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L'ECONOMIA DI COMUNIONE E ALCUNE SUE REALIZZAZIONI
INTRODUZIONE
Quell'idea lanciata nel 1991 si è oggi tradotta in fatti economici e realtà visibili. Attualmente sono coinvolte in questo progetto aziende e attività sparse in tutto il mondo, nate per concretizzare l'ideale dell'E.d.C. o trasformatesi per aderirvi.
Nei diversi ambiti geografici l'esperienza di E.d.C. assume connotazioni differenti.
Nei paesi come l'America Latina, l'Asia e l'Africa, con gravi problemi di sviluppo, essa tende a fornire un contributo alla soluzione del problema occupazionale e del degrado sociale, poiché non solo offre posti di lavoro, ma crea una rete di solidarietà e permette agli indigenti di uscire dalla loro situazione diventando azionisti delle aziende e partecipando alla loro gestione.
Nei paesi europei l'E.d.C. significa soprattutto promuovere quei valori come la comunione fra le persone, la solidarietà e la cultura del dare - in antitesi al consumismo -, la legalità, una nuova coscienza ecologica.
Le imprese di E.d.C. operano nei più svariati settori e svolgono vari tipi di attività, rispondono a varie tipologie di organizzazione (dalle cooperative alle S.p.A., alle imprese individuali), differiscono per estensione e fatturato. Poiché la realizzazione del progetto di E.d.C. è legata alle situazioni concrete ed è responsabilità ultima del soggetto economico, non è possibile stabilire a priori modi di agire uguali per tutte le imprese, nemmeno nella destinazione degli utili.[295]
Comuni sono invece i valori che ne stanno a fondamento, le finalità, le motivazioni, che mettono in discussione sia i paradigmi ancora ben saldi di un certo modo di fare e di essere impresa, tipici del capitalismo, sia la concezione economica del socialismo reale.
Le aziende di E.d.C., quindi, sono una proposta attendibile per esigenze attuali, quali la creazione di nuovi posti di lavoro e il corretto utilizzo dei beni in una visione armonizzata di necessità e risorse.
Essenziale è ricordare la collaborazione esistente fra le imprese di E.d.C.
Gli imprenditori e i soci si ritrovano spesso per scambiarsi consigli, proposte, difficoltà, competenze e per risolvere eventuali problemi riscontrati nell'agire: a volte si tratta di incontri più ristretti, a volte sono convegni regionali, nazionali ed internazionali.
Gli imprenditori della Lombardia, ad esempio, si incontrano ogni mese.
Questo sostegno reciproco è molto importante: è uno dei modi di vivere la reciprocità e aiuta gli imprenditori ad affrontare meglio le difficoltà (soprattutto quelle di chi opera nei paesi in via di sviluppo, dove gli ostacoli sono maggiori).
Il progetto di E.d.C., nato in seno al Movimento dei Focolari risulta
attualmente così organizzato:
a Roma è costituita una Commissione Centrale che raccoglie i dati relativi allo sviluppo del progetto nel mondo, al diffondersi di esso - anche per mezzo di convegni, forum, conferenze - e agli utili provenienti dalle imprese.
Alla predetta Commissione convergono, inoltre, attraverso i membri del Movimento che operano nelle diverse località del mondo, le necessità degli indigenti e delle strutture formative. Il capitale raccolto (sia dalle imprese che da un aiuto straordinario liberamente versato dai membri del Movimento) viene redistribuito in base ai bisogni.
Di tale Commissione fanno parte alcuni studiosi che approfondiscono gli aspetti più teorici legati al progetto;
a livello zonale sono istituite Commissioni, formate in genere da esperti nel campo imprenditoriale, amministrativo e fiscale, che seguono lo sviluppo locale del progetto e che rispondono anche alle richieste di presentazione dello stesso.
Le esperienze di seguito riportate sono desunte dai notiziari sull'E.d.C., dalla rivista 'Città Nuova', da tesi di studenti che hanno conosciuto direttamente, o tramite questionari, alcune aziende. Illustrerò le varie realtà in base alla localizzazione, cercando di fornire una panoramica di aspetti significativi.
Par. 7.1. L' E.D.C. IN BRASILE
Immediata è stata la risposta della comunità brasiliana all' annuncio
dell'E.d.C.: molti hanno offerto disponibilità concreta di impegno personale, di mezzi economici, di competenze professionali.
Il Polo Industriale 'Spartaco'
A circa 4 Km dalla cittadella Araceli, su un terreno di circa 37.000 mq., è iniziata la costruzione del polo industriale 'Spartaco' (dal nome di un giornalista scrittore che aveva sottolineato la necessità di non giudicare le imprese solo in base al risultato economico, ma anche per la loro dimensione sociale).
Per sostenere e sviluppare il progetto di costruzione dei capannoni, nel 1993 è stata fondata la ESPRI S.p.A., alla quale è possibile partecipare acquistando azioni nominali del valore di cinque dollari. Questo ha permesso a molti abitanti delle favelas di diventare azionisti, che oggi sono più di 3.000.
Finalità dell'Espri è promuovere lo sviluppo di piccole e medie imprese, con imprenditori che mettano in rilievo le capacità di ogni lavoratore in un contesto di libertà e partecipazione. Essa affitta in questa zona industriale capannoni per imprese che vogliano svolgere attività, iniziative e progetti nello spirito dell'E.d.C.
Il polo è gestito da un consiglio di amministrazione di 18 membri che si riuniscono una volta la mese e che offrono le loro consulenze gratuitamente; da una consulta tecnica, da un ragioniere e da una addetta alla segreteria, regolarmente retribuiti.
La prima azienda che si stabilisce in quest'area è LA TUNICA, per la confezione di abiti di vario tipo.
Nel 1995 vi si trasferisce la ROTOGINE, una fabbrica di grandi manufatti in polietilene. La decisione di impiantare lì la Rotogine da parte di Francois Neveux, imprenditore francese che gestisce attività simili in Francia, Polonia, Svezia, Spagna e Libano, è nata in seguito ad una visita alla cittadella: sentiva che doveva essere lui stesso a far nascere una sua sussidiaria. Decide di associarsi con un imprenditore locale e di dare alla sua fabbrica una connotazione diversa: doveva diventare una azienda-scuola, che avrebbe fornito l'addestramento alle sue tecnologie per gli imprenditori intenzionati ad impiantare in altre zone dell'America Latina simile imprese di E.d.C.
'Una sera, mentre in macchina tornavo sotto la pioggia dagli uffici di una azienda nostra cliente, gratificata perché le consulenze della mia società stavano ottenendo grandi risultati, ad un certo punto il traffico mi obbligava a procedere a passo d'uomo, e così avevo modo di ben osservare la favela che si stendeva accanto alla strada: mentre io stavo ben protetta e soddisfatta nella mia macchina, davanti a me gli abitanti della favela si riparavano sotto quei tetti di lamiera, mentre l'acqua entrava da ogni parte nella loro casa.
In quella macchina, davanti a quella favela, pur consapevole di quanto il progetto di E.d.C. fosse audace e rivoluzionario ed esigesse un impegno totale, decidevo che avrei continuato nella mia vita a prodigarmi finchè l'E.d.C. non fosse diventata una realtà incarnata, capace di incidere sulle strutture del mio paese'. Così Ercilia Fiorelli inizia la sua storia di imprenditrice: aveva iniziato a lavorare in banca a diciotto anni, ed in breve tempo, grazie alle sue capacità manageriali, aveva fatto carriera, arrivando a soli ventun anni a dirigere la filiale.
Colpita dalle parole di Chiara Lubich che nel 1994 riproponeva con forza l'E.d.C., Ercilia inizia a studiare, assieme a un gruppo di persone, il progetto di un'industria da avviare nel polo Spartaco. 'All'inizio non volevo lasciare il mio posto in banca, ma poi mi accorgevo che ero io che dovevo mettere tutte le mie capacità e forze in quel progetto'. Nasce così la ECO-AR, impresa di prodotti di pulizia biodegradabili. L'impresa, cominciata dal niente, di giorno in giorno si sta sempre più affermando sul mercato. Non è stato facile, poiché il capitale disponibile era modesto. In certi momento sopraggiungeva la stanchezza e lo scoraggiamento. La visione di quella favela sotto l'acqua le dava la determinazione ad andare avanti: voleva in tutti i modi contribuire. Si è messa a caricare in macchina recipienti di detersivi, ad incoraggiare coloro che si trovavano in difficoltà; ha accettato di presentare l'E.d.C. a Medellin, in Colombia. Quell'incontro è stato la conferma, per Ercilia, della scelta di vita che aveva fatto e la carica necessaria per andare avanti.
Attualmente la Eco-ar dispone di quindici punti vendita negli stati di S.Paolo, Rio de Janeiro e Paranà, in cui commercializza i suoi venti prodotti.[296]
La Policlinica 'Agape': agire senza compromessi
Nella storia della Policlinica AGAPE, impresa nata nel 1993 per iniziativa di Paula, una giovane laureata in medicina, riecheggia la frase del Vangelo: 'Signore mi hai consegnato cinque talenti, ecco, ne ho guadagnato altri cinque'.
