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I numeri e




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I numeri e

l'Infinito











'Dio creò i numeri, tutto il resto è opera dell'uomo': questa è l'opinione di Leopold Kronecker, un matematico tedesco vissuto nell'Ottocento. L'affermazione sembra quasi invitarci a non indagare troppo sulla natura dei numeri. Noi invece vogliamo confutare il pensiero di Kronecker perché siamo convinti che il Padreterno può aver creato tutto al più le pecore e tutte le altre cose del mondo ma non i numeri, i quali invece sono stati inventati dall'uomo proprio perché si possano contare le pecore e tutte le altre cose create da Dio. Cominciamo allora con l'osservare che il sistema di numerazione che usiamo abitualmente è quello decimale, cioè contiamo e scriviamo i numeri per decine; ciò potrebbe non essere casuale. L'uomo primitivo, per contare, potrebbe essersi servito di parti del proprio corpo, per esempio delle mani e delle relative dita. Tutti abbiamo sperimentato che il modo più naturale di contare è quello di chiudere le mani a pugno e quindi sollevare un dito per volta in corrispondenza di ogni oggetto dell'insieme che si vuol contare.Questo convincimento poggia anche sul fatto che sono esistiti in passato ed esistono anche attualmente, presso alcune popolazioni, conteggi e registrazioni dei numeri basati sulle dita di una sola mano (sistema di numerazione «quinario»), o sulle venti dita complessive delle mani e dei piedi (sistema di numerazione «vigesimale»). La numerazione celtica, ad esempio, era una numerazione a base venti e i francesi, nella loro lingua, conservano il ricordo del modo di indicare i numeri di quell'antica popolazione: per dire ad esempio ottanta, i francesi dicono quatre-vings, cioè quattro volte venti. Esistono anche delle basi di numerazione che non derivano dall'anatomia del nostro corpo, ma dall'astronomia, come le numerazioni per dozzine o per sessantine, che si usano ad esempio quando si conteggia il tempo, dove, come tutti sanno, sessanta secondi sono un minuto e sessanta minuti sono un'ora e dove un giorno consta di ventiquattro ore ed un anno di dodici mesi.

1.le difficoltà del "far di conto"

Le numerazioni dell'antichità non erano molto adatte per fare calcoli, e specialmente non lo era quella romana. Immaginiamo di dover sommare il numero XVI al numero IV o peggio ancora di dover moltiplicare il primo per il secondo senza trasformarli prima nel sistema decimale. L'operazione, come è facile comprendere, risulta tecnicamente pressoché impossibile.Gli antichi, in verità, per fare i calcoli usavano i cosiddetti «abachi», cioè tavolette divise in scomparti nei quali venivano sistemati dei sassolini che corrispondevano alle cifre di cui erano composti i numeri; essi funzionavano un poco come funzionano i pallottolieri. In ciascuno scomparto veniva sistemata una serie di sassolini a seconda delle unità, delle decine, delle centinaia e così via, di cui era composto il numero. Negli stessi scomparti, in modo coerente, venivano aggiunti i sassolini corrispondenti al numero che doveva essere sommato. Si contavano quindi tutti i sassolini presenti nel comparto delle unità e, se superavano il dieci, si lasciavano solo quelli eccedenti tale numero, mentre, nel secondo scomparto, quello delle decine, si aggiungeva un sassolino che valeva pertanto quanto dieci del primo scomparto. Si raggruppavano quindi i sassolini dello scomparto delle decine e, come nel caso precedente, se superavano il dieci, se ne toglieva appunto tale numero lasciandone il resto e si aggiungeva quindi un sassolino nello scomparto delle centinaia e così di seguito. Successivamente, vennero introdotti dei simboli speciali per ciascun numero da 1 a 9. Con l'introduzione dei nuovi simboli che probabilmente arrivarono dall'India, e furono chiamati «numeri d'abaco», invece che sistemare negli scomparti i sassolini corrispondenti al numero che si voleva rappresentare, si piazzava direttamente il simbolo equivalente a quella cifra. In questo modo si arrivò praticamente all'introduzione del sistema moderno di numerazione.Questo è detto posizionale perché ogni cifra di un numero ha un certo significato a seconda della posizione che occupa all'interno del numero stesso. L'adozione del sistema posizionale riduce la quantità dei simboli necessari per rappresentare i numeri. Senza questo artifizio la registrazione di un numero non sarebbe niente di più di una specie di stenografia, cioè una sequenza di simboli senza senso logico che certamente non avrebbe consentito alla matematica alcun progresso.


