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Il progetto che va sotto il nome di Economia di Comunione nasce da un'intuizione avuta da Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari[1], in occasione di un viaggio fatto in Brasile.
Lo spunto le viene offerto dalla città di San Paolo dove più che in altre parti del mondo si evidenzia la disparità tra ricchi e poveri. È un'intuizione, un'idea questa suscitata dall'impatto visivo di una città che, se nel centro pullula di grattacieli, alla periferia è formata da favelas. Ma questa idea rappresenta anche la maturazione di un movimento che da 40 anni cerca di dare il suo contributo nel sociale.
Un movimento, quello dei Focolari, che nato a Trento nel 1943, è innestato pienamente nel messaggio cristiano visto da un'angolazione particolare, quella dell'unità.
Scrive Chiara Lubich nel '46: "l'anima deve sopra ogni cosa puntare lo sguardo nell'unico Padre di tanti figli. Poi guardare le creature come figlie dell'unico Padre. Oltrepassare sempre col pensiero e l'affetto del cuore ogni limite posto dalla vita umana e tendere costantemente e per abito preso alla fratellanza universale in un solo Padre: Dio. Gesù, modello nostro ci insegnò due cose che sono una: ad essere figli di un solo Padre e ad essere fratelli gli uni degli altri".
La fondatrice, conscia di tutto ciò e consapevole che tra quelle favelas vivevano persone che condividevano il suo stesso ideale, sente che quanto sin allora fatto non era più sufficiente.
Chiara, quindi, propone agli imprenditori, alle persone, agli abitanti delle cittadelle[3] del Movimento, in particolare a quella di Araceli in Brasile, l'Economia di Comunione.
Pensando ai 200.000 membri del movimento in questa nazione, per la maggior parte poveri, diceva: "Qui sotto la spinta della comunione dei beni dovrebbero sorgere delle industrie . aziende di vario tipo, che dovrebbero essere sostenute da persone di tutto il Brasile; dovrebbero nascere società dove ognuno abbia la possibilità di una propria partecipazione: partecipazione anche modeste, ma molto diffuse: la gestione di tali imprese dovrebbe essere affidata a elementi capaci e competenti, in grado di far funzionare queste aziende con la massima efficienza e ricavarne degli utili. E qui sta la novità: questi utili dovrebbero essere messi in comune liberamente. E per quali scopi? Gli stessi della prima comunità cristiana: per aiutare quelli che sono nel bisogno, per dar loro da vivere, per aver modo di offrir loro un posto di lavoro. Poi naturalmente anche per incrementare l'azienda; e infine per sviluppare le strutture di questa piccola città in vista della formazione di "uomini nuovi", motivati nella loro vita dall'amore cristiano, perché senza uomini nuovi non si fa una società nuova. ".
Il progetto rappresenta una tappa per il Movimento e quindi, in quanto tale, è frutto della sua storia. La comunione dei beni è infatti una prassi che è venuta fuori come un'esigenza sin dall'inizio, era il 1943, c'era la guerra e Trento era sotto i bombardamenti. In un tale scenario, dove ogni cosa sembra crollare Chiara riscopre il senso della vita in Dio e da qui la scelta di servirlo nel prossimo. Inizia cosi lei con alcune compagne a leggere il Vangelo e a mettere in pratica alla lettera quanto in esso era scritto. Questo le portava ad andare incontro ai poveri e alle persone disperate della città per offrire quel poco che avevano, certe che poi Dio avrebbe provveduto a loro. Ne nasce una comunione dei beni simile a quella dei primi cristiani dei quali era scritto "erano un cuor solo, un'anima sola (.) avevano tutto in comune (.) nessuno tra loro era indigente" . In pochi anni si crea nella città una comunità di 500 persone, punto di partenza di un Movimento che si sarebbe poi diffuso in tutto il mondo.
Questo stesso Ideale ha ispirato, in tempi più recenti, azioni sociali rivolte verso le aree del Terzo Mondo quali: "Operazione Africa", "Operazione Libano", "Operazione Sahel"; opere sociali quali il complesso di strutture sanitarie, scolastiche e artigianali a Fontem (Camerun) o per la promozione sociale e l'addestramento professionale a Manila, iniziative che hanno costituito materie valide perché il Bureau internazionale dell'economia e lavoro del Movimento entrasse nel, 1987, fra i membri del Consiglio Economico-Sociale dell'ONU.
