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Le prime citazioni di Regina negli articoli di Giovanni Acquaviva (1959)
Ben più interessanti, ai fini della nostra analisi, sono due articoli del 19 9 (da considerarsi l'uno la filiazione, o forse meglio la copia parziale, dell'altro) redatti dall'ex-futurista Giovanni Acquaviva, e con i quali tra l'altro si chiude la rassegna stampa reginiana degli anni Cinquanta
Pittore e scrittore, Giovanni Acquaviva si era avvicinato al Futurismo già nel 1919, mentre ancora studiava Giurisprudenza presso l'Università di Pisa (e in seguito avrebbe peraltro messo a frutto gli studi universitari seguendo l'esempio paterno e diventando magistrato) Dopo essersi inizialmente dedicato alla pittura, con esiti prossimi a quelli di Balla, a partire dagli anni Trenta affianca all'at- tività pittorica e illustrativa anche la scrittura, e soprattutto diviene uno dei principali animatori del gruppo futurista savonese Sant'Elia. Partecipa alle Biennali di Venezia del 1938, del 1940 e del
e alle Quadriennali romane del 1939 e del 1943; negli anni Quaranta, inoltre, pubblica alcuni testi di notevole interesse: del 1941 è il saggio L'essenza del futurismo, suo poetico dinamismo fra le filosofie , mentre nel 1943 escono i volumi Antonio Sant'Elia. Risorgimento delle città demolite d'Italia e il Canzoniere futurista amoroso guerriero (con Marinetti, Farfa e Aldo Giuntini) È inol- tre redattore di diversi manifesti, tra cui in particolare il 1° manifesto patriartista del gruppo savone- se Marinetti - La continuità futurista, cofirmato con Farfa nel 194 Dopo la guerra avrebbe conti- nuato a dedicarsi alla pittura, alla scrittura e alla critica, con un occhio sempre attento nei confronti del movimento marinettiano; in particolare, dopo aver pubblicato, nel 962, il volume Futurismo
nel 1 67 sarebbe stato tra i firmatari del 'pronunciamento' «Futurismo-oggi». Tra non molto si tornerà sia sul volume del 196 , sia sul 'pronunciamento' del 1967; per il momen- to, però, a proposito di Acquaviva vale soprattutto la pena di soffermarsi sul manifesto La continui- tà futurista. Datato «Savona Natale 1944», il manifesto viene scritto a poche settimane dalla scomparsa di Marinetti (che si era spento a Bellagio il 2 dicembre), e sin dal titolo si propone evi- dentemente di suggerire una prosecuzione del movimento anche oltre il suo stesso fondatore (il quale ultimo, d'altra parte, sarebbe stato certamente ben contento di verificare nei suoi seguaci ta- le atteggiamento oltranzisticamente progressivo). In particolare, si possono leggere queste parole104:
Da Virgilio Dante Giotto oltre Marinetti assorgerà a vertice di guida chi sprigionerà la potenza d'esserlo [.]
Avvampato dunque all'invito di Marinetti - a Savona dai primi quarti d'ora iniziati da Farfa il
3/4/44 ad oggi Acquaviva ha tenuto 45 esaltazioni spalancatrici dell'arte italica [.] il Futuri- smo continua in crescendo
C'è anche molta commozione, in questo manifesto: del resto Marinetti era stato per molti giovani futuristi (e certamente per Acquaviva) quasi una sorta di secondo padre, un punto di riferimento sempre disponibile ad incoraggiarli e a sostenerli, nonché un esempio vivente di ciò che significava vivere una vita votata all avanguardia. Soprattutto, però, vorrei sottolineare come Acquaviva e Far- fa abbiano subito pensato - anche per onorare la memoria del fondatore - ad un Futurismo capa- ce di andare oltre Marinetti: ipotizzano addirittura, quasi idolatricamente, che qualcuno possa prendere il suo posto, e soprattutto postulano la necessità assoluta di proseguire lungo la strada da lui tracciata. Insomma in Italia c è ancora la guerra, Marinetti è morto all'ombra della RSI gover- nata dai tedeschi e i futuristi a lui più vicini hanno condiviso anche le sue posizioni politiche; ma il Futurismo, per questi stessi artisti, deve continuare.
Perché ci siamo soffermati così a lungo su questo manifesto, e soprattutto su quell'idea della con- tinuità futurista che esso sostiene? È presto detto: perché uno dei due articoli di Acquaviva che abbiamo segnalato compare su una testata - Arte Viva» - su cui è necessario dire qualche paro- la (mentre l'altra, che è «Il Giornale Letterario», non ha bisogno di presentazioni). Fondata a Roma nel settembre del 1958, «Arte Viva» era nata con l'obiettivo di «apprezzare e difendere» la «libertà del pensiero» come «segno di civiltà ed intelligenza», con particolare riferimento al «vasto ed ari- stocratico campo dell'arte»; soprattutto, la rivista voleva essere per «gli artisti» un «organo di stampa che potrà giovare al dibattito delle proprie idee ed alla diffusione delle proprie esperienze , e specialmente una voce atta a «svegliare coloro che hanno ancora una riserva di nuove energie ed i giovani che custodiscono nel cuore, spesso senza saperlo, l'avvenire della nostra civiltà»105.