2. Lo zero

Mancava, tuttavia, per arrivare alla scrittura moderna dei numeri, un perfezionamento di non secondaria importanza: l'introduzione dello zero, una cifra alla quale nessuno, fino a quel tempo, aveva ancora pensato.Lo zero venne introdotto, come simbolo della numerazione, dai mercanti indiani del IX secolo dopo Cristo, poiché essi si erano accorti che lasciando degli spazi vuoti, nella scrittura dei numeri, c'era il rischio di incorrere in equivoci molto seri. Due cifre, per esempio l'uno e il due, potrebbero indicare nella numerazione decimale numeri diversi, a seconda della posizione assunta dai simboli stessi. Essi potrebbero indicare, ad esempio, il numero 12, ma anche il numero 102 se rimanesse vuoto uno spazio fra le due cifre. Il pericolo maggiore di errore si sarebbe verificato tuttavia se gli spazi vuoti fossero stati quelli finali, quindi ad esempio per i numeri 120 o 1200. I mercanti indiani, che erano gente pratica che non andava troppo per il sottile, al contrario di quanto avveniva per i filosofi greci per i quali la scienza era un raffinato gioco intellettuale, introdussero, senza farsi troppi scrupoli, un simbolo specifico per indicare il vuoto. Del nuovo modo di scrivere i numeri vennero a conoscenza gli Arabi, i quali, essendo anch'essi dei mercanti, assimilarono immediatamente l'innovazione indiana, e successivamente la diffusero anche in Europa. Come mai ci volle tanto tempo per capire che lo zero rappresentava una cifra fondamentale per la scrittura dei numeri? Il fatto è che i numeri vennero introdotti per contare gli elementi di una collezione e lo zero, all'interno di questa operazione, rappresenta il nulla, il vuoto. Era quindi difficile pensare allo zero come a qualche cosa di concreto. Prima dell'invenzione dello zero fu introdotto, in verità, il punto per indicare lo spazio vuoto. Il punto è il simbolo visibile di più piccole dimensioni che si possa utilizzare per mostrare qualche cosa di immateriale e quindi era ciò che più si avvicinava al concetto di niente. Il punto però non rappresentava un numero, e quindi non poteva dare una risposta concreta ad un'operazione matematica del tipo, ad esempio, di due meno due.


