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La crisi e le teorie di keynes




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LA CRISI E LE TEORIE DI KEYNES


La crisi del '29 fece sorgere un complesso di problemi la cui soluzione si rilevò al di là della capacità di recupero delle forze economiche individuali. Le cause della crisi vengono identificate nella difficoltà del sistema di pervenire all'ottimale allocazione delle risorse e all'equilibrio dell'occupazione continuando a seguire le rigorose indicazioni del LAISSEZ-FAIRE che il Presidente Hoover aveva mantenuto.


Precisamente le cause si possono riassumere in alcuni punti:

Nel pessimismo causato dall'improvviso crollo della borsa, dopo un periodo di aumenti gonfiati da una vera e propria febbre speculativa;

Nel ripristino del sistema basato sull'oro, che avrebbe irrigidito i pagamenti internazionali;

Nell'innalzamento di barriere contro le importazioni da parte dei maggiori paesi industriali;

Nell'insufficienza della domanda di beni di consumo;

Nell'esaurimento delle occasioni d'investimento in attività produttive;

Nei troppi debiti contratti da soggetti privati.


Ma quando alle elezioni del 1933 viene eletto il presidente Roosevelt, le cose iniziarono a migliorare grazie al suo programma "NEW DEAL" che prevedeva la creazione di posti di lavoro e aiuti ai soggetti più deboli. Infatti il "new deal" può essere interpretato come una anticipazione pratica dei concetti Keynesiani.

Di fatto la legge di Say sopravvive fino alla Grande Depressione, o meglio fino a quando Keynes dimostra che può esistere una carenza di domanda e che la crisi scoppiata nel 1929 è determinata da una simile carenza. La carenza della domanda è causata da un insufficiente  livello degli investimenti che gli imprenditori decidono in base alle aspettative di domanda e di profitto. Inoltre i prezzi invece di cadere, possono mantenersi a un livello superiore a quello necessario per rilanciare la domanda, e le merci, di conseguenza, rischiano di rimanere invendute. Diventa quindi necessario un calo della produzione realizzato con un'inevitabile diminuzione del numero di lavoratori impiegati.

Al contrario di quanto raccomandato dal laissez faire il governo allora può e deve correggere le tendenze del mercato investendo in opere pubbliche e comunque spendendo per sostenere la domanda. Più in generale Keynes, nella sua opera principale, la teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, pubblicata nel 1936, sostiene la tesi che è la domanda a generare l'offerta e va quindi capovolta l'analisi classica dell'equilibrio e la legge di Say.



Inoltre è posta la confutazione dei due fondamentali presupposti classici:

Il sistema economico non possiede alcuna capacità autonoma di conseguire il livello di reddito d'equilibrio e d'occupare pienamente tutti i fattori produttivi;

Non esistono meccanismi che tendono automaticamente a riportare il sistema in una situazione di piena occupazione.


La spesa pubblica

Keynes dimostra che può realizzarsi un equilibrio basato sulla sottoutilizzazione delle risorse e in particolare sulla sottooccupazione dei lavoratori, e offre alcuni suggerimenti per favorire il pieno utilizzo delle risorse:

Difendere i salari per evitare diminuzioni dei consumi e conseguentemente della domanda complessiva;

Sostenere direttamente la domanda globale con la spesa pubblica;

Fare intervenire lo Stato direttamente nell'economia con investimenti pubblici, politiche fiscali e di bilancio.


È proprio seguendo l'approccio Keynesiano che nasce la politica di BILANCIO FUNZIONALE e il meccanismo del MOLTIPLICATORE DELLA SPESA PUBBLICA.

Secondo la teoria del bilancio funzionale, il bilancio non deve più essere un puro documento contabile "a costi e ricavi" ma deve divenire un prezioso strumento di politica finanziaria. Poiché lo stato è sempre più presente nella vita sociale ed economica, e il suo intervento è indispensabile non soltanto a regolare l'andamento del mercato, ma anche a favorire uno sviluppo armonico della società, il bilancio deve rispondere a queste ulteriori e più complesse funzioni.

Lo stato interviene nel mercato attraverso la spesa pubblica, partecipando, in questo modo, a creare quel meccanismo denominato " moltiplicatore della spesa pubblica". La pubblica amministrazione, presentandosi sul mercato come richiedente di beni di consumo, di sevizi e come richiedente di beni d'investimento esercita una domanda aggiuntiva rispetto a quella espressa dagli operatori provati. Tale domanda viene indicata come "spesa pubblica" o come "investimento pubblico". Così vediamo come la spesa concorra a tracciare "l'equazione dell'equilibrio" con l'aggiunta, a fianco del settore privato del settore pubblico dell'economia:


Y = C+I+G


"Y" rappresenta il reddito globale che un sistema è in grado d'esprimere in un data momento, cioè l'offerta aggregata.

"C+I+G" rappresenta le tre componenti della domanda aggregata: il consumo, l'investimento privato, la spesa pubblica.


La formula indica come l'equilibrio trovi realizzazione nell'uguaglianza tra offerta e domanda. La spesa pubblica produce un effetto amplificato sul reddito globale consentendo d'ottenere un reddito complessivo in misura multipla dell'ammontare iniziale. Questo fenomeno ampliativi di una spesa originaria è noto come moltiplicatore della spesa pubblica.

ES: supponiamo che la stato intenda procedere alla costruzione di nuove infrastrutture, dovrà, quindi, erogare spese in beni di consumo e spese in beni d'investimento e in servizi, pagare i salari, gli stipendi e gli onorari ai diversi soggetti che concorreranno alla produzione. Questa spesa iniziale, una volta erogata, entra a far parte del reddito degli operatori economici.

A sua volta, tale reddito si convertirà in ulteriore domanda di beni di consumo e darà luogo ad un ampliamento del processo distributivo del reddito originario. Una parte del reddito ricevuto ritornerà alla produzione, sotto forma di domanda aggiuntiva di beni e servizi che il sistema dovrà soddisferà mediante un'offerta aggiuntiva.

L'entità del processo dipenderà dalla capacità di domanda della collettività, cioè dalla sua propensione al consumo. Più la collettività è disposta a consumare reddito percepito, rinunciando a mantenerlo sotto forma di risparmio, tanto più alto sarà il valore del moltiplicatore.

L'analisi del moltiplicatore è di rilevante importanza il quanto manovra orientata sull'uscita di bilancio, al fine di "pilotare" l'economia, consentendole di raggiungere una condizione d'equilibrio.


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