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Filosofia e arte




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FILOSOFIA E ARTE


Il Settecento è, principalmente, il secolo dell' "Illuminismo", quel vasto movimento culturale-filosofico, sorto in Inghilterra e diffusosi poi in tutta Europa, che cerca di capire la realtà attraverso i "lumi" della ragione. L'illuminismo trova nella ragione lo strumento comune a tutti gli uomini per liberarli dai pregiudizi e dall'ignoranza in cui sono stati tenuti finora dalle istituzioni tradizionali, come la Chiesa e lo Stato. Tutto ciò porta a grandi rivolgimenti culturali, sociali, economici e politici.

Il tema fondamentale del secolo è la chiarezza razionale contro l'oscurità della superstizione e del passato. In arte ciò significa l'opposizione al barocco e ai suoi eccessi artificiosi, il recupero della leggerezza delle forme e della luminosità. Anche l'ideale del ritorno alla vita immersa nella natura, quando l'uomo era ancora puro, prima delle degenerazioni causate dalla società, influenzano l'arte del secolo, che avrà spesso come tema l'imitazione del classicismo greco e latino e la natura, vista come ordinata razionalmente, civilizzata ed elegante. La progressiva ricerca di chiarezza conduce quindi, in un passaggio storico graduale, dal barocco al neoclassicismo. Il periodo intermedio tra il primo e il secondo è detto "rococò" o "barocchetto", questi termini indicano il carattere bizzarro capriccioso ed elegante dell'epoca. È impossibile stabilire con esattezza i termini cronologici che, con molta approssimazione, possono essere fissati a cavallo tra seicento e settecento.

Il razionalismo settecentesco porta anche ad esaminare il concetto di arte e la sua posizione nei confronti di ogni altro campo dell'attività umana. Per la prima volta si arriva a svincolare l'arte da ogni fine, definendola autonoma e vedendola espressione della fantasia e del sentimento.


FILIPPO JUVARRA


Vita

Figlio di un incisore, nasce a Messina nel 1676, dopo un primo apprendistato con il padre si trasferisce a Roma per studiare presso l'architetto Carlo Fontana, qui conosce l'arte classica, ma ha modo di apprezzare anche le opere barocche, in particolare quelle del Borromini. Tornato a Messina viene apprezzato dal re Vittorio Amedeo II e per suo volere si trasferisce a Torino, dove ha l'incarico di progettare l'ampliamento della città. Trasferitosi a Madrid vi muore nel 1736.


Lo Stato Sabaudo

Il Piemonte di Vittorio Amedeo II è, fra gli stati italiani, uno dei più potenti e avanzati, perciò Torino, dovendosi gradatamente adeguare al ruolo di capitale di uno stato moderno che possa competere con le grandi potenze europee, riceve un forte impulso di espansione. E' in questo contesto che opera lo Juvarra, con lo scopo di ingrandire la città e abbellirla.




La basilica di superga

Iniziata nel 1717 la Basilica di Superga è un edificio monumentale posto sull'omonima collina al margine orientale della città di Torino. Si tratta di un organismo architettonico estremamente complesso che si articola attorno ad una chiesa a pianta centrale sormontata da un'imponente cupola e preceduta da un alto pronao a pianta quadrata. La parte posteriore della chiesa è inglobata nel retrostante convento, a sua volta organizzato attorno a un cortile rettangolare porticato sui quattro lati. Due massicci campanili gemelli affiancano il corpo cilindrico della chiesa, l'effetto che ne consegue è ancora una volta di tipo fortemente scenografico. Vista dall'esterno la basilica assume diverse dimensioni, ora dilatandosi, ora comprimendosi. Questi effetti ottici derivano dall'armonioso alternarsi di superfici curve (come il tamburo della cupola) e piane e, all'interno di queste ultime, di spazi semiaperti (come il pronao) o compattamente murati (come le ali del convento).  A tutto questo si aggiunge la particolare collocazione paesaggistica. Siamo a quasi settecento metri di altitudine su un rilievo che domina panoramicamente tutta Torino. La grande abilità dello Juvarra sta nell'aver saputo fondere temi architettonici estremamente diversi: si va dal pronao classicheggiante alla cupola rinascimentale, fino ai campanili barocchi.


Palazzina di stupinigi

Nel 1729 Vittorio Amedeo II chiama lo Juvarra a costruirgli a Stupinigi, nella periferia sud-occidentale di Torino, una Palazzina di caccia. Il complesso si sviluppa intorno a un grande salone centrale dal quale si dipartono quattro bracci più bassi disposti a croce di Sant'Andrea. In essi si trovano gli appartamenti reali e quelli per gli ospiti. La costruzione si protende poi ulteriormente racchiudendo un vasto cortile ottagonale, sul quale si affacciano gli edifici di servizio. Dopo la morte del progettista vengono aggiunte anche due ulteriori ali avanzate con funzione di scuderie e rimesse agricole. L'intero complesso è inserito all'interno di un vastissimo giardino che si articola in un complesso gioco geometrico di aiuole e viali, secondo la moda francese del tempo. Le facciate esterne, fra loro tutte sfalsate in altezza e snodate nell'angolazione, creano un singolare effetto di movimento controbilanciando l'esagerata maestosità delle dimensioni.

La costruzione ha un enorme impatto urbanistico in quanto sia per forma sia per dimensioni non si configura come un semplice palazzo, ma come un organismo molto più complesso e articolato, scenograficamente adagiato nella campagna torinese.