Paula ha iniziato mettendo a disposizione tutto quanto possedeva e creando uno studio di ginecologia e uno dentistico. Oggi i numeri testimoniano la validità di quell'intuizione: 6.440 pazienti, tredici specialisti, un laboratorio di analisi chimiche e uno per le analisi con gli ultrasuoni, un reparto di fisioterapia ed una farmacia omeopatica.
L'attuale successo dell'iniziativa sembrerebbe essere il risultato di una fortunata combinazione di professionalità ed occasioni di lavoro, ben gestite da un gruppo dirigente competente. Certamente questi elementi non mancano e non possono d'altra parte mancare per la conduzione di un'azienda.
ECONOMIA E PROVVIDENZA
Ma anche nella Policlinica Agape, come nelle altre aziende di E.d.C., è evidente l'intervento della Provvidenza (considerata non come la formula magica alla quale appellarsi nei casi di difficoltà, ma 'realtà' che vive quotidianamente accanto a chi opera secondo la cultura del dare; si tratta di una piena fiducia in colui che, essendo l'Amore, non può che aiutare coloro che amano). Fino ad allora nella città di Vargem Grande, trentamila abitanti, non esistevano ambulatori di ginecologia, malgrado la grande importanza di tale specialità in quell'area caratterizzata da alti tassi di natalità e da un'elevata percentuale di bambini denutriti. IL poliambulatorio, volendi istituire questo servizio, contattava molti medici, verificandone, assieme alla capacità professionale, anche l'adesione ad un'etica che evita la prescrizione di metodi anticoncezionali e la pratica della sterilizzazione. Nessuno aveva accettato, convinti che uno studio ginecologico basato su queste scelte non poteva avere alcun successo.
La direzione del poliambulatorio, vista la situazione, decideva di rinunciare all'avvio di questo servizio ed ai posti di lavoro che avrebbe assicurato fintanto che esso sarebbe stato realizzabile senza compromessi.
Trascorsi due anni, durante un incontro di presentazione dell'E.d.C. nello stato del Paranà, una ginecologa decideva insieme al marito e ai sei figli di trasferirsi a lavorare nella Policlinica: non era una decisione facile.
Dal primo giorno di lavoro fino ad oggi le pazienti non sono mai mancate. Mantenendo la coerenza dei principi cristiani, sono state salvate molte vite e riunite molte coppie in difficoltà. Numerose sono state inoltre le esperienze positive, soprattutto riguardo alle rinunce all'aborto ed a pratiche di sterilizzazione.
Un medico che ha chiesto un servizio alla Policlinica per una sua paziente ha detto che la stima e la fiducia riposte nel poliambulatorio sono basate sulla consapevolezza di come vengono considerati i pazienti: chi tratta così gli ammalati ha un futuro![297]
La Prodiet Farmaceutica: la prova della legalità
L'azienda, che ha sede a Curitiba (nello stato del Paranà), è stata fondata nel 1989 con lo scopo di commercializzare e distribuire prodotti farmaceutici, disinfettanti per ospedali e prodotti nutritivi per bambini.
A.Tortelli aveva lavorato per molti anni in varie imprese nazionali ed estere del settore farmaceutico ed all'inizio con Roselì avevano come un unico obiettivo la sopravvivenza della loro famiglia.
Non avevano alcun capitale di giro al punto da essere costretti a comperare a prezzi molto alti sul mercato locale, via via solo i prodotti di cui avevano richiesta. Col tempo erano riusciti a conquistare la fiducia di alcuni clienti e fornitori e con l'aumento del volume d'affari avevano portato a quattro il numero dei dipendenti e stabilito alcuni rappresentanti.
Immersi nella mentalità dell'ambiente del commercio e dovendo far fronte alla competitività del mercato, si sentivano insicuri e come tutti erano portati a comportarsi. Il livello delle imposte era così elevato da considerarsi immorale e questo li spingeva a giustificare l'evasione fiscale, come una necessità dettata da motivi di semplice sopravvivenza. Lo stesso ragionamento rischiava di portarli a giustificare anche il costume dilagante del pagamento di tangenti - pur di ottenere nuove commesse -.
Con il lancio di E.d.C. iniziava una nuova fase, che dava alla loro attività una motivazione ben più profonda e nuove certezze: l'E.d.C. offriva l'occasione di aprire al sociale la loro attività lavorativa, vista non più come semplice mezzo di sussistenza, ma come possibilità di creare nuovi posti di lavoro e offrire un valido servizio alla comunità anche attraverso il versamento mensile di una parte degli utili dell'impresa.
La PRODIET aderisce al progetto incondizionatamente.
In quel periodo, in Brasile, l'inflazione era di oltre 40% al mese, l'instabilità economica persisteva (come del resto tuttora) e il sistema fiscale era molto pesante.
Nonostante i ritardi nei pagamenti da parte delle organizzazioni sanitarie statali (i maggiori clienti della Prodiet), i coniugi Tortelli decidono di continuare a pagare integralmente le tasse ed i contributi, puntando, anziché evadere, su una organizzazione interna più agile ed efficiente.
Riguardo ai dipendenti, che sono una quarantina, oltre a garantire un buon trattamento economico e reali possibilità di crescita all'interno dell'impresa, si è deciso di considerarli protagonisti delle decisioni dell'azienda, anziché semplici esecutori, anche se questo richiede di riservare del tempo per riunioni periodiche con tutti.
Anche con i fornitori si sono stabiliti da tempo cordiali rapporti di collaborazione, basati su una fiducia conquistata con un comportamento attento anche ai loro interessi. In Brasile si è dovuto a lungo convivere con 'l'industria dell'inflazione', quella che creava profitti semplicemente ritardando i pagamenti ai fornitori. Una pratica molto comune e lucrosa, dato che il denaro in banca rendeva oltre il 50% al mese. Il costante astenersi della Prodiet da tale pratica le ha fruttato una reputazione di affidabilità, che ancora oggi le porta nuovi fornitori desiderosi di farle distribuire i loro prodotti.
Ogni tanto qualcuno chiede a Rosalia e Armando se non siano mai sfiorati dal timore di fallire, insistendo ad operare secondo una filosofia imprenditoriale così controcorrente.
La loro risposta è che il rischio senza dubbio esiste, ma che esso è inferiore quando si agisce con serietà e si stabiliscono con tutti, anche a costo di una riduzione dei profitti, rapporti di collaborazione anziché di concorrenza spietata.
Infine, essi sentono di dover testimoniare il continuo intervento della Provvidenza nell'azienda e confessano che ormai da molto tempo il lavoro per loro non è più un semplice mezzo per guadagnare, ma è diventato invece un fortissimo impegno sociale per contribuire alla nascita di una nuova economia alla cui base sta la persona umana.
L'esperienza finora ha dato ragione alla Prodiet. Malgrado tutte le difficoltà di questi anni, superate con grande pazienza, essa non solo non è fallita, ma è cresciuta in modo sorprendente (nel 1996 il fatturato ha raggiunto i cinque milioni di dollari).[298]
Par. 7.2. L' E.D.C. NELLE FILIPPINE
L'E.d.C. e la crisi asiatica: il Bangko Kabayan
Il BANGKO KABAYAN (o Ibaan Rural Bank) era stato riorganizzato con l'aiuto dell'azienda di consulenza Ancilla S.p.A. (v. esperienza citata a pag. ). Nei primi tre anni il giro d'affari è aumentato di sei volte, mentre i posti di lavoro sono passati da venti ad ottanta.
Nel 1997 aveva otto filiali con 150 collaboratori e si collocava al terzo posto nella graduatoria delle banche rurali filippine per volume di depositi.
Ai lavoratori fu data la possibilità di diventare azionisti e di fruire di parte degli utili aziendali. I soci che ne condividono lo spirito possono devolvere per le finalità dell'E.d.C. parte degli utili loro destinati, tramite una Fondazione appositamente costituita.
PRIORITA' ALLA QUALITA' DEI RAPPORTI
Il segreto del successo della banca è dovuto alla filosofia organizzativa tipica
delle aziende di E.d.C. (v.cap.3), che dà priorità alla qualità dei rapporti tra e con tutte le persone coinvolte e che riserva la massima attenzione ai più deboli (nella banca può voler dire, ad esempio, dilazionare la restituzione dei prestiti da parte di clienti in difficoltà, quando se ne rilevino fondati motivi).
LA BUFERA DELLA CRISI
A metà '97, però, si scatena inaspettata la bufera della crisi finanziaria, che dall'Indonesia si estende alla Tailandia, alla Corea, alla Malesia ed anche alle Filippine.
Il peso, la moneta locale, si svaluta in pochi mesi del sessanta per cento e le banche troppo indebitate con l'estero falliscono.
I risparmiatori sono presi dal panico e molti di essi preferiscono ritirare i loro risparmi e tenerli nascosti in casa. Il panico è alimentato dal fatto che il personale delle banche non viene informato dai proprietari su come si evolve la situazione, e la chiusura degli sportelli delle banche in crisi arriva improvvisa.
