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Filosofia - La terapia del ricordo




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Filosofia - La terapia del ricordo



Con l'analisi delle interviste rivolte alle anziane ospiti dell'Istituto "De Pagave" abbiamo parlato di come la memoria sia in grado di modificare e distorcere la visione del mondo attuale, rendendo l'interpretazione dei fenomeni soggettiva in base alla storia personale di ogni individuo. Questa concezione di soggettività dell'interpretazione in base alla propria storia viene affrontata dalla psicologia che nasce con Freud. Nell'opera Studi sull'Isteria del 1895, scritta a quattro mani da Freud e il suo maestro Breuer, vengono presentati diversi casi di donne affette da particolari patologie che non hanno una definita origine organica: ansia, insonnia, nausea, allucinazioni, disturbi della locomozione. Tutti deficit cognitivi e motori che colpiscono all'improvviso le pazienti senza che la Medicina sia in grado di formulare una diagnosi corretta.

Partendo da questi casi apparentemente irrisolvibili, Freud e Breuer gettano la basi della psicanalisi: una terapia basata sulla parola che va ben oltre le normali terapie farmacologiche, ma che va a toccare le corde più profonde di ogni individuo scatenando e scoprendo gli anfratti più nascosti della storia di ogni persona. Questo modus operandi si basa sulla convinzione che la struttura mentale dell'uomo sia divisa in tre parti. La descrizione di questi tre spazi viene illustrata da Freud nelle sue Topiche (dal greco topos che significa luogo).

Nella prima Topica del 1915, Freud elabora i concetti di inconscio, preconscio e conscio, che sarebbero i nomi che il medico attribuisce alle tre parti che compongono la psiche di ogni persona. Questi tre spazi sarebbero poi divide da delle censure, ossia da muri che filtrano ciò che può passare da uno spazio all'altro. L'inconscio è il luogo degli istinti primordiali e degli impulsi, dove vige il principio del piacere; il preconscio filtra ciò che esce dall'inconscio così che non arrivi a livello di coscienza e rielabora le immagini psichiche dell'inconscio così che diventino comprensibili a livello di coscienza. La coscienza infine consente all'individuo di entrare in rapporto con il mondo perché in essa risiede il principio di realtà, cioè si esamina la situazione, si studia l'ambiente in cui ci si trova e si adottano le normative per divenire socialmente accettabili in quel dato contesto. In questo modo quindi, tutte le pulsioni dell'inconscio vengono frenate e soppresse.

Nella Topica del 1920, rielabora la suddivisione della psiche separandola in Super Io, Es ed Io. L'Es è il luogo del rimosso e del celato, che corrisponde un po' a quello che in precedenza era definito come inconscio; lì hanno sede tutte le pulsioni primitive dell'uomo che premono con violenza affinché venga dato loro sfogo. Diametralmente opposto si trova il Super Io, che è la struttura etica che ci impone tutti i "NO" morali che vengono inculcati al bambino con i divieti imposti dai genitori, proibizioni utili alla crescita perché l'individuo capisca cosa è giusto e cosa no, cosa è accettabile e cosa è meglio nascondere e non mostrare in società. In mezzo a queste due strutture si trova l'Io, che fa da filtro e media fra Super Io ed Es; la regolazione degli equilibri fra le due strutture è resa possibile grazie all'esperienza con cui viene a contatto l'Io, consapevolezze che vengono incise nella memoria dell'individuo e finiscono nel Super Io o nell'Es e che, inconsciamente, hanno il potere di regolare gli atti e i gesti di una persona.

Quando si verifica una totale invasione da parte dell'Es dell'Io, il soggetto cade preda della psicosi: egli agisce solo in base al principio del piacere, cioè cerca solo di soddisfare i propri bisogni, senza considerare le circostanze sociali che dovrebbero imporre e vietare determinati comportamenti. I casi più noti di psicosi si trovano nell'autismo, dove i pazienti affetti da questa patologia non sono in grado di relazionarsi correttamente con il mondo che li circonda, ma al contrario sono chiusi in loro stessi, separati da un muro che impedisce loro di cogliere le regole sociali entro cui sono immersi.