3. I sistemi di numerazione extraeuropei

Si pone qui il problema, affinché non ci si accusi di eurocentrismo, di classificare anche sistemi di numerazione in uso presso le altre popolazioni della Terra. Gli eurocentristi sono coloro i quali ritengono che l'Europa (ma in questo caso sarebbe più giusto dire il bacino del Mediterraneo) sia al centro del mondo e che la cultura e la civiltà siano un prodotto esclusivo dei popoli di queste terre dalle quali si siano poi irradiate nel resto del mondo. Ma non è così. Le popolazioni degli altri continenti come ad esempio i cinesi, gli indiani, o gli antichi abitanti delle Americhe (i Maya, gli Aztechi, gli Incas) avevano una loro civiltà e una loro cultura che nulla aveva da invidiare alla nostra, anzi, per molti aspetti, ne era anche superiore. Per quanto riguarda la matematica, ad esempio, i Maya, gli antichi abitanti dello Yucatàn, erano in possesso di un sistema di numerazione essenziale, ma molto efficace. Si trattava di un sistema in base venti che si fondava su tre soli simboli, il punto per indicare l'1, il trattino per indicare il 5 e il cerchietto per indicare lo zero. Essi conoscevano quindi lo zero prima degli europei e grazie ad esso erano in grado di utilizzare il sistema posizionale per scrivere i numeri. Solo di recente sono venuti alla luce i ruderi dell'antica civiltà Maya distrutta dai conquistadores spagnoli del Cinquecento, e si è potuta quindi ricostruire la lingua e la cultura di quelle antiche popolazioni. Gli europei hanno indubbiamente molti meriti per aver costruito e diffuso in tutto il mondo una cultura ed una civiltà ricca di valori, ma purtroppo hanno anche qualche colpa da farsi perdonare. Una di queste è proprio quella di avere sterminato antiche civiltà del continente americano arrestando, in questo modo, la loro crescita civile e culturale.


4.Scrivere i numeri

Con l'introduzione dello zero fu quindi possibile scrivere i numeri senza fare più uso degli abachi. Oggi i numeri vengono scritti come somme di potenze successive. Pertanto nella numerazione decimale, che è quella che ci è più familiare, la prima cifra a destra di un numero a più cifre, indica quante unità vi sono in quel numero; la seconda cifra indica quante decine bisogna aggiungere alle unità espresse dalla prima cifra, la terza cifra indica quante decine di decine (cioè centinaia) bisogna ulteriormente aggiungere e così via. Il numero 243, ad esempio, può essere scritto nel modo seguente: 2·102 + 4·x101 + 3·100 che fa appunto 243. La potenza 100, come qualsiasi altro numero elevato alla zero (escluso lo zero), fa 1. Scrivere un numero, nel sistema decimale, corrisponde quindi a scrivere una somma ordinata di potenze decrescenti del 10: si inizia dalla potenza più alta che corrisponde al numero delle cifre di cui è formato il numero meno una, e poi si cala gradualmente fino alla potenza zero. Il sistema di numerazione decimale viene detto pertanto «sistema di base 10». Ma il 10, come abbiamo fatto osservare, non è un numero che rappresenta qualche proprietà matematica speciale. Esso è semplicemente una caratteristica anatomica del nostro corpo. Pertanto, il metodo che abbiamo usato per scrivere un numero di base 10 può essere adattato, senza alcuna variazione concettuale, per scrivere un numero a base qualsiasi, per esempio a base 5, o 20, o altro. Se noi, ad esempio, utilizzassimo il sistema di numerazione quinario, scrivendo il numero 243 intenderemmo esprimere la quantità seguente: 2·52 + 4·51 + 3·50 che corrisponde al numero 73 nel sistema di numerazione decimale. Il numero 243 in un sistema di numerazione a base sessanta vorrebbe invece significare: 2·602 + 4·601 + 3·600 e rappresenterebbe, verosimilmente, un'indicazione di tempo, quindi da leggersi 2 ore, 4 minuti e 3 secondi (602 = 3600 sono i secondi in un'ora e 601 = 60 sono i secondi in un minuto). Uno stesso numero, come abbiamo visto, può corrispondere a quantità diverse (e a concetti diversi) a seconda del sistema di numerazione utilizzato per esprimerlo. E' interessante notare che il numero dei «segni», cioè il numero delle cifre che può essere utilizzato nei diversi sistemi di numerazione, è sempre uguale al valore della base. Così ad esempio, nel sistema di numerazione decimale le cifre che possono venire utilizzate sono dieci e vanno da 0 a 9. Nel sistema di numerazione a base cinque, analogamente, avremo solo le cifre 0,1,2,3,4, e il numero 5 verrebbe scritto 10, il numero 6 verrebbe scritto 11, il numero 7, 12 e così via. Allo stesso modo è facile verificare che maggiore è la base di numerazione minore è il numero delle cifre necessario per indicare lo stesso numero. Ad esempio il numero 100 che nel sistema di numerazione decimale richiede tre cifre per essere rappresentato, nel sistema di numerazione binario necessita di ben sette cifre dovendosi scrivere 1100100, mentre, in un sistema di numerazione per esempio a base 16, ne richiederebbe due sole e si scriverebbe infatti 64.Il più semplice sistema di numerazione che si può immaginare è quello binario, cioè a base 2. In esso esistono due sole cifre, lo zero e l'uno. Il 2 si scrive quindi 10, il 3 si scrive 11, il 4 si scrive 100, e così via. Si noti che il numero 10 rappresenta sempre il simbolo della base della numerazione che si adotta e quindi vale 2 nel sistema di numerazione in base due, vale 5 nel sistema in base cinque, vale 10 nel sistema in base dieci e via dicendo. Prendiamo un numero qualsiasi scritto nel sistema binario, ed analizziamolo nelle sue parti: scegliamo per esempio il numero 1101. A quale valore, nel sistema decimale, corrisponde questa scrittura? Il numero che abbiamo scelto può essere scritto nel modo seguente: 1·23 + 1·22 + 0·21 + 1·20. Esso, nel sistema di numerazione decimale, vale quindi 13.




