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I PRIMI TENTATIVI di eliminare il ricorso al postulato delle parallele
Anche alcuni altri pensatori critici di epoche successive a quella di Euclide esitarono a usare come postulati proposizioni che pur apparivano a tal punto evidenti. Per eliminare ogni preoccupazione, questi uomini tentarono, secondo diverse prospettive, di eliminare il ricorso al postulato delle parallele senza pregiudicare l'edificio teorico euclideo.
Tali tentativi possono essere classificati in tre categorie:
a)Alcuni matematici propongono di sostituire al quinto postulato di Euclide altri postulati che abbiano maggiore evidenza intuitiva. Tuttavia è relativo l'interesse riguardo a questi tentativi, in quanto essi richiedono pur sempre un apposito postulato per il parallelismo, e inoltre l'evidenza intuitiva degli enunciati proposti è sempre molto discutibile. Per questo motivo la maggiorparte dei matematici preferisce mantenere l'originario postulato di Euclide.
b)Viene riformulata la definizione di parallelismo in modo da rendere superfluo il postulato delle parallele.
c)Si cerca di dimostrare il postulato delle parallele, in modo da inserirlo, in veste di teorema, nell'edificio teorico euclideo.
Per esempio, nel I secolo d.C., il matematico greco Posidonio riformula la definizione euclidea di parallele (ossia "rette complanari che non si incontrano") proponendo di chiamare parallele le rette equidistanti. Tale definizione, tuttavia, non risulta coincidere con quella euclidea: se, infatti, è possibile dimostrare che due rette equidistanti non si incontrano, non è invece dimostrabile che due rette che non si incontrano sono equidistanti, se non facendo ricorso proprio a quel quinto postulato, che si vuole eliminare.
Un altro greco, Proclo [410-485 d.C.], cerca di dimostrare il postulato delle parallele, ma la sua dimostrazione si fonda sull'ipotesi, implicita, che la distanza fra due rette parallele sia finita. Tale ipotesi però non può essere dimostrata, se non ammettendo il postulato delle parallele (risulta utile evidenziare che i tentativi ora citati, come molti altri ad essi posteriori, si fondarono sull'ipotesi implicita dell'impossibilità dell'esistenza di rette asintotiche, ossia di coppie di rette che si comportano all'infinito come si comporta un ramo di iperbole con un suo asintoto.Ma l'impossibilità dell'esistenza di rette asintotiche, come hanno mostrato i successivi sviluppi delle geometrie non euclidee, può essere dimostrata solo a partire dal postulato delle parallele.).
La dimostrazione del quinto postulato fornita dal matematico arabo Nasìr-Eddin [1201-1274 d.C.] è fondata sull'ipotesi che una linea, formata dai punti equidistanti da una retta, sia una retta. Tuttavia anche tale affermazione risulta essere dimostrabile solo a partire dal quinto postulato.
Un ultimo tentativo rilevante può essere considerato quello del matematico inglese J.Wallis [1616-1703 d.C.], secondo cui il postulato delle parallele risulta dimostrabile facendo uso del concetto intuitivo di similitudine di figure piane. Ma, come già abbiamo rilevato in precedenza, la teoria della similitudine è fondata sul teorema di Talete, per la cui dimostrazione sono necessarie alcune proprietà dei parallelogrammi le quali, a loro volta, sono conseguenze del postulato delle parallele.
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