Il salto di qualità tra le esperienze precedenti e l'Economia di Comunione è dato dall'uso attivo che in questa viene fatto dei beni: questi non vengono infatti soltanto donati a chi è nel bisogno, come è stato fatto precedentemente, ma vengono messi in circolo per produrne altri.
Un altro fattore che ha contribuito alla nascita dell'Economia di Comunione è stata l'intuizione avuta da Chiara Lubich nel 1961 ad Eisiedeln, in Svizzera. Trovandosi a contatto con un'abbazia benedettina dove vede incarnato quel "ora et labora", ha il desiderio di fondare delle cittadelle con case, industrie , aziende dove testimoniare l'ideale dell'unità. Pochi anni dopo nasce la prima, Loppiano, vicino Firenze. Le finalità di queste cittadelle sono quelle di dare una testimonianza concreta di come sarebbe il mondo se gli uomini vivessero uniti e quella di essere una scuole di formazione per i membri del Movimento. Loppiano accoglie circa 700 abitanti provenienti da tutto il mondo, alcuni vi restano per due anni altri per 2 mesi. C'è anche chi vi vive stabilmente e questi sono gli insegnanti delle scuole, le famiglie che si sono trasferite per dare stabilità alle attività produttive ( qui ha sede la cooperativa vinicola, Loppiano Prima, un impresa artigiana per la produzione di ceramiche, "Centro Ave", e un'azienda artigiana che produce oggetti in legno, "Azur"), hanno, inoltre, dimora fissa anche le suore di clausura e alcuni sacerdoti. È presente inoltre un asilo nel quale possono accedere anche i bambini residenti nel comune di Incisa.
Attualmente le cittadelle del Movimento sono 19 sparse in tutto il mondo e Araceli in Brasile è una di queste.
Infine l'ultimo elemento scatenante è stata la riflessione sull'Enciclica Centesimus Annus, che dà una panoramica sulla situazione economica, sociale e politica del mondo d'oggi; riafferma la dottrina sociale della Chiesa, il valore centrale delle persona umana, il valore sociale delle proprietà privata, un diritto naturale ed individuale da orientare, però, al bene comune, il valore educativo dell'impresa, il valore segnaletico del profitto sia come indicatore del buon andamento dell'impresa sia come valore vitale e sociale che è pur sempre la migliore fonte per finanziare lo sviluppo dell'azienda.
".l'uomo realizza se stesso per mezzo della sua intelligenza e della sua libertà e, nel fare questo, assume come oggetto e come strumento le cose del mondo e di esse si appropria. In questo suo agire sta il fondamento del diritto all'iniziativa e alla proprietà individuale. Mediante il suo lavoro l'uomo s'impegna non solo per se stesso, ma anche per gli altri e con gli altri.. L'uomo lavora per sovvenire ai bisogni della sua famiglia, della comunità di cui fa parte, della Nazione e, in definitiva, dell'umanità tutta. Egli, inoltre, collabora al lavoro degli altri, che operano nella stessa azienda, nonché al lavoro dei fornitori o al consumo dei clienti, in una catena di solidarietà che si estende progressivamente. La proprietà dei mezzi di produzione sia in campo industriale che agricolo è giusta e legittima, se serve ad un lavoro utile; diventa, invece, illegittima quando non viene valorizzata o serve ad impedire il lavoro di altri, per ottenere un guadagno che non nasce dall'espansione globale del lavoro e della ricchezza sociale." .
L'Economia di Comunione risulta quindi essere un progetto che matura in un movimento che sin dalla sua nascita ha uno sguardo rivolto a quelli che sono i problemi sociali, attinge, per formulare le linee base del progetto, alla dottrina sociale della chiesa, in particolare all'enciclica Centesimus Annus, e trova in una struttura già esistente al suo interno, le cittadelle, l'ambito nel quale portare avanti il progetto in modo da poter offrire un modello funzionante, seppur limitato nelle sue dimensioni.
Le finalità del progetto individuate da Chiara Lubich vanno in tre direzioni.
La prima è quella che mira a risolvere il problema sociale innanzitutto andando incontro ai 5.000 indigenti che conta il Movimento e successivamente allargando l'orizzonte all'umanità intera. Nel suo punto di avvio il progetto è limitato, tutte le attività che in esso confluiscono vengono fatte ruotare attorno alle "cittadelle" e questo nasce dall'esigenza di non voler offrire all'umanità una vaga teoria o ideologia, ma un modello concreto di società con delle realizzazioni limitate ma funzionanti.
