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Lo spettro elettromagnetico
Le radiazioni elettromagnetiche sono onde prodotte dall'oscillazione o dall'accelerazione di cariche elettriche, cioè si producono a seguito di una variazione che dura nel tempo di un campo elettrico dal valore E1 al valore E2 o magnetico dal valore B1 al valore B2 (che sono tra loro ortogonali e che perciò attribuiscono la proprietà di onde trasversali alle onde elettromagnetiche) in un punto; constano di una componente elettrica e di una magnetica e costituiscono il cosiddetto spettro elettromagnetico. Ordinate in base alla frequenza, da quelle ad alta frequenza, e quindi a piccola lunghezza d'onda, a quelle a bassa frequenza, esse sono raggi gamma, raggi X duri e molli (più e meno energetici rispettivamente), radiazione ultravioletta, luce visibile, radiazione infrarossa, microonde, e onde radio.
1. I raggi g non posseggono nè carica nè massa, quindi la loro emissione non comporta un cambiamento delle proprietà chimiche dell'atomo, ma solo la perdita di una determinata quantità di energia sotto forma di radiazione e sono dotati di un elevato potere penetrante. La loro emissione è la compensazione allo stato instabile cui perviene il nucleo con l'emissione di particelle alfa e beta. I raggi gamma e in alcuni casi possono attraversare parecchi centimetri di piombo prima di subire un sensibile rallentamento. Trovano applicazione pratica nel campo medico dove, per esempio, sono impiegati per attaccare e distruggere cellule di origine tumorale.
2. Il I raggi X o RÖntgen si producono ogni qualvolta un fascio di particelle catodiche di elevata energia viene bruscamente arrestato dalla materia (anticatodo). Il meccanismo di produzione dei raggi X deriva da due cause distinte che danno origine ad uno spettro di emissione di alta frequenza, formato da uno spettro continuo e da alcune righe sovrapposte, dipendenti dalla natura della materia interposta nel fascio catodico, chiamato spettro caratteristico. La comparsa di queste righe si spiega ammettendo che gli elettroni primari, quando hanno raggiunto una sufficiente energia, espellono dall' anticatodo alcuni elettronidelle prbite più interne. L'elettrone espulso si sposterà in un livello in cui manca qualche elettrone o sarà totalmente espulso. Tutto, naturalmente, dipende dall' energia trasferita dall'elettrone primario all'atomo. Trovano largo uso nella diagnostica medica ad esempio pe r ottenere radiografie della struttura ossea.
3. La radiazione ultravioletta (UV), invisibile all'occhio umano, presente anche nella radiazione solare, può essere prodotta artificialmente mediante scariche elettriche in un gas rarefatto; tali onde sono prodotte da atomi, da molecole e nelle scariche elettriche; dallo studio dell' interazione UV- materia si ricavano notevoli informazioni sulla struttura atomica di questa.
4. La luce consiste sostanzialmente di rapidissime oscillazioni del campo elettromagnetico, in un particolare intervallo di frequenze che possono essere rivelate dall'occhio umano, e che costituiscono il cosiddetto campo del visibile. Essa viene generata dalla diseccitazione di elettroni, atomi e molecole. I diversi colori della luce corrispondono alle diverse frequenze di vibrazione del campo elettromagnetico, che sono comprese tra circa 4,82 X 1014 vibrazioni al secondo (hertz) per la luce rossa, e circa 7,69 X1014 vibrazioni al secondo per quella violetta. Le diverse lunghezze d'onda della radiazione visibile vengono comunemente chiamate colori e suddivise come indicato di seguito.
Colore l, m f, Hz
violetto 3,90 - 4,55 10 -7 7,67 - 6,59 10 14
blu 4,55 - 4,92 10 -7 6,59 - 6,10 10 14
verde 4,92- 5,77 10 -7 6,10 - 5,20 10 14
giallo 5,77 - 5,97 10 -7 5,20 - 5,03 10 14
arancio 5,97 - 6,22 10 -7 5,03 - 4,82 10 14
rosso 6,22 - 7,80 10 -7 4,82 - 3,84 10 14
Lo spettro della luce visibile si definisce generalmente in termini di lunghezza d'onda, e va dalla lunghezza d'onda minore, che è quella del violetto, di circa 40 milionesimi di centimetro, ai 75 milionesimi di centimetro della lunghezza d'onda del rosso.
