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La relatività dello spazio e del tempo
Il tempo assoluto
La luce è un'onda luminosa che ha la capacità di propagarsi attraverso il vuoto; perciò è facile dedurre per via teorica la sua velocità c. Ma risulta evidente che, anche cambiando sistema di riferimento, esso non varia. Si può riscontrare quindi una contraddizione tra la teoria della meccanica classica che affermava che, tramite le trasformazioni di Galileo, la velocità di un qualsiasi oggetto variava cambiando sistema di riferimento, e la teoria dell'elettromagnetismo.
Un'ipotesi alla base della fisica di quel periodo era l'esistenza di un tempo assoluto, cioè un tempo che scorre immutabile e indifferente, identico in tutti i sistemi di riferimento. Grazie all'intervento di Einstein si riuscì a dimostrare che, in realtà, esso era un concetto errato.
Si può parlare di simultaneità quando nel momento in cui un atleta, simultaneamente allo sparo del giudice, comincia una corsa, il cronometro segna un certo valore, mentre all'arrivo, nel momento che l'atleta attraversa il traguardo, ne segna un altro. In ambedue i casi si verifica l'applicazione del concetto di simultaneità tra i due eventi. Nel caso in cui, però, si debba verificare il fenomeno con oggetti molto distanti con velocità prossime a quella della luce, questo tipo di misurazione può risultare molto meno semplice.
Einstein risolse la contraddizione proponendo di rifondare la fisica partendo da due soli postulati:
Le leggi e i principi della fisica hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali.
La velocità della luce è la stessa in tutti i sistemi di riferimento inerziali, in modo indipendente dal sistema stesso o della sorgente da cui la luce è emessa.
Formulato il postulato sulla costanza della velocità della luce si poteva stabilire effettivamente se due oggetti erano o meno simultanei.
Per definizione si può dire che due fenomeni F1 e F2 sono simultanei se la luce che essi emettono giunge nello stesso istante in un punto P equidistante dai punti P1 e P2 in cui si verificano i due fenomeni.
Il giudizio di simultaneità, però, risulta relativo dato che, considerando uno sistema di riferimento in moto rispetto ad un altro i due eventi non risultano più simultanei. Ne consegue che il concetto di simultaneità assoluta è impossibile e che quindi non si può definire un tempo assoluto che scorra uguale per tutti gli osservatori.
La dilatazione dei tempi
La durata di qualunque fenomeno risulta minima se è misurata nel sistema di riferimento S solidale con il fenomeno stesso, cioè in quel sistema in cui il fenomeno inizia e finisce nello stesso punto. In tutti i sistemi di riferimento in moto rispetto a S, però, la durata del fenomeno risulta maggiore e la misura di uno stesso intervallo di tempo dipende dal sistema di riferimento in cui questo è misurato. Anche questo fatto conferma che il concetto di tempo è relativo.
La dilatazione dei tempi è espressa dalla formula:
∆t′ = 1 . ∆t
1- (v/c)2
Si può definire intervallo di tempo proprio (∆τ) la durata di un fenomeno che viene misurato in un sistema di riferimento solidale con esso.
Indicato inoltre con il simbolo β il rapporto tra il modulo della velocità di un oggetto e la velocità della luce nel vuoto,
β = v/c
prende il nome di coefficiente di dilatazione nel vuoto,
__ 1 . , per cui la formula della dilatazione dei tempi diventa: ∆t′ = γ ∆t .
1 - β2
La contrazione delle lunghezze nella direzione del moto relativo
Se un osservatore effettua la misurazione della lunghezza di un segmento in un dato sistema di riferimento e un secondo osservatore compie la stessa azione in un sistema in moto rispetto al primo, ne risulterà che nel secondo la lunghezza del segmento è uguale alla differenza tra le posizioni dei suoi estremi misurate nello stesso intervallo di tempo, rispetto agli orologi di quel sistema. Effettuato ciò, risulta che all'intervallo di tempo ∆t′ , che è l'intervallo di tempo "proprio" di quel sistema, corrisponde un intervallo di tempo ∆t più lungo. Ne consegue che la lunghezza propria del segmento nel secondo sistema è minore.
Come per il tempo, anche lo spazio assoluto della meccanica classica non esiste.
Δx′ = (Δx) / γ = 1- (v/c)2 Δx
L'invarianza delle lunghezze perpendicolari al moto relativo
Dimostrata la dilatazione degli intervalli di tempo e la contrazione delle distanze poste nella direzione del moto di un secondo sistema di riferimento non solidale, è lecito dubitare che un segmento posto in direzione perpendicolare ad un sistema di riferimento in movimento, ad esempio un treno, appaia uguale ad ambedue i sistemi di riferimento.
Si può procedere per assurdo asserendo che non sia vera l'affermazione che si vuole dimostrare.
Utilizzando l'esempio del treno che passa in una galleria abbiamo due situazioni distinte:
- il riferimento del terreno: in esso la galleria è ferma e il treno è in movimento. Secondo l'ipotesi della contrazione il treno, visto da terra, appare più stretto e più basso di prima: non c'è dubbio che riesca a passare sotto la galleria;
- il riferimento del treno: in esso il treno è fermo e la galleria è in movimento. Ora sono l'altezza e la larghezza della galleria a diminuire, mentre quelle del treno rimangono costanti. Il risultato dovrebbe essere un drammatico incidente quando il treno tenta di entrare in una galleria troppo piccola.
Naturalmente non è possibile che un incidente avvenga o no a seconda del sistema di riferimento che si adotta. L'unico modo per rimediare a tale assurdità è ammettere che le dimensioni trasversali rimangano uguali.
Le trasformazioni di Lorentz
Nella meccanica classica per indicare le trasformazioni da un sistema ad un altro, venivano utilizzate le trasformazioni di Galileo che presupponevano, però, l'esistenza di un tempo assoluto. Esse non sono corrette per indicare le trasformazioni da un sistema di riferimento ad un altro. Sono quindi sostituite da quelle formulate dal fisico olandese Lorentz note come trasformazioni di Lorentz.
x′ = x - vt = γ( x - vt ) z′ = z y′ = y
(v/c)2
t′ = t - (vx)/ c2 = ( t - ( /c) .x)
(v/c)2
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