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Le avanguardie storiche
I numerosi movimenti artistici sorti all'inizio del Novecento sono stati tutti caratterizzati da una volontà di rottura con il passato. Questa forte carica di rinnovamento li ha di fatto posti in prima linea nell'ambito delle nuove ricerche artistiche. Ciò ha determinato l'appellativo, dato a questi movimenti, di «avanguardie». Tutto il Novecento, in realtà, è stato caratterizzato da un clima di sperimentazione continua. Lo spazio temporale di questo fenomeno coincide con gli anni a cavallo della prima guerra mondiale. Le prime avanguardie sorgono intorno al 1905, con l'Espressionismo; le ultime agli inizi degli anni '20, con il Surrealismo.
L'ESPRESSIONISMO
E' una tendenza dell'avanguardia artistica del '900, diffusasi agli inizi del secolo nell'Europa centro-settentrionale, specialmente in Germania. L'arte, secondo la loro concezione non è rappresentazione ma creazione di realtà, per cui viene rifiutato ogni tipo di linguaggio precostituito. L'oggetto della rappresentazione diviene il mondo interiore, soggettivo. Non si tratta pertanto di una fuga in un'altra realtà, ma della ricerca di una comprensione più profonda della natura umana.
Questo movimento riflette la situazione sociale nel periodo della prima guerra mondiale: una situazione nella quale gli artisti non riuscivano ad immedesimarsi: miseria, perdita di valori, lotta di classe, solitudine; questi i temi più cari agli Espressionisti, che cancellano al mondo ogni realtà oggettiva per trasferirla nella sfera del personale, tingendo la natura dei colori dell'angoscia e della morte. Gli artisti di questo movimento usano colori e forme per esprimere paure, angoscia, sensazioni dolorose che l'uomo prova durante la sua vita. E' una pittura che usa le immagini per esprimere il complesso mondo interiore dell'uomo. E' una forte opposizione ad ogni forma di naturalismo, c'è infatti un capovolgimento di concezione rispetto al passato : non è più la natura a operare sull'uomo, che si limita poi a trascrivere ciò che ha impressionato la retina, ma è l'uomo stesso ad agire sulla natura, facendo prevalere la sua soggettività, contrariamente a quanto invece aveva fatto Courbet qualche decennio prima.
Il termine espressionismo nacque come alternativa alla definizione di impressionismo. Le differenze tra i due movimenti sono sostanziali e profonde. Come l'Impressionismo rappresentava una sorta di moto dall'esterno verso l'interno (era,cioè, la realtà oggettiva ad imprimersi nella coscienza soggettiva dell'artista), l'Espressionismo costituisce il moto inverso: dall'interno, cioè dall'anima dell'artista, direttamente all'esterno, alla realtà. L'impressionismo rimase sempre legato alla realtà esteriore. L'artista impressionista limitava la sua sfera di azione all'interazione che c'è tra la luce e l'occhio. L'espressionismo, invece, spostava la visione dall'occhio all'interiorità più profonda dell'animo umano. L'occhio, secondo l'espressionismo, è solo un mezzo per giungere all'interno, dove la visione interagisce con la nostra sensibilità psicologica.
Un'altra profonda differenza divide i due movimenti. L'impressionismo è stato sempre connotato da un atteggiamento positivo nei confronti della vita. Era alla ricerca del bello, e proponeva immagini di indubbia gradevolezza. I soggetti erano scelti con l'intento di illustrare la gioia di vivere. Di una vita connotata da ritmi piacevoli e vissuta quasi con spensieratezza.
Totalmente opposto è l'atteggiamento dell'espressionismo. La sua matrice di fondo rimane sempre profondamente drammatica. Quando l'artista espressionista vuol guardare dentro di sé, o dentro gli altri, trova sempre toni foschi e cupi. Al suo interno trova l'angoscia, dentro gli altri trova la bruttura mascherata dall'ipocrisia borghese. E per rappresentare tutto ciò, l'artista espressionista non esita a ricorrere ad immagini «brutte» e sgradevoli.
Da un punto di vista stilistico la pittura espressionista risulta quindi totalmente antinaturalistica, lì dove l'aderenza alla realtà dell'impressionismo collocava quest'ultimo movimento ancora nei limiti di un naturalismo seppure inteso solo come percezione della realtà.