L'aiuto che viene offerto non vuole soltanto essere di carattere economico, bensì vuole mirare ad una integrazione della persona nei circuiti produttivi per permettere a questa di essere autosufficiente.
La seconda finalità è quella di promuovere la formazione di "uomini nuovi", di persone , cioè, che indirizzano il loro agire alla luce di una cultura diversa, "a differenza dell'economia consumistica, basata su una cultura dell'avere, l'Economia di Comunione è l'economia del dare" .
I soggetti produttivi, quindi, pur operando in un sistema capitalista, si ispirano a principi radicati in una cultura diversa e mirano a diffonderla. Non ogni dare crea la cultura del dare. se questo è infatti contaminato dalla voglia di potere, che cerca il dominio o l'oppressione, è un dare solo apparente. Se cerca soddisfazione e compiacimento è espressione egoistica di sé e chi lo riceve ha la percezione di ciò e si sente di conseguenza umiliato ed offeso. Se infine è un dare interessato che cioè in fondo cerca sempre il proprio interesse non crea una mentalità nuova.
La cultura del dare implica un dare evangelico che si apre all'altro e lo cerca nel rispetto della sua dignità. L'uomo viene quindi posto al centro dell'economia richiedendo questo la creazione di strutture economiche a servizio dell'uomo e per l'uomo.
Questo carattere di asservire l'attività economica all'uomo e non viceversa corrisponde a quanto affermato nell'enciclica Laborem exercens, che dice: "la Chiesa ricorda a quanti tentano di affermare il predominio della tecnica, riducendo l'uomo a "merce" o strumento di produzione, che il soggetto proprio del lavoro rimane l'uomo, poiché nel piano divino il lavoro è per l'uomo, e non l'uomo per il lavoro"[8], poiché l'attività umana è "sempre una causa efficiente primaria, mentre il capitale, essendo l'insieme dei mezzi di produzione, rimane solo uno strumento o la causa strumentale" del processo produttivo.
La terza finalità del progetto, ma non la meno importante, è quella di promuovere e sostenere la crescita delle imprese che vi aderiscono.
A tal fine un terzo degli utili viene reinvestito nell'azienda per permetterne lo sviluppo e per creare nuovi posti di lavoro. Solo in questo modo è possibile testimoniare che si può prosperare economicamente ricorrendo a comportamenti che potremmo definire eticamente corretti.
L'Economia di Comunione non ha l'ambizione di proporre una nuova teoria economica, ma vuole dare il proprio contributo nel superamento di quelle "carenze umane" che sono presenti nel nostro sistema che pure considera l'uomo come principale risorsa dell'azienda. Per far ciò, si vuole calare nella realtà esistente e per questo le imprese che ad essa aderiscono mirano al rispetto della legislazione fiscale vigente, delle norme sulla sicurezza del lavoro e dell'ambiente naturale e alla produzione di prodotti di qualità e ad una concorrenza leale.
L'Economia di Comunione non si limita solo alle donazioni o al volontariato ma è molto di più: "è la proposta per un operatore economico di intonare alla logica del dare, del condividere, non solamente l'utilizzo di una parte del suo reddito, del suo tempo, ma l'intera sua attività imprenditoriale " .
Il fine dell'impresa non si riduce più al mero profitto, seppur legittimo, ma si allarga verso quelle che sono le esigenze della società, che possono essere: l'aumento dell'occupazione, della qualità dei beni e servizi prodotti, il rispetto dell'ambiente naturale ed altri.
Nell'impresa il fatto che l'imprenditore finalizza la propria attività verso un ambito più sociale, senza per questo essere un'impresa no-profit, comporta l'aumento della fiducia e della stima dei lavoratori nei suoi confronti con un conseguente miglioramento del clima aziendale e delle motivazioni dei lavoratori stessi.
Oggi sappiamo che il ruolo del lavoro umano è sempre più importante quale fattore produttivo di ricchezze immateriali e materiali ma al di la di questo, c'è qualcosa che è ancor più importante, come detto nell'enciclica Centesimus Annus nella quale troviamo scritto: "prima ancora della logica dello scambio degli equivalenti e delle forme di giustizia, che le sono proprie, esiste un qualcosa che è dovuto all'uomo perché è uomo, in forza delle sua eminente dignità. Questo qualcosa dovuto comporta inseparabilmente la possibilità di sopravvivere e di dare un contributo attivo al bene comune dell'umanità"[12].
