Leon Battista Alberti (1404-1472)
L'esistenza del Rinascimento figurativo si deve ad Alberti che diede
una sistemazione teorica alle innovazioni dei primi anni del Quattrocento. Nato
a Genova, la sua famiglia era in esilio e si trasferì prima a Venezia e quindi
a Padova. Laureatosi in diritto a Bologna, nel 1428 poté tornare a Firenze per
poi trasferirsi come abbreviatore apostolico a Roma nel 1432. Tornò a Firenze
nel 1434 con il Papa Eugenio IV e si spostò poi a Ferrara e ancora a Firenze
per il Concilio (1438-39) per la riunificazione di Chiesa di Occidente e
Oriente. Nel 1443 tornò definitivamente a Roma dove morì nel 1472. Alberti fu
uno dei più colti umanisti, scrisse vari trattati e fu autore di poesie e
morali, scrisse di geometria, topografia e meccanica. Architetto e pittore
scrisse i primi tre grandi trattati dell'Età Moderna: il De pictura (1453-36),
il De re Aedificatoria (1447-52) e il De statua. Nel De pictura esprime i
concetti della prospettiva e si da la definizione di disegno, l'importanza della
composizione delle storie e le relazioni luce-colore. Per Alberti il disegno è
linea di contorno e le sue concezioni si trovano in due dipinti che gli sono
stati attribuiti: la Natività della Vergine (che si trova a New York) e la
Presentazione della Vergine al Tempio (a Boston). Nelle due tavole che forse
facevano parte di una predella si hanno prospettive architettoniche con zone di
luce e ombra secondo la provenienza di questa. Le scene, tratte dai vangeli
apocrifi, sono movimentate da un numero elevato di personaggi, animali e cose.
Le dimensioni dei personaggi sono metro paragone degli edifici in cui si
trovano; in più il cielo deve essere quasi bianco verso il basso e azzurro più
in alto. Lo scopo della pittura oltre ad imitare la realtà è quello di trovare
la bellezza, ciò che piace all'occhio, armonia e accordo. Nel De statua parla
dell'utilizzo e della realizzazione di uno strumento che sarebbe servito per
indicare gli elementi di una statua. Nel De re Aedificatoria le conoscenze di
Alberti portano ad una trattazione completa dell'arte dell'edificare. Scritto
nel 1452 prende come esempio Vitruvio e parla quindi del disegno, dei
materiali, dei procedimenti degli edifici pubblici e privati, delle strade, dei
ponti, delle fortezze, dell'organizzazione delle città, dei canali,
dell'ornamento e degli ordini architettonici. Infine delle cause delle lesioni
e della loro prevenzione. Come architetto Alberti interviene nel 1450 nel
rifacimento della chiesa di San Francesco a Rimini, chiesa gotica, chiamata
anche Tempio Malatestiano, perché finanziata da Malatesta, signore della città,
secondo cui doveva diventare monumento celebrativo. Alberti incapsula
l'edificio in un involucro marmoreo, non curandosi dell'edificio sotto,
lasciando per esempio le sue arcate in asse con le finestre laterali. Secondo
la sua concezione non dirige i lavori ma lascia che se ne occupi Matteo de '
Pasti. La parte superiore doveva essere coronata da un fastigio mentre dei
semitimpani l'avrebbero raccordata con la cornice sottostante. Una cupola
avrebbe poi terminato l'edificio. Nella facciata ebbe presente gli archi di
trionfo mentre nei fianchi si rifà agli acquedotti. Il basamento è come un
podio e sorregge i pilastri e le
semicolonne; queste dividono la superficie in tre parti: quella centrale con il
portale sotto una arcata profonda, e quelli laterali che ne riprendono il
motivo. Le arcate sono cieche ma dovevano diventare contenitori per i sarcofagi
dei signori di Rimini. Oltre al Tempio Alberti costruisce anche il Palazzo Rucellai
che ritrovava la sovrapposizione degli ordini. Attorno al 1456 progetta poi la
facciata di Santa Maria Novella, che era già stata parzialmente costruita nel
'300 (portali inferiori laterali, archi acuti e arcate cieche) e Alberti
dovette armonizzare vecchio e nuovo. Nella zona inferiore creò solo il portale
con una grande arcata a tutto sesto tra due colonne corinzie, riproposte agli
angoli della facciata. Tra parte inferiore e superiore c'è un alto attico, e
sopra a questa si trova una facciata sullo schema del tempio tetrastilo con
quattro paraste corinzie zebrate che sorreggono una architrave su cui poccia un
timpano. Due ampie volute decorate congiungono la parte superiore all'attico
nascondendo il tetto. La facciata è iscrivibile in un quadrato, due quadrati
circoscrivono la parte inferiore mentre uno quella superiore. La ripresa del
tempio greco si trova anche nel progetto di San Sebastiano e Sant'Andrea tutte
e due a Mantova, volute dai Gonzaga. San Sebastiano è a pianta centrale,
iniziata nel 1460 e portata avanti da Luca Fancelli. La pianta è a croce greca
con un pronao su un solo lato; la facciata prevedeva sei lesene ma due furono
eliminate dando importanza alla muratura. Sopra le lesene si ha una cornice e
un frontone spezzato. In Sant'Andrea, progettato nel 1470 e iniziato da
Fancelli si torna alla pianta longitudinale. La facciata riprende l'arco di
trionfo unito alla facciata di un tempio classico con tre aperture per il
pronao, una centrale, amplissima, con una grande arcata e altre due piccole.
Quattro lesene sorreggono un basso architrave sopra al quale si trova un
timpano. All'interno una volta a botte cassettonata sorretta da pilastri tra
cui si aprono cappelle coperte da volte a botte. L'apertura sotto una nicchia e
una finestra è ripresa tra le cappelle interne.