Luigi Vanvitelli


La vita

Luigi Vanvitelli nasce a Napoli nel 1700 e muore a Caserta nel 1773. Figlio di Gaspard van Wittel, pittore olandese, egli inizia la sua attività artistica seguendo le orme paterne. Formatosi a Roma nell'ambiente di Carlo Fontana entra in contatto con il già affermato Juvarra, del quale potrebbe essere stato anche allievo. Nell'ambiente romano, pur partendo da una base barocca, si dimostra sensibile ai temi della classicità, recuperati dallo studio delle rovine antiche che la cultura illuminista del tempo cominciava a rivalutare. Dopo aver partecipato a vari concorsi ed essere stato nominato primo architetto della Fabbrica di San Pietro, nel 1751 è chiamato a Napoli da Carlo III di Borbone, sovrano illuminato che aveva intrapreso una vigorosa azione di rinnovamento politico ed economico dello Stato rilanciando il ruolo del potere centrale.



La Reggia di Caserta



È in questo contesto di rinnovamento generale che si inserisce la realizzazione della nuova Reggia di Caserta, commissionata al Vanvitelli dal re di Napoli. Come già lo Juvarra per la Palazzina di caccia di Stupinigi, anche il Vanvitelli non si occupa solo del progetto architettonico del palazzo, ma anche della realizzazione dell'immenso parco e della risistemazione urbanistica dell'intera città circostante. La nuova reggia vuole essere il simbolo del nuovo Stato borbonico: potente e grandioso ma al tempo stesso anche razionale ed efficiente. La Reggia di Caserta viene cominciata nel 1752, ma il Vanvitelli non vive abbastanza per vederne la conclusione avvenuta, a opera del figlio Carlo, intorno al 1780. Il palazzo appare come un massiccio parallelepipedo a pianta rettangolare di 247x 184 m. Lo spazio interno è diviso da due bracci ortogonali che intersecano i corpi principali delle facciate nel punto medio, dando origine a quattro immensi cortili rettangolari. Sulle due facciate maggiori i punti di innesto del braccio centrale delle ali laterali corrispondenti alle due facce minori risultano lievemente sporgenti rispetto al piano stesso della facciata e questa soluzione movimenta una parete che, con le sue 108 finestre geometricamente ripartite su tre piani, sarebbe altrimenti apparsa troppo monotona.

Perno centrale di tutto l'edificio è il grande atrio ottagonale dove i due bracci mediani si incontrano dando origine a delle prospettive estremamente scenografiche. Da questo atrio si diparte una scalinata di 18 metri di larghezza. Attorno alla reggia si estende un parco di oltre 120 ettari. Il modello del parco è evidentemente ispirato a quello di Versailles, voluto dal re di Francia Luigi XIV. In corrispondenza del centro della facciata posteriore si diparte un lunghissimo viale interrotto da fontane, vasche e cascate artificiali, in una successione che sembra perdersi prospetticamente verso l'infinito. Ai lati vialetti minori, immersi in fitti boschi, portano a fontane minori e a laghetti. In questo modo ogni elemento naturale viene volutamente e profondamente modificato. Torrenti e ruscelli dal percorso tortuoso sono incanalati in vasche dalle forme perfettamente regolari, anche gli alberi, i fiori e gli arbusti vengono piantati e disposti in base a rigorosi disegni geometrici.


VENEZIA

Nel 1631 il Longhena inizia la realizzazione della chiesa di Santa Maria della Salute, commissionatagli dalla repubblica di Venezia per un voto fatto alla Vergine durante una terribile epidemia di peste. L'edificio si affaccia sul Canal Grande, nel punto in cui questo sta per sboccare nel bacino antistante il complesso di San Marco. Poiché sorge quasi sulla punta formata dalla confluenza di due canali, diviene il perno di rotazione dell'uno con l'altro. La sua forma perciò è poligonale così da offrire alla vista lati sempre diversi. In pianta la chiesa appare costituita da tre ambienti disposti lungo un asse longitudinale: un corpo principale accentrato (a pianta ottagonale) circondato da cappelle; un presbiterio dotato di due absidi semicircolari e un coro rettangolare separato dal presbiterio per mezzo dell'altare e di due coppie di colonne. In alzato il vano ottagonale e il presbiterio mostrano la copertura a cupola tipicamente veneziana, costituita da una doppia calotta di cui quella esterna sorretta da un'orditura in legno. L'interno è un ambiente avvolgente, circondato da un ambulacro e dominato dalla cupola. Questa è sorretta da robusti pilastri angolari, ognuno dei quali accoglie delle semicolonne composite sormontate da una trabeazione. Su tali pilastri poggia l'alto tamburo forato da coppie di finestre centinate che riflettono la luminosità intensa della laguna. L'esterno, che vive immerso nella realtà veneziana, mostra i caratteri peculiari dell'edificio che è moderno nelle forme, ma è veneziano e quindi coerente con l'ambiente circostante, sviluppando motivi del classicismo. La facciata, con semicolonne, architrave e timpano aggettanti, è palladiana, come la fronte delle cappelle. Ma, poiché l'una e l'altra sono corpi reciprocamente separati, si inseriscono nello spazio e annullano la massa del corpo centrale dal quale nasce la cupola, vasta e maestosa ma alleggerita perché è a calotta priva di costoloni secondo la tradizione veneziana.








































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