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La rilevanza del progetto
Parlando del progetto dell'EdC a Rocca di papa il 10/11/91, Chiara Lubich si rende conto dello spessore della proposta e afferma : << ciò può sembrare difficile, arduo, eroico. Ma non è così perché l'uomo, fatto ad immagine di Dio, che è Amore, trova la propria realizzazione proprio nell'amare, nel dare >>. Come già accennato, storicamente l'EdC è nata proprio per risolvere i problemi socio - economici del Brasile, ma visto che tali difficoltà affliggono tutte le società contemporanee sia ricche che sottosviluppate, anche se in forme diverse e di diversa intensità, la proposta diventa estensibile e applicabile ovunque.
Attraverso questa realtà, Chiara Lubich ha voluto lanciare un'idea di economia capace
di superare le contraddizioni del presente e di orientare uomini e popoli ad un
mondo unito: l'Economia di Comunione nella libertà che è gioia del condividere,
del dare, impulso a provvedere ai più deboli, senza calcolo, che rende felici
perché risponde alle profonde esigenze dell'animo umano. E' un invito alla
persona, invito che attende una risposta libera e prova la volontà di
corrispondere all'ideale dell'Unità ,
partendo
dalla diversa condizione umana di ciascuno di noi; conoscendo più da vicino le
necessità dei fratelli, affinché davvero fra noi non vi sia più alcun indigente
e si possa offrire la prova della realizzabilità nel concreto di una nuova
economia per l'uomo. L'EdC non è solo comunione dei beni, ma significa
principalmente fare un uso attivo dei beni; non ci si limita quindi solo a
donarli, ma li si mette in circolo perché possano fruttare. Si tratta di
finalizzare al maggior bene comune i talenti, le capacità imprenditoriali, le
professionalità, naturalmente, sempre nel rispetto assoluto della libertà. Il
progetto può realizzarsi solo per quanto matura nella libera coscienza di
ognuno, e investe l'attività lavorativa con la struttura base dell'economia
moderna: l'impresa. Questa viene orientata a mettere in comune le risorse, deve
essere sempre più costituita da uomini capaci instaurare rapporti solidali e
corresponsabili, specie verso i più poveri; si apre all'esterno come elemento
propulsore della società nella direzione di un servizio alla comunità. È
emblematica a questo proposito, una frase della Lubich con la quale essa
suggerisce una soluzione per uscire dall'affanno quotidiano di ogni uomo, per
l'incessante esigenza di realizzazione, conscia o inconscia. Un imprenditore
può cercare di soddisfare tale anelito costituendo e guidando un'azienda ;
la prova che il sistema sia corretto poi spesso è ricerca nel guadagno, che
raramente viene utilizzato se non per incrementare ulteriormente la struttura
produttiva. Ma che senso può avere tutto questo lavoro, se poi succede che alla
fine della vita non si ha chi possa continuare l'impresa ? Ecco che giunti
a riflettere sul vero senso ultimo, si nota come molti personaggi per appagare
in un certo modo questa spinta, per fare qualcosa che resista anche dopo la
loro scomparsa comprendono che la vera realizzazione sta nel donarsi e allora
si notano donazioni a enti di beneficenza, ospedali o la costituzione di
fondazioni benefiche. Tali cose sono tutte estremamente lodevoli, ma Chiara
Lubich con la sua proposta in modo molto semplice suggerisce : <<
non affidare la tua felicità ad un nome scritto sotto un busto, all'entrata di
un ospedale dopo che sarai morto : condividi i tuoi utili subito con
i poveri e sarai subito nella pienezza >> .
Questo messaggio per i cristiani ha una valenza enorme, perché contiene in sé
una possibile via di santità ; è una possibilità di radicalità totale.
Torna alla memoria il passo del Vangelo che parla del giovane ricco, il quale
non soddisfatto di ciò che faceva chiede a Gesù cosa può fare oltre ad
osservare i precetti. La risposta lo lascia sconcertato << Se vuoi essere
perfetto va, vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi
>> Chiara Lubich ci propone di interpretare questa risposta in modo
nuovo : "se vuoi essere perfetto va, rischia tutto - i tuoi talenti, le
tue sostanze, - ricavane degli utili e donali ai poveri così mi segui". Si
prospetta la possibilità di donare la vita totalmente a Dio pur rimanendo
pienamente nella società, questa è carità, è via di santità.
In questo senso, al mondo che comincia ad accorgersi che la ricchezza senza la pace sociale non produce una buona qualità della vita, Chiara Lubich prospetta un'alternativa rivoluzionaria, l'Economia di Comunione nella libertà, basata sulle promesse del Vangelo e sull'esperienza di cinquant'anni di vita di quanti avevano aderito agli ideali del Movimento.
