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IL CONTRIBUTO DI MARCUSE NELLE RIVOLUZIONI DEL '68
Nato in Germania nel 1898, Marcuse fu influenzato dall'ambiente cultirale della Repubblica di Weimar. Dopo aver conosciuto Martin Heidegger; unì ontologia heideggeriana e marxismo critico. Esiliato in America per ragioni razziali, ha approfondito i contatti con gruppi di studiosi ebreo-tedeschi, che si sarebbe poi diventata la nota Scuola di Francoforte, i cui esponenti principali erano Max Horkheimer e Theodor W. Adorno.
Le tappe dello sviluppo teorico marcusiano sono segnate da opere come Ragione e rivoluzione (1954), Eros e civiltà (1955) L'uomo ad una dimensione (1964). Scritte in America, tradotte e diffuse in Europa a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, questi testi avrebbero influenzato la generazione del '68. È interessante notare che la principale produzione marcusiana precede l'esplosione e l'impatto con il '68. In realtà Marcuse entra sulla scena rivoluzionaria prima di quello che è considerato "il Sessantotto", ma già dal 1966 affrontava questi temi nella prima manifestazione studentesca contro la guerra del Vietnam. Infatti l'apice drammatico della protesta si ha nel 1967, anno in cui Marcuse scrive il suo libro mirato intenzionalmente al movimento cui non risparmia le critiche, La fine dell'utopia (1967) cui seguirà qualche anno dopo (1973) Controrivoluzione e rivolta (1973).
Altro tema affrontato è il concetto di immaginazione, infatti la ragione e il linguaggio non sono più in grado di trascendere la realtà e di opporre un "grande rifiuto" al modello vigente tanto da portare la filosofia ad appellarsi all'immaginazione, inteso come unico mezzo che permette di comprendere le cose alla luce della loro potenzialità.
'Immaginazione al potere' diventerà quasi uno slogan per gli studenti del sessantotto, ai quali Marcuse guarda come veicolo attraverso il quale si può realizzare la liberazione, insieme ai guerriglieri del terzo mondo, alle minoranze emarginate, a tutte le istanze critiche verso il sistema, a tutti i soggetti non integrati in esso, giustificandone anche la violenza perché mossa da una vera e sana intolleranza; essendo consapevole che tali categorie sono impotenti di fronte alla civiltà tecnologica se non si alleano con i gruppi già integrati nella Rivoluzione (per esempio i sindacati).
Il suo pensiero anti-autoritario, rispecchiava la volontà dei giovani occidentali di cambiare la società. Il suo secco no alla civiltà tecnologica lo rese il filosofo del 'grande rifiuto' verso ogni forma di repressione. Egli può essere infatti definito un pensatore marxista solo per metà, poiché, di fronte al fallimento delle previsioni di Marx, durante il XX secolo, col dileguarsi dello scontro di classe in occidente, intuì che la lotta non era finita, ma si era solamente spostata nel terzo mondo, oppresso dall'imperialismo occidentale. Per i sessantottini fu anche molto importante il concetto di 'liberazione dell'eros', inteso come liberazione delle energie creative e delle pulsioni dell'uomo dal comportamento repressivo della società, mirando a creare una società più aperta, fatta di uomini liberi e solidali tra loro. Egli utilizzò l'espressione 'società come opera d'arte', per indicare una società più autentica, veramente libera, dominata dalla fantasia e dall'arte come dimensione fondamentale di ogni forma di convivenza. Marcuse avrà un ripensamento e, soprattutto nel suo capolavoro, L'uomo ad una dimensione, arriverà a denunciare come falsa e illusoria la liberazione sessuale.
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