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La teoria dell'inconscio di Freud, su cui si basa l'automatismo (una dettatura del pensiero realizzata in assenza di ogni controllo razionale e al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale) e l'analisi marxista, riconosciuta come la prospettiva più coerente per raggiungere una radicale trasformazione della società, sono gli strumenti assunti dal surrealismo per realizzare il suo progetto di liberazione, sul piano creativo e quello sociale.
Il surrealismo è un movimento d'avanguardia nato in Francia nei primi anni Venti e che ebbe vasta diffusione nel periodo fra le due guerre. Il surrealismo oppone alla pura distruzione dadaista una funzione costruttrice dettata dalla psiche e dall'interiorità dell'uomo. Questa costruzione essendo assolutamente libera da ogni condizionamento della ragione, obbedisce esclusivamente al dettato della psiche. Breton, il fondatore del surrealismo, scrisse il Manifesto del surrealismo nel 1924. In esso espone organicamente le tesi del movimento, dalla condanna del realismo e del romanzo, alla necessità di tenere conto delle opere e delle scoperte di Freud, Einstein e degli altri fondatori della modernità novecentesca. Il progetto del surrealismo prevede quindi una rivalutazione di tutto ciò che il paradigma positivistico aveva escluso: il 'meraviglioso', il sogno, la follia, gli stati allucinatori della coscienza, e quindi una notevole affinità con la sensibilità decadente. Il fine del surrealismo è quello di arrivare a cogliere l'essenza intima della realtà e prendere gli oggetti slegandoli dai nessi logici che li legano fra di loro.
Pur obbedendo alle stesse necessità, fra le quali la più importante è l'assoluto automatismo creativo con il quale si rende esplicito il reale funzionamento del pensiero, i pittori surrealisti non appaiono come un gruppo omogeneo (come gli impressionisti francesi). In particolare ognuno di loro ha un suo modo personale di portare alla luce la propria psiche, fra di essi Salvador Dalì si distingue per le sue originali teorie.
Salvador Dalì si può dire sia stato tutto: artista eccentrico, cioè 'stravagante' nei comportamenti, pittore, scenografo, poeta, scrittore, regista.
L'adesione di Dalì al Surrealismo è, almeno all'inizio, sincera e totale. Egli inventa addirittura una sua particolarissima tecnica di automatismo che definisce "metodo paranoico-critico": le immagini che l'artista cerca di fissare sulla tela nascono dal torbido agitarsi del suo inconscio (la paranoia, appunto) e riescono a prendere forma solo grazie alla razionalizzazione del delirio (momento critico). Dunque il metodo paranoico-critico consiste nell'interpretazione e nella restituzione, la più diretta e impersonale possibile, dei fenomeni deliranti.
Dalì vorrebbe pertanto riuscire ad esprimersi come un paranoico ma, non essendolo che a parole, si percepisce sempre, anche nelle opere emotivamente più coinvolgenti, un certo sublime distacco, nel quale il momento critico riesce a prendere un lucido soppravvento. È grazie a ciò che gli elementi onirici, i tabù sessuali, i desideri di potenza e le fobie riescono a emergere dagli abissi della coscienza e a materializzarsi sulla tela con una perfezione tecnica da sfiorare, a volte, l'Iperrealismo.
Ecco allora che il delirio trova le più raccrapiccianti espressioni incarnandosi in esseri mostruosi, animali ripugnanti, rifiuti d'ogni tipo, figure che,a seconda di come si guardano, possono sembrare cose diverse o più cose insieme. Si tratta evidentemente di un linguaggio artistico estremamente complesso la cui comprensione non è quasi mai semplice e, talvolta, impossibile.
Disegnatore di grande talento,egli ha un tratto estremamente morbido e, per certi versi, ancora accademico. Fu profondo conoscitore dei grandi del passato e sincero ammiratore del Rinascimento italiano.
Ne La città dei cassetti, ad esempio, un disegno a matita del 1936, l'effetto della rotondità del corpo è dato con un delicato chiaroscuro ottenuto con un sottile e regolare tratteggio variamente incrociato e sfumato.
Il tema del corpo umano a cassetti è una costante nella produzione di Dalì, che lo riprodurrà sia in scultura, in una sarcastica parodia della Venere di Milo, sia in pittura. Nella Giraffa infuocata, ad esempio, un piccolo olio di poco successivo al disegno e alla scultura già citati, l'idea dei cassetti torna prepotentemente alla ribalta; la simbologia psicoanalitica appare evidente. È l'artista stesso a spiegarcela affermando che dopo gli studi di Freud "il corpo umano è pieno di cassetti segreti che solo la psicoanalisi è in grado di aprire". E quei cassetti sono spesso pieni delle nostre paranoie e dei nostri tabù.
Il dipinto rappresenta, sullo sfondo di un paesaggio desolato e primitivo, una grande figura femminile in primo piano. Essa ha al posto della testa una massa informe (forse un teschio o un grumo di sangue), mentre le mani, scheletriche, sono anch'esse macchiate di sangue. Il corpo, innaturalmente slogato all'altezza del bacino, è puntellato da varie stampelle e cassetti si aprono, inquietanti e vuoti, sia in corrispondenza del seno sia lungo la gamba sinistra.
A destra, in secondo piano, un'altra figura di donna leva in alto un drappo rosso, simbolo di violenza e di sesso: anch'essa è puntellata e dalla testa le spunta un improbabile arbusto. A sinistra, in lontananza, la giraffa infuocata del titolo si staglia contro l'immenso cielo cupo, allegoria di violenza e di morte.
L'opera risale al periodo della guerra civile spagnola e anche il dipinto contiene in sé un lugubre presagio di morte.
Nel Sogno causato dal volo di un'ape attorno ad una melagrana un secondo
prima del risveglio,
del 1944, l'atmosfera è incredibilmente tersa, come in un mattino di primavera dopo una pioggia che ha pulito l'aria. Lo spunto è banale: durante il sonno il volo di un'ape aveva disturbato Dalì e, riaddormentatosi, gli aveva provocato una visione che ha ispirato questo quadro. Il sogno riutilizza elementi reali, presenti nella stanza dove Dalì stava dormendo: il melograno e il pesce. In basso, bellissima nella sua sensuale nudità, Gala (la compagna dell'artista) riposa, sollevata magicamente a mezz'aria, sopra un piatto scoglio frastagliato. Gala è moglie, ispiratrice ed amante ma è, soprattutto, l'ingrediente erotico più importante e ricorrente nei sogni di Dalì. Una baionetta appuntita sta per trafiggere il braccio destro della donna: siamo nell'istante che precede la sensazione del dolore. La puntura, comunque, c'è già stata, e la sua percezione assume la forma mostruosa di due tigri feroci che balzano fuori dalle fauci di un pesce a sua volta scaturito da una rossa melagrana spaccata. Sullo sfondo un assurdo elefante dalle scheletriche zampe d'insetto regge un obelisco sulla groppa. Nonostante ciò, riesce a camminare sull'acqua con leggerezza di libellula, senza neanche increspare la piattezza d'un impossibile mare senza onde. L'elefante è quello del Bernini di Piazza della Minerva, a Roma. Al gusto quasi fumettistico che l'artista pone nel rappresentare le tigri e il pesce si contrappone la perfezione d'un nudo più eroticamente realistico che astrattamento accademico. In questo come in quasi tutti i dipinti del maestro non è possibile riscontrare alcuna unitarietà. Ciò dipende dalla natura stessa dell'ispirazione, che, attingendo dalle dimensioni del sogno o della paranoia, è necessariamente frammentaria, visionaria e incoerente.
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