La prima vittima nel comprensorio di Ibaan in cui opera la banca rurale è il proprietario di una banca concorrente.
Questi, malgrado l'aiuto finanziario che i proprietari del Bangko Kabayan gli ottengono tramite una associazione tra banche rurali da essi promossa anni prima, si suicida. Un'altra banca dopo breve tempo viene chiusa e le proprietà svendute.
Anche la banca Kabayan deve affrontare il panico dei clienti che fanno ressa per ritirare i loro risparmi: a fronte dei prestiti in cui ha impiegato i soldi ricevuti, la banca avrebbe solide garanzia in terreni e fabbricati, ma questi non possono essere venduti in tempi brevi, ed è difficile in quella situazione trovare banche locali disponibili ad anticipare denaro liquido; i prestiti da banche estere sono bloccati dal rischio di nuove svalutazioni del peso.
Nella settimana precedente la Pasqua '98, i clienti ritirano dal Bangko ben 40 milioni di pesos (oltre un milione di dollari). Le disponibilità della banca sono al limite.
LA FORZA DELLA FIDUCIA
I proprietari vivono questa emergenza rafforzando il comune impegno e l'intesa reciproca con tutti i collaboratori e mantenendo ciascuno informato ora per ora sulle entrate e le uscite delle diverse filiali.
'Nei momenti più difficili ci ha sostenuti la fiducia che Dio provvede a chi vive la cultura del dare. Un giorno da una filiale sono stati ritirati cinque milioni di pesos. E' difficile descrivere cosa abbiamo provato quando più tardi è arrivata la notizia che in un'altra filiale erano stati depositati sei milioni di pesos!'.
I soci di maggioranza contribuiscono al clima di fiducia facendo capire che non abbandoneranno la banca al suo destino per salvare in qualche modo le loro risorse. Questa fiducia, poi, viene trasmessa anche ai depositanti: una impiegata arriva spontaneamente a garantire in proprio ad una cliente anziana e timorosa che non perderà i suoi risparmi, ed un importante cliente garantisce lui stesso ad altri clienti più piccoli che non perderanno i loro soldi. La situazione di emergenza non impedisce di tenere presenti le esigenze dei clienti. Uno di questi, pur dispiaciuto, fa presente che considera troppo rischioso tenere tutti i suoi soldi in una sola banca.
D'accordo con i funzionari egli giunge alla conclusione di ritirarne due terzi da versare in altre banche; saranno queste purtroppo a fallire.
Il presidente del Comitato degli Azionisti del Bangko Kabayan non partecipa la progetto di E.d.C.. Egli ha sempre guardato con grande fiducia all'operato dei Ganzon (i proprietari della banca rurale) e nel momento più critico sarà lui stesso ad assicurare ulteriori finanziamenti che permetteranno di superare il periodo del panico e ciò senza chiedere contropartite: quando i Garzon comunque prepareranno per lui dei documenti di garanzia, egli 'dimenticherà' di registrarli.
IN COMUNIONE COL MONDO
Pur sapendo che tra le aziende di E.d.C. non ve ne sono di dimensioni tali da poterli aiutare, i Ganzon vogliono comunque condividere con tutti la loro situazione. Il loro messaggio Internet viene raccolto da un alto funzionario di banca olandese che coopera con la sua professionalità al progetto di E.d.C., e questi, fidandosi dello spirito con cui viene gestito il banco Kabayan, spende la propria credibilità personale presentando la loro situazione ad una grande banca olandese, specializzata in fondi di investimento etici ed ambientali.
Mentre i Garzon, nel novembre '98, sono già in Europa per partecipare all'incontro decisivo fissato ad Amsterdam, il responsabile regionale della banca olandese si trova a passare nelle Filippine. In loro assenza visita il banco rurale, e rimane molto colpito dallo spirito dei dipendenti e del consiglio di amministrazione, dalle iniziative in campo ambientale e dalle opere sociali sostenute con gli aiuti dell'E.d.C.
Dall'incontro di Amsterdam emergono non solo la possibilità di finanziamenti, ma anche quella di sviluppo in settori di interesse comune, quale per esempio la cooperazione per lo sviluppo di tecnologie energetiche; è questo un tema di grande interesse per la banca olandese, la quale ha bisogno in loco di partners affidabili. Il Bangko Kabayan è oggi la prima banca rurale filippina ad aver instaurato un rapporto di collaborazione con una grande banca europea.[299]
Par. 7.3. L' E.D.C. IN EUROPA
La Sprimoglass di Liegi: rapporti nuovi
E' una azienda familiare, che in una fabbrica situata presso Liegi (Belgio) in
cui operano settanta lavoratori, produce vetri isolanti. I soci sono i tre fratelli Pregardien, responsabili dei tre diversi settori dell'azienda, quello della produzione, quello dei rapporti con la clientela e quello della gestione finanziaria.
Nel '92 due dei tre fratelli decidono di aderire, condividendo gli utili, alla proposta di E.d.C., che trovavano liberatrice ed equilibrata a livello sociale. Nel '94 hanno versato un cospicuo utile.
Questo clima di unità e di armonia ha avuto un forte impatto su tutto l'andamento dell'azienda; è il loro modo di vivere che è cambiato e che ha portato come frutto migliore un rapporto economico più equilibrato tra datore di lavoro e lavoratori, una nuova relazione sia con gli operai che con il personale impiegatizio, più ascolto e interesse per ogni persona, si tratti della cordialità dei rapporti o della condivisione di grossi problemi familiari.
Pierre: '.sento di dover creare con ciascuno rapporti nuovi, interessandomi fino in fondo anche dei problemi familiari. Arrivando al lavoro il lunedì mattina, adesso mi è spontaneo chiedere come è andata la partita di ping-pong o la gara in motocross della domenica.
Quando nel giugno scorso, particolarmente caldo, il lavoro era diventato estenuante, anche se i pressanti impegni di produzione lo facesse sembrare assurdo, è stato naturale ordinare la fermata di tutte le macchine ed offrire a tutti il refrigerio di un gelato'
Philippe: 'Certo non è facile vivere l'E.d.C. Come fare a trovare l'equilibrio tra la legge della concorrenza ed il rispetto per l'altro? Anche qui l'E.d.C. ha portato una rivoluzione davvero liberatoria. Prima il pensare che operando nella stessa azienda con i miei operai io alla fine guadagnavo molto più di loro mi metteva a disagio. Ora questo disagio si è dissolto, nella consapevolezza che gli utili sono trasparenti, perché creati con un comportamento onesto sia verso lo Stato che verso i miei lavoratori, e soprattutto nella possibilità di condividere questi utili nell'E.d.C.'
La E.C.O.M. di Bruxelles: l'importanza della formazione
Gli Heyse e i Vanreusel decidono, all'annuncio dell'E.d.C., di fondare un'azienda, interamente basata su questi principi. Dopo mesi di preparazione, nel settembre '92 nasce la E.C.O.M., Engaged Consulting and Organization Management.
Lo scopo è di fornire servizi di consulenza nei settori della formazione ed amministrativi e finanziari, con l'intenzione futura di favorire la nascita, anche in altri paesi, di aziende orientate all'E.d.C.
Subito numerose sono state le aziende che hanno utilizzato i servizi della ECOM, il cui fatturato in crescita ha permesso di assumere una persona e aumentare il lavoro.
Uno degli scopi della ECOM è anche la diffusione delle idee dell'E.d.C., la formazione delle persone alla cultura del dare.
I soci dell'azienda sono convinti che questo porterà molti frutti anche in economia, sebbene a lungo termine e dopo grandi investimenti in tempo e forze.
In questo settore la ECOM è già in rapporto regolare con i dirigenti di circa 20 imprese, con le quali prosegue un dialogo su questa nuova visione anche dei rapporti economici, finalizzata alla cultura del dare, che offre la giusta motivazione all'impegno a produrre, nella correttezza, i profitti economici.
L'apporto della ECOM all'E.d.C. non si ferma al procurare lavoro e formazione, ma arriva alla condivisione degli utili e alla prestazione gratuita delle consulenze necessarie all'avvio di nuove aziende con lo spirito di E.d.C.
La Labomarques di Lisbona: la fiducia nel terzo socio
Carlos Marques: 'Sono marito e socio di Cristina. Ci siamo entrambi laureati in farmacia nell'82, e abbiamo avviato, dal nulla e con poche risorse, un laboratorio di analisi cliniche: la LABOMARQUES. Fin dall'inizio volevamo che la nostra azienda fosse diversa. Così il primo nostro dipendente è stata una persona senza esperienza, che era venuta per un'analisi e ci aveva chiesto se potevamo assumerla.
Essendoci indebitati per acquistare le attrezzature di laboratorio, noi stessi provvedevamo alle pulizie del laboratorio e della strumentazione: dare lavoro a qualcuno in quel momento sembrava assurdo, ma lo abbiamo fatto, e per questa strada la nostra a azienda è cresciuta.
