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IL DIRIGISMO ECONOMICO
Caduta della produzione e disoccupazione : il ripiegamento verso il mercato interno:
Con "Quota 90" si confermava il modello di sviluppo centrato sul triangolo stato-grandi industrie-banche, lo stesso che aveva caratterizzato l'Italia liberale. La crisi strutturale italiana è stata provocata da quattro cause principali: il protezionismo, sostegno dello stato, la spesa pubblica, l'inflazione la deflazione. Il mercato interno venne danneggiato indirettamente, dato che la deflazione era ricaduta sui salari dei dipendenti e degli operai industriali.
Il 1929 fu l'anno della grande crisi, che determinò un ciclo depressivo non indifferente:
Si ebbe un calo di produzione incredibile, che oscilla tre il 15% e il 25%;
La disoccupazione non fece che aumentare a dismisura;
La riduzione degli stipendi portò le famiglie a non potersi comprare i beni di prima necessità
Il blocco del commercio mondiale colpì le esportazioni.
La reazione del regime davanti a questa crisi fu :
chiudere il sistema economico all'interno dei propri confini, rompendo ogni legame di dipendenza italiana con gli altri paesi capitalistici.
Finalizzare l'agricoltura ai soli consumi interni, rinunciando alle esportazioni.
Davanti a questi provvedimenti, chi ne risentì maggiormente furono i settori più dinamici dell'agricoltura (vino, olio, patate, fagioli, olive.) che dovettero adattarsi ad un tipo di produzione a loro non consono. Mentre, le produzioni cerealicole ebbero i loro vantaggi. Il settore agricolo non riuscì a modernizzare le sue tecniche produttive e in molte famiglie si ritornò alla produzione dell'autoconsumo.
Dallo stato regolatore della vita economica allo stato imprenditore e banchiere:
Le conseguenze di questo ripiegamento verso il mercato interno furono molto complesse per quanto riguarda l'industria. Infatti, la grande crisi portò l'industria a non poter far a meno dei prestiti delle banche, le quali si trovarono davanti ad un problema macroscopico: gli immobilizzi di grandi capitali, utilizzati per finanziare la grande industria. La strategia di salvataggio dello stato, già utilizzata in passato, non era possibile attuarla anche questa volta, in quanto lo stato non riusciva ad assorbire tutti i debiti delle imprese.
Vediamo che soluzioni riuscirono a trovare:
Riorganizzazione del sistema bancario: Alberto Beneduce fu l'economista che pensò bene di scindere le funzioni di credito ordinario da quelle di prestito a lungo termine. Beneduce fu il presidente dell'Istituto per la ricostruzione industriale (Iri) che si occupò di assorbire tutte le grandi industrie cadute in crisi e tre delle banche appartenenti al quadrumvirato. A questo istituto si affiancò l'Imi (Istituto mobiliare italiano) che, avendo il compito di finanziare le industrie a medio e lungo termine attraverso emissione di obbligazioni, inglobava la sezione finanziamenti dell'Iri.
Attraverso questi provvedimenti lo stato si trovò ad avere in mano il monopolio assoluto sull'economia italiana; aveva in un certo senso sostituito il ruolo delle grandi banche d'affari.
La scelta autarchica come coronamento della politica economica corporativa:
Con il termine autarchia si intende l'autonomia e l'autosufficienza. La nascita di questo termine, che sostituì quello del "protezionismo", risale al 1936, utilizzato in risposta alle sanzioni commerciali decise dalla Società delle nazioni in seguito all'assalto dell'Etiopia da parte di Mussolini. La teoria economica fascista si fondava sui principi del corporativismo.
Questa teoria nasce dall'idea che il capitalismo dovesse essere superato attraverso un severo controllo delle concorrenza a tutti i livelli; impedendo, a livello internazionale, che le merci estere penetrassero nel mercato interno e, a livello nazionale, organizzando i produttori dei vari settori. Con il corporativismo lo stato diventava il supremo conciliatore di interessi diversi, quelli dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Come sappiamo, già nel 1926, con le leggi sindacali di Rocco, ogni settore economico doveva essere organizzato in corporazioni, che riunivano i rappresentanti di tutte le parti sociali. Nel '30 il Consiglio nazionale delle corporazioni divenne un organo costituzionale, il cui presidente era Mussolini.