Al contrario, la nevrosi vede un preponderante controllo sull'Io da parte del Super Io, situazione che porta il soggetto ad uno stato di immobilità causata dalla fortissima tensione interna fra il desiderio di voler compiere un gesto e l'estrema opposizione imposta dallo sbarramento morale del Super Io.

La mente cosciente, l'Io, possiede dei meccanismi di difesa che gli consentono di deviare in modo socialmente accettabile queste pulsioni: regressione, rimozione e sublimazione. Le prime due prevedono un accumulo delle pulsioni primordiali nell'Es dove vengono stipate giorno dopo giorno fingendo che non esistano. Tuttavia questa soluzione è solo temporanea perché si arriverà ad un punto in cui l'Es non sarà più in grado di assimilare e nascondere ulteriori pulsioni e quindi scatterà la psicosi. La sublimazione invece è un processo molto più costruttivo che porta ad una trasformazione delle pulsioni in "forza buona" utile per compiere attività socialmente accettabili: impegno professionale, opere di volontariato, costruzione di una famiglia. Tutte attività che richiedono un grande sforzo che può essere sostenuto proprio grazie alla deviazione degli impulsi primitivi. Anche questa soluzione, in realtà, non libera totalmente l'uomo dalla sua parte più buia perché comunque la sublimazione richiede un grande sforzo che non sempre l'uomo è pronto a compiere. Proprio in questi casi si hanno i cedimenti psicologici che, ricollegandoci all'inizio del discorso, portano alla nascita dell'isteria.

Freud ha avuto il merito di aver capito che l'isteria fosse collegata ad eventi traumatici o ad esperienze particolarmente forti che hanno modificato gli equilibri interni fra Es e Super Io. Da questa concezione nasce la terapia basata sulla parola di cui si è accennato in precedenza: lo psicoterapeuta deve essere in grado di guidare il paziente in un percorso a ritroso nella propria mente finché non avrà incontrato ed individuato l'evento traumatico che potrà essere così messo in evidenza e studiato. Come precisa correttamente Svevo nella sua Coscienza di Zeno, la psicanalisi non ha il potere di eliminare definitivamente il problema restituendo una vita normale al paziente, ma ha il compito di insegnare al paziente a convivere con il proprio problema così da adattarsi ad esso sopportando e placando le pulsioni primitive che scaturiscono dal trauma.

Per affrontare questo percorso a ritroso nella memoria del paziente, lo psicoterapeuta usa il gioco delle associazioni libere: facendo dire al paziente parole apparentemente casuali come risposta a parole dette dal medico, egli è in grado di capire, in base alle risposte del paziente, determinati meccanismi psicologici e la direzione in cui si trova il trauma. Detto così sembra molto complesso ma voglio porre l'attenzione ad un banalissimo test che ha la pretesa di determinare chi ha una mente da serial killer e chi una mente normale. Ovviamente non c'è nessuna pretesa di scientificità né di serietà in tutto ciò, ma ritengo che sia abbastanza utile per esemplificare ciò che è stato appena spiegato. Racconterò ora un breve aneddoto: una ragazza si trova al funerale del padre; vede un ragazzo e se ne innamora follemente. Il giorno dopo uccide la propria sorella. La domanda che viene posta è: sai spiegare perché la ragazza ha commesso tale gesto? La risposta data da una mente normale si rifà immediatamente ad un collegamento tipicodi una soap opera: lei era la cognata di questo seducente uomo e uccide la sorella per potersi fidanzare con lui. La risposta che invece dovrebbe dare un serial killer prevede che la ragazza abbia ucciso la sorella nella speranza che l'uomo si sarebbe presentato anche al funerale della sorella. Non ci avevate pensato, vero? Beh. Scientifico o meno, sono più rilassato così.








