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Inquadramento di Regina nel Futurismo milanese (1993)
Nel 1993 le sale di Palazzo Reale ospitano una importante mostra dedicata alla ricostruzione del panorama del Futurismo milanese degli anni Trenta, originata dalla collaborazione con l'Archivio Cesare Andreoni che tiene le fila del progetto (a propria volta ideato da Enrico Crispolti ed Anty Pansera e coordinato da quest'ultima sola).
Nonostante sia apparentemente incentrata sulla sola figura di Andreoni, il progetto della rassegna è in realtà ben più ampio e ambizioso: infatti, come precisano i due ideatori nella loro premessa, la presentazione delle opere di Andreoni (donate dalla moglie dell'artista alle Civiche Raccolte d'Arte milanesi) si è trasformata in un'occasione per recuperare tutto lo spessore del contributo milanese al Futurismo degli anni tra le due guerre, tradottosi soprattutto in un'attività espositiva di cui ancora non sono stati chiariti tutti i nodi più interessanti. Così, oltre alla fondamentale ricerca crispoltiana sulle vicende e le caratteristiche di questo 'Futurismo milanese' , nelle pagine del catalogo si allineano contributi - tutti firmati da importanti specialisti - relativi alla presenza di Marinetti a Milano al teatro futurista all'editoria futurista a Milano all'attività grafica e pubblicitaria di alcuni protagonisti del movimento (e anche qui Milano è per ovvie ragioni al centro dell'indagine , alle mostre futuriste a Milano tra 1909 e 194 , ai rapporti tra Futurismo ed astrattismo milanese all'architettura futurista e alle 'case d'arte' futuriste a Milano
Posto che il volume è per noi interessantissimo nella sua totalità, poiché consente di ricostruire in maniera sufficientemente precisa l'ambito storico geografico e culturale in cui Regina si trovò concretamente ad operare nella sua stagione futurista e precisato altresì che nessuno dei saggi in questione tratta specificamente dell'opera reginiana, è evidente che i contributi per noi più pregnanti sono quelli che riguardano le mostre, i tratti peculiari del Futurismo milanese e le tangenze di esso con l'astrattismo del Milione, ed è dunque su questi che ci si soffermerà primariamente
Il contributo di Bassi sulle mostre futuriste sebbene parli pochissimo di Regina, è utilissimo per verificare le occasioni di incontro con i futuristi che la scultrice può aver avuto sin dagli anni Venti, ed è altresì fondamentale - pur nella lacunosità dello stato degli studi - per comprendere almeno alcuni elementi del funzionamento del sistema espositivo futurista in ambito milanese. Bassi non riporta la partecipazione di Regina alla rassegna Omaggio futurista a Boccioni (probabilmente perché nel catalogo della rassegna Regina non compare - sebbene la sua presenza sia testimoniata dalle recensioni - e perché c'è da credere che l'autore abbia sposato la posizione di Crispolti mentre segnala la sua presenza alla mostra del Circolo Nazario Sauro e la sua adesione al cosiddetto Manifesto dei futuristi venticinquenni (ovvero il Manifesto tecnico dell'aeroplastica futurista, cui si è già accennato più volte e sul quale si tornerà).
Ancor più importante, e anzi fondamentale per delineare un panorama generale del Futurismo milanese entro cui anche Regina si inserisce, è ovviamente il saggio di Crispolti , il quale - partendo dal caso Andreoni, ed evidenziando come un'analisi corretta e completa della sua opera non possa prescindere dall'esame della sua produzione non pittorica - evidenzia le mille sfaccettature del Futurismo milanese, che - attivo com'è nella città leader in Italia in termini di industria e comunicazione - assume giocoforza un carattere spiccatamente «progettuale» (che d'altra parte «costituisce la maggior caratteristica della cultura artistica milanese, in particolare negli anni Trenta , e non solo della locale sezione futurista) . Stabilito questo, Crispolti analizza poi i tempi e le modalità di formazione di un Gruppo futurista milanese», e quindi i suoi svolgimenti nel corso degli anni Venti e Trenta, avanzando - circa la personale partecipazione di Regina - alcune valutazioni che vale la pena di riportare interamente
Quanto al lavoro di Regina non presente nella mostra dei venticinquenni, ma certamente vicina se ha potuto appunto aggiungere contemporaneamente (ed è l'unica) la propria firma in calce al manifesto [il Manifesto tecnico dell'aeroplastica futurista, ndr], non è difficile sottolineare il carattere analogamente di implicita sintesi grafico-disegnativa, che come fu già evidente attraverso la sua personale milanese del marzo-aprile 19 1 alla Galleria Senato (assieme al pittore figurativo Luigi Bracchi, suo marito), la porta a concepire candidamente l evento plastico risolto nel ritaglio e duttile piegamento di sagome metalliche. Persico nel 1 31 le leggeva più che come «vere sculture» come «'oggetti' [.]». Ma non v'è dubbio risultino una originale ipotesi di messa in crisi dell'idea stessa di scultura intesa nei suoi termini ponderali e volumetrici tradizionali, nella Milano ove nel 1934 Fontana lavorava alle sue antisculture graficamente spaziali [.]; e contemporaneamente Munari immaginava appunto: i suoi 'aeroplastici' tramati di vuoto e le sue prime 'macchine inutili'. Dialogante epistolarmente con Fillia (che ne apprezzava il lavoro) al livello di quella propria personale milanese, in realt , malgrado Marisa Vescovo nel catalogo della retrospettiva di Regina a Modena nel 1980 mi abbia forsennatamente accusato di averle sottaciute, le partecipazioni dell artista alle mostre futuriste furono assai limitate. E si è inserita infatti fra i futuristi non partecipando neppure (come sempre si sente ripetere) all'Omaggio a Boccioni a metà del 1933, nel cui dettagliato catalogo infatti non figura, ma appunto nella Piccola mostra quasi contemporanea (più specifica quanto al gruppo milanese ma certo di minor rilievo nazionale), esponendo l'anno dopo fra i futuristi nella XIX Biennale veneziana [.], quindi nella Seconda Quadriennale d'Arte Nazionale [.], e in modo più consistente sempre entro la sezione futurista nella XX Biennale veneziana del 1936, per ritrovarsi nella mostra Aeropittura futurista alla Galleria del Milione all'inizio del 938.