Gli effetti per chi aderisce
Per prima cosa, si tratta di una scelta di vita che prevede di condividere senza calcolo il frutto del lavoro, della creatività economica, non solo con chi collabora direttamente nell'impresa, ma anche con quanti sono nel bisogno, Chiara Lubich propone così di ampliare l'orizzonte della famiglia naturale all'intera famiglia umana. Il primo passo si dirige concretamente alla famiglia più vasta che nasce dalla spiritualità comunitaria del Movimento, in cui la principale tensione è essere "un cuor solo ed un'anima sola"[282] con quanti condividono la stessa scelta di vita, nella prospettiva di poter offrire poi uno stile di vita già collaudato applicabile all'intera famiglia umana. Chiara Lubich in molte occasioni ha sottolineato la novità e precisato i contenuti del progetto. Anche nel corso di un suo viaggio a Trento il primo gennaio 1995, in occasione di importanti riconoscimenti da parte del Sindaco e del Vescovo della città a suoi benemeriti cittadini, essa ha ribadito alcuni elementi importanti : "Una delle più belle pagine scritte dal nostro movimento nei primi tempi è quella riguardante l'amore verso i poveri che il nuovo carisma andava infondendo nel nostro cuore. Dopo averli incontrati e visitati nei loro tuguri si invitavano a pranzo nelle nostre case. Ora come allora siamo ben coscienti dell'esame finale che ci farà Gesù: "Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. Ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero nudo e mi avete vestito (Mt. 25, 35-36). L'amore per i poveri non manca nella nostra vita. Opere di carità e opere sociali sono nate in tutto il mondo proprio a tale scopo. Ma ciò che ci ha dato una certa speranza di riuscire ad aiutare regolarmente i poveri, cominciando da coloro che appartengono all'Opera, è stata l'idea dell'Economia di Comunione. Era evidente per noi che nella stessa Opera non vi poteva essere chi ha fame e chi è sazio. E moltissime iniziative sorsero per aiutare i poveri. Si misero a disposizione terreni e case; ci si spogliò di ciò che si aveva di più caro: i gioielli di famiglia, ad esempio; si pensò ai molti sistemi per orientare aziende ai fini dell'Economia di Comunione. La realizzazione del nostro sogno resta ancora lontana: "La moltitudine aveva un cuor solo ed un'anima sola ogni cosa era fra loro comune nessuno fra loro era bisognoso" (At. 4, 32-34). Naturalmente dobbiamo fare tutti la nostra parte. Tutti, nessuno escluso, devono interessarsi della situazione dell'economia di comunione nel proprio territorio, per incoraggiare, sostenere, suggerire, almeno pregare per quelli che si sono cimentati, perché il Signore benedica gli sforzi, moltiplichi le braccia".
Gli effetti in ambito aziendale
Il progetto che la Lubich ha formulato e ha ben presto spiegato al Movimento dei Focolari di tutti i continenti, non è un appello assistenziale: riguarda esplicitamente l'agire economico ripensato ed illuminato come "economia di comunione, condivisione". Ciò suscita nuovi comportamenti nella conduzione aziendale, nell'uso di capitali, risparmio e profitto, nella trasmissione della tecnologia, nell'accendersi di iniziative produttive o di servizio in forma prevalentemente cooperativa. Il progetto nasce non da una visione economicistica del lavoro e della produzione, bensì da una concezione globale dell'uomo, nella continua ricerca delle soluzioni che tendono a migliorare la qualità della vita in tutti i suoi aspetti. L'economia così ritrova la sua naturale essenza di luogo sociologico dove gli attori sociali si comunicano i propri beni, si associano per cooperare, investono i risparmi per partecipare ad imprese, dichiarando in partenza di devolvere gli eventuali utili a predeterminati scopi di solidarietà con altri e di formazione dei giovani. Operatori di aree sviluppate mettono a disposizione capacità operative, competenze tecniche, professionalità, per attivare nuove imprese in aree in via di sviluppo, sia addestrando nelle proprie aziende lavoratori di quelle aree, sia andandovi di persona facendosi parte viva di popolazioni diverse dalle proprie. è non solo un donare, ma anche un donarsi: oltre che una comunione di beni è anche una comunione di persone. Si tratta nel complesso di un vero e proprio fenomeno sociale che si immette nel fatto economico e gli dà senso e alto spessore umano. In genere l'assistenzialismo sociale cerca di rimediare agli squilibri di sistema, rimanendo però alla periferia, accettando una distinzione tra sociale ed economico, quindi operando più in quello che in questo. Con l'EdC nasce un tentativo di giungere al cuore dell'economia, riscoprendola nella sua origine di scienza sociale, come uno degli elementi che concorrono a costruire una società più umana in tutti i suoi ambiti. L'EdC vuole dare il suo contributo mediante la libera costituzione di imprese produttive i cui utili andrebbero ripartiti. La forma giuridica dell'impresa può essere quella di una qualsiasi società di capitale o di persone previste dai rispettivi codici civili nazionali ; non deve trattarsi necessariamente di cooperative, ma si adotta la forma più congeniale alla realtà del posto, tenendo presenti i vari elementi significativi di carattere giuridico, sociale, economico e tributario. Quello che conta piuttosto è avere bene consapevoli le finalità dell'impresa che, in questo caso, non si limitano al solo profitto, ma alla sua condivisione con i bisognosi.
In questo modo, un'imprenditore che investe in un'azienda di EdC, guidato dai principi della cultura del dare, la realizzazione personale la ottiene maggiormente attraverso la propria prestazione lavorativa diretta in azienda, nelle tante attività di direzione e controllo che sempre necessitano, abbandonando così la forma più capitalistica della soddisfazione attraverso l'extraprofitto che in talvolta è frutto anche di una esasperata politica di contrazione dei costi e aumento dei ricavi. L'EdC chiede all'imprenditore di abbandonare l'ottica della redditività ad ogni costo (cultura dell'avere) per assumerne una nuova, quella dell'uomo nuovo che continua ad agire con la diligenza del buon imprenditore che deve ottimizzare i costi e massimizzare i ricavi, ma per potersi poi realizzare nella cultura del dare. Il reddito che ne scaturisce allora non è un bene di sua esclusiva pertinenza dell'imprenditore ; pur conservando la natura di bene privato, liberamente diventa "capitale di Dio" a disposizione propria e del benessere altrui, in particolare degli indigenti.
L'EdC dunque è basata sulla libera scelta della "cultura del dare" anziché dell'accumulare, e senza questa scelta essa non avrebbe senso ; presentarla come un modello economico applicabile senza questa premessa sarebbe fuorviante. Ciò non significa che non sarebbe attuale e conveniente per tutti, come dimostra anche la scelta dei premi Nobel dell'Economia per il 1995. Sono stati premiati infatti gli economisti che hanno sviluppato la "Teoria dei giochi"[283] secondo i quali in contesti adatti è più che ragionevole si sviluppi, in luogo della guerra in ogni campo che oggi sembrerebbe imperare, un agire collaborativo tra uomini liberi, estremamente più adatto per ridurre lo spreco delle risorse e per assicurare maggiore benessere per tutti.
