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Fondamentali e definizione di campo vettoriale (I)
L'inizio più logico coincide forse con la descrizione dell'ambiente entro il quale lavoreremo; esso renderà suscettibili di una visualizzazione gli oggetti di cui parleremo, posto che ciò abbia qualche importanza a livello cognitivo ma non logico.
L'idea fondamentale è di avvalersi di un sistema di coordinate per identificare univocamente punti nello spazio tridimensionale. Salvo diversa indicazione, nel seguito faremo uso del sistema di riferimento cartesiano con coordinate ortogonali.
In figura si vedono tre rette orientate incidenti ortogonalmente tra loro in un punto. Vogliamo trovare una maniera efficace di esprimere la posizione di un punto rispetto a questi tre assi, e il sistema è il seguente: le coordinate di un punto saranno una misura della distanza percorsa dal punto stesso in una direzione parallela ai tre assi x, y, z rispetto alla loro origine. Un'altra possibilità è di interpretare ogni coordinata di un punto come la minima distanza del punto rispetto ai piani individuati dagli assi coordinati a due a due, cioè la distanza misurata su una retta perpendicolare (o normale) ai piani; stando così le cose, la coordinata x è la misura della distanza del punto dal piano yz, e via dicendo.
Avendo definito un orientamento sugli assi, possiamo esprimere le coordinate anche con numeri negativi, il cui valore assoluto è comunque la distanza di cui parlavo.
Poniamo l'origine del nostro sistema di coordinate nel punto di tripla intersezione degli assi e le assegniamo, pertanto, coordinate rispetto ad ogni asse pari a 0. Si è soliti indicare con O l'origine.
Possiamo allora asserire quanto segue.
Definizione (I.I)
Un punto è una terna ordinata di numeri, indicato con , ognuno dei quali rappresenta la coordinata di P rispetto ad uno degli assi x, y, z.
Limiteremo la scelta del campo numerico a quello reale, che è sufficiente per derivare tutti risultati che seguiranno. La derivazione, ad esempio, implica la possibilità matematica di calcolare il limite del rapporto incrementale di una funzione, e ciò è vero anche nel caso multidimensionale. Senza inoltrarci nell'analisi non standard, la costruzione del campo dei reali a partire dalle sezioni di Dedekind-Cantor o dalle successioni convergenti di Cauchy sui numeri razionali garantisce che esso fornisca questa possibilità. In qualche maniera, l'idea intuitiva di continuità, fondamentale nell'analisi, trova un riscontro non solo intuitivo nei numeri reali.
Esiste un teorema che dimostra che ogni campo numerico con le proprietà dei reali sia omeomorfo ad esso; quindi siamo autorizzati a far ricadere, con poca originalità, la nostra scelta su di esso.
A prescindere dal fatto che la definizione di "punto" ci appaia realistica o meno, siamo riusciti a tradurre un ente geometrico (non reale in quanto privo di dimensioni) in uno numerico o algebrico. Questa idea consente molteplici applicazioni e fonda la possibilità di una geometria analitica affiancata ad una sintetica, euclidea o meno, ed è dovuta a René Descartres; è in suo onore che si parla di coordinate cartesiane.
Tralasciando altri profondi aspetti epistemologici, diamo qualche richiamo di algebra vettoriale, che sarà della massima importanza nel seguito; la descrizione matematica dei campi in forma vettoriale è assai più semplice del caso scalare.
Definizione (I.II)
Un vettore è, geometricamente, un segmento di retta orientato in uno spazio n-dimensionale. Due punti individuano univocamente un vettore.
Dal punto di vista fisico, una grandezza vettoriale non è completamente descritta dalla sua intensità, bisogna anche considerarne direzione e verso. Ora è chiaro perché ci siamo preoccupati di dotarci di un sistema di riferimento univoco; direzione e verso non sarebbero definiti altrimenti.
Definizione (I.III)
Un versore è un vettore di norma unitaria, cioè tale che la sua norma (o lunghezza, o modulo) sia pari a 1.