L'infanzia del pittore norvegese Edvard Munch è segnata da tragici avvenimenti familiari quali la morte della madre e della sorella, che lasciano una impronta tragica nella sua coscienza e si riflettono nella sua arte: la madre viene a mancare quando agli aveva ancora solo cinque anni, mentre la sorella Sophie muore a quindici anni di tubercolosi. Fu soprattutto l'agonia di questa a segnarlo molto profondamente, come emerge da due frammenti ritrovati nei suoi diari:
'Nella casa della mia infanzia abitavano malattia e morte. Non ho mai superato
l'infelicità di allora.[..] Così vissi con i morti '
BAMBINA MALATA
Come emerge dall'analisi dell'opera, Munch dipinge più volte sulla stessa tela, raschia il colore in alcuni punti, lo diluisce in altri,aggiunge nuovi particolari o ne toglie, testimonianza ulteriore di un lavoro inesausto.Il quadro è costruito in modo tale da concentrare l'attenzione degli osservatori sul volto della bambina, posto in maggiore risalto dal bianco del cuscino. Lo sguardo della morente, che contempla la finestra (a simboleggiare il suo desiderio di andare oltre il mondo) è in contrasto con quello della madre, ripiegata su se stessa in un moto di dolore. Il pittore abbozza soltanto le mani delle due donne nell'atto di stringersi: la malata non è già più qualcosa di terreno, la sua calma gioia dimostrano il suo appartenere ad una dimensione superiore. Il tentativo della madre di tenerla con sé risulta perciò vano. Le uniche cose reali rappresentate sono perciò gli oggetti, come il bicchiere mezzo vuoto (altro simbolo) o il comodino, disegnati dall'autore con il preciso scopo di ancorare la scena al mondo reale. Non c'è la rappresentazione della scena, ma l'espressione dei sentimenti dei protagonisti. Tutte le convenzione del disegno vengono trasgredite: manca il chiaroscuro, manca il disegno.
Nell'opera munchiana si riflette il contributo filosofico di grandi pensatori come Kierkegaard, Nietszche e ancor prima di Schopenauer. La nuova arte nasce dal distacco dell'artista dalla vita sociale e dai suoi costumi, sempre più vacui, estetizzanti ed incapaci di dare all'esistenza un significato pregnante. Dice lo stesso Munch: "La mia arte ha le sue radici nelle riflessioni sul perché non sono uguale agli altri, sul perché ci fu una maledizione sulla mia culla, sul perché sono stato gettato nel mondo senza poter scegliere."
E' il senso di instabilità, di incertezza e di paura il nuovo protagonista dell'arte di Munch. Egli, allontanatosi dalla vita esterna, rivolge tutta la sua attenzione all'interiorità ed alla psiche umana.
L'uso dei colori è completamente funzionale alla psicologia del pittore e quindi la scena perde definitivamente ogni connotazione realistica, fino a sembrare un sogno od il frutto amaro dell'interiorità dell'autore.
A differenza degli impressionisti, attivi nella modernissima e movimentata Parigi, Munch è un uomo dell'Europa del Nord, suggestionato dall'Esistenzialismo e profondamente estraneo all'ottimismo progressista del Positivismo, che sente la condizione umana come solitudine ed angoscia, isolamento dell'individuo circondato da un mondo ostile. Su questa tragica visione della realtà è imperniata tutta la sua opera, di cui 'Sera sulla via Karl Johan' e Il grido sono i momenti più alti.
Munch decide di rappresentare uno dei riti più usuali per la borghesia norvegese, ossia il passeggio. La scelta di dipingere tutti i protagonisti attribuendo loro le fattezze di strani esseri a metà tra scheletri e fantasmi è chiara: il pittore critica l'adesione inopinata alle forme di svago correnti, al solo scopo di ottenere un posto al sole nell'alta società. Un uomo che compia questa decisione è morto (cioè scheletro o fantasma) in quanto cessa di essere individuo e si confonde nella folla. Dell'umanità dei personaggi non sono rimasti che gli attributi esteriori: i cilindri degli uomini e i cappellini delle donne. E' presente nel dipinto anche l'immagine del Parlamento, segno che sono anche le istituzioni complici alla creazione di scheletri, sopprimendo le personalità individuali.