Le motivazioni dell'adesione degli imprenditori
Anche dall'analisi svolta su alcune delle aziende che partecipano all'EdC, si rileva che l'adesione al progetto non si esaurisce , come detto, con il mettere in comune parte degli utili realizzati, ma si concretizza precipuamente attraverso un comportamento economico che si riflette sia all'interno dell'azienda, nell'organizzazione e nelle relazioni umane, sia all'esterno di essa nei rapporti con i clienti, con i fornitori e con la società. La diversità di questo comportamento economico sta nella motivazione suscitata dal desiderio di creare comunque nuovi posti di lavoro anche se poco produttivi, di soddisfare forti esigenze sociali, di mettere in primo piano gli interessi e le esigenze delle persone con cui si lavora o si viene in contatto. È un insieme di canoni che sembrerebbero rendere ancora più difficile il successo economico, ma che invece, dai dati desumibili dalle prime realizzazioni, si rivelano capaci di innescare una grande creatività collettiva di datori di lavoro e lavoratori, uno degli elementi più preziosi nel mondo produttivo di oggi, in cui non mancano certo le risorse finanziarie per nuove imprese economiche, quanto forse delle valide idee produttive.[284]
Elemento essenziale del progetto di EdC è dunque la motivazione che spinge gli imprenditori ad aderirvi[285]. Da una riflessione profonda, per comprendere il vero motivo che induce un imprenditore ad aderire all'EdC senza accettare la banale soluzione che si appella a spinte ideologiche o religiose - risulterebbe altrimenti ancora da dimostrare l'interesse suscitato dal progetto in molti imprenditori, studiosi, ricercatori, persone comuni, che pur dichiarando di non appartenere ad alcun credo religioso, non di meno confermano di aver compreso la vera essenza del progetto - emerge come fondamentale l'esigenza comune di vedere l'impresa ricondotta al suo vero valore "metafisico", "meta - materiale" che essa deve avere, ossia al valore di strumento atto a soddisfare i bisogni dell'uomo, inclusi quelli spirituali. La centralità dell'uomo nei rapporti economici così, comporta l'interiorizzazione di un forte senso di responsabilità sociale, che conduce alla riformulazione delle attività economiche e una definizione diversa del processo decisionale. Gli imprenditori sono profondamente coscienti che la loro funzione ha un alto valore economico e sociale, in quanto fonte di ricchezza per la società. Secondo J. A. Schumpeter, l'imprenditore rompe la routine, introduce nuove combinazioni produttive ed è protagonista nel processo di sviluppo economico. Egli può essere motivato - non dal solo utilitarismo () - ma soprattutto dalla gioia di creare, dal desiderio di ottenere il successo in quanto tale, piuttosto che i frutti del successo . L'imprenditore, dotato di motivazioni etico - economiche (e quindi anche quello di EdC), adempie la sua funzione non nella ristretta logica della sola massimizzazione del profitto, ma mirando ai massimi simultanei nel dividendo, nell'autofinanziamento, nella retribuzione dei dipendenti, nella soddisfazione dei consumatori, e via di seguito. Così egli tende a produrre nel modo più economico per la società. compatibilmente con il compenso per i fattori da lui portati alla combinazione produttiva . L'attività imprenditoriale quindi, consiste spesso più che nella ricerca della massima redditività, nell'impegno a rendere sufficientemente redditizio, e quindi finanziariamente sostenibile, ciò che l'intuizione economica o una spinta ideale vorrebbe che diventasse possibile .
Figura 1: Il modello di analisi degli effetti dell'adesione.
Un nuovo atteggiamento verso le persone
In molte imprese di EdC è osservabile un clima organizzativo di reciproca interdipendenza e fiducia, generalmente trasmessa dall'imprenditore con il suo esempio in prima persona. Esiste una cultura aziendale che incoraggia una comprensione empatica dei problemi degli altri (nel senso di identificarsi con o assumere la prospettiva di un'altra persona). Ciò implica un maggiore coraggio in tutti e, soprattutto nell'imprenditore, una spiccata capacità di mettersi in discussione, di uscire allo scoperto, nel chiedere, nell'ascoltare, nel proporsi. Gli studiosi sociali affermano che ogni azione, sia diretta a proprio bene che al bene degli altri, è stimolata da bisogni o da spinte interiori senza le quali non ci sarebbe alcun comportamento. Gli atti di altruismo non sono un'eccezione a questa regola e derivano da un effettivo bisogno, dettato da un senso di reciprocità, che si sviluppa quando si interagisce con una persona al proprio pari o superiore, e dalla coscienza di una responsabilità sociale. Quando una persona tratta con individui che non sono in grado di ricambiare (nell'ambito aziendale possono esser i dipendenti, o comunque persone con minori risorse), questa norma di responsabilità sociale viene interiorizzata come un imperativo morale. Nel contesto della vita lavorativa di una persona un comportamento altruistico può includere diverse azioni a diversi livelli, fino a manifestarsi a livello di operatività quotidiana o a livello di decisioni strategiche[289].
Negli imprenditori di EdC, la disposizione a
tale modo di agire ha origine nella concezione dell'uomo, visto come una realtà
unica e come tale anteposto ad ogni altra entità; il bisogno psicologico che
sfocia nella
responsabilità sociale, si riflette nella professione imprenditoriale, vissuta
come "vocazione", cioè << dimensione del lavoro che connette sfera
individuale e sfera collettiva e che in virtù di tale connessione conferisce
significatività all'intera esistenza >>[290].
