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I RISCHI DELLO SVILUPPO NELLA SOCIETA' CONTEMPORANEA
"E' ormai venuto il momento di riconoscere che una produzione da sempre crescente di merci e di sevizi è incompatibile (dati le tecniche produttive conosciute, l'attuale organizzazione dell'economia ed il tasso di aumento della popolazione con la salvaguardia dell'ambiente naturale ed urbano. E' soprattutto venuto il momento di riconoscere che quando l'uomo modifica troppo rapidamente l'ambiente (per esempio trasformando i mari di petrolio della crosta terrestre in gas dell'atmosfera) crea una situazione in cui la velocità di questi cambiamenti è superiore alla velocità del proprio adattamento ad essa."
Il termine ecologia (dal greco oikos, casa e lògos, discorso: discorso sulla casa) nel suo significato etimologico, tende quasi a sottolineare che lo studio delle condizioni ambientali dove ha luogo la vita, si svolge in un ambito strutturato-ordinato in modo da far posto a tutti.[2]
La 'questione ecologica' è un problema giovane; ancora negli anni settanta non se ne parlava con l'enfasi, la convinzione e l'attenzione di cui oggi gode.
J. Rostand, accademico francese, apriva così l'opera di E. Bonnefous, nel 1973: ".Difendere la natura su tutti i fronti è cosa malagevole, perché si urta contro l'indifferenza, l'ignoranza, lo scetticismo; e soprattutto si hanno contro, più o meno apertamente, tutti coloro che danno alle brame personali la priorità sull'interesse comune, tutti coloro che, pronti a compromettere il futuro per un vantaggio immediato, non fanno obiezioni al diluvio previsto purché essi non siano là per assistervi.[3]
In realtà i danni e i rischi ecologici sono difficili da quantificare e da prevedere: ad esempio quelli connessi all'uso dei pesticidi e delle medicine, oppure i cambiamenti climatici.[4]
Per entrare subito nel merito del rapporto Economia-Ambiente riportiamo il seguente passo:
"il mondo moderno è caratterizzato da rischi tecnologici crescenti, il cui livello dipende anche da scelte sociali concernente l'ammontare di risorse destinato ad evitare o a ridurre tali rischi. Tali risorse possono essere tratte direttamente dai pubblici bilanci (ad esempio spese per monitoraggio ambientale), oppure la loro destinazione può essere determinata dalla normativa pubblica (ad esempio. spese per il disinquinamento sostenute dai privati).
In tutti questi casi la questione fondamentale è il valore centrale attribuito alla vita. Si tratta d'una questione molto spinosa per la società, poiché questa valutazione determina un conflitto di valori, per i quali non vi è una soluzione razionale."[5]
Fenomeni noti legati all'uso dell'ambiente sono: il deterioramento della fascia di ozono stratosferico; i mutamenti climatici globali; nuove dimensioni dell'inquinamento atmosferico, idrico e marino; i danni legati alla deforestazione e alla perdita delle specie biologiche. Quasi tutti questi fenomeni hanno scala globale e sono strettamente connessi ai processi di sviluppo economico.
Nei paesi industrializzati il contenimento di processi dannosi all'ambiente richiede ormai enormi risorse e modifiche radicali nello stile di vita e nel tipo di sviluppo.
"Per questo motivo il problema ambientale sta diventando una delle più importanti dimensioni dello sviluppo e del conflitto di interessi tra paesi industriali e in via di sviluppo"[6]
Queste caratteristiche sono alla base dell'impegno di politica ambientale (specie in anni recenti) e hanno posto forti sollecitazioni alla teoria economica. Le più importanti questioni connesse alla tutela dell'ambiente globale sembrano anzi richiedere progressi nella ricerca economica, da innestare sugli strumenti di cui già si dispone. "Vale la pena di sottolineare come nel corso degli anni '80, le valutazioni in moneta dei danni ambientali abbiano conosciuto notevoli affinamenti, proprio nel tentativo di rispondere alle critiche loro rivolte, in particolare a quella di non tener conto valori diversi da quelli di puro utilizzo dei beni stessi. In particolare è stato introdotto il concetto di valore economico totale VET."
Sin dagli inizi del dibattito sul problema ecologico si avverte la necessità di una varietà di misure di difesa della natura, condotte su diversi fronti e livelli di intervento: dalle leggi alla informazione pubblica; dalla cooperazione tra potere statale e organizzazioni non governative all'insegnamento scolastico e al contributo individuale.