Quando nel 1991 Chiara Lubich ha lanciato la proposta dell'E.d.C., il nostro laboratorio aveva già lasciato l'iniziale sede e contava dieci dipendenti: eravamo però ancora in salita, poiché ci eravamo nuovamente indebitati per rilevare la quota di una terza socia; abbiamo aderito ugualmente all'E.d.C. versando la nostra parte di utili, quelli che altrimenti avremmo destinato a saldare più velocemente i debiti.
Attualmente, con i cinquanta dipendenti, siamo uno dei primi laboratori del Portogallo, con un grado di qualità di primo livello ed una struttura aziendale competitiva.
Una delle nostre prime lavoratrici è stata una vedova con figli, di una famiglia benestante rovinata dalla tossicodipendenza del marito, , una persona che non avrebbe mai pensato di doversi mantenere con un lavoro. Afflitta da questa condizione, non era in grado di stare in contatto con il pubblico, e così per prima cosa abbiamo provveduto a curarla. Lei ha col tempo ritrovato se stessa, e oggi si è risposata ed è uno dei migliori elementi del nostro gruppo.
Negli anni successivi abbiamo accolto nella nostra azienda anche altre persone disagiate, a volte inserendole con successo, a volte fallendo. Una di queste, anch'essa arrivata senza esperienza, è oggi uno dei nostri migliori tecnici.
Alcuni dei nostri dipendenti condividono il nostro coinvolgimento nell'E.d.C. e la cultura del dare, altri non sono coinvolti. Anche se vedono il rapporto che esiste fra noi ed il nostro tipo di vita. Comunque la cosa che mi sembra più importante è che quanti frequentano il nostro laboratorio dicono che vi si trova qualcosa di diverso: noi pensiamo sia questa armonia, questo cercare di seguire Dio'.
Cristina: 'La vita delle aziende è fatta di momenti facili e difficili. All'inizio del 1998 un ente statale con cui il nostro laboratorio era convenzionato ci ha comunicato che entro due mesi avrebbe fatto a meno dei nostri servizi.
La perdita della convenzione con quell'ente avrebbe significato la perdita del trenta per cento del fatturato. Eravamo molto sorpresi, perché la esclusione non era giustificata. Pensando ai nostri cinquanta dipendenti ci siamo sentiti impotenti ed indifesi, perché un ente statale può disdire la convenzione senza obbligo di giustificare la scelta.
Frastornata dalla situazione, ed avendo anche un lavoro quale docente all'università, all'inizio avevo lasciato che Carlos andasse da solo a parlare al direttore di quell'ente, per cercare di capire ci avessero escluso. Il tempo però passava e la situazione non cambiava. Allora ho capito che avevo lasciato Carlos solo in questa difficoltà, mentre per esperienza so che la nostra azienda va avanti anche in base al rapporto tra noi; così gli ho chiesto scusa e ho cercato di fare la mia parte.
Facendo parte del Collegio di Specialità degli Analisti dell'Ordine dei Farmacisti, ho raccontato questa difficoltà ai miei colleghi: tutti mi dicevano che avevamo ragione, ma , avendo anch'essi rapporti con quell'ente, quando si trattava di scrivere un parere a nostro sostegno, si facevano da parte, pur assicurando la loro comprensione.
Non dovevo giudicare quelle persone: forse anch'io al loro posto non mi sarei impegnata al massimo. Dovevo agire in prima persona. Preparai allora una lettera a nome del Collegio, con le diverse opinioni in merito, e la presentai perché tutti la approvassero. Così riuscii a sciogliere il gelo che era attorno a noi. Malgrado questo, per altri due mesi restammo senza contratto, resistendo alla tentazione di ridurre il personale.
Prendevamo coscienza che toccava a noi aver fede nel portare avanti questo progetto. Questo è stato il momento di prova, di credere nell'intervento di Dio Padre, quel nostro terzo socio per cui abbiamo rischiato distribuendo i nostri utili: un vero socio, con cui è giusto che condividiamo oltre gli utili anche tutto quanto ci preoccupa.
Dopo qualche tempo, il direttore generale di quell'ente è stato sostituito, ed abbiamo ricevuto una lettera in cui ci veniva comunicato che la nostra richiesta di revisione della decisione era stata accettata e che quindi la convenzione riprendeva efficacia.[300]
'Pakaren Uno' S.p.A.: la potenza dell'unità
Cabaj-Capor nella Slovacchia Occidentale: un villaggio di appena 3.300 abitanti, uno dei tanti che faticosamente stanno rimodellando un nuovo corso che gli avvenimenti del 1989 hanno innescato.
Proprio al centro del paese, in un vecchio stabile appena ristrutturato campeggia un'insegna: 'PAKAREN UNO S.R.O.' (Panificio Uno S.p.A.). E' una delle prime insegne che nel villaggio indica la nuova fase della sua storia. Ed indica anche l'avvio di una azienda sorta per l'iniziativa di Beata e Ludovit Holecovi, in seguito all'invito ad attuare l'E.d.C., nel 1991.
'Riflettendo insieme ai nostri amici sul significato di questo nuovo modello economico, intuimmo subito che esso poteva dare una grande contributo non solo nel contesto latino-americano, ma anche in quello del nostro paese, appena uscito dal comunismo'.
Era il periodo in cui si dava inizio alla restituzione dei terreni di cui un tempo - prima del '48 - gli abitanti erano legittimi proprietari. Due generazioni si erano avvicendate da quando lo stato totalitario era passato sopra un'economia rurale allora fiorente, appiattendo quei mille mestieri di cui era intessuta la vita del piccolo centro. Ma come far fruttare tali terre?
Tornare coltivatori non sembrava semplice. Fu proprio la convinzione che, insieme, avrebbero potuto realizzare quanto da soli sarebbe stato utopico solo pensare, che li spinse a non venderle.
Quell'idea di mettere su aziende con il contributo di un capitale, frutto di una comunione di risorse sia economiche che di capacità lavorative, e di destinarne gli utili ad un'economia non a fini di solo profitto, iniziò a prendere forma.
Perché non costruire un panificio?
Il capitale, insperato, c'era: le terre rese loro dallo stato. Il lavoro, anche: in quella fase di ristrutturazione economica e sociale, gran parte del settore industriale legato all'economia pianificata era in crisi, e tanti di loro avevano perso il lavoro, ma erano disposti ad imparare un nuovo mestiere.
Tra gli abitanti c'era Jan, l'unico fornaio del villaggio, ora in pensione, che aveva dato la sua disponibilità ad insegnare il lavoro.
Così hanno iniziato a coltivare le terre e a produrre frumento, assolutamente 'ecologico', perché avrebbe giovato a tutti.
'Per poter chiedere un prestito alla banca, logicamente dovevamo essere registrati come società, ma ci occorreva una somma che certo non avevamo. Abbiamo parlato con i nostri amici di questo problema, e subito ciascuno ci ha offerto quanto poteva: a conti fatti, era stata raggiunta la somma necessaria.'
E non era che l'inizio: 'Nel villaggio mancava l'acquedotto comunale, ed era necessario trovare per il panificio un locale nei pressi di un pozzo che non contenesse azoto. Una volta trovato, abbiamo constatato, all'analisi, che conteneva un'eccessiva presenza di ferro, e la sua eliminazione sembrava impossibile. Ed ecco come la provvidenza ci è venuta incontro: un ricercatore nostro conoscente si è offerto di fare un esperimento con un filtro adattato da lui. Ora l'acqua del pozzo è perfettamente depurata.'
Tutti gli amici della comunità hanno contribuito alla realizzazione del progetto: 'Chi ha dato il proprio tempo libero per la ristrutturazione del panificio, chi ha rifatto il tetto per un prezzo simbolico, chi ha fatto un prestito senza interessi.'.
Dopo aver imparato ad usare macchine utensili, sotto la guida di Jan, il panificio è stato attivato.
Da quel momento le occasioni per parlare del progetto di E.d.C. non mancano e nel villaggio e dintorni si parla di quella panetteria e di quel modo di lavorare insieme nella libertà.[301]
Par. 7.4. L' EDC IN ITALIA
Zona di Milano: la rubinetteria Webert S.r.l.
Nella zona di Milano operano 59 imprese aderenti al progetti di E.d.C.
La richiesta di adesione al progetto da parte delle aziende viene sottoposta al vaglio di una commissione costituita appositamente dall'Associazione per una 'economia di comunione'. La commissione è composta da tredici membri di cui due commercialisti, un esperto finanziario, alcuni imprenditori, uno studente.Tale commissione ha il compito di verificare la validità e la fattibilità economico-finanziaria dei nuovi progetti imprenditoriali e di valutare le motivazioni degli imprenditori con gli scopi del progetto di E.d.C.
Storia
Carlo Zanetta, di Novara, è uno di quegli artigiani che si sono fatti da sé, cominciando nel 1975 a vendere prodotti per rubinetteria, poi ad assemblarli ed infine a progettarli e a produrli in proprio. Oggi, affiancato dai figli Fabrizio ed Emanuele, è sempre alla guida della WEBERT, un'azienda con settantacinque dipendenti ed un fatturato annuo di ventisei miliardi di lire. La Webert è presente sul mercato italiano e, all'estero, in Germania, Francia, Grecia e alcuni paesi dell'Europa dell'Est.