L'effetto è un comportamento lavorativo che dimostra una disposizione ad
aiutare gli altri senza alcun riguardo per gli interessi personali, comportando
a volte considerevoli sacrifici. La correttezza dei rapporti verso la
concorrenza, le pratiche manageriali di empowerment, la devoluzione di una
parte di utili agli indigenti, l'adoperarsi per rendere più attenta alle
complesse
esigenze umane l'economia sono solo alcuni esempi di questo tipo di altruismo
definito morale ,
che spesso si incontra nelle imprese di EdC. Viene in luce, in questo modo, un
ulteriore aspetto dell'agire in contro tendenza degli imprenditori di EdC, del
quale l'osservanza delle norme istituzionali non è che una parte: l'esigenza
che ogni fattore produttivo immesso nel ciclo sia remunerato con un prezzo
equo. Il collegamento tra l'attenzione alle persone e l'agire controcorrente
delineati come due effetti dell'adesione all'EdC, è individuato nel punto di
partenza: la centralità dell'uomo
nella vita economica che, in termini operativi, include la responsabilità verso
le conseguenze delle scelte aziendali che, direttamente o indirettamente,
coinvolgono le persone. Questo significa che nel processo decisionale riferito,
ad esempio, all'acquisto di un depuratore industriale, assumerà un forte peso
la salvaguardia dell'ambiente fisico, mossa dal rispetto verso le persone che
vivono in quel luogo; per un simile motivo saranno rifiutate partecipazioni,
anche indirette, in aziende belliche, o i decentramenti organizzativi dettati
esclusivamente da obiettivi di sfruttamento, si praticheranno prezzi
differenziati in relazione alle esigenze e alla struttura del cliente, come nel
caso di una società che offre consulenza a multinazionali e a scuole e via di
seguito secondo le possibilità e capacità dell'impresa.
Nel progetto di EdC la vera novità, secondo alcuni imprenditori non sta tanto nelle finalità altruistiche della devoluzione degli utili, quanto nel modo di generare l'utile stesso. Questa evidentemente è l'opinione personale di alcuni imprenditori che trovano più difficoltoso l'atteggiamento di lavorare rispettando scrupolosamente le macchinose norme civili, tributarie e commerciali piuttosto che il distaccarsi da ciò che da altri potrebbe essere valutato come il frutto conseguente e personale del loro esclusivo lavoro.
Prima ancora di realizzare la comunione con gli uomini, si deve puntare ad aprire i rapporti tra gli uomini, nella piena fiducia l'uno per l'altro. In questo modo ogni soggetto produttivo (in primo luogo l'imprenditore, ma non è escluso anche il lavoratore) si impegna a spostare il proprio asse relazionale da un piano superficiale di convenienza, a una visione rispettosa della competenza e della personalità altrui. Anche sul piano economico quindi, diviene necessario essere capaci di mettersi nelle condizioni di chi sta di fronte, cercando ciò che è il meglio per lui, sia egli un cliente, un fornitore o un collaboratore. Ciò significa che il trattare bene il cliente, ad esempio, non debba una precisa risposta di marketing mossa da una visione utilitaristica ma piuttosto un impegno a crescere e prosperare insieme, "servendo l'uomo presente nella persona del cliente".
Il personale e la comunicazione interna
L'atteggiamento di attenzione verso la persona nell'azienda si traduce in un maggior riguardo verso il personale, non più considerato semplicemente come l'insieme dei dipendenti, ma come un gruppo di clienti interni dell'azienda che, analogamente ai clienti esterni, va << capito, motivato, orientato >>. Sempre più le capacità e le motivazioni del fattore umano diventano elemento fondamentale del vantaggio competitivo; le scelte manageriali vincenti saranno allora quelle che, considerando l'uomo come protagonista dell'organizzazione, riconosceranno tutte le persone dotate di un immenso potenziale e contemporaneamente di profonde esigenze in termini di sviluppo personale.
Il percorso evolutivo della comunicazione interna, quindi, sottolinea la crescente sensibilità sui temi delle relazioni umane e della qualità, sempre più percepita come qualità di tutta l'organizzazione a tutti i livelli. Correttamente si evidenzia come la qualità esterna, ovvero quella che percepiscono i clienti e tutto il mondo esterno all'organizzazione, non potrà mai superare la qualità interna. Da ciò si desume facilmente che la qualità è la risultante di relazioni ottimali, sia interne che esterne, e in definitiva, nel rapporto con tutti gli stakeholders. L'EdC allora punta a valorizzare le persone, partendo in primo luogo proprio da coloro che operano nell'impresa, fino a raggiungere ogni soggetto che direttamente o indirettamente è interessato alla sua attività; clienti, fornitori, pubblica amministrazione, comunità locale, vedranno così soddisfatta la loro esigenza (che esprime il bisogno di acquistare un prodotto, di venderlo o di fornire servizi, di riscuotere le tasse, di rivalutare il territorio, e così via) per mezzo dell'attività svolta in modo sinergico dall'imprenditore, dai dipendenti e da ogni collaboratore. È necessario però precisare in questo contesto che gli imprenditori di EdC non attribuiscono alla persona un'importanza centrale nel sistema - impresa con la prospettiva di una maggiore produttività o di un miglioramento della redditività, ma solo in quanto seriamente spinti da un profondo rispetto per l'uomo e dalla consapevolezza che la realizzazione di sé passa anche attraverso il momento lavorativo, per mezzo del riconoscimento delle proprie attitudini e qualità personali. Ne consegue, anzitutto una rielaborazione radicale delle attività e dei rapporti economici e, in secondo luogo, la considerazione che << l'uomo () è l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico - sociale >>[293]. Principio dell'EdC, quindi, è la persona creata ad immagine e somiglianza di Dio.