Princìpi dell'algebra di Boole e circuiti digitali



George Boole, nel 1854, pubblicò un libro, An Investigations of he Laws of Thought( Un esame sulle leggi logiche del pensiero), in cui dimostrava che la maggior parte del pensiero logico, privata di particolari irrilevanti e verbosità, potesse essere concepita come una serie di scelte. Questa idea è divenuta la base dei computer.Questa serie di scelte all'interno del computer può essere codificata attraverso il codice macchina; quest'ultimo è il linguaggio in cui sono scritti i programmi eseguibili per computer. A volte viene classificato come linguaggio di programmazione, sebbene quest'ultima espressione sia più spesso utilizzata per indicare i linguaggi di alto livello con cui si scrivono programmi non direttamente eseguibili, ma che richiedono una traduzione in linguaggio macchina, per esempio per mezzo di un compilatore. Il linguaggio macchina è basato su un alfabeto detto binario perché comprende due soli simboli 0 e 1. valori che possono essere contenuti in un bit.L'espressione 'il linguaggio macchina' è, strettamente parlando, scorretta; infatti, ogni modello di processore è in grado di comprendere un proprio particolare linguaggio macchina. Tuttavia, pur variando nella sintassi specifica, i linguaggi macchina di tutti i processori sono basati su un insieme di principi e di concetti analoghi.Se un determinato processore P1 comprende esattamente il linguaggio di un altro processore P2, si dice che P1 è compatibile con P2. Per esempio, i computer cosiddetti IBM compatibili sono chiamati in questo modo perché sono in grado di comprendere un linguaggio macchina inventato dalla IBM e in seguito applicato sulla maggior parte dei personal computer.Come nel linguaggio naturale, nel linguaggio macchina i simboli dell'alfabeto utilizzato (1 e 0) sono organizzati in 'parole' che a loro volta costituiscono 'frasi'. Le frasi del linguaggio macchina sono dette istruzioni; ognuna di esse ordina al processore di eseguire un'azione elementare afferente allo stato interno del computer, come la lettura di una locazione di memoria oppure il calcolo della somma dei valori contenuti in due registri. Le frasi sono generalmente costituite da una parola iniziale detta codice operativo iniziale, che indica il tipo di azione da eseguire, seguita da altre parole che specificano gli eventuali parametri (o dati) a cui l'azione deve essere applicata (per esempio 'SOMMA'-'15'-'20'). Se consideriamo la prima parola come 'verbo' della frase, possiamo dire per analogia che il linguaggio macchina prevede solo verbi all'imperativo; non a caso, i linguaggi di programmazione che presentano questa caratteristica sono detti proprio linguaggi imperativi.I processori tradizionali erano in grado di eseguire una sola istruzione per volta; attualmente si stanno diffondendo tecnologie che consentono l'esecuzione di più istruzioni in parallelo.Qualsiasi processo logico può essere ricondotto ad una sequenza di eventi elementari, che nell'insieme prende il nome di algoritmo. Tale sequenza può essere rappresentata con un diagramma di flusso (Flow chart, v. figura 1), il quale a sua volta è facilmente traducibile in un particolare programma comprensibile dall'elaboratore. Per la visualizzazione di un problema con un diagramma di flusso, sono