Parlare con gli Zanetta della Webert significa ricordare il duro lavoro iniziale, le difficoltà economiche, ma anche il rapido sviluppo avuto dall'azienda. Su un punto concordano: nelle varie fasi è stato costante riferirsi a dei valori etici. Essere cristiani non è stato indifferente per le scelte fatte anche nel campo professionale. Racconta Emanuele: 'Da ragazzo osservavo l'attività che mio padre stava avviando pian piano e notavo la presenza di quegli stessi valori che vivevamo anche in famiglia: era bello constatare il clima sereno fra lui e i primi dipendenti, il rapporto di onestà e di rispetto con i clienti. Questo stile è rimasto. La successiva adesione al progetto di E.d.C. ci ha aiutato a non perdere di vista questi valori, ai quali forse era più facile restare fedeli nella fase artigianale, e che venivano invece messi continuamente in discussione da un mercato sempre più agguerrito ed esigente'.
Rapporti interni
'Un punto di forza dell'azienda - racconta Emanuele, entrato in azienda nel 1993 - è il personale che è stato selezionato dando priorità ai giovani con capacità: è il nostro potenziale. L'età media è di circa 28-30 anni. E' un punto di forza perché i dipendenti hanno capito che l'azienda punta su di loro. Gli abbiamo dato tecnologie innovative. Loro, essendo giovani e freschi di studio, hanno capito e hanno voglia di portare avanti il discorso.
Tutta la dirigenza si occupa della selezione del personale.
Il rapporto tra imprenditori e dipendenti è buono, va al di là del solito rapporto di lavoro. Ci si conosce abbastanza bene, si esce insieme, alle volte, con qualcuno di loro.
La retribuzione dei dipendenti in diversi casi è maggiore e, mal che vada, uguale rispetto alla media del settore. Siamo sempre stati attenti all'impegno che i dipendenti mettono nel lavoro. Abbiamo delle persona che, pur valendo un po' meno rispetto ai colleghi, hanno una retribuzione più alta perché, nonostante qualche difficoltà nel rapportarsi con il lavoro, dimostrano di avere una volontà per far bene veramente incredibile. E allora questi li abbiamo premiati magari alzandoli di livello oppure dando un premio in più. Poi ci sono quelli che sono più dotati e danno buoni risultati: ne prendiamo atto e li premiamo.
Tendiamo a dare responsabilità, facciamo fatica a trovare persone che vogliono prendere responsabilità, in genere sono sempre restii. Abbiamo programmato delle riunioni apposite con i dipendenti perché puntiamo tantissimo sulla forza-lavoro. Vorremmo creare un rapporto di collaborazione. Vorremmo stimolarli il più possibile, far crescere in loro l'interesse per il lavoro, per la produzione, per i problemi che possono esserci riguardo al prodotto, all'ambiente, ai rapporti tra di loro. Vorremmo sviluppare l'azienda con loro, però non è facile, anche perché non possiamo invadere la loro sfera personale e imporre dei valori. Vorremmo far sentire l'organizzazione del lavoro come un qualcosa che nasce da loro e non come una realtà calata dall'alto.
Tempo fa stavamo progettando l'ampliamento dello stabilimento e abbiamo pensato di chiedere agli operai dei consigli sul colore dei serramenti e delle pareti, proprio tenendo conto che erano loro ad occupare i nuovi ambienti. Abbiamo accolto i loro suggerimenti e c'è stata grande soddisfazione; tutti erano molto contenti del capannone realizzato, seimila metri quadri accoglienti e funzionali, con un reparto tecnologicamente all'avanguardia, sicuro per l'uomo e per l'ambiente.
In questo contesto si inserisce anche l'attenzione alle donne in maternità o con bambini piccoli, alle quali viene assicurata la possibilità del part-time e tutte le facilitazioni realizzabili per lo svolgimento del loro lavoro. Intorno all'azienda c'è un'area verde ed è lì che, prima o poi, faremo un parco giochi, dove le mamme potranno lasciare i propri bambini.'
Rapporti esterni
'Nei rapporti con i fornitori in sede contrattuale cerchiamo di ottenere le migliori condizioni, però poi, da quel momento, dobbiamo essere precisi come un orologio nei pagamenti, nell'adempimento del contratto. Questa è una carta a nostro favore perché siamo conosciuti come azienda molto seria.
Qualità, servizio e puntualità sono i pilastri fondamentali del rapporto con i clienti. Fanno certamente parte del bagaglio di ogni buon imprenditore, ma la differenza sostanziale è che cerchiamo di operare così per il bene della persona o dell'azienda che si rivolge a noi, perché pensiamo a chi utilizzerà il nostro prodotto, prima che al nostro guadagno.
L'azienda sta investendo molto in macchinari che prestano molta attenzione all'ecologia, alla sicurezza per gli operatori.'
Destinazione degli utili
'Abbiamo completamente reinvestito l'utile in azienda ormai da tre anni. Siamo in un momento di crescita. Attualmente non sono previste forme di partecipazione agli utili da parte dei dipendenti. Potrebbe essere una cosa interessante. E' impossibile che un operaio senza uno stimolo anche monetario dia tutte le sue capacità. Sono sicuro che 70 persone partecipi in azienda mi aiuterebbero a fare anche un 10% in più di lavoro. Nelle nostre dimensioni è molto chiara la visuale. L'imprenditore lavora giorno e notte, per cui mette a frutto una potenzialità enorme. Ma tutte le altre persone non hanno questo potenziale? Certo che l'hanno. Immaginiamo se i dipendenti facessero un 10-15% di lavoro in più a favore dell'azienda: si innalzerebbe tutto il ciclo produttivo, il modo di operare, di interagire, si innalzerebbe tantissimo la qualità del lavoro. Siamo tutti uomini con diverse capacità, però oggi c'è un salto abissale tra l'imprenditore o il dirigente e l'operaio. Io non dico di portarlo al pareggio perché questo non avverrà mai: l'operaio sarà sempre operaio, il dirigente sarà sempre dirigente. Però penso che anche l'operaio possa sicuramente innalzare il suo livello. Certo l'imprenditore deve mettere a disposizione i mezzi, le strutture, lo schema operativo agli altri per lasciarli esprimere'.
La Webert è aperta da un lato ad un futuro utilizzo degli utili al di fuori dell'azienda ai fini dell'E.d.C., dall'altro di offrire a chi lavora la possibilità di dare un significato al proprio operare.
Valori di fondo
Per gli Zanetta, l'adesione al progetto di E.d.C. è stata molto importante anche per la possibilità di confrontarsi con altri imprenditori aderenti al progetto, e ricercare insieme soluzioni ai problemi quotidiani che le aziende devono affrontare, avendo presente una visione che sottolinea il servizio all'uomo all'interno dell'impresa e nell'ambiente sociale. Il confronto continua anche oggi, ed anzi si fa più serrato, perché non mancano le difficoltà per essere coerenti, fiscalmente corretti, rispettosi e trasparenti con i concorrenti.
Emanuele, come molti altri imprenditori aderenti all'E.d.C., riconosce l'intervento della Provvidenza nei fatti aziendali. Alla domanda se il suo comportamento in azienda sarebbe diverso se non credesse alla Provvidenza, così risponde: 'Sarei più egoista, perché per capire la Provvidenza devi essere 'distaccato' dalle cose materiali, dalle cose che hai sotto le mani ma che non sono tue. Quando succedono certi eventi, essendo 'distaccato', non reputi ciò alla tua bravura o alla fortuna. Allora dici: cerco di operare al meglio di me stesso e a un certo momento è successa questa cosa, ma non è per mia bravura. Allora posso dire: è la Provvidenza che interviene in questo progetto. Sarei egoista se non lo attribuissi a Dio, perché lo attribuirei a me stesso'.
'Il successo per me è il riconoscimento di qualcosa che è andato per il verso giusto. Consiste nel guadagnare nuovi clienti, migliorare la produzione, migliorare il rapporto all'interno dell'azienda. Credo tantissimo nel miglioramento. Secondo me l'Economia di Comunione aiuta a migliorare i rapporti. E' una sfida bellissima.
Lo sviluppo è il mio pane quotidiano. Immagino una realtà che cresce, che si migliora, che può fare nuovi prodotti, migliorarli. Se togliessi lo sviluppo, toglierei una parte di me.'
Il successo della Webert va ricercato sicuramente in questa sapiente miscela di capacità di lavoro, di lungimiranza, di concretezza e di apertura agli altri.
Liguria: la cooperativa 'Roberto Tassano'
Storia
Giacomo Linaro e Piero Cattani sono due tecnici che conducevano a Sestri Levante una loro piccola ma fiorente impresa artigianale nel settore della manutenzione degli elettrodomestici. Entrambi abituati a lavorare duro, non hanno mai concepito di accumulare gli utili che la loro attività otteneva ed erano soliti utilizzare i margini di guadagno dell'impresa esuberanti le necessità familiari per aiutare le persone in difficoltà, con cui venivano in contatto: il disoccupato, la ragazza madre, il profugo, l'extracomunitario. Soprattutto offrendo loro un lavoro.