§ 6 La motivazione e il coinvolgimento dei dipendenti
La natura del lavoro, come si è studiato nella sezione precedente, è cambiata profondamente passando da un semplice "fare dovuto" a un "fare voluto". Infatti se il potere è esercitato sempre più per mezzo dell'etica e dei valori, il problema principale del management ha cessato di essere l'individuazione delle procedure per attuare i compiti e per definire il successivo controllo, ma è diventato la determinazione delle motivazioni che stimolano le persone e che li rendono consapevoli utilizzatori delle proprie capacità. Si capovolge, in un certo senso, la prospettiva di analisi: dalla logica "tu devi fare questo, e quindi puoi farlo", a una logica basata sulla volontà: "tu puoi fare questo, quindi devi farlo". Così come la centralità delle persone è l'elemento - chiave della cultura e dei valori che fondano tale logica, altrettanto la motivazione e il coinvolgimento costituiscono la componente essenziale per il potenziamento del capitale umano e rappresentano la manifestazione più diretta ed esplicita del rinnovamento culturale nelle imprese. La prestazione, infatti, è effettuata non solo in relazione alla capacità professionale influenzata dalla conoscenza, dalle tecnologie a disposizione oltre che dal potenziale intellettivo, ma anche dalla motivazione, intesa come la spinta all'azione tramite la quale l'individuo è stimolato ad attivare le sue capacità accumulate attraverso la formazione e l'esperienza.
Il modello di riferimento per eccellenza nello studio delle teorie motivazionali è rappresentato dalla scala dei bisogni proposta da Maslow[294], nella quale si individua una classificazione organizzata secondo una logica gerarchica. Il soddisfacimento dei bisogni avviene secondo un ordine preciso per cui i bisogni di livelli superiore non saranno appagati se prima non sono soddisfatti quelli di livello inferiore; inoltre quando un bisogno è regolarmente e continuamente soddisfatto, perde anche il suo potenziale motivante, in quanto svanisce il valore proprio di bisogno. Ciò comporta che alcuni fattori inclusi nel rapporto lavorativo, quali l'ambiente fisico, il livello retributivo, la sicurezza del lavoro, non riescono più a motivare le persone in quanto già largamente soddisfatti nella società odierna e in ogni caso essi devono essere assicurati in base alle norme legislative vigenti. Il punto fondamentale su cui agire è quindi l'esigenza di stima e di auto - realizzazione, che in un rapporto di lavoro sono soddisfatti, per esempio, dal livello di responsabilità e di fiducia, dal riconoscimento dei risultati ottenuti, dai contenuti del lavoro, dalla possibilità di promozione e crescita professionale. In particolare nei momenti di difficoltà aziendale si deve prestare attenzione alle persone e soprattutto al soddisfacimento dei bisogni più elevati: è necessario fare riferimento a un sistema organizzativo nel quale venga potenziato l'apprendimento e la motivazione, al fine di raggiungere un'ottimale livello di cooperazione, competenza e coinvolgimento. Tutto questo passa attraverso l'interessamento alle persone considerate integralmente, non solo in funzione del loro contributo all'impresa; quindi un'attenzione allo sviluppo personale di ognuno e alla crescita individuale, senza la quale è inutile ricercare quella professionale.
A supporto di tali affermazioni si riportano
alcuni pensieri di Franco D'Egidio[295]
il quale esprime l'esigenza per il nostro periodo che si costituiscano imprese
"non più guidate da cose (la gerarchia, la struttura, i meccanismi) ma da
valori, da simboli, da concetti, da idee". L'Autore sottolinea come la crescita
dell'ambiguità e della conflittualità dei comportamenti umani vada gestita, da
parte dell'impresa, modificando radicalmente l'approccio gestionale. In passato
questi elementi sono stati controllati attraverso vere e proprie forme di
potere e stretto controllo ora, è necessario un atteggiamento di apertura e di cooperazione tra gli
individui, in una parola, un atteggiamento di fiducia. Così all'imposizione
delle proprie idee deve essere sostituito il dialogo con le persone, l'ascolto
e la messa in comune di punti di vista differenti. << L'indifferenza deve
infine lasciare spazio al concetto di amore, intendendo con questa espressione
una maggiore attenzione ai bisogni, alle motivazioni e ai pensieri delle persone >>.
L'organizzazione deve esprimere, continua ancora D'Egidio, una forte valenza
simbolico - culturale, per poter gestire le complessità odierne, e tale
impostazione rappresenta il primo passo per la costruzione di un nuovo modello manageriale che rappresenti una
rivoluzione ex novo e non un
evoluzione di vecchi modelli. Per poter sopravvivere in un contesto altamente
turbolento è quanto mai necessaria una elevata capacità di rinnovarsi
continuamente e ciò richiede una grande idoneità nel motivare i lavoratori con
successo. La grave difficoltà generalmente riscontrata nel
coinvolgere maggiormente i dipendenti nel lavoro, ad aumentare il loro grado di
responsabilizzazione, la loro attitudine e volontà decisionale, derivano in
gran parte dal modo in cui fino ad ora ci si è posti di fronte alle persone.
