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L'INTERVENTO DELLA PROVVIDENZA NELLE VICENDE UMANE
Seneca - De providentia-
In questo suo trattato sulla provvidenza dedicato all'amico Lucilio, Seneca affronta il problema del perché le disgrazie tocchino agli uomini onesti e buoni, se esiste la provvidenza divina.
Esiste, a parere di Seneca, un ordine, una legge eterna che è ovunque e regola gli accadimenti. Dietro l'apparente irregolarità dei fenomeni esiste la ferrea legge della causalità che regola questi fenomeni secondo un criterio razionale. Quindi la realtà non è affatto priva di significato.
Ma Allora perché capitano disgrazie agli onesti, mentre i disonesti prosperano nel lusso e nella salute?
La risposta che Seneca si sente di dare a questo angosciante interrogativo è che la sofferenza è esercizio che Dio ci infligge perché la virtù umana possa esistere e fortificarsi; quindi è un bene. Il male, le avversità, il dolore, la sofferenza sono prove a cui l'uomo forte e onesto risponde con fermezza; sono esercizi cui si sottopone anche volentieri, perché "senza un avversario la virtù infiacchisce". E come i padri spartani sono severi coi figli che fanno sudare e anche piangere, così Dio, come un padre che ama fortemente i figli, dice: "Siano sottoposti a fatiche, dolori e danni perché acquistino la vera forza".
Nessuno è più infelice di colui al quale non è mai accaduto qualche male. Perché solo la cattiva fortuna rivela grandi esempi di virtù (come fu il caso di Muzio Scevola), la cattiva fortuna sveglia le forze dell'animo e lo spinge a sperimentarsi, a plasmarsi, a forgiarsi. La disgrazia, ribadisce, è occasione di virtù; e il veterano della vita sa affrontare mali e sofferenze con serenità e coraggio.
Per Seneca chi si abitua alla mollezza cadrà al primo soffio di vento; peraltro la provvidenza ama i più forti e s'accanisce contro di loro per rivelare la loro fortezza: li renderà a poco a poco simili a lei e l'assiduità dei pericoli procurerà loro lo spregio dei pericoli stessi.
Così Dio, come un padre spartano, sottopone i figli a dure prove perché li vuole liberi; vuole che l'uomo buono somigli a lui, e cioè che sia ugualmente imperturbabile.
Quindi l'uomo ,secondo Seneca, non deve dubitare dell'intervento divino e deve accogliere senza paura le disgrazie che tempreranno il suo carattere.
Dante - La divina commedia-
In Dante al concetto di fato si sostituisce quello di Provvidenza, cioè l'ordine con il quale Dio regola il creato e determina lo sviluppo della storia.
Dante di contro alla rappresentazione pagana che descriveva la fortuna bendata nell'atto di volgere una ruota, la immagina "ministra di Dio", uno strumento che guida gli eventi umani.
Come spiega nel canto 7° dell'Inferno la fortuna, la provvidenza, è un'intelligenza angelica, destinata da Dio al governo delle cose del mondo e distributrice dei beni secondo il suo volere imperscrutabile.Non è, quindi, una divinità capricciosa e crudele, ma un'intelligenza che amministra le cose del mondo secondo disegni imperscrutabili.
I disegni della Provvidenza possono essere conosciuti e compresi solo dalla mente divina che contempla tutto il corso degli eventi umani.
Ma dove sarebbe lo spazio per il 'libero arbitrio'?
Se intendiamo 'arbitrio' come 'licenza assoluta', lo spazio non c'è; il 'libero arbitrio'in realtà è una libertà psicologica dell'individuo di scegliere. Il tessuto della storia passata o le concatenazioni di movimenti futuri sono il risultato di infiniti atti, "liberi" perchè compiuti dagli uomini in perfetta inconsapevolezza. Per quanto riguarda la prescienza divina, invece, Dante ci informa, attraverso Cacciaguida nel 27° canto del Paradiso, che Dio pur conoscendo il corso degli evanti non li determina.
Quindi la presenza della Provvidenza e la prescienza divina non intaccano la libertà di scelta dell'uomo.
Manzoni - I promessi sposi-
Manzoni è convinto che ci sia una superiore forza divina che interviene nelle vicende umane indirizzandole, attraverso il dolore, al fine di una vita migliore.
La divina provvidenza è senza dubbio tra i maggiori protagonisti del romanzo " I promessi sposi, tanto che ha spinto molti critici a definire l'opera come "poema della Provvidenza".
Infatti l'intervento di Dio nelle vicende umane, che si intravede negli affanni e in quegli spiragli di luce che s'aprono improvvisi in mezzo alle tenebre, è in ogni momento operante. Tutte le coincidenze e gli avvenimenti del romanzo sembrano permeati dall'intervento provvidenziale e il lieto fine è raggiunto grazie all'aiuto di questo.
Se riduciamo questo romanzo ad un epopea della provvidenza non ritroviamo più la storia dell'agire umano ( che Manzoni si propone di mostare), in quanto verrebbe meno il libero arbitrio. Analizzando attentamente l'opera ci si rende conto che sono solo i personaggi ad avere una profonda fiducia nella provvidenza (il narratore non ne parla mai), e questa fiducia è tale che ha la capacità di accrescere anche la fiducia nei propri mezzi.
La provvidenza quindi non è solamente vista dal Manzoni come una forza superiore ma anche come un sostegno morale importante per l'uomo, una categoria della coscienza. I protagonisti de " I promessi sposi" non sono assumano mai un'atteggiamento rinuciatario continuanoad essere fiduciosi in Dio e così con questa convinzione riescono, collaborando con la divina provvidenza, raggiungere i propri obiettivi.
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