5. La radiazione infrarossa (IR) si origina principalmente per emissione puramente termica, nel senso che l' energia emessa deriva dagli urti conseguenti all' agitazione termica delle molecole, ogni volta che la materia è eccitata da una sorgente di calore. Dall' analisi dello spettro infrarosso si ricavano informazioni sulla struttura atomica della materia in relazione alla natura molecolare di essa.
6. Le microonde si ottengono quasi esclusivamente per mezzo di speciali tubi elettrici (es. klystron e magnetron) in cui si sfruttano le interazioni fra un fascio di elettroni e l'onda elettromagnetica emessa da un generatore. La regione in cui si collocano le microonde viene comunemente denominata UHF (frequenza ultra alta, rispetto alle onde radio). Applicazione delle microonde risultano essere il radar, la televisione ed i servizi telefonici.
7. Le onde radio (o herziane), per la notevole lunghezza d'onda, hanno la proprietà di superare gli ostacoli (diffrazione); sono, perciò, essenzialmente onde superficiali nel senso che si diffraggono sulla superficie terrestre, seguendone, fino ad un certo punto, la curvatura. Trovano largo impiego nei sistemi trasmittenti radiotelevisivi, e sono generate a mezzo di dispositivi elettronici del tipo dei circuiti oscillanti LC.
La consistente ampiezza dello spettro elettromagnetico ci permette di comprendere i motivi per cui i diversi tipi di radiazione abbiano differenti comportamenti quando interagiscono con la materia.
L'equazione d'onda.
In analogia con le onde elastiche il luogo dei punti in cui il campo elettrico e quello magnetico si trovano nella stessa fase di vibrazione, prende il nome di superficie d'onda che, più intuitivamente, è definibile come il luogo dei punti che separa la zona perturbata da quella non ancora perturbata. A grande distanza dal centro di emissione ogni superficie d'onda può considerarsi onda piana sinusoidale la cui equazione è
E = E0 sin 2p ( t/ T - x/ l ) (1)
B = B0 sin 2p ( t/ T - x/ l ) (2)
in cui T e l sono rispettivamente periodo e lunghezza d'onda, mentre x individua la posizione del fronte d'onda lungo la direzione X.
Presentando tutte le caratteristiche del moto ondulatorio le onde elettromagnetiche possono dar luogo a fenomeni di diffrazione e interferenza.
La propagazione delle radiazioni elettromagnetiche e loro velocità.
Per considerare le modalità di propagazone della radiazone eelettromagnetica nello spazio è necessario far uso, a livello quantitativo, della terza e dela quarta equazione di Maxwell, di cui si ricorda di seguito il significato:
1. un campo elettrico variabile nel tempo genera in direzione perpendicolare a se stesso, un campo magnetico pure variabile;
2. un campo magnetico variabile nel tempo genera, nella direzone perpendicolare a se stesso, un campo elettrico pure variabile.
Si consideri un punto P posto in una generica zona di radiazione. Nell'intorno del punto P, a seguito di una variazione del campo elettrico dal valore E1 al vaore E2> E1, si genera (terza equazione di Maxwell) un campo magnetico non stazionario. Se si considera un punto T, posto ad una certa distanza da P, in esso il campo magnetico non si genera istantaneamente, bensì con un ritardo che è tanto maggiore quanto più è lontano il punto T da P. Non potrebbe essere altrimenti dal momento che tutti i segnali si propagano nello spazio con velocità finita. Inoltre in ogni punto T, il campo magnetico indotto risulta essere perpendicolare al campo elettrico e varia nel tempo con le stesse modalità di quest'ultimo. Si consideri ora un punto R, posto nell'intorno di T. A seguito del campo magnetico variabile presente in T verrà indotto in R (quarta equazione di Maxwell) un campo elettrico anch' esso varabile, perpendicolare al campo magnetico e quindi parallelo al campo elettrico originario. Quest'ultimo campo elettrico assumerà via via tutti i valori del campo elettrico iniziale, anche se con un ritardo dovuto nuovamente alla velocità finita di propagazione dei segnali. Questo processo prosegue nello spazio attorno al punto iniziale sede del campo non stazionario nella direzione perpendicolare sia a E che a B.