Bisogna infatti considerare che sempre più le persone si trovano, come già
detto ai vertici della piramide maslowiana. Se così è, si capisce che la loro
motivazione non nasce più da bisogni primari, bensì da bisogni di ordine
superiore quale, sopra tutti la necessità di realizzazione personale. Occorre
allora essere più attenti a considerare i desideri delle persone, non
considerando i lavoratori come semplici dipendenti. << Deve in sostanza
svilupparsi un modello depositario di una logica profondamente rinnovata, una
sorta di forza la cui potenza è percepita da tutti ma nello stesso tempo è invisibile,
immateriale. Tale può essere un orientamento alla fiducia (o carità come
avviene nelle imprese di EdC per es. N.d.A.) >>. Ciò significa ottenere
larghi miglioramenti in termini di gestione dei costi, redditività , capacità
di soddisfare al meglio i propri clienti interni ed esterni, riuscire a
mitigare l'incertezza umana. Quest'ultimo aspetto potrebbe essere gestito, come
si è prevalentemente fatto fino ad ora, attraverso il controllo, ma in questo
caso verrebbe a mancare il momento di crescita delle persone. La conflittualità
non avrebbe modo di generare un processo decisionale personale che costituisce
un formidabile elemento di crescita e di apprendimento. Una ricerca condotta
negli Stati Uniti dal Professor John Whitney, della Columbia Business School, in relazione ai costi della sfiducia ha
evidenziato poi che i costi di alcune società i cui managers hanno deciso di approvare automaticamente tutte le note
spese dei dipendenti, sono scesi, in breve tempo , anche del 40% ; la
fiducia nella capacità delle persone di sostenere gli obiettivi della società,
ha reso possibile il raggiungimento di un risultato difficilmente ottenibile
attraverso forme di controllo.
Un secondo aspetto, forse non meno significativo, è ciò che potremmo definire << creazione di una nuova spinta costruttiva >>. La psicologia insegna che spesso, quando le persone non credono nelle capacità di terzi il rendimento di questi cala enormemente. Ciò può accadere sia tra amici, sia nel mondo del lavoro dove il superiore può generare un vero e proprio blocco psicologico nelle persone verso cui si è manifestato un giudizio di scarso valore. Ebbene, di contro la fiducia è una potente fonte di crescita ; le persone a cui essa è accordata si sentono più responsabili, gratificate per il compito loro assegnato ed esprimono una maggiore propensione a impegnarsi con tutte le loro forze per raggiungere l'obiettivo loro assegnato. È stato Stephen Covery ad affermare che : << La fiducia è la più alta forma di motivazione umana >> .
Tutto ciò aiuta a capire come alla base della motivazione e del coinvolgimento dei dipendenti ci sia l'esigenza di una crescita personale rafforzata dall'autostima (suscitata dal sentirsi considerati ed amati come persone, non come dipendenti) e dalla fiducia altrui.
L'affermazione sempre più marcata delle persone nell'azienda è una caratteristica dell'EdC che, nei fatti, ha imposto agli imprenditori aderenti al progetto una riformulazione delle politiche e degli obiettivi aziendali. In generale, infatti, l'adesione ha comportato un cambiamento, prima di tutto a livello personale e poi operativo, del modo di considerare l'attività lavorativa: tale scelta implica uno sforzo impegnativo nell'interessarsi ai lavoratori, a volte anche per ciò che riguarda le particolari situazioni personali e familiari. Come ulteriore esempio, ricavabile dall'esperienza personale presso la "Bertagna Filati S.r.l.", si può menzionare l'adoperarsi attivamente e in prima persona per realizzare un effettivo miglioramento dei rapporti tra colleghi, in modo da permettere un clima di lavoro ottimale, nel quale ciascuno possa esprimere le proprie capacità
A conferma di questa logica di comportamento c'è anche la volontà degli imprenditori di ascoltare e, per quanto possibile, soddisfare le esigenze dei lavoratori: molti, infatti, esprimono una particolare cura del luogo di lavoro, considerandolo non solo dal punto di vista igienico e della sicurezza, ma anche come ambiente da rendere piacevole e accogliente in quanto destinato a ospitare i lavoratori per la maggior parte della loro giornata; un altro modo può essere l'introduzione di un orario flessibile, dando la possibilità ai lavoratori di organizzarsi in funzione delle proprie necessità, ma le possibilità sono molteplici e spesso specifiche in relazione alle varie esigenze del personale.
Gli imprenditori e lo stile di management
Da quanto fin qui analizzato si può già ricavare come tale posizione denoti una logica aziendale centrata sul massimo impegno per la redditività e contemporaneamente una razionalità che è fondata sul rispetto e attenzione all'uomo. La conseguenza è l'attuazione di politiche di motivazione affinché le persone diventino consapevoli che i risultati positivi e il successo dell'azienda è anche nel loro interesse. dalla tesi vf970318 capitolo 15.
Riprendendo le categorie di altruismo indicate da Simon[298] si può allora classificare l'imprenditore che aderisce all'EDC tra gli "altruisti intelligenti". L'altruismo è quel particolare comportamento che riduce la convenienza dell'attore mentre migliora quella degli altri, ma se il contributo totale dell'altruista alla convenienza altrui è maggiore della perdita subita, allora l'altruismo aumenterà le prospettive di sopravvivenza del gruppo di appartenenza rispetto ad altri gruppi sociali. Generalizzando, Simon sostiene che le società che inducono l'altruismo negli individui sopravviveranno in competizione con quelli che non lo fanno. Pur essendo allora vero che gli imprenditori si sentono e sono completamente liberi di versare o meno dei capitali per l'EdC, in realtà questa libertà va ridefinita come possibilità di essere coerenti con i propri principi, mentre è evidente che nessuno oserà mai mettere in discussione il se e il quanto viene dato.
Del resto la prima espressione dell'altruismo di un imprenditore si legge nella sua dedizione all'impresa, nell'attenzione alla sua crescita e non al suo sfruttamento, nell'attenzione alle persone oltre che al risultato.
