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Novecento: epoca di sconvolgimenti
Il secolo scorso è stato senza dubbio l'epoca in cui sono avvenuti i più grandi cambiamenti sia a livello geo-politico che sul profilo psico-emotivo. Basti pensare che la prima metà del Novecento fu caratterizzata da ben due guerre di immane grandezza e di terrificanti effetti. Lo sconvolgimento a livello sociale fu quanto mai evidenziato dalla filosofia esistenzialista, il cui maggior esponente è senza dubbio Jean Paul Sartre. Fu la disgregazione delle certezze inneggiate dal Futurismo, il cui tragico epilogo è stato proprio la guerra, a indurre gli intellettuali a riflettere sulla propria condizione di disagio e di incertezza, cioè il vuoto esistenziale. Esso si manifestò in varie forme artistiche, prima di tutto nella letteratura: un esempio è La Nausea in cui il personaggio vive in prima persona il dramma addirittura non riconoscendo più la propria realtà quotidiana. Altro esempio dell'esistenzialismo è senz'altro il teatro dell'assurdo e Waiting for Godot diventa il manifesto dell'incomunicabilità, dell'attesa mai ripagata, della mancanza di uno scopo nella vita. È la scelta, apparentemente libera, a rendere l'uomo schiavo della propria condizione; famose sono le parole di Sartre a riguardo: "L'uomo è condannato a essere libero".
Il Novecento ha portato con sé anche altri problemi relativi alla guerra e in particolar modo in Italia dopo la caduta del Fascismo. Il vuoto istituzionale lasciato dopo l'arresto di Mussolini avvenuto il 25 luglio del 1943 è il punto cruciale della discussione sulla legittimità della Resistenza italiana, puntualizzato dalla storico Pavone. Il venir meno della presenza statale poteva essere avvertito con un senso di smarrimento o come un' occasione di libertà. Ma il dramma divenne più acuto quando a scontrarsi fu la popolazione contro il nazi-fascismo dei Repubblichini. "Quando le truppe tedesche di occupazione cominciarono a dare un minimo di formalizzazione alla loro violenza [.] la scelta dovette infatti esercitarsi fra una disobbedienza dai prezzi sempre più alti e le lusinghe della pur tetra normalizzazione nazifascista".
Sebbene si collochi temporalmente agli inizi del secolo, la poetica del Pascoli enuclea i principali temi del disagio esistenziale, ma con una curvatura interiorizzata dell' uomo. La poetica del fanciullino spiega una prima parte della poetica dell'autore, come rifiuto della realtà esteriore. In Nuovi poemetti emerge una maggiore maturità dell'autore che rispecchia, quasi riprendendo le istanze romantiche, lo sgomento di fronte alla grandiose manifestazioni della natura primo tra queste l'Universo. La cosiddetta poesia cosmica di Pascoli allontana per un momento l'attenzione del poeta dalla contemplazione quasi ossessiva dei piccoli particolari della vita della natura e lo fa rivolgere al cielo, fino a misurarsi con le grandi categorie universali dello spazio e del tempo, dando vita a sensazioni forti di straniamento dalla realtà, di autentico spossessamento di certezze fisiche, fino all'abbandono inerte a dimensioni surreali. Ecco La Vertigine che da una sensazione intima diventa una condizione psicofisica di totale abbandono alle forze del cosmo, che paiono incredibilmente risucchiare il corpo ( e la mente ) del poeta, vittime della forza centripeta della Terra, improvvisamente incapace di attrarre alla sua superficie gli esseri che la popolano.
L'arte ha subito notevoli cambiamenti nel corso dei secoli, ma mai quanto nel Novecento. Da Impressionisti e Post-impressionisti che avevano scandalizzato per gli stili e le tematiche da loro esposti, si passa ad un'arte del tutto differente: nasce l'arte Concettuale e con essa numerosi interrogativi. La spinosa domanda 'Che cos'è arte?', interrogativo che l'uomo si è posto nei secoli passati, si è andata ulteriormente complicando nell'era contemporanea quando, di fronte a scioccanti manifestazioni artistiche - tele completamente bianche, oggetti in caotico movimento, assordanti concerti, video con rappresentazioni di morte, l'ignaro spettatore si è lecitamente chiesto: 'Ma questa è veramente arte?', Attraverso una serie di esempi famosi, che vanno dalla Merda d'artista di Piero Manzoni alle tele tagliate di Lucio Fontana ai dipinti tutti bianchi di Robert Ryman, si evidenzia un aspetto cruciale del panorama artistico contemporaneo: 'il solo fare non basta', ossia l'opera d'arte non è più, come nei secoli passati, necessariamente legata al virtuosismo tecnico dell'esecuzione e alla bravura del maestro che plasma la materia con straordinaria perizia. Un 'opera d'arte che appare banale nel suo aspetto deve essere a giusta ragione considerata un capolavoro, quando la semplicità del gesto è stata dettata da un'idea geniale, in grado di indurci a riflettere sul nostro presente, e un po' sul nostro futuro. Bisogna riconoscere che non è facile prendere le distanze dai criteri estetici che fino al XIX secolo hanno guidato il gusto e il senso del fare arte e riconoscerla, ma è fondamentale compiere questo passo per riuscire ad avvicinare, anche con divertita leggerezza, la più originale produzione artistica del XX secolo.
Sicuramente lontano nel tempo, ma attuale nelle nostre tematiche, Seneca è stato l'emblema del principato illuminato e del sogno di una politica guidata dal saggio. Seneca rimase estremamente deluso quando, dopo l'uccisione della madre, Nerone mise da parte gli insegnamenti del suo precettore per diventare il dispotico imperatore avido di potere che ha poi distrutto Roma con il famoso incendio. Il vuoto, dunque, come il fallimento delle speranze democratiche di un principato guidato dalla filosofia. Seneca preferì ritirarsi in vita privata non appena avvertì che la situazione stava degenerando e fu proprio nella quiete e nella lontananza dalla realpolitik dell'antica Roma che l'autore diede vita alle sue numerose opere di carattere filosofico.
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