I versori dei tre assi coordinati siano . L'accento circonflesso su di una lettera la denoterà come versore, la freccia posta sopra ad una lettera la identificherà invece come grandezza vettoriale più in generale.
Questa definizione, apparentemente superflua, ci consente di tradurre il concetto geometrico di vettore in un suo analogo numerico (stessi sforzo fatto per definire un punto); il vantaggio nel fare ciò è, ad esempio, di renderlo trattabile ed elaborabile mediante tecniche di mero calcolo computazionale.
In realtà esistono più possibilità, algebricamente, per definire un vettore; di solito si fa uso di concetti trigonometrici per definire la sua direzione nello spazio. L'ultima definizione, tuttavia, ci fornisce un sistema comodo che consiste nel valutare le sue componenti rispetto agli assi coordinati.
Un teorema di algebra lineare, che non enuncio, afferma che ogni vettore di uno spazio n-dimensionale è esprimibile mediante una combinazione lineare di n vettori non paralleli appartenenti allo stesso spazio. Denoteremo con uno spazio in n dimensioni; un punto in esso è univocamente determinato da un insieme ordinato di n numeri reali. Lo spazio tridimensionale ordinario è .
Teorema (I.I)
Essendo un vettore esprimibile tramite una combinazione lineare dei versori degli assi coordinati, esso ha la forma seguente:
dove x, y, z sono le coordinate variabili di un punto nello spazio.
Definizione (I.IV)
Ad ogni punto P è associato un vettore posizione . Esso è il vettore che unisce l'origine O al punto P.
Teorema (I.II)
La norma (o modulo) del vettore è una misura, geometricamente, della sua lunghezza. In componenti cartesiane è data da:
La dimostrazione di ciò è riconducibile al teorema di Pitagora.
Ricordiamo che è definita la somma tra vettori ma non tra vettori e scalari, idem per la differenza. Il prodotto tra vettori e scalari è definito nella maniera che si può evincere dal teorema (I.I), in cui si è calcolato il prodotto tra le coordinate di un punto in e i versori . Il rapporto tra vettori non è definito.
Definizione (I.V)
Si definisce prodotto scalare (o interno) di due vettori, e si indica , la seguente grandezza scalare:
Teorema (I.III)
dove è l'angolo minore di radianti compreso tra e (che deve necessariamente esistere). Da ciò segue che due vettori il cui prodotto scalare sia nullo sono perpendicolari:
La dimostrazione di ciò è invece riconducibile al teorema del coseno (di Carnot) per triangoli generici.
Definizione (I.VI)
Si definisce prodotto vettoriale (o esterno) tra vettori, e si indica (o ), il seguente pseudo vettore:
Con un abuso di notazione:
Teorema (I.IV)
Il modulo di è dato da:
dove è l'angolo minore di radianti compreso tra e .
La direzione di è tale per cui esso è perpendicolare ad entrambi i vettori e . Il suo verso è dato, in un sistema di riferimento destrogiro come quello che adottiamo noi, dalla regola della mano destra.
L'essere uno pseudo vettore è dovuto al fatto che non è invariante rispetto al sistema di coordinate scelto (destrogiro o levogiro).
Definizione (I.VII)
Tutti e soli i punti dello spazio le cui coordinate soddisfano l'equazione (scalare o vettoriale)
costituiscono un luogo geometrico.
Questa è la definizione che userò di luogo geometrico.
In altri termini: l'insieme di tutti e soli i punti per cui un'equazione è vera (cioè è un'identità) è il grafico dell'equazione.
Per esempio, un'equazione lineare in due dimensioni ha come luogo geometrico una retta, in tre dimensioni un piano.
Teorema (I.V)
L'equazione generica di un piano in forma scalare è:
Le rette sono invece date da funzioni dipendenti linearmente da un parametro, diciamo "".