Nel '34 vennero costituite le corporazioni, 14 enti pubblici che dipendevano dal ministero delle Corporazioni, assunto dallo stesso Mussolini, che avevano il compito di gestire la produzione razionalizzando il mercato, regolando i prezzi e controllando il commercio.
L'intervento dello stato nell'economia fu lo strumento attraverso il quale il capitalismo italiano, in un regime autarchico, riuscì a superare la crisi tutelando le rende e i profitti. Il dirigismo economico permise un'ulteriore concentrazione del capitale in mano a pochi grandi industriali e finanzieri (come l'Iri e l'Imi).
Imperialismo e rilancio dell'economia nazionale:
A partire dal '35 il regime mise in atto il rilancio dell'economia nazionale:
Attraverso una domanda forzata, alimentata dalla spesa pubblica, il motore produttivo delle grandi imprese pubbliche si riaccese e la produzione industriale, nel 1939, toccò il 118%.
Possiamo dire che alla ripresa economica, che durò circa 4 anni, diede un forte contributo la cosiddetta autarchia. Inoltre, accentuando il protezionismo, il regime promosse la sostituzione delle importazioni con produzione solo ed esclusivamente italiana per favorire l'industria nazionale
Le ragioni economiche e politiche della scelta imperialista: la conquista dell'Etiopia
La conquista dell'Etiopia durò dal 1935 al 1936. Vediamo ora i vari pretesti che vennero utilizzati per dichiarare guerra ad una nazione "innocente e indifesa":
Il pretesto iniziale della guerra fu l'attacco fatto da parte di Mussolini alla Somalia e all'Eritrea;
V furono anche una serie di motivi ideologici che vedevano l'Italia come una potenza civilizzatrice, che aveva il compito di portare la rinascita dell'impero romano.
La disoccupazione fu una scusante, in quanto in l'Etiopia avrebbe potuto dare lavoro a milioni di italiani, visto le sue dimensioni;
E come motivo che catturò il consenso popolare, oltre a quello del lavoro, fu la promessa delle terre ai contadini più poveri (solita scusa ormai fritta mille volte).
Nella guerra in Etiopia viene ricordato il maresciallo Graziani come uno dei capi più spietati di tutta la storia, in quanto fece largo uso di armi chimiche nonostante fossero state bandite dagli accordi del fine prima guerra mondiale (neanche i tedeschi usarono i gas nelle loro battaglie).
La Società delle nazioni condannò l'attacco all'Etiopia con delle sanzioni.
Con la conquista della Somalia, dell'Eritrea e dell'Etiopia formò l'Aoi (Africa orientale italiana).
La politica di equilibrio e di mediazione internazionale dei primi anni trenta:
Come sappiamo, Mussolini scelse di intraprendere una politica di tipo imperialista, mettendo in crisi l'equilibrio internazionale, che si era instaurato e segnando così la fine della lunga politica estera fascista. All'interno della politica di Mussolini si possono individuare tre diverse fasi, ciascuna della quali risulta caratterizzata da obiettivi diversi.
In questo stesso periodo, comparve la minaccia tedesca, infatti la Germania sembrò volutamente intenzionata a rompere l'equilibrio internazionale e Mussolini si preoccupò dei progetti espansionistici tedeschi sull'Austria, che avrebbero intralciato i suoi.
Cosi, il 7 luglio 1933 attraverso il patto a quattro, Mussolini si propose come l'ago della bilancia e si propose di fare il mediatore tra la Germania da una parte, e la Gran Bretagna e gli Stati Uniti dall'altra, allo scopo di giungere ad una revisione consensuale dei trattati di pace e della questione dei crediti di guerra tedeschi.
Nel 1935 alla conferenza di Stresa, Francia, Italia e Gran Bretagna manifestarono la loro opposizione e preoccupazione davanti all'espansione della Germania e soprattutto al suo riarmo che violava i trattati di pace.