Ad un certo punto però questo non è più bastato e la loro attività si è trasformata nella Cooperativa 'R.TASSANO', dal nome del più giovane dei suoi ideatori, un ragazzo infermiere scomparso prematuramente.
La cooperativa nasceva quale organismo produttivo che 'facesse qualcosa per gli altri', qualcosa di più della semplice condivisione del superfluo: un'attività economica capace, oltre che a produrre utili, anche di contribuire a risolvere i problemi sociali.
La cooperativa diventava realtà operante nel 1989, approvata dal Tribunale contro ogni speranza degli esperti, perché i ventisei soci, di cui diciannove finanziatori, avevano voluto uno statuto aperto ad ogni attività, in Italia e all'estero, non volendo mettere limiti all'azione della Provvidenza.
Un nuovo organismo che era tutto una scommessa, perché ad esempio Giacomo e Piero erano abituati a decidere da soli. Adesso per questa attività decideva il nuovo consiglio di amministrazione, cinque dei sette membri del quale affrontavano per la prima volta i problemi di gestione di un'azienda.
Inoltre la nuova struttura veniva ad avere costi superiori, ma le entrate continuavano a rimanere i precedenti 300 milioni di fatturato: il milione versato da ciascuno dei soci sovventori copriva infatti appena il normale scoperto di cassa dell'azienda.
Eppure ecco subito opportunità di lavoro: all'inizio l'appalto per la gestione estiva dei posti macchina della città, che dava lavoro per tre mesi a sessanta giovani.
Subito dopo il primo appalto stabile, un servizio di trasporto di pasti caldi per aziende ed ospedali, lavoro fisso per cinque persone.
Quindi disbrigo delle pratiche dei condoni edilizi per quei piccoli comuni sprovvisti di personale esperto: lavoro per dieci giovani per oltre un anno.
In quel periodo Chiara Lubich lanciava l'E.d.C. nella libertà ed i soci della Tassano chiedevano immediatamente che la loro cooperativa fosse considerata un'azienda collegata con E.d.C.
Questa decisione non era solo formale, perché presupponeva non solo di condividere gli utili, ma ancor prima di ordinare le attività e la parte amministrativa in modo da garantire la piena corrispondenza alle disposizioni contributive e fiscali, non sempre di facile attuazione per aziende nel periodo di avvio, soprattutto se nate senza capitali consistenti.
A tal fine Giacomo, diventato presidente della Tassano, chiedeva l'aiuto degli esperti di E.d.C. disponibili localmente e proprio dall'unità con loro trovava le strade e le persone capaci di far fare alla struttura amministrativa e commerciale un salto di qualità.
La casa Arcobaleno
Nel frattempo la Tassano, rimettendoci parte delle risorse create con le altre attività, cooperava con 'Il Ponte', una iniziativa della Caritas diocesana nata per inserire al lavoro, con piccoli stipendi, persone con vari handicap fisici e mentali. Il vescovo di Chiavari, avendo notato la particolare capacità dei membri della cooperativa di armonizzare le attività dei diversi gruppi ecclesiali, decideva di affidarle la gestione di una moderna casa di riposo, appena costruita grazie ad un lascito privato.
Il farsi carico di una intera struttura per anziani, anche non autosufficienti, è stato un salto di qualità molto impegnativo. Di grande aiuto l'esperienza di amici che operavano nella zona come albergatori e quella di due soci medici che ne organizzavano l'assistenza medica, infermieristica e riabilitativa.
Primo direttore è stato Diego Ferri, che per ricoprire l'incarico lasciava, d'accordo con la moglie, un posto di lavoro in una grande azienda: 'Lo ho fatto soprattutto perché avevo sperimentato in prima persona, quando ero stato disoccupato, la solidarietà della aziendina di Giacomo e Piero'.
La casa di riposo 'Arcobaleno' funziona a pieno ritmo, i posti disponibili sono quasi sempre occupati, non solo per la bellezza del posto ma soprattutto per la qualità del servizio. 'Abbiamo deciso sin dal primo giorno di mettere al primo posto l'ospite anziano - dice Diego - e per questo richiediamo la collaborazione dei suoi parenti, che ne conoscono le esigenze. Ci siamo proposti di trattare tutti gli anziani come se fossero nostri noni.'.
E naturalmente la voce corre: '.appena un posto è libero viene subito occupato, anche grazie ad un ordine di religiose che senza che lo chiediamo, continuano a farci propaganda'.
La voce corre anche tra gli operatori del settore, i quali sono stupiti del successo della casa Arcobaleno, ed iniziano le proposte alla Tassano di gestire in tutto o in parte altre case di riposo: nuovi posti di lavoro.
Servizi sociali di qualità: 'Il Ponte'
Mariangela Milanta era entrata nella cooperativa per creare posti di lavoro per i disagiati e per far nascere servizi sociali di qualità, che fossero di vero vantaggio per la gente. Da anni opera in una ONG di cui le strutture pubbliche si valgono per risolvere i casi di disagio più difficili e viene così in contatto ogni giorno con persone per cui spesso non è facile trovare un inserimento lavorativo.
Quando nel 1991 in Italia viene approvata la legge 381 che agevola le cooperative sociali, Mariangela propone che la Tassano aiuti a nascere sia una cooperativa capace di fornire servizi sociali di qualità, che una cooperativa sociale orientata all'inserimento nel lavoro delle categorie per le quali a legge prevede l'esenzione dai contributi previdenziali.
L'iniziativa 'Il Ponte', presa in carico e rivitalizzata dalla Tassano, viene attrezzata per fornire servizi sociali. Nel 1995 operavano sessanta tra infermieri ed operatori specializzati.
Il Ponte ha anche istituito, con sistemi più moderni, un servizio di Telesoccorso, che assicura l'assistenza domiciliare in qualsiasi momento del giorno e della notte.
Lavoro per i disagiati: 'Il Pellicano'
Nasce poi 'Il Pellicano', cooperativa sociale dedicata all'inserimento lavorativo di handicappati mentali, ex tossicodipendenti, ex carcerati, per i quali il vantaggio maggiore sta proprio nel lavorare fianco a fianco con i soci della cooperativa.
Come quel giovane depresso assegnato a Piero come aiutante nella riparazione delle lavatrici: un ragazzo molto chiuso, che però si sente a suo agio ed arriva a confessare a Piero, mentre vanno in macchina nel traffico tra una riparazione e l'altra, che è contento del lavoro per le mance che riceve, ma che lo è molto di più per essere riuscito a confidarsi con lui, come non gli era mai riuscito in famiglia.
La Provvidenza non fa mancare il lavoro per 'Il Pellicano', a cui la Regione Liguria dimostra grande fiducia approvandone, fatto molto raro, tutti i progetti.
Tramite questi programmi mirati agli ultimi si riesce a far collaborare senza difficoltà, su situazioni concrete le varie istituzioni, ed anche amministrazioni di comuni guidate da rappresentanti di partiti normalmente contrapposti.
Nel 1995, il Pellicano contava quarantaquattro lavoratori, tra cui persone in libertà vigilata e tossicodipendenti. Una realtà molto complessa, che deve porre anche in bilancio possibili ricadute: in tal caso i patti sono chiari, è previsto l'immediato licenziamento. Situazioni difficili da gestire, che coinvolgono anche le strutture pubbliche di avviamento e di sorveglianza e quelle di volontariato. Un intreccio molto complesso, che richiede una grande collaborazione e soprattutto una grande, autentica fiducia reciproca.
Il Pellicano è gestito da Pierangelo Tassano, aiutato anche da volontari: 'un lavoro che mi dà tanta gioia', lui dice, raccontando che al Pellicano si eseguono lavori manuali molto semplici, come il montaggio dei cavetti alzavetri per la vettura Punto della Fiat, il montaggio di maschere Mares per la pesca subacquea, quello di centinaia di migliaia di giunti di plastica per condutture idriche, e quello di fanali per automobili. Inoltre si è vinto l'appalto per la pulizia delle strade di una città di media dimensione e la manutenzione dei giardini di una cittadina.
Posti di lavoro e fatturato
Dall'89 ad oggi fatturato e posti di lavoro sono cresciuti insiemi: nel 1989 i dipendenti erano quattro e il fatturato 300 milioni di lire; nel '90, venti dipendenti e 700 milioni, nel '91 il fatturato era salito a un miliardo.
Nel '92, con l'entrata in esercizio della casa Arcobaleno, i dipendenti sono diventati quaranta ed il fatturato 1.600 milioni. Nel 1993, con l'avvio de 'Il Ponte', si è giunti a settanta dipendenti ed a tre miliardi di fatturato. Nel 1994, con la nascita de 'Il Pellicano', si è arrivati a centotrenta persone e quattro miliardi di fatturato.
Oggi, la Tassano dà lavoro a trecentotrenta persone ed ha un fatturato di 20 miliardi.
La destinazione degli utili
'In una struttura come la nostra - dice Giacomo Linaro - è evidente che molti degli utili arrivano direttamente agli ultimi tramite la creazione di posti di lavoro.'
