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La Riforma, da fenomeno tipicamente tedesco, divenne, già a metà degli anni '20, un movimento europeo; dal feudalismo si staccarono movimenti riformatori di diversa ideologia. Tra questi gli anabattisti capeggiati da Tomas Münzer che negavano il valore del battesimo impartito da bambini e propugnavano il battezzamento. Si diffuse soprattutto fra i ceti popolari ma non era protetto da alcun principe, per questo fu combattuto con violenza tanto dai protestanti che dai cattolici.
Nel corso degli anni '20 si erano affermati i riformatori svizzeri.
A Zurigo, Hulrich Zwingli aveva ottenuto l'abolizione della messa, sostituita da una commemorazione eucaristica semplicissima. Egli escludeva del tutto che la grazia divina potesse trasmettersi attraverso oggetti materiali ed i sacramenti diventavano, in questa ottica, dei simboli; in particolare condannava la tesi della presenza reale di Cristo nell'Eucarestia, differenziandosi così nettamente dai luterani. Più tardi entrò in guerra con i cattolici svizzeri rimanendo ucciso in battaglia.
Una nuova fase della storia della Riforma fu aperta da Giovanni Calvino. Alla fine del 1533 lo spirito della Riforma era entrato nell'ambiente dell'Università di Parigi dove Calvino studiava; Francesco I intendeva reprimerlo con la forza, perciò Calvino fuggì in Svizzera e si stabilì definitivamente a Ginevra.
Calvino fondeva la cultura umanistica con i principi universali della riforma, depurati dall'avversione luterana. Il calvinismo si liberò da ogni traccia di sottomissione all'autorità politica. Il principio della superiorità della fede sulle opere restava, per Calvino come per Lutero, il punto di partenza da cui depurare il Cristianesimo da ogni traccia di ritualismo. Perciò le sue tesi, soprattutto in fatto di sacramenti furono molto vicine a quelle di Zwingli: negava la presenza reale di Cristo nell'Eucarestia. Il Calvinismo si differenziava dal Luteranesimo per il fatto che la fede può derivare solo dalla grazia di Dio ed è impossibile per l'uomo sapere per quel motivo Dio infonde la sua grazia su alcuni e su altri no. Questo mistero della fede è legato al tema della predestinazione: gli uomini di fede, che sono eletti da Dio sono predestinati alla salvezza, gli altri alla dannazione. Appare chiaro che la svalutazione delle opere era in Calvino più radicale che in Lutero; tuttavia il calvinismo non conduceva a disprezzare le opere, anzi trasformava il vocazione divina il proprio stato sociale e faceva del lavoro un modo per glorificare Dio e per esprimere la salvezza della fede e del suo fondamento nella grazia: il lavoro produttivo diventava così una forma di preghiera; l'arricchimento continuava ad essere malvagio ma non il fatto in sé della produzione. Per conseguenza Calvino distingueva l'USURA, con la quale si opprimono e si sfruttano i poveri, dal PRESTITO D'INTERESSE nell'investimento produttivo. Questo diverso modo di concepire il rapporto tra fede ed opere ha un corrispettivo nel ruolo attribuito alle attività civili.
Lutero aveva delegato il potere ai principi, mentre Calvino non soltanto ammetteva il diritto di ribellione contro l'autorità che si allontanava dalla legge di Dio, ma soprattutto affermava che la vita religiosa deve improntare la stessa comunità civile e non restare chiusa nella coscienza. Lo Stato non è solo violenza ma serve a valorizzare la vita associata.
Calvino emanò le «ordinanze ecclesiastiche», il modello della comunità calvinistica tendenzialmente repubblicana, nella quale le autorità cittadine collaboravano con il Concistoro dei pastori evangelici e dei rappresentanti laici della città nell'opera di controllo della purezza della fede e dei costumi, nella repressione dell'eresia, dell'immoralità e degli scandali.
Il calvinismo troverà una grande rispondenza in Francia, in Olanda, in Polonia, in Scozia ed in Inghilterra.
La riforma luterana fu accolta da molti sovrani europei, quelli di Germania, Danimarca e Svezia, mentre il re d'Inghilterra separò la chiesa nazionale da Roma, pur non accogliendo la teologia luterana. Nacque così la Chiesa anglicana.
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