La rottura degli equilibri internazionali e la costituzione dell'Asse Roma-Berlino:
Intraprendendo la guerra d'Africa, Mussolini ruppe inevitabilmente l'equilibrio internazionale. Le società delle Nazioni inflisse all'Italia pesanti sanzioni economiche per aver aggredito l'Etiopia (uno stato membro). Queste sanzioni provocarono tre cambiamenti principali:
Gli accordi diplomatici stipulati nell'ottobre del 1936 che stabilirono "l'asse Roma-Berlino"segnarono definitivamente la fine dell'equilibrio internazionale, che si era venuto a creare negli anni '20 e la creazione di un'alleanza tra gli stati fascisti, che si concretizzò immediatamente attraverso il sostegno delle truppe del generale Francisco franco nella guerra civile spagnola e si rafforzò successivamente quando l'Italia aderì al cosiddetto patto anitcomintern, alla quale avevano già aderito la Germania e il Giappone; questo fu il primo atto, che mise in evidenza il fatto che l'Italia di Mussolini, si stava avvicinando sempre di più alla Germania di Hitler, finendo quasi sotto il suo comando.
3. LA FASCISTAZZIONE DELLA SOCIETà:
La chiesa cattolica e la stabilizzazione del regime: i patti lateranensi
Uno degli elementi che sicuramente contribuì al successo del fascismo fu l'appoggio della chiesa cattolica, che si concretizzò attraverso i cosiddetti patti lateranensi, che vennero stipulati l'11 febbraio 1929 tra Mussolini, rappresentante dello stato italiano e la santa sede rappresentata dal cardinale Gasparri. I patti lateranensi, che erano costituiti da tre diversi atti (trattato, concordato e convenzione finanziaria), posero fine alla questione romana, che era stata aperta con la proclamazione della Roma capitale nel 1870.
Questo trattato portò numerosi cambiamenti:
Queste nuove decisioni accrebbero il consenso dell'opinione pubblica nei confronti del regime fascista. Le elezioni che si tennero nel 1929 vennero chiamate elezioni plebiscitarie in quanto ai cittadini italiani si imponeva di poter approvare o respingere la lista del Gran Consiglio del fascismo. Dopo la definitiva stipulazione dei patti lateranensi il papa Pio IX indicò Mussolini come l'uomo della provvidenza. Però due anni dopo i patti l'alleanza tra chiesa e Mussolini venne minacciata, quando le squadre fasciste attaccarono l'azione cattolica e Mussolini ordinò lo scioglimento di tutte le organizzazioni cattoliche allo scopo di garantirsi il pieno controllo dell'educazione e della formazione dei giovani; nonostante ciò l'organizzazione cattolica sopravisse come ente spirituale non subordinato al fascismo, mentre i cattolici che manifestarono atteggiamenti di opposizione e risentimento nei confronti del fascismo vennero esiliati.
Politiche sociali e propaganda ideologica:
Mussolini attuò anche una vasta politica sociale; infatti, costituì una sorta di stato che assisteva le famiglia attraverso mutue, casse pensionistiche, organismi di previdenza sociale e premi in denaro per gli ex combattenti e i capi familiari con una famiglia numerosa. Inoltre tale politica mirò anche alla formazione dei giovani e all'organizzazione della propaganda attraverso vari mezzi possibili:
Chiunque manifestasse atteggiamenti di opposizione, veniva arrestato dall'Ovra, la polizia segreta che aveva appunto il compito di reprimere ogni atteggiamento di dissenso.
La modernizzazione autoritaria della società:
Il nuovo progetto politico di Mussolini sicuramente permise l'attuazione di un vero e proprio processo di modernizzazione. Tale processo determinò il superamento dell'economia rurale tradizionale promuovendo l'inurbamento (la gente delle campagne si trasferisce nei centri urbani), nonostante fossero state emanate delle leggi allo scopo di limitare e controllare le migrazioni interne.
In quanto in questi anni si verificò la tendenza da parte della popolazione arretrata e agricola del Mezzogiorno a trasferirsi nei centri urbani.
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