Giocasta, il divieto di seppellire Polinice, l'intervento di Antigone, il soccorso di Teseo, l'uccisione di Creonte da parte di Teseo, ed infine il duello mortale fra Eteocle e Polinice, l'odio dei quali perdura anche dopo la morte: quando i corpi vengono posti sul rogo per essere arsi, le fiamme si dividono.
Questo poema
manca di un personaggio centrale, si sviluppa in episodi che possono
essere considerati singolarmente e che rivelano pregi e limiti dell'arte di
Stazio: un linguaggio poetico ricco e fantasioso, ma a tinte troppo forti, con
elementi truci e abusi di interventi divini.
Stazio introduce nell'opera numerosi interventi da parte delle divinità, che, a differenza della tradizione epica precedente, non sono semplicemente divinità olimpiche, ma anche infernali.
Introduce inoltre divinità astratte: Pietà, Oblio, Sonno, Rabbia, Vitù ecc ecc .. ma anche apparizioni, sogni, discese agli inferi, scene che suscitano commozione.
Sulla scia virgiliana si può dunque
affermare che
Le stesse figure femminili sono qui presentate come donne virtuose, in cui regna lo spirito di sacrificio e una sensibilità tutta nuova. Un chiaro esempio è fornito dal personaggio di Argia, moglie di Polinice, la quale si avventura sola in un viaggio che la porta da Argo a Tebe alla ricerca del corpo del marito morto.
La critica alle pratiche divinatorie_ Nel libro 3°, due indovini, ancora prima della marcia contro Tebe, osservano il cielo, e l'immagine che scorgono è particolarmente raccapricciante: 7 aquile (come i 7 principali condottieri) che dilaniano nel volo 7 cigni. Ma non finisce qui, perché in un secondo momento, le stesse aquile precipiteranno morenti. E' questo cattivo auspicio a incutere terrore negli indovini, e il narratore (Stazio) si esprime a questo punto contro le pratiche indovine, contro l'insaziabile smania di conoscenza propria del genere umano.
Lo stesso Dante Alighieri ne trarrà ispirazione per la costruzione degli episodi infernali (es. Conte Ugolino).
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