utilizzati vari simboli grafici standard: il rombo per indicare controlli decisionali ed il rettangolo per indicare operazioni da effettuare. Prenderemo le mosse per la nostra discussione riferendoci ad un 'problema' del tutto comune. Questo approccio, ha il vantaggio di evidenziare come un sistema di elaborazione dati permetta di trattare non solo problemi numerici, ma anche alfanumerici (alfabetico-numerici) e dunque di carattere generale. Immaginiamo, per esempio, di voler tradurre in un diagramma di flusso le seguenti affermazioni: 'esco se è bel tempo ed è caldo'; 'esco se è bel tempo o se è caldo'. E' facile riconoscere che le due decisioni sono distinte: la prima (diagramma figura 1 ), comporta il verificarsi di due condizioni (evidenziate in verde); la seconda (diagramma figura 2), comporta il verificarsi di almeno una fra due condizioni. E' importante rendersi conto che, come vedremo, l'elaboratore non 'comprende' il significato delle frasi 'esco resto in casa': si limita a considerare il valore di certe costanti associate ad ogni singolo evento. Come secondo passo, si tratta di convertire i diagramma di flusso in un linguaggio numerico, il solo comprensibile dall'elaboratore. Ciò si ottiene con i cosiddetti operatori logici elementari. Per semplicità, limiteremo la nostra discussione ai tre elementi di base. Con le istruzioni riportate nella tabella (figura 3), possiamo tradurre i due differenti diagrammi di flusso in sequenze di istruzioni. Per far questo, è necessario aggiungere un nuovo simbolo grafico (un parallelogramma)(figura 4) di inizializzazione ai nostri diagrammi di flusso. Questo simbolo implica che l'elaboratore si attende che gli vengano forniti i valori di A e B (che possono essere 0 o 1) tramite tastiera. Appena inseriti questi valori (per es. A=1 e B=1), l'elaboratore esegue il programma tenendo conto dei valori di inizializzazione (C=1 'esco'; C=0 'rimango in casa'): a seconda del risultato ottenuto, sullo schermo verrà mostrata una delle due frasi.

A = 1 corrisponde all'evento 'bel tempo'

B = 1 corrisponde all'evento 'caldo'

C = 1 corrisponde all'azione 'esco'

A = 0 corrisponde all'evento 'non bel tempo'

B = 0 corrisponde all'evento 'non caldo'

C = 0 corrisponde all'azione 'resto in casa'

con queste condizioni, il primo diagramma di flusso risulta così formalizzato:

IF A AND B THEN C

Le istruzioni AND e OR, dette operatori logici, sono prese dall'algebra di Boole e forniscono il risultato 1 o 0, a seconda del valore delle variabili A e B. Ad esempio, se entrambe le variabili A e B valgono 1, allora l'operatore AND assumerà il valore 1. In questo caso, il simbolismo, tradotto in parole, corrisponde a:

SE bel tempo E caldo ALLORA esco

viceversa, se una sola delle due variabili, oppure entrambe valgono 0, allora l'operatore AND assumerà il valore 0. In questo caso, il simbolismo, tradotto in parole, corrisponde a:

SE non bel tempo E caldo ALLORA resto in casa

SE bel tempo E non caldo ALLORA resto in casa

SE non bel tempo E non caldo ALLORA resto in casa

Come abbiamo detto, i valori delle variabili A e B sono introdotti da tastiera prima di 'raggiungere' l'operatore AND. Così, se entrambe le variabili A e B valgono 1, quando saranno esaminate dall'operatore AND seguirà necessariamente il risultato C = 1.