Direttore della testata era un altro ex-futurista, il pittore e scrittore calabrese Enzo Benedetto : dopo aver aderito al Futurismo nel 1923 a seguito del fascino su di lui esercitato dalla lettura di Zang Tumb Tumb, nel 1924 Benedetto fonda il giornale futurista «Originalità», e nel 926 organiz- za la partecipazione dei futuristi alla IV Biennale di Reggio Calabria, nella quale anch'egli espone per la prima volta e che è ricordata per essere stata la prima manifestazione pubblica cui i futuristi sono stati ufficialmente invitati. Trasferitosi a Roma nel 1927, collabora a numerose testate di tutta Italia, da «L'Impero» a Il Popolo di Calabria», dalla «Gazzetta di Messina» a «La Provincia di Bol- zano»; continua inoltre a dipingere ed espone con i futuristi in diverse occasioni, tra cui la mostra alla Galleria Pesaro del 1929 e quella al Circolo Artistico Internazionale di Roma del 1930. Nel
1939 si arruola volontariamente per la campagna d'Africa, ma viene catturato dagli inglesi e da questi internato prima in Egitto e poi in India; in seguito, rientrato in Italia, nel 1947 tiene presso la Galleria di Roma una mostra personale dichiaratamente definita «futurista», a palese testimonian- za della volontà di far proseguire oltre la scomparsa di Marinetti, e oltre la Seconda guerra mondia- le, la storia del movimento (esattamente in linea, anche se in maniera autonoma rispetto ad esso, con il manifesto di Farfa e Acquaviva che abbiamo analizzato). Nel 1 58 fonda appunto «Arte Vi- va con cui prosegue nella sua attività di promozione del Futurismo, che porta a compimento nel 1967 con la sottoscrizione del già citato 'pronunciamento' «Futurismo-oggi» (proprio da lui in buona parte redatto) e con la fondazione dell omonima rivista, che nonostante una circolazione piuttosto ristretta si rivelerà un organo di notevole importanza per la diffusione del verbo futurista (e lo si vedrà).
Veniamo a questo punto all'articolo. Come accennato, esso conosce due redazioni tra loro leg- germente diverse: nello specifico, quella di «Arte Viva» è uno stralcio della versione pubblicata su
«Il Giornale Letterario», la quale in aggiunta comprende una prima parte in cui Acquaviva risponde alla lettera indirizzata da un lettore a Gastaldi - editore della rivista - in cui si accusa il periodico di aver ingiustificatamente dato spazio, nel numero di aprile, al Futurismo (definito «una esplosione di stravaganze delle quali nulla si è riflesso sull'Arte» . Peraltro, dal momento che l'estratto pubbli- cato su entrambe le testate non è particolarmente pregnante (poiché in esso, semplicemente, l artista si limita a ripercorrere poeticamente la sua partecipazione al Futurismo le questioni più in- teressanti sono forse proprio quelle esposte nella 'difesa d'ufficio' del Futurismo che Acquaviva stende su «Il Giornale Letterario» in risposta alla lettera. In particolare, mi pare estremamente inte- ressante sottolineare come l'artista-critico - nell articolare la sua replica - abbia voluto evidenziare la continuità di azione avanguardistica degli ex-futuristi
Intanto dopo l'ultima guerra hanno fatto esposizioni personali più volte a Milano, alla galleria Bergamini, Andreoni, Dottori, Crali; alla galleria del Fiore, Prampolini; ultimamente alla galle- ria Bleu [sic], Farfa; Regina insieme agli astrattisti; Munari. e tanti altri: tutti con opere di de- cisa continuità di carattere.
Insomma la posizione di Acquaviva è chiarissima: siamo alla fine degli anni Cinquanta, si festeggia il cinquantenario della nascita del Futurismo e finalmente di esso si ricomincia a parlare; a questo punto, dopo aver scritto prima ancora della fine della guerra che il Futurismo doveva continuare anche oltre Marinetti, ecco che Acquaviva sostiene la «decisa continuità di carattere» (ovviamente futurista) delle opere che gli ex-marinettiani (tra cui Regina) avevano realizzato anche dopo la guerra. Il cerchio delle sue affermazioni, dunque, si chiude: il Futurismo, sebbene magari declinato in altre forme, è ancora ben presente nell'arte italiana. Negli anni a venire - e lo si vedrà - questa posizione interessantissima si sarebbe fatta ancor più precisa ed estremistica, scandendo in ma- niera tutt'altro che marginale - ma sino ad ora mai notata - anche il dibattito critico sull'opera di Regina.
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