§ 9 La formazione degli imprenditori
Tale aspetto è estremamente importante in quanto gli imprenditori stessi hanno l'espresso bisogno di comprendere di più e di conoscere meglio l'idea dell'EdC. Il presupposto per l'espansione del progetto infatti, è proprio quello di far crescere una mentalità nuova e garantire agli imprenditori i supporti necessari anche a livello di consulenza e di chiarimento del significato e dell'importanza che il progetto può avere. Spesso le esperienze storiche passate di questo tipo sono fallite infatti, con il venire meno dello slancio iniziale: la novità può anche suscitare entusiasmo, ma poi è necessario coltivare e maturare l'idea di partenza.
Uno dei limiti delle precedenti esperienze storiche, si ritiene, è di non aver mai messo in discussione il credo aziendale, col rischio di incrinare talora i rapporti tra le persone in nome di un'idea che all'atto pratico può anche risultare poco attuabile, ma che non è contestabile. Si ritiene doveroso dire che forse questo rischio nell'EdC attualmente non si corre. La possibilità di decidere liberamente, poi, garantisce una certa capacità ed elasticità nel ridiscutere la proposta attraverso le realizzazioni pratiche: per esempio l'impossibilità di essere rigidi nella destinazione dell'utile secondo le indicazioni iniziali di 1/3 - 1/3 - 1/3, ha comportato addirittura una ridefinizione di che cosa si intenda per "economia di comunione".
L'economia di comunione non ha tanto in sé la pretesa di voler convincere gli imprenditori ad aderire : sono loro stessi, almeno così è lo standard tra i membri del Movimento e con chi ne è venuto in stretto contatto, lo fanno quasi automaticamente. Taluni restano affascinati dalla possibilità di scoprire il fine sociale della loro impresa, altri dalla possibilità di confrontarsi con colleghi, o di collegarsi a realtà internazionali, altri ancora aderiscono colpiti da uno stile particolare della gestione, e non mancano coloro che aderiscono a cuor leggero sicuri di quella libertà che avranno nel decidere se e come dare dei soldi. Ciò che maggiormente spinge gli imprenditori a versare quote di utili per l'EdC si ritiene debba precipuamente essere comunque il senso di appartenenza al gruppo, vissuto come << famiglia allargata >> in cui le risorse economiche sono un mezzo per il benessere di tutti e che quindi devono essere ridistribuite secondo questo principio tra tutti, come in altri termini espresso dalla dottrina sociale cattolica.
Per quanto ammirevole possa essere il progetto, l'esigenza suddetta avvalla l'idea che, dove manchi tale identificazione del singolo uomo con una cerchia più ampia, l'EdC non ha probabilmente possibilità di espandersi. Il modello dunque potrebbe anche essere non applicabile secondo i principi di base se non tra chi si riconosca in qualche modo nelle idee che il Movimento dei Focolari coltiva e che si basano fondamentalmente sull'amore reciproco senza distinzione alcuna, al solo fine di poter vivere in unità, secondo il testamento/desiderio di Cristo. Per meglio comprendere quanto affermato ci si potrebbe domandare quale differenza ci sia tra un imprenditore che si comporta onestamente e uno che aderisce anche all'EdC. A prima vista non ne esiste alcuna ; le due categorie di imprenditori destinano solo a persone diverse i loro utili, ma per il resto entrambi cercano di sviluppare l'azienda cercando di formare e motivare le persone e questo non è altro che la premessa per la creazione di nuovi posti di lavoro. Si ipotizzi poi che in ciascuno dei due casi la massimizzazione dell'utile non sia in realtà l'obiettivo principale, ma una conseguenza, un indicatore di efficienza più che un modo di cui l'imprenditore dispone per arricchirsi. L'imprenditore di economia di comunione si contraddistingue allora solo per la fusione nell'attività produttiva dell'attenzione alle disuguaglianze nella disponibilità delle risorse economiche, e in quanto si sente più strettamente (e direttamente) coinvolto nel destino di chi è nell'indigenza. Così questi non lavora solo per sé o per i propri dipendenti, ma in nome di una comunione che va oltre i confini della proprietà aziendale e coinvolge anche persone di altri continenti.
Dal libro in dialogo per un mondo più unito pag. 94 ss.
§ 10 Considerazioni di sintesi
Da quanto fin qui spiegato dovrebbe risultare come l'azienda di EdC si qualifichi come una comunità di persone autonome e libre che attraverso i loro compiti partecipano attivamente alla vita dell'azienda stessa. In questa prospettiva si ha sempre a che fare con persone, cioè con qualcuno che ha diritti, doveri e una dignità. Per i credenti poi, persona significa uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio, altro Gesù.
Ma l'azienda non è solo una comunità di persone, essa è pure una comunità di lavoro, meglio è una comunità di persone libere che lavorano solidalmente. L'attore principale comunque resta sempre la persona che orbita all'interno e attorno all'azienda. Un brano dell'enciclica Centesimus Annus di Giovanni Paolo II mette in luce che : << è il (suo) disciplinato lavoro, (della persona) in solidale collaborazione, che consente la creazione di comunità di lavoro sempre più ampie e affidabili per operare la trasformazione dell'ambiente naturale e dello stesso ambiente umano. In questo processo sono coinvolte importanti virtù, come la diligenza la laboriosità, la prudenza nell'assumere i ragionevoli rischi, l'affidabilità e la fedeltà nei rapporti interpersonali, la fortezza nell'esecuzione di decisioni difficili e dolorose, ma necessarie per il lavoro comune dell'azienda e per fare fronte agli eventuali rovesci di fortuna >> (n. 32). Questa potrebbe a ragione essere una buona fotografia delle aziende di Economia di Comunione. Oltre che comunità di lavoro, si diceva, l'azienda è anche comunità di produzione di beni e servizi ;essa dunque non disdegna certo il profitto, ma si configura innanzitutto come produttrice di beni e di servizi per il soddisfacimento dei bisogni dell'intera società. È così che l'azienda non si chiude in sé stessa ma si apre all'esterno. Tale apertura all'esterno avviene in modo originale : i rapporti che si stabiliscono tra i vari attori economici debbono essere sempre solidali, e ciò è possibile se si basano sulla cultura del dare, della carità. Questo modo di impostare l'azienda sprigiona tutta una serie di atteggiamenti tipici, come :
un rapporto di correttezza con la concorrenza, talvolta addirittura di collaborazione, in funzione della clientela (questa è una novità nel contesto economico) ;
una continua creatività all'interno dell'azienda suscitata dalla cultura del dare in funzione della creazione di nuovi posti di lavoro, anche quando la congiuntura economica inviterebbe a non rischiare ;
la formazione di una rete di solidarietà fraterna e planetaria tra le aziende, soprattutto tra continenti ad economia avanzata e continenti ad economia emergente o in via di sviluppo ;
rapporti fraterni con la clientela ; i clienti sono visti non come scopo della produzione, come linea terminale del prodotto, ma come fratelli da servire[300].