Con le stesse modalità, il secondo diagramma di flusso risulta così formalizzato:

IF A OR B THEN C

In questo caso, se almeno una delle variabili A e B vale 1, allora l'operatore OR assumerà il valore 1; viceversa, se entrambe valgono 0, allora l'operatore OR assumerà il valore 0. Dunque, se almeno una delle variabili A e B vale 1, quando saranno esaminate dall'operatore OR seguirà necessariamente il risultato C = 1.

Ora che abbiamo visto come definire un linguaggio numerico (ricordiamo che l'elaboratore non comprende il significato delle frasi che leggiamo) interpretabile dall'elaboratore, vediamo come applicarlo. Per far questo, esaminiamo un semplice 'elaboratore' in grado di automatizzare la nostra decisione. La realizzazione di questo - e di tutti gli elaboratori - richiede la costruzione di circuiti detti porte logiche.

Per esempio, osservando il circuito elettrico schematizzato (figura 5), è facile riconoscere che la lampadina si accenderà solo se entrambi gli interruttori A e B verranno abbassati in modo da chiudere il contatto elettrico. Questo circuito, corrisponde ad un operatore logico AND.

Per riassumere il comportamento di una vole di veridicità. Per la porta AND, la tavola è in tabella a destra del circuito. Si osservi, per esempio, che quando A=1 e B=1 (entrambi gli interruttori abbassati), allora la lampadina (indicata con C) è accesa e quindi C=1.

Ora, come secondo passo, esaminiamo un altro circùito: in questo caso, è facile riconoscere che la lampadina si accenderà solo se almeno uno degli interruttori A e B verrà abbassato in modo da chiudere il contatto elettrico. Questo circuito, corrisponde all'operatore logico OR.

La sua rappresentazione secondo una normativa standardizzata, è rappresentata con il simbolo sottoindicato. A destra, è riportata la corrispondente tavola di veridicità.Si noti come sia sufficiente che un solo interruttore sia abbassato per accendere la lampadina.

Oltre alle porte AND e OR, c'è la porta NOT, capace di invertire il segnale in ingresso: se vale 1, diventa 0 e viceversa(vedi figura 8). Le porte logiche descritte, sono rappresentate simbolicamente con i simboli in figura 7; combinandoli fra loro, si può codificare in linguaggio binario qualsiasi diagramma di flusso. Per esempio, la frase 'se è bel tempo ed è caldo esco; tuttavia, se ho un impegno esco in ogni caso' richiede una porta AND ed una porta OR unite tra loro come in figura6.

La combinazione di più porte logiche, permette di ottenere risultati più articolati. Per esempio, nella figura sotto è mostrata una porta NOR, costituita dalla combinazione di due porte AND, due porte NOT ed una porta OR. Questa porta permette di selezionare un valore positivo (1) se e solo se uno dei due dati in ingresso è positivo (a differenza della porta OR che fornisce un valore unitario anche se entrambi i dati in ingresso sono positivi).