La restante parte del saggio di Crispolti indaga rapidamente questioni che al momento ci interessano poco perché già le abbiamo viste), ovvero le presenze dei milanesi alle Biennali di Venezia e alle Quadriennali di Roma, e infine, in chiusura, l'attività di Andreoni. Due parole, invece, le meritano le considerazioni di Crispolti su Regina: al di là dell'ormai annosa questione della presenza o assenza di Regina all'Omaggio futurista a Umberto Boccioni, significativi sono specialmente gli accostamenti di Regina a Munari, a Fillia e a Fontana
Il terzo saggio di grande interesse ai fini della nostra indagine è, come detto, quello di Caramel relativo ai rapporti tra questo gruppo secondo-futurista milanese e il coevo gruppo degli astrattisti milanesi-comaschi . Caramel comincia il suo testo riportando due lunghi e notissimi brani del Kn di Carlo Belli, in cui il critico e teorico trentino illustra non solo il significato della ricerca puramente astratta di cui si fa personalmente interprete, ma anche i motivi della sua opposizione al Futurismo (che per varie ragioni può sì essere lodato in quanto «moto precursore del fascismo», ma «l'arte non c'entra») ; poi, prima di ripercorrere i termini dell'alleanza strategica tra futuristi ed astrattisti contro l'ala destra del fascismo (che intendeva importare in Italia l'operazione entartete Kunst), Caramel comincia ad esaminare in termini assai generali le convergenze tra Futurismo e astrattismo, citando innanzitutto gli esempi di futuristi sbilanciati verso l'astrazione come Balla, Evola, Prampolini, Pannaggi e Paladini, per poi analizzare più nello specifico le peculiari tangenze tra futuristi milanesi e astrattisti milanesi-comaschi, individuando situazioni quasi border-line non solo in Munari (come è ovvio e ben noto), ma anche, sul versante opposto, in Veronesi o in Fontana, senza contare l'esempio offerto da Andreoni, che data l impostazione della rassegna viene esaminato con particolare attenzione. Caramel, dunque, non cita Regina quale esempio di tangenza reale ed effettiva tra Futurismo ed astrazione, rimanendo di fatto coerente con la posizione da lui più volte espressa; ciononostante, in tutta evidenza, il suo contributo suggerisce - sia pur in maniera certamente non definitiva - i termini di questo rapporto così sfuggente eppure sottilmente percepibile nell'opera di tanti protagonisti di quella stagione dell'arte milanese.
La mostra è recensita più volte: sul «Corriere della Sera ViviMilano» del 27 gennaio , su «la Repubblica TuttoMilano e su «Il Giornale» del giorno successivo , su «Il Sole 24 Ore» del 1 gennaio e ancora su «Il Giornale» del 21 febbraio ; in tutti gli articoli, però, Regina è poco più che citata. Tra di essi, a parte qualche interessante considerazione di Mola sulla damnatio memoriae toccata al Futurismo per ragioni politiche (che non a caso compare proprio su «Il Giornale»), e oltre ad una minima storia del problema del Secondo Futurismo impostata dalla Masoero, si distingue solo il bell'articolo di Elena Pontiggia, che analizza - sia pur brevemente - il senso ultimo della rassegna, che non propone «artisti sommi, ma un coro di voci ben assortite che si potenziano a vicenda e un folto gruppo di [.] pezzi [.] che, se individualmente non strappano l'urlo, insieme danno il senso di un'epoca, di un gusto, di una sensibilità».
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