L'individuo pensante, l'uomo veramente umano, assume perciò nel quadro le fattezze di una forma scura che volta le spalle all'osservatore e procede controcorrente rispetto a tutti gli altri personaggi della scena: se solo egli si potesse voltare sicuramente mostrerebbe un volto reale. Egli è l'artista stesso, che cammina contro corrente, incurante della massa.
La passeggiata lungo un viale cittadino di Oslo è occasione per Munch di mostrare cosa egli pensa dei cittadini borghesi in genere: un'umanità spiritualmente vuota che come zombi vive senza realmente vivere. Il quadro ha un'atmosfera anche gradevole, con i suoi toni saturi che rendono efficacemente la suggestione dell'ora serale, e ciò crea un contrasto ancora più stridente con l'immagine cadaverica dei passanti che, più che passeggiare, sembra stiano seguendo un funerale.
Una chiave di lettura del dipinto ci è offerta dallo stesso Munch in una pagina di diario: 'Camminavo lungo la strada con due amici - quando il sole tramontò - il cielo si tinse all'improvviso di un rosso sangue - mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto - sul fiordo neroazzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco - i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura - sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura'. In questo quadro l'abbandono di ogni ricerca di verosimiglianza è radicale ed esplicito: l'uomo che grida è raffigurato come una larva contorta dai lineamenti orribilmente stravolti e semplificati, e l'eco del suo urlo sembra espandersi nei contorni sinuosi del paesaggio che lo circonda, amplificato dallo stridente contrasto fra le tonalità incandescenti e cupe dei colori. La linea, la forma, il colore non sono più strumenti per riprodurre le parvenze del mondo o per creare oggetti piacevoli a vedersi, ma dirette emanazioni dei sentimenti angosciosi dell'artista, intenzionato unicamente ad esprimere attraverso la pittura il proprio mondo interiore.
Ricompare ancora una volta questa figura priva di lineamenti, ridotta ad un teschio. Più che ad un corpo, fa pensare ad uno spirito. La testa è completamente calva come un teschio ricoperto da una pelle mummificata. Gli occhi hanno uno sguardo allucinato e terrorizzato. Il naso è quasi assente, mentre la bocca si apre in uno spasmo innaturale. L'ovale della bocca è il vero centro compositivo del quadro. Da esso le onde sonore del grido mettono in movimento tutto il quadro: agitano sia il corpo dell'uomo sia le onde che definiscono il paesaggio e il cielo. Il cielo diventa rosso, quasi a richiamare una scena infernale, mentre le nuvole, il fiume e l'orizzonte si avvolgono in una sorta di turbine, di gorgo che risucchia il protagonista e lo conduce verso l'inevitabile morte.
Essa fugge da due figure che compaiono sullo sfondo, sottolineando con ritrovata forza descrittiva la rottura insanabile tra il pittore e la società del tempo. I due uomini sullo sfondo sono sordi ed impassibili all'urlo che proviene dall'anima dell'uomo. Sono gli amici del pittore, incuranti della sua angoscia, a testimonianza della falsità dei rapporti umani. La scena è fortemente simbolica: l'uomo che urla esprime il dramma dell'umanità, che vive nella solitudine; il ponte richiama i mille ostacoli che ciascuno di noi deve superare nella propria esistenza, mentre i presunti amici rappresentano la falsità dei rapporti umani.
Del tutto estraniata dalla realtà, la vittima è sopraffatta dalla consapevolezza di un terrore indicibile che viene dall'interno. L'uomo urla ma si tappa le orecchie: si sente solo disperato, abbandonato in un mondo senza senso e tuttavia non vuole sentire il suo dolore, si rifiuta di accettarlo. Il grido è il manifesto del senso di angoscia che attanaglia l'individuo e gli mostra la pura essenza delle cose. L'urlo di questo quadro è una intesa esplosione di energia psichica. È tutta l'angoscia che si racchiude in uno spirito tormentato che vuole esplodere in un grido liberatorio. Ma nel quadro non c'è alcun elemento che induca a credere alla liberazione consolatoria. L'urlo rimane solo un grido sordo che non può essere avvertito dagli altri. E così l'urlo diviene solo un modo per guardare dentro di sé, ritrovandovi angoscia e disperazione.
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