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L'Ottocento in Francia e in Italia




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L'Ottocento in Francia e in Italia


In Francia, con il Romanticismo, la natura, insieme alla storia, diventa la principale ispiratrice degli artisti e quindi anche gli animali con la pittura romantica tornano a essere protagonisti. Essi sono ancora importanti per i pittori e compaiono generalmente come associati al tema del paesaggio, che proprio in questo periodo s'impone in tutt'Europa come autonomo. Una prima generazione che si dedicherà al tema degli animali nasce tra la fine del Settecento e il primo decennio dell'Ottocento contemporaneamente a Eugène Delacroix. Senza dubbio il più illustre di tutto il Romanticismo francese che si dedicò assiduamente al tema degli animali fu Delacroix (1798-1863) che, a partire dal 1822, anno in cui fa il suo ingresso nel mondo artistico, espose varie opere con questo soggetto, tra cui una serie di felini, come Il puma (1852). Dopo il viaggio compiuto in Turchia nel 1832, il mito dell'Oriente diventa per lui il pretesto per dipingere scene immaginarie con animali, cacce al leone o belve che assaltano cavalieri solitari, come quella del 1854 con arabi impegnati in una movimentata Caccia alla tigre. Questo genere di composizione era per lui anche un'occasione per dipingere splendidi cavalli, i più belli del Romanticismo francese, paragonabili soltanto a quelli delle scene di battaglia del coetaneo Theodore Gericault. Questi dipinti della prima generazione di pittori di animali francese trovarono posto all'Esposizione Universale del 1855 a Parigi dove vennero esposti insieme a quadri di paesaggio[1]. Una nuova generazione di pittori d'animali nacque in Francia attorno al 1820: ne faceva parte Gustave Courbet. Gustave Courbet affrontò con la sua pittura-tutta impegnata alla ricerca di un realismo, inteso come situazione "fotografica" non celebrativa, che superasse le rigide convenzioni accademiche- anche un soggetto considerato tabù nell'arte francese: la sofferenza dell'animale. Un dipinto esemplificativo è La trota-composto nel 1872-distesa sulla riva sassosa di un torrente con gli occhi fuori dalle orbite e le branchie sanguinanti. In quel caso, Courbet retrodatò la realizzazione del dipinto ai suoi mesi di prigionia nel carcere di Sainte-Pélagie, per operare un parallelismo diretto tra la propria vicenda personale e la condizione generale dell'animale, condannato a essere braccato. Dall'impressionismo in poi, si assiste in pittura a un progressivo svuotamento dei significati simbolici- legati alla tradizione medievale e rinascimentale- in tutti i generi maggiori come il paesaggio, il ritratto e la natura morta; anche nella rappresentazione degli animali, che costituisce un importante genere di supporto, la loro presenza viene separata da ogni rimando a significati religiosi o mitologici legati all'esperienza dell'"oltre". Per gli impressionisti. Per gli impressionisti, l'unico motivo d' ispirazione divenne la natura, epidermicamente intesa. Si assiste così con l'impressionismo alla nascita del "motivo pittorico" con animali, dove il significato si riduce alla pura visibilità. Un'altra caratteristica della pittura impressionista è che essa per la prima volta rappresenta gli animali come comparivano nelle abitudini della società parigina della seconda metà dell'Ottocento. Esemplificative a questo proposito sono le opere di Degas con le corse ippiche come Fantini sotto la pioggia(1881): le corse di cavalli erano per lui una vera e propria passione dalla quale realizzò una gran quantità di dipinti e pastelli. La coincidenza tra il significato della pittura e la sua superficie cromatica, inaugurata dall'impressionismo, è visibile anche nel divisionismo italiano. Il divisionismo era una tendenza artistica nata durante il penultimo decennio dell'Ottocento. Il suo scopo, ispirato al pointillisme francese di Seurat e Signac, era dare al colore il massimo splendore mediante una separazione sistematica dei colori complementari giustapposti a puntini e virgolette sulla tela. Il pittore divisionista, che affronta sistematicamente il tema degli animali, nel quale questo legame con la tradizione appare evidente è Giovanni Segantini. Nell'economia della tradizione contadina, alla quale Giovanni Segantini si riferisce, gli animali rivestono un ruolo fondamentale legato all'allevamento e alla pastorizia. Segantini accostava colori puri e li applicava sulla tela a piccoli tratti, in modo filamentoso. La sua tecnica nacque dall'esigenza di rappresentare il vero, la natura incontaminata e gli effetti della luce del sole e si basava sull'applicazione intuitiva delle leggi ottiche. L'occhio dell'osservatore avrebbe percepito in maniera sintetica unificando le pennellate divise se posto a debita distanza. Durante il periodo grigionese Segantini dipinse altri nuovi splendidi dipinti con animali come Cavallo al galoppo (1888). La bellezza dei dipinti di Segantini è anche profondamente legata al suo animo religioso, commosso e quasi ascetico nel sentire tutte le manifestazioni della natura, e quindi anche degli animali, come parte della bellezza del creato.




In quell'occasione, Théofile Gautier, colpito dai dipinti di animali presentati all'Esposizione Universale del 1855, battezzò, nel suo Belle arti in Europa nel 1855, i loro autori come "animalisti", scusandosi di questo "neologismo necessario". 

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