Il risultato finale è quindi la propagazione del campo elettromagnetico attraverso lo spazio e la sua successione periodica di perturbazioni, che si definisce onda elettromagnetica.
Una peculiarità essenziale di questo tipo di radiazione sta nella distribuzione dell'intensità (ampiezza) I delle onde emesse nello spazio. Tramite esperimenti è stato dimostrato che l'ampiezza risulta massima nella direzone perpendicolare all'asse di un' antenna a dipolo elettrico, mentre assume valore zero nella direzione ad esso parallela. Se comunque le dimensioni dell'antenna sono sufficientemente piccole rispetto allo spazio entro cui l'onda si propaga, possiamo rappresentare la successione periodica di impulsi emessi mediante fronti d'onda sferici, che si propagano nello spazio in tutte le direzioni. La radiazone elettromagnetica si allontana quindi dalla sorgente (il circuito oscillante) raggiungendo nello stesso istante tutti i punti posti alla stessa distanza da essa. In questo senso le onde elettromagnetiche si comportano in modo analogo a quello dele onde prodotte da un ondoscopio, quando mediante una punta si colpisce ritmicamente sulla sua superficie. Al pari delle onde generate dall'ondoscopio o quelle generate lungo una fune, anche per le onde elettromagnetiche è possibile definire determinate grandezze caratteristiche quali:
1. il periodo T, inteso come l'intervallo di tempo dopo il quale il campo E e il campo B riassumono i valori iniziali;
2. la lunghezza d'onda l, definita come lo spazio che intercorre tra due punti tra loro in fase;
3. la frequenza f, intesa come il numero di oscillazioni compiute nell'unità di tempo (evidentemente la f dell' onda sarà uguale a quella del circuito oscillante che l' ha generata).
Inoltre anche le onde elettromagnetiche, al pari degli altri tipi di onde, valgono, per le grandezze appena definite, le relazioni
l= vT (3)
l= v/ f (4)
dove con v indica la velocità di propagazione.
Se un osservatore fosse posto in un punto qualsiasi lungo la direzione di avanzamento dell'onda, vedrebbe oscillare i vettori E e B con andamento sinusoidale. A questo punto è possibile rendersi conto del motivo per cui le onde elettromagnetiche possono propagarsi anche nello spazio vuoto. Infatti a differenza delle altre onde, per le quali risultava essenziale ai fini della propagazione la presenza di un mezzo materiale, dal momento che la trasmissione nello spazio avveniva in ogni caso a mezzo di particelle oscillanti, per le onde elettromagnetiche ciò che oscilla non è qualcosa di 'materiale', bensì i valori dell'intensità del campo elettrico E e di quello magnetico B.
Partendo dalle due leggi di Maxwell circa la circuitazione dei campi elettrico e magnetico (terza e quarta equazione), è possibile ottenere il valore della velocità con cui un' onda elettromagnetica si propaga.