Nel '93 e '94, la Tassano, malgrado la necessità interna di capitali per lo sviluppo, ha investito 10.000 dollari, in azioni della società ESPRI (che gestisce il polo industriale di Araceli), mentre nel'95 ha destinato un contributo per gli indigenti del Movimento.
Valori di fondo
Il Consorzio 'R.Tassano' è stato scelto dall'Assessore Regionale Ligure all'Industria ed alle Politiche del Lavoro quale esperienza simbolo per il Congresso Regionale, intitolato 'Le imprese cooperative e la competitività per la creazione di posti di lavoro'.
'Le iniziative del Consorzio - diceva G.Linaro - sono gestite in continua collaborazione con le strutture pubbliche, i sindacati, le autorità politiche ed amministrative: tutti vedono nella nostra esperienza una risposta positiva da tempo attesa sul territorio alle problematiche sia sociali che lavorative.'
Ma come è stato possibile costruire una simile realtà?
Il Presidente della Tassano così spiega quello che tutti chiamano il 'miracolo economico': ' Noi crediamo che chi costituisce un'impresa sociale lo fa solo se ha dentro una forte motivazione. Per noi la spinta è stata quella che ci piace chiamare la cultura del dare.
Lavorare in una realtà sociale non è sempre facile, occorre non farsi prendere dall'ansia o dalla routine: occorrono, come noi spesso diciamo, 'uomini nuovi' sempre nell'atteggiamento del dare, che sappiano vedere e far risaltare il positivo che c'è nell'altro o nelle diverse situazioni che sappiano superare le inevitabili tensioni che si incontrano, e poi ricominciare.
Tanti ci hanno visitato, docenti e studenti in economia, psicologia, teologia, e gente comune, e tutti ci hanno chiesto: Chi vi ha aiutato a fare tutto questo? E noi rispondiamo che tutto è poggiato su due elementi: la forte intesa ed unità nel gruppo dirigente e gli innumerevoli interventi della Provvidenza, che qualcuno di noi ha definito 'il socio nascosto'.
Ma la nostra esperienza non sarebbe completa se non parlassimo di un altro impegno sociale che non si limita alla piccola Liguria, ma raggiunge tutto il mondo, il progetto di Economia di Comunione. Ciò ci permette di entrare in una misura di condivisione più vasta, planetarie, che ci fa sentire vicino a chi ha meno del nostro poco, allargando i nostri orizzonti ai confini della terra. Ad ogni bilancio, i soci decidono di destinare una quota a favore delle persone più povere: finalità che adesso sono state inserite anche nello statuto delle cooperative e sono state approvate dal Tribunale di Chiavari'.
A fondamento di tutto il lavoro c'è l'amore: questa è la chiave del successo della Tassano.
'Un giorno mi trovavo nell'ufficio degli elettrodomestici. E' entrata una signora a chiedere un pezzo di ricambio. I tecnici, non trovandolo, le rispondevano che non c'era, ma io ricordavo che invece quel pezzo c'era: ma chissà dov'era finito!
Avevo fretta, ma per volerle bene, mi sono dato da fare e il pezzo è saltato fuori. La signora era molto contenta; abbiamo iniziato a parlare e mi ha detto che è una scrittrice americana in vacanza a Sestri Levante.
Mentre la accompagnavo alla stazione, le ho parlato della Cooperative e le ho regalato una copia del giornale 'La Gazzetta del Lunedì' uscito giorni prima con un articolo che parlava di noi.
Alcuni giorni dopo mi telefonava per dirmi che vuol far conoscere la nostra esperienza alla comunità italo americana di Miami, dove vive, e proporre loro di sostenere con un finanziamento la Cooperativa.
Al di là dei possibili sviluppi, a me è sembrato di tornare ai primi tempi del nostro lavoro, quando ogni contatto era un'occasione per fare questo tipo di esperienze: più cresceva a spinta ad amare tutti, più si costruivano rapporti veri e profondi, più arrivava la Provvidenza, segno che eravamo sulla strada giusta.
Anche adesso deve essere così e molto di più, perché ora siamo in tanti. Spesso mi domando: ma cos'è che mette in moto questa Provvidenza che ci arriva e che ci permette di andare avanti? Non è certo il caso, o il 'mercato' e neppure una nostra singolare capacità manageriale: è solo l'amore.
L'amore che cerchiamo di mettere nel lavoro, nell'accoglienza delle persone più deboli, nell'apertura al dialogo con tutti, nel rapporto tra di noi. Tutto questo fa muovere Qualcuno che segue passo passo la nostra storia.
E' quindi solo l'amore che ci fa crescere in umanità, che sostiene il nostro servizio per gli altri, un servizio che oggi è diventato un'impresa, ma che non perderà mai di vista l'uomo, i suoi bisogni e la sua realtà.
Emilia Romagna: la Color Delta
La COLOR DELTA S.r.l. di Rimini è una azienda di fotolaboratorio per fotografie a colori che comprende una vasta gamma di prodotti che vanno dalla piccola stampa alla gigantografia e produzione industriale.
E' stata costituita sotto un'altra denominazione nel 1965, per iniziativa di un ingegnere belga, per assumere quella attuale 10 anni dopo: nel 1971 Paolo Maroncelli entra in azienda come semplice dipendente, poi successivamente la sua conoscenza come perito elettronico e l'esperienza nella stampa di fotografie, gli consentono di fare una veloce carriera professionale.
In questi anni stringe una forte amicizia con il responsabile tecnico, il sig. Franco, con il quale all'inizio degli anni '80, dopo essere divenuto membro del consiglio aziendale, è stato chiamato ad entrare in società al 25%.
In quegli anni la Color Delta conta 40 dipendenti con un fatturato annuo di circa 2.500 milioni di lire e proprio in quel periodo comincia a manifestarsi una certa crisi finanziaria ed economica.
Inizia a questo punto la formulazione di un piano di risanamento aziendale che viene approvato dalle banche e dal principale fornitore. Dopo poco tempo, nel 1985, i colleghi Franco e Paolo rimangono gli unici soci al 50%.
Il processo di risanamento prosegue con successo grazie ad investimenti in tecnologie nuove, a riorganizzazioni interne mediante l'ausilio di consulenti esterni e grazie anche alla collaborazione di tutti i dipendenti che, resi partecipi, assicurano il loro massimo impegno.
Alla fine degli anni '80 il progetto di risanamento è terminato e l'azienda è già in una fase di decollo con una struttura bene organizzata con dei responsabili di funzione e con una conduzione aziendale che è basata sul rapporto con tutti i dipendenti.
In questo periodo il fatturato sale a circa 7 miliardi.
Come strategia di mercato viene promosso un processo di aggregazione con altre imprese del settore e nel 1992 nasce 'Fincolor', una finanziaria che consente di portare avanti questo progetto. A questo punto accanto ai due soci entra in società un terzo e si espande il fatturato a 15 miliardi.
Due anni dopo a Terni viene progettato un nuovo laboratorio per raggiungere il mercato del sud chiamato 'Delta Due'.
Nel '94 purtroppo muore il sig. Franco e i suoi eredi nominano Paolo Maroncelli come amministratore delegato anche per la loro quota.
D'accordo anche con l'altro socio, Maroncelli assume il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione dell'intero gruppo, mentre responsabile dell'unità produttiva di Modena rimane l'altro socio.
Oggi il gruppo fattura circa 25 miliardi l'anno, conta 220 dipendenti e un capitale sociale complessivo di 5 miliardi.
Il centro operativo della 'Fincolor' risiede nello stabilimento di Rimini che rappresenta la casa madre e dove si riunisce un comitato di direzione composto da quattro persone rappresentati le principali funzioni a livello di gruppo. Tale comitato si incontra settimanalmente e in questa sede ognuno presenta le sue proposte e insieme agli altri formula le direttive da seguire che vengono poi presentate ai responsabili dei settori per avere il loro consenso; a loro volta questi ultimi organizzano riunioni di settore per informare tutti i lavoratori delle iniziative che si intende intraprendere.
Questo spirito di collaborazione, di coinvolgimento e di dialogo reciproco è un elemento costante che caratterizza la conduzione aziendale già dal 1985,
Già da diverso tempo Paolo aveva aderito al Movimento dei Focolari e questo lo aveva portato a rinnovare non solo la vita interiore, ma anche quella concreta fatta di rapporti sociali, compresi quelli di lavoro.
Nel 1994 egli indice un'assemblea con la presenza di tutti i collaboratori e i dipendenti per parlare del programma futuro per la gestione aziendale nello spirito di Economia di Comunione.
In tale occasione egli ha presentato il progetto puntando soprattutto sull'idea di azienda come bene sociale, produttrice e distributrice di beni, ma soprattutto fatta di rapporti umana e per questo aperta ai bisogni delle persone più disagiate iniziando da quelle all'interno dell'azienda.
'In quest'ottica - spiega Maroncelli - tutti sono parte integrante dell'azienda, titolari, dipendenti e collaboratori, e come tali tutti devono essere responsabili della sua tutela e della sua crescita. L'azienda quindi ha a che fare con tutti quelli che ci lavorano e con l'ambiente esterno che la circonda: non è qualcosa di mio, che mi deve arricchire'.