Il perno delle aziende di Economia di Comunione è senza dubbio l'imprenditore, come in ogni azienda, ma qui esso si configura come "uomo nuovo" il quale attinge dalla spiritualità dell'unità quegli atteggiamenti innovativi che cambiano il suo modo di essere imprenditore. Il suo agire dentro l'impresa - tutte le decisioni, le iniziative, i progetti - ha le radici nel dono di sé all'altro ; in altre parole ha la ridice nella cultura del dare, nella condivisione e nella carità. Un altro attore dell'impresa di Economia di Comunione è il lavoratore. La dignità del lavoro scaturisce dal fatto che è l'uomo che lo compie in favore sempre dell'uomo. Come dice la Laborem Exercens : << Il lavoro è un bene dell'uomo - è un bene della sua umanità -, perché mediante il lavoro l'uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza sé stesso come uomo, ed anzi, diventa più uomo >> (n 9). Il credente vive pure una spiritualità del lavoro che si concretizza, come già detto principalmente nei seguenti aspetti :
a) la consapevolezza di collaborare col proprio lavoro all'opera creatrice di Dio. L'uomo quando lavora è un amministratore di Dio sulla terra. Questa realtà non solo da dignità al lavoratore, ma dà un nuovo significato al lavoro stesso ;
b) un nuovo significato alla sofferenza e alla fatica che il lavoro comporta. Tutto ciò ha senso nella croce di Cristo. Unendo le proprie sofferenze a quelle di Gesù redentore dell'uomo, il lavoratore si fa collaboratore con l'opera della redenzione ;
Infine, un altro attore dell'azienda dell'Economia di Comunione è l'indigente. Bisogna non dimenticare infatti che lo scopo principale dell'azienda di EdC è quello di venire in contro alle necessità degli indigenti, dei bisognosi. Certamente anche altri aspetti sono importanti quale quelli economici - sia pratici che teorici - perché si trasforma l'agire economico ; ma il vero motivo per cui è nata l'EdC è per sopperire ai bisogni delle persone in necessità. Gli indigenti sono pertanto attori dell'azienda di EdC e non debbono mai diventare una categoria astratta. Essi debbono sempre essere presenti come parte dell'impresa perché ne sono i principali beneficiari. Fra l'azienda ed essi così, si crea un rapporto di reciprocità. L'azienda riceve qualcosa da loro : riceve il loro bisogno, che è un vero e proprio dono, il quale da la possibilità all'azienda di vivere la cultura del dare.
il Carisma del Movimento dei Focolari; il suo specifico, cioè realizzare il testamento di Gesù "che tutti siano uno". Sulla Spiritualità dell'Unità vedasi il catalogo generale 1995 della Città Nuova Editrice dove sono riportate tutte le pubblicazioni che riguardano detto argomento
Questo riferimento alla "Teoria dei giochi" è stato tratto dall'articolo apparso su Città Nuova N.23/1994 a pag 46.
Analisi tratte dalle riflessioni conclusive della tesi di Chiara Sguilla dell'Università di Perugia, Problemi e prospettive di sviluppo dei paesi economicamente arretrati. Un progetto particolare : l'Economia di Comunione ; A.A. 93/94.
Ciò è emerso dallo studio effettuato nella tesi di Cristina Gilardi, Economia di comunione, analisi del progetto e di un caso concreto : la rubinetteria Webert S.r.l., A.A. 96/97, Università degli studi di Torino.
B. gui, L'imprenditore un ragionevole sognatore, in "Economia di Comunione", Città Nuova Editrice, Roma, 1996, n. 4, pag.15.
L'analisi sociale è tratta da: R.N. Kanungo, J. A. Conger, Altruismo e mondo degli affari, in "Sviluppo & Organizzazione", n. 151, pag. 47.
Kanungo e Conger hanno identificato 4 diverse forme di comportamento in base a due variabili, che rappresentano le dimensioni lungo le quali si possono valutare i comportamenti lavorativi: la disposizione ad aiutare / danneggiare gli altri e la disposizione a fare del bene / danneggiare se stessi. Si sono evidenziate due forme di egoismo (egoismo edonistico ed egoismo autodistruttivo) e due forme di altruismo (altruismo utilitaristico ed altruismo morale).
Alla base della scala ci sono i bisogni fisiologici, poi quelli di sicurezza, successivamente quelli sociali, quelli di stima ed infine quelli di autorealizzazione. A. H. Maslow, Motivation and Personality, Harpen & Row, New York, 1954.
Amministratore delegato della Summit, La fiducia apre il campo alla creatività, in "L'Impresa, Rivista Italiana di Management", 4/ 97, pp. 60 - 69.
Simon H. A., 1993, Altruism and Economics, "The American Economic Review", Vol. 83, n° 2, mag. 1983, pp. 156 - 161.
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