Irvin David Yalom - Le lacrime di Nietzsche


Le lacrime di Nietzsche è un romanzo pubblicato da Neri Pozza editore nel 1992 e scritto da Irvin D. Yalom, emerito professore presso la Stanford University School Of Medicine e psichiatra a Palo Alto, in California. Il romanzo, ambientato nella Vienna dell'inverno 1882, narra l'incontro fra l'eminente dottor Josef Breuer, uno fra i più rinomati medici e diagnosti d'Europa, e il professor Friedrich Nietzsche, eccentrico filosofo e filologo scomodo all'ambiente accademico.

La vicenda si apre con l'incontro a Venezia fra Breuer e Lou Salomè, un'avvenente signorina che propone al medico di prendere in cura Nietzsche, affetto da una patologia che nessun medico d'Europa è riuscito a curare. I sintomi sono fortissime emicranie, nausea, allucinazioni e inibizioni del movimento. Per convincere il medico dell'importanza di quello sconosciuto, la ragazza lascia a Breuer La gaia scienza e Umano, troppo umano, due delle opere di Nietzsche. Breuer accetta il caso e comincia a seguire il paziente. Iniziano così insieme un lungo percorso di introspezione psicologica in cui i ruoli vengono sovvertiti: Breuer diventa il paziente e Nietzsche il medico. Infatti il dottore chiede al filosofo di aiutarlo a dimenticare una sua paziente, Bertha Pappenheim, che lo ossessiona rendendogli la vita borghese di Vienna intollerabile e soffocante. Nietzsche guida così il medico in un percorso nella propria psiche che lo porterà ad analizzare la propria situazione fino ad arrivare, alla fine del romanzo, a capire che l'ossessione per Bertha era infondata e inutile perché ciò a cui lui aveva dato così tanta importanza, per lei non era stato che un semplice gioco che ripeteva con ogni medico che la prendeva in cura. La sua paura più grande stava nel terrore della vecchiaia e della morte, paura che lo allontanava dalla moglie Mathilde che era vista da Breuer come causa principale del suo invecchiamento. Alla fine del romanzo, Breuer realizza che la moglie in realtà non è da considerarsi come una soggiogatrice, ma come una compagna di viaggio che soffre anch'essa delle stesse oppressioni e degli stessi stati d'animo del dottore.

Allo stesso modo, alla fine del romanzo Nietzsche piange sfogando tutta l'emotività che aveva racchiuso sotto l'aria da grande uomo solitario capendo che anche le sue pene d'amore per Lou Salomè erano infondate. Così come Bertha Pappenheim, anche la giovane ragazza ha inscenato una parte con Nietzsche, ruolo al quale lei ha dato molta meno importanza rispetto a quella che invece ha investito il filosofo. La presa di coscienza di questa disparità di coinvolgimento mette a tacere le sue disperazioni sentimentali.

In questo romanzo è importante sottolineare quale grande importanza sia stata attribuita al lavoro compiuto dalla parola per indagare nei meandri della memoria fino a realizzare e scoprire che le risposte ai propri interrogativi assillanti erano già dentro di sé e non dovevano essere cercare al di fuori. Il grande lavoro psicologico che i due attuano reciprocamente, è stato anche possibile grazie allo stretto rapporto di amicizia che si è venuto a creare fra loro. Questo rapporto di fiducia reciproca ha permesso che i due potessero parlare dei loro più reconditi segreti senza la paura di essere giudicati in modo oneroso.