Allo scopo si consideri il caso particolare di un campo elettrico ed campo magnetico costanti e tra loro perpendicolari, che ad un certo istante sono localizzati nella regione di spazio vuoto delimitata da un piano G che risulta parallelo ai campi stessi. All'istante t, che consideriamo come iniziale, il piano indicato coincide con il fronte d'onda avanzante con velocità v che si vuole determinare. Si consideri ora una spira rettangolare ABCD che all'istante t iniziale si trovi parzialmente immersa nel campo elettromagnetico. Siano CD (dentro il campo) e AB (fuori dal campo) della spira, paralleli alla direzione del campo elettrico E. Nell' intervallo Dt il fronte d'onda, coincidente inizialmente con G, avanza verso destra di un tratto
Dx= vDt (5)
per cui il flusso FB del campo magnetico subisce una variazione DFB a seguito dell'aumneto DS della superficie della spira investita dalle linee di forza del campo magnetico B. La variazione DFB del flusso sarà
DFB= BDS (6)
DFB= BavDt (7)
dove con a s'intende la lunghezza del lato AB. Nota la variazione di flusso DFB, si può scrivere la legge della circuitazione del campo elettrico nei seguenti termini
C(E) = DFB/ Dt (8)
C(E)= - Bav (9)
E' chiaro che l'unico contributo alla circuitazione derivi dal lato CD= a: infatti lungo i lati AD e BC la circuitazione è nulla essendo gli stessi perpendicolari al campo elettrico E (cosa = 0), mentre per il lato AB, esterno al campo, si ha E= 0. Nel tratto CD la direzione del campo E è parallela al percorso lungo il quale viene calcolata la circuitazione, per cui essendo
a= 0 (10)
segue
cosa = 1 (11)
e quindi
C(E) = Ea (12)
Essendo però
E= Bv (13)
C(E) =Bva (14)
da cui segue
v = E/B (15)
per cui il campo elettromagnetico considerato è compatibile con le equazioni di Maxwell purchè il rapporto tra le intensità dei campi, elettrico e magnetico, sia uguale alla velocità v del fronte d' onda.
Si consideri una seconda spira rettangolare A'B'C'D' anch' essa parzialmente immersa, all' istante t, nel campo elettromagnetico, ma ruotata rispetto alla prima di 90°, in modo che i lati A'B' (esterno al campo) e C'D' (interno al campo) risultino paralleli alla direzione del campo magnetico B. In questa ipotesi nell' intervallo Dt in cui il fronte d'onda avanza del tratto Dx= vDt, è ora il flusso DFE del campo elettrico a subire una variazione a seguito dell'aumento
DS' = a' vDt (16)
della superficie investita dalle linee di forza del campo elettrico E, per cui
DFE= E a' vDt (17)
dove a' è la lungheza del lato A'B'. Nota la variazione del flusso del campo elettrico si può scrivere la legge della circuitazione C(B) del campo magnetico nel vuoto, nei seguenti termini
C(B) = (DFE/Dt) e0 m0 (18)
C(B) =e0 m0 Ea'v (19)
Tramite considerzioni analoghe alle precedenti, è possibile concludere che l'unico contributo alla circuitazione C(B) del campo magnetico proviene dal lato C'D' ed ha valore
C(B) =Ba' (20)
Sostituendo tale valore nella (19) si ottiene
Ba' = e0 m0 Ea'v (21)
e quindi
E/B = (1/ v) (1/ e0 m0) (22)
per cui si può affermare che il campo elettromagnetico è compatibile con le equazioni di Maxwell purchè il rapporto tra le intensità dei campi E e B soddisfi la (22).
Confrontando la (15) con la (22) si ottiene che
v = (1/ v) (1/ e0 m0) (23)
v2 = (1/ e0 m0) (24)
ossia
v =1/(e0 m0) 1/2 (25)
e sostituendo e0= 4 p 10 -7 N/A e m0 = 8.854 10 -12 C2 /Nm2 si ottiene
v = 299.792 km/s (26)
per cui
c =1/(e0 m0) 1/2 (27)
La propagazione di un' onda elettromagnetica nel vuoto è prossima alla velocità c della luce sempre calcolata nel vuoto. Tale risultato, però, impone alcune considerazioni:
1. se ne ricava che la luce non è altro che un'onda elettromagnetica di una ben determinata frequenza;
2. poichè il valore della velocità di propagazione è dato in funzione di due costanti universali quali e0 e m0, qualunque altro osservatore disposto su un generico sistema di riferimento inerziale di moto, rispetto a noi, applicando nello stesso modo le equazioni di Maxwell, giungerebbe allo stesso risultato. Questa considerazione risulta però essere in contrasto con il principio di relatività galileiano, per cui si è indotti a pensare che le equazioni di Maxwell contengano elementi di rottura con la fisica classica.
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