Il primo passo necessario per la risoluzione del dibattito ecologico è certamente una presa di coscienza da parte di tutti i soggetti sociali circa la cultura del 'pop capitalism' [8] ovvero l'andamento consumistico dello sviluppo sociale.
Lo sviluppo che da un secolo viene perseguito quale obiettivo delle società industrializzate[9] ha significato per lo più una crescita delle attività mercificate, cioè quelle che possono essere collocate nel mercato: i bisogni dell'individuo e la loro soddisfazione presuppongono 'una correlazione dei prezzi con le utilità marginali dei beni, non con le utilità totali (che sono quelle rilevanti per il benessere)'[10]
La crescita economica -di cui parla il Prof. Giusso- ha portato al soddisfacimento tramite il mercato di bisogni che prima venivano soddisfatti al di fuori di esso; il fenomeno dell'urbanizzazione per esempio ha moltiplicato queste attività sostitutive in massimo grado.[11]
Le comodità del benessere si sono trasformate tanto spesso in sprechi del consumismo: è possibile estendere tali modelli di consumo anche a quei paesi che da qualche decennio bruciano le tappe dello sviluppo industriale? Esistono energie o materie prime che consentano un tale sperpero di risorse? Quale discarica potrà contenere i rifiuti di un consumismo planetario?
Inoltre esistono danni al sistema eco-culturale che sono differiti nel futuro e di cui non conosciamo la reale entità: pensiamo alla distruzione della memoria storica dovuta alla scomparsa di un antico centro cittadino o un angolo paesaggistico, per facilitare il traffico automobilistico.
'La mia conclusione sarà che, per contenere lo sviluppo 'mercificato', occorre puntare su offerta pubblica e educazione, senza delle quali non possiamo sperare di liberarci delle nostre abitudini di spreco di abitanti dei paesi ricchi.'[12]
A proposito di ambiente -che è poi il problema sul quale si incentra (ma non si esaurisce) il contrasto tra 'nuovo sviluppo' e 'mercificazione'- in una rassegna sull'educazione ambientale in Europa si conclude che generalmente nei programmi educativi dei diversi paesi 'il modo dell'educazione circa il consumo, in senso anticonsumista, è insufficientemente considerato o, ancora peggio, considera la relazione tra interessi industriali e valori educazionali in termini scarsamente credibili. Anche non comune è l'obiettivo di insegnare nuovi modelli culturali ecocompatibili, per formare la base di una nuova relazione tra uomo e natura, che permetta la reale soluzione della crisi biofisica del pianeta.
Tuttavia il caso della ex Unione Sovietica ci ricorda che la degradazione ambientale non è conseguenza esclusiva della società consumistica capitalista; il problema ecologico lo ritroviamo laddove manca una coscienza pubblica informata che fornisca un controllo ed un indirizzo alla qualità dello sviluppo; dove l'arretratezza tecnologica si lega al principio di produzione quantitativa.
Oggi le società industriali dei paesi più ricchi hanno spostato molto in avanti le frontiere della tecnica in campo energetico, chimico, biotecnologicocreando aspettative di vita di settanta-ottanta anni. Il passo successivo dovrebbe essere migliorare i livelli di qualità della vita e rendere tali livelli accessibili a tutte le fasce sociali ed a tutte le società, condividendo responsabilmente questo bagaglio culturale. In questa prospettiva la questione ambientale riveste un ruolo predominante e richiede una soluzione urgente per le connessioni fisico-sanitarie, etico-sociali, politico economiche che le sono proprie.
S.Zamagni, Esternalità intertemporali, tasso sociale di sconto e sviluppo sostenibile. Sta in Ecologia e. a cura di E.Tiezzi La terza Bari 1995 p.206
J.Rostand, prefazione al libro di E. Bonnefous, Dossier completo sull'Ecologia nel mondo, Paris '70 p. 15
M.Bresso, Riflessioni su un quarto di secolo dell'economia dell'ambiente: strumenti di analisi e questioni teoriche aperte in I.Musu op. cit. p.67
in nota: una volta esse erano le società dell'occidente, oggi l'affacciarsi sulla scena economica mondiale di paesi come la Cina, l'Asia, le nazioni africane sollevano perplessità sulla liceità e sostenibilità di uno stile di vita consumistico e sullo sperpero di energie e materie prime. Vedi Giusso risposta n°4 al questionario allegato.
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