Inoltre, ritengo che questo libro lanci un messaggio stupendo sull'amicizia e sull'importanza di considerare sempre anche il punto di vista altrui. Il comportamento di Breuer rispetto alla moglie è terribile e ingiusto per tutto il libro ma, non appena il medico si rende conto dell'errore commesso, cioè di aver considerato in modo errato il rapporto che lo lega alla moglie, subito cambia atteggiamento e la rivaluta e la rivalorizza, giovandosi di un così grande supporto per poter affrontare l'arrivo della vecchiaia insieme alla moglie. Così per Nietzsche è stupendo scoprire di essersi creato un amico, rapporto che rompe l'isolamento che il filosofo si era imposto per poter studiare meglio il proprio pensiero filosofico, scollegandosi dai rapporti interpersonali. Trovo particolarmente ingenua e carica di commozione la confessione che Nietzsche dichiara a Breuer quando il medico si proclama guarito. Egli, felice di aver trovato qualcuno con cui costruire un rapporto serio e personale, non ha il coraggio di lasciarlo andare per tornare alla propria solitudine e si sente tremendamente egoista per non essere stato felice del successo di Breuer.


"Infine, dopo una breve pausa, Nietzsche disse: «E ho ancora una confessione da fare. Forse», e diede un'occhiata all'orologio «l'ultima. Quando oggi sei arrivato qui in camera mia, annunciandomi che eri guarito, Josef, mi sono sentito distrutto. Ero così sciaguratamente preso da me stesso, così deluso di perdere la mia raison d'etre di stare con te, da non riuscire a rallegrarmi per la tua buona notizia che portavi. Un egoismo imperdonabile!». «Niente affatto», ribatté Breuer. «Mi hai insegnato tu stesso che ciascuno di noi è composto di molte parti, ognuna delle quali esige di potersi esprimere. E noi possiamo essere ritenuti responsabili soltanto del risultato finale, non dei riottosi impulsi di ciascuna di tali parti. Il tuo cosiddetto egoismo è perdonabile precisamente perché ti sono caro al punto che l'hai svelato! L'augurio che ti faccio nel separarci, caro amico, è che la parola imperdonabile sia bandita dal tuo lessico». Gli occhi di Nietzsche tornarono a riempirsi di lacrime, e lui tornò a tirare fuori il fazzoletto. «E queste lacrime, Friedrich?». «Sono frutto del modo in cui hai detto 'caro amico'. Ho usato spesso, in passato, la parola amico, ma fin'ora non era mai stata così pienamente mia. Ho sempre sognato un'amicizia in cui due persone si uniscano per perseguire un ideale superiore. Ed ecco che ora è arrivata! Tu e io ci siamo uniti precisamente in questo modo! Abbiamo reciprocamente partecipato del superamento di se stesso conseguito dall'altro. Io sono tuo amico. E tu sei mio amico. Siamo amici. Noi-siamo-amici!» e per un attimo Nietzsche parve addirittura allegro."[1]


Questo passo evidenzia molto bene tutti gli aspetti che comporta la terapia della parola. Con questo metodo d'indagine, paziente e medico entrano in contatto con le loro parti più nascoste, aree dove vengono celate le proprie sfaccettature psicologiche più brutte e meno accettabili. Lo scavare nella propria memoria è indispensabile per riuscire a rivedere i propri errori e capire come superarli o, dove non è possibile correggerli, imparare a sopportarli, sfruttandoli per poter vivere meglio. Nietzsche stesso, che è il filosofo del qui e ora, del presente, che punta tutto sul futuro, è costretto a voltarsi e meditare sul proprio passato prima di poter proseguire per andare avanti. Questo dimostra che è impossibile creare un uomo dal nulla: ogni uomo ha una storia che non è altro che lo sviluppo della sua memoria, della sua storia personale, che si sviluppa in base alle sue esperienze. Un uomo è quello che vive, quello che ricorda, quello che esperisce.

L'amicizia che si instaura fra i due protagonisti nasce proprio dal fatto che entrambi sospendono le convenzioni sociali di pudicizia e stretto perbenismo per aprirsi reciprocamente, aiutarsi vicendevolmente e, dopo aver sofferto insieme, rinascere più grandiosi per approdare ad un livello più alto di umanità: il superuomo.





Yalom I.D., Le lacrime di Nietzsche, Neri Pozza Editore, pag. 416-417, Vicenza, 2007

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