Questo lo fa innanzi tutto con il pieno rispetto della libertà di chi aderisce al progetto, anche per coloro che sono invitati a contribuire con denaro, con il loro tempo, con risorse di ogni genere. Le aziende che aderiscono a questo progetto, infatti, spesso assumono la forma giuridica di società di capitali, per garantire la libertà della distribuzione degli utili per finalità di pubblica utilità.
Nella gestione dell'impresa l'obiettivo, inoltre, non è dato dalla semplice ridistribuzione della ricchezza ma vuole andare al di là e puntare, di conseguenza, alla "comunione" che significa instaurare una relazione di apertura reciproca.
Un'attività che si fonda su questi principi permette di eliminare gli elementi che hanno sino ad ora distorto il capitalismo e le sue funzioni. L'industrializzazione infatti ha educato l'uomo all'alienazione, l'ha reso uno strumento di produzione offendendolo nella sua dignità di persona. Tale stato ha creato nel lavoratore uno stato d'insoddisfazione che lo ha portato a coalizzarsi contro il "nemico", l'imprenditore schiavista, lo sfruttatore, lo speculatore ecc.
Ora le condizioni che hanno creato la contrapposizione tra capitalisti e lavoratori, tra ricchi e poveri, vengono meno perché è l'imprenditore che si cala nelle parti del povero, dello sfruttato. Questo, cosa ancora più importante, lo fa contribuendo a sollevarlo dallo stato di miseria, con i suoi soldi e lo fa non con della beneficenza una tantum, ma impostando tutta la sua attività lavorativa a tal fine. Questo però non significa che l'impresa debba trasformarsi necessariamente in una non profit, ma dà a intendere che l'attività produttiva deve essere riorganizzata in modo tale da asservirla a chi vi lavora e non viceversa. L'output che ne consegue, è il frutto di un'attività collaborativa interna conseguita spontaneamente ad un rapporto che l'imprenditore ha cercato di basare sul rispetto e sulla stima.
Per portare avanti tale progetto, oltre al resto, chi vi aderisce cercando diverse occasioni d'incontro durante l'anno, mira a mantenere una tensione costante a condividere profondamente, a formarsi e riformarsi insieme, ricaricarsi nel portare avanti questa proposta culturale[13]. Per facilitare la comunicazione tra i diversi imprenditori che aderiscono al progetto è stato creato un giornale che prende appunto il nome di Economia di Comunione. Nella prima parte di questo notiziario solitamente viene riportato un messaggio della fondatrice, seguono poi le esperienze fatte dalle imprese aderenti al progetto, quelle delle persone destinatarie degli aiuti, riflessioni sull'economia ed in fine l'ultima parte viene dedicata alla pubblicazione dei dati annuali sul numero di aziende aderenti al progetto e di tesi discusse sull'argomento.
Il Movimento dei Focolari è nato a Trento nel 1943, la sua spiritualità si fonda sull'amore vicendevole e sull'unità: quell'amore che porta a riscoprire gli altri come fratelli e di conseguenza crea quell'unità chiesta da Gesù al Padre: ". perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perchè il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21). Tale Movimento è diffuso in 198 nazioni, con 2.200.000 aderenti. A tale spiritualità aderiscono anche 50.000 cristiani di varie denominazioni (ortodossi, anglicani luterani); 30.000 fedeli di altre religioni (ebrei, mussulmani, buddisti, induisti) e 73.000 persone di altre convinzioni.
Discorso di Chiara Lubich agli abitanti della cittadella Araceli, 29 maggio 1991, tratto da P. Quartana, L'economia di comunione nel pensiero di Chiara Lubich, in "Nuova Umanità", Città Nuova Editrice, Roma, 1992, n. 80/81 pag. 16.
la Centesimus Annus se da un lato riconosce che " il fattore decisivo della produzione è sempre più l'uomo stesso, e cioè la sua capacità di conoscenza (.), la sua capacità di organizzazione solidale, la sua capacità d'intuire e soddisfare il bisogno dell'altro", dall'altro ne denuncia i rischi: "(.) molti uomini non hanno la capacità di acquisire le conoscenze di base. se non proprio sfruttati sono ampiamente emarginati. . molti uomini vivono all'interno di ambienti in cui è assolutamente primaria la lotta per il necessario e vigono ancora le regole del capitalismo delle origini (.) coloro che non riescono a tenersi al passo con i tempi possono facilmente essere emarginati, insieme con essi lo sono gli anziani, i giovani incapaci di ben inserirsi nella vita sociale e , in genere, i soggetti più deboli e il cosiddetto Quarto Mondo. Anche la situazione della donna in queste condizioni è tutt'altro che facile".
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