La combinazione di più porte logiche, permette di ottenere risultati più articolati. Per esempio, nella figura 8 è mostrata una porta NOR, costituita dalla combinazione di due porte AND, due porte NOT ed una porta OR. Questa porta permette di selezionare un valore positivo (1) se e solo se uno dei due dati in ingresso è positivo (a differenza della porta OR che fornisce un valore unitario anche se entrambi i dati in ingresso sono positivi). Si può verificare il funzionamento della porta NOR, tenendo conto che i dati in ingresso A e B sono duplicati però formando coppie invertite, e quindi inviati a due porte AND. Per esempio, nella figura 9 a sinistra, il segnale al morsetto A vale 1: questo segnale è sdoppiato in modo da raggiungere una porta AND con il segnale 1 e l'altra porta AND con il segnale invertito, 0; il segnale al morsetto B vale 0: questo segnale è sdoppiato in modo da raggiungere una porta AND con il segnale 0 e l'altra porta AND con il segnale invertito, 1. Dalle due porte AND escono quindi due segnali 0 e 1, che raggiungono la porta OR fornendo un segnale 1

Quello che abbiamo esaminato finora, può definirsi un semplice elaboratore dedicato, capace cioè di eseguire un compito particolare: verificare la presenza di due eventi (bel tempo, caldo) o di un evento alternativo (impegno). E' ovvio che un simile elaboratore è troppo semplice per avere qualche utilità. Tuttavia, si può facilmente intuire che gli elementi discussi costituiscono la base per combinare tra loro più porte logiche in modo da ottenere rapidamente, e senza confusione, decisioni immediate. Inoltre, si possono costruire circuiti in grado di effettuare operazioni matematiche.

Quanto discusso ci permette di comprendere come opera un elaboratore analogico. In realtà, un processore elettronico non è costituito da parti mobili, tuttavia la logica di base può essere compresa con alcune semplici considerazioni. I circuiti elettronici digitali sono costituiti da transistor. Un transistor permette di far passare o non far passare elettroni. Il passaggio di elettroni è un segnale elettronico binario (1 se passano elettroni, 0 se non passano). La caratteristica che distingue gli interruttori elettronici dai più comuni interruttori elettrici è che essi sono comandati da un segnale elettronico binario e non dall'intervento umano. Questo significa che è possibile usare il segnale elettronico di un transistor per comandare un altro transistor e così ottenere un nuovo segnale elettronico che, a sua volta, può comandare un altro transistor e così via. L'insieme di questi interruttori elettronici che si comandano a vicenda viene detto circuito elettronico. Vi sono infinite possibilità di costruzione di circuiti elettronici, ma essenzialmente sono tutte riconducibili agli elementi fondamentali qui esaminati.










figura 1

figura 2

 figura 3

figura 4

figura 5

 figura 6

figura 7

figura 8










Concludendo.




Come abbiamo potuto notare i numeri e quindi l'infinito non sono solo entità astratte ma vengono continuamente utilizzate da tutti noi,per quanto riguarda il concetto di numero esso è stato sempre accettato senza alcun problema fin dall'antichità,il problema sorge con il concetto di infinito,in quanto all'inizio c'era una difficoltà ad accettare come vere e "reali" cose che non si potevano vedere ne toccare.poi attraverso il passare dei secoli sono caduti quei tabù che non permettevano di lavorare con questo concetto e si è cominciato ad utilizzarlo in modo sistematico in matematica,nelle scienze,ma anche nella letteratura e nell'arte. Sono state fatte delle scoperte e delle teorie in proposito ma non sono state ben accette fin dal principio in quanto richiedevano un notevole sforzo per cambiare punto di vista,ma soprattutto perché ponevano sempre più problemi di quelli che risolvevano. Nonostante ciò l'uomo ha sempre continuato a cercare di capire sempre più a fondo se stesso e ciò che lo circonda. È proprio questa curiosità insaziabile che ci differenzia dagli animali e che dante fece descrivere così da Ulisse: " considerate la vostra semenza:fatti non fosti a viver come bruti,ma per seguir virtute e canoscenza".




















Bibliografia


www.forma-mentis.net

www.calion.com

www.freewebs.com

www.wikipedia.it

www.ciampini.it

www.filosofico.net

enciclopedia multimediale omnia 2004

enciclopedia multimediale encarta 2006

enciclopedia multimediale rizzoli larousse

L'origine del cosmo di bruno martinis




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