Teorema (I.VI)
Una retta nello spazio è descritta dal seguente sistema parametrico:
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Esiste, poi, un'equazione vettoriale esplicita per rette nello spazio.
Teorema (I.VII)
Una retta nello spazio è il luogo associato alla seguente equazione vettoriale:
Dove è un vettore posizione della retta (il vettore posizione di uno dei suoi punti) e è il suo vettore direttore (cioè un qualunque vettore parallelo alla retta).
Corollario (I.I)
Due punti nello spazio determinano una e una sola retta. La retta per e ha equazione vettoriale:
La dimostrazione del corollario è semplice: una retta L passa per A e B se e solo se è un vettore posizione di L e un suo vettore direttore. I vettori direttori di una retta sono tutti paralleli tra loro (linearmente dipendenti).
Non dimostro il teorema, la cui giustificazione euristica è intuitiva; era mio interesse mostrare alcuni semplici risultati conseguibili grazie alla descrizione vettoriale dei luoghi geometrici. Essa è spesso più efficace della forma scalare.
Un ultimo esempio.
Teorema (I.VIII)
Un piano ha equazione vettoriale:
Dove è un vettore normale al piano e un suo vettore di posizione.
In termini intuitivi, esiste un unico piano nello spazio che abbia un vettore posizione e un vettore normale fissati.
Passiamo ora a ciò che ci serve.
Definizione (I.VIII)
Una funzione a valori vettoriali tridimensionale è un insieme di coppie ordinate tale che per ogni numero reale t si ha uno dei due seguenti casi:
Esiste ed è unico un vettore in tre dimensioni per il quale la coppia appartiene a . In questo caso () è definita da:
2) Non c'è alcun per cui appartiene a . In questo caso () non è definito.
Una funzione vettoriale n-dimensionale si presenta quindi come una somma.
In forma sintetica:
Nel caso tridimensionale ciò si riduce a quanto scritto sopra, con la convenzione di chiamare i versori degli assi coordinati.
Abbiamo qui considerato il caso in cui la funzione vettoriale sia a variabile singola, l'estensione per funzioni di più variabili conduce a:
Vale a dire:
Anche la serie di m variabili può essere caratterizzata come un vettore; ciò non è importante per noi al momento.
Le funzioni scalari sono dette componenti di secondo il versore a loro connesso.
In definitiva, una funzione vettoriale n-dimensionale associa ad ogni punto dello spazio n-dimensionale non più un numero, come una funzione scalare di n variabili, ma un vettore.
Questo nuovo oggetto ci consente di definire con semplicità cosa intendiamo con campo vettoriale.
Definizione (I.IX)
Per campo vettoriale si intende una funzione vettoriale definita in un dominio aperto di uno spazio n-dimensionale, tale per cui le sue componenti siano regolari nel dominio.
Limiterò la mia trattazione al caso tridimensionale, cioè a campi vettoriali del tipo:
La definizione ci assicura che questa funzione vettoriale, se definita in un dominio contenuto in , descrive un campo vettoriale, a patto che le funzioni P, Q ed R siano regolari nell'insieme di definizione.
Campi vettoriali, in fisica, oltre gli elettromagnetici, sono ad esempio i campi gravitazionali o di velocità di scorrimento di un fluido. In entrambi i casi, ad ogni punto dello spazio è associato un vettore che indica direzione e verso (e intensità se si imposta una metrica) della grandezza fisica in esame: la forza gravitazionale o la velocità del fluido, per restare sugli esempi precedenti.
Aggiungo cosa si intende per funzione regolare.
Definizione (I.X)
Una funzione è regolare in un intervallo se ha tutte le derivate parziali definite e continue nell'intervallo.
Definiremo le derivate parziali nella sezione II, questa era un'anticipazione.
La rappresentazione usuale dei campi elettromagnetici, dovuta a Faraday, usa le linee di forza. Esse sono tangenti in al vettore associato dal campo al punto P.
Siamo giunti al termine della prima sezione.
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