Tutto ciò ha avuto conseguenze pratiche all'interno della realtà aziendale, come la concessione di prestiti, l'attenzione ai malati più gravi con il mantenimento del posto di lavoro al di là dei vincoli contrattuali, lo scambio di esperienze sul posto di lavoro, la rotazione delle mansioni per favorire chi aveva maggiori difficoltà.
La socialità dell'azienda però ha anche un riflesso esterno. Durante una 'cena sociale', ossia la cena di fine anno dove ci si ritrova tutti assieme per ringraziare ognuno del contributo portato all'azienda, il comitato aveva organizzato un gioco che aveva come scopo anche quello di raccogliere dei fondi con il progetto di fare adozioni a distanza. Tutti hanno voluto aderire e tutti assieme hanno costituito una società per riconoscersi in questo progetto sociale. Con questa iniziativa si è potuto effettuare adozioni per sei bambini del Brasile.
Questo spirito ha reso possibile anche un processo di rinnovamento dell'organizzazione aziendale che ha riguardato diversi aspetti: innanzitutto si è andati verso una definizione sempre più chiara dei ruoli e responsabilità di ogni lavoratore e verso la promozione di un processo di maggiore collaborazione fra i settori, ad esempio fra quello produttivo e commerciale, ottenendo una più alta qualità ed efficienza; sono state introdotte norme di comportamento che hanno favorito l'armonia fra le persone con il risultato di far sentire ognuno a suo agio nel proprio posto di lavoro.
Quello che si va attuando all'interno del gruppo è una logica del 'gioco di squadra' che incentiva la crescita dei rapporti con gli altri e promuove il coinvolgimento reciproco: ognuno è portato a guardare ai bisogni dell'altro, ad essere attivo, a formulare proposte e a sostenersi l'un con l'altro. Tutto questo vede il contributo di una figura professionale di consulenza che da circa 2 anni ha messo in piedi un meccanismo di incontri periodici, di dialogo e di formazione costante.
Questo processo di formazione interno è rivolto in primo luogo all'assistenza al cliente, alla collaborazione di gruppo e alla qualità della vita aziendale.
L'attenzione e l'assistenza al cliente rappresenta il motivo principale e il fine ultimo di tutta l'attività: quello che si cerca di comunicare ai lavoratori è un modo diverso di vedere il cliente, innanzitutto come persona che affida all'azienda un lavoro e che va trattato alla stessa maniera di come loro vorrebbero essere trattati.
'Ognuno nell'azienda - spiega Maroncelli - ha una responsabilità ben precisa di essere un uomo di qualità al fine di garantire un processo di miglioramento continuo; questo comportamento non è mosso da un interesse egoistico, ma dalla volontà di fare bene. Tutto questo non significa che l'azienda non sia proiettata all'utile, al contrario, ma è un utile che scaturisce dal lavorare 'bene' per il cliente e questo significa anche soddisfare le esigenze aziendali come la riduzione degli scarti e la massima qualità ed efficienza.'
In tale ottica si inseriscono gli interventi rivolti alla tutela dell'ambiente, come l'investimento in nuovi depuratori e il rinnovamento dell'impiantistica.
Anche sul fronte dei rapporti esterni si è cercato di muoversi con uno stile nuovo: con i concorrenti, ad esempio, si sono instaurate nuove relazioni basate sul dialogo e sulla collaborazione, mettendo da parte i rispettivi 'segreti aziendali' e lo spirito di voler prevalere gli uni sugli altri.
Questa iniziativa di discutere insieme dei problemi, di scambiarsi idee e di condividere modelli di conduzione aziendale ha avuto un interesse a livello nazionale; per questo è stata costituita una banca dati e il 'Laboclub', dove ogni azienda porta la sua esperienza e si arricchisce di quella altrui.
'Si scopre dalla propria esperienza personale che muoversi in maniera individuale non comporta sempre un maggiore arricchimento, ma al contrario si sperimenta sempre più come una collaborazione e uno scambio comporti una maggiore ricchezza per ognuno.'
'Il modello del gioco di squadra che si pratica all'interno dell'azienda produce efficienza poiché stimola ognuno a interessarsi dell'altro, a collaborare, ad essere propositivo e ad incoraggiarsi a vicenda'.
Riguardo l'aspetto della condivisione degli utili (tolti i compensi amministrativi), ciascun socio è libero di gestirli. Nello specifico, Paolo Maroncelli ha deciso di condividerli secondo lo schema originario.
'L'esperienza di E.d.C. non è un fare l'elemosina, ma è una questione di vita. Per me prima di tutto è cercare di essere uomo, coi suoi valori che cerca di portare avanti, poi sono anche imprenditore, direttore generale o semplice consigliere, ma di sicuro uomo in mezzo agli altri uomini, in stretto rapporto con loro, ed è con questo spirito che mi muovo in azienda'.
Per Maroncelli, l'aspetto della condivisione degli utili a fine anno è un aspetto importante, ma deve essere la conseguenza finale di un nuovo modo di vivere in azienda, che prima di tutto deve fondarsi sulla consapevolezza che ognuno al suo interno, prima di essere operaio, impiegato, dirigente, ecc. è essenzialmente un uomo. Occorre, quindi, per prima cosa valorizzare il capitale umano che rappresenta il vero patrimonio aziendale.
Sicilia: l'azienda agrituristica Misiliscemi
La realtà di E.d.C. in Sicilia, così come nel resto del sud, è ancora agli inizi.
Quasi tutte le aziende aderenti al progetto nel sud non hanno ancora potuto condividere gli utili, ma hanno comunque agito nel senso di E.d.C.: rivalutando risorse (ettari di terra in stato di abbandono, rimanenze di antichi feudi, che sono stati riacquistati alla produttività), creando posti di lavoro, stimolando l'imprenditoria giovanile in alternativa all'attesa del tradizionale posto pubblico. Inoltre, proprio nello spirito di E.d.C., si sono impegnate e tendono ad essere qualificate nelle prestazioni e competitive sul mercato.
Attualmente, in Sicilia, le imprese di E.d.C. sono così distribuite: 11 studi professionali, 2 aziende agricole, 1 impresa di costruzioni in alluminio anodizzato, 1 oreficeria, 1 atelier di moda, 1 panificio, 1 negozio di elettrodomestici, 2 agenzie di assicurazione e 1 agriturismo.
A otto chilometri da Trapani, su una collinetta a pochi chilometri dal mare vi è una casa colonica circondata dal verde, con qualche giostra per i bambini e la possibilità di verificare la qualità di carni e verdure che dopo un po' potrai mangiare: è l'azienda agrituristica MISILISCEMI.
Ma c'è di più: la cordialità della gente e, contrariamente a quello che si legge, la volontà di darsi da fare, di creare lavoro per sé e per gli altri.
Secondo questa linea, Giuseppe e Baldo iniziano a ristrutturare l'azienda agricola familiare di Giuseppe, orientandola all'agriturismo.
Entrambi avevano già un lavoro, Giuseppe a Trapani, mentre Baldo era ben inserito a Milano. Decidono di rischiare e di avviare nella loro terra un'attività che sia espressione anche di una cultura nuova, andando controcorrente rispetto a quella del 'posto fisso'.
Fin dall'inizio le difficoltà non sono mancate, sia sotto il profilo finanziario che legislativo e fiscale.
Il loro progetto, però, è piaciuto a diversi amici, adulti e giovani, che li hanno aiutati con prestiti iniziali, con la fornitura di attrezzature a basso costo o anche semplicemente lavorando con loro nella sistemazione dei locali. La motivazione per tutti non era legata solo ad un possibile ritorno economico futuro; si trattava invece di costruire insieme un'azienda da inserire nel progetto di E.d.C.
Dopo mesi di peregrinazioni per gli uffici, hanno ottenuto la licenza e hanno potuto fissare l'inaugurazione per il 10 luglio 1997.
L'invito viene mandato a duecento persone, ma la voce gira e quel giorno si sono ritrovati in cinquecento.
'Malgrado ciò - racconta Baldo - la prima sera eravamo un po' timorosi. Con nostra sorpresa sono arrivati una ventina di clienti e da quel giorno in poi è stata una crescita continua. Attualmente abbiamo circa trecento clienti alla settimana. Siamo aperti solo la sera e a pranzo lavoriamo su prenotazione.'
A soli otto mesi dall'apertura, Giuseppe e Baldo sono riusciti a restituire gran parte dei prestiti ricevuti, a dare lavoro in maniera stabile ad altre due persone e ad impiegarne altre quindici in maniera saltuaria.
'A tutti presentiamo l'E.d.C. e il nostro stile di lavoro - dice Baldo - così anche gli altri che lavorano con noi sono coinvolti e interessati, e lo stesso succede con i clienti: non è raro che si fermino più a lungo dopo cena a domandarci del progetto e della nostra esperienza'.
L'attività è ben avviata e perciò non è vietato guardare in avanti nella prospettiva di offrire in futuro anche l'alloggio ai clienti, un agriturismo completo.
Le buone regole di gestione aziendale e il buon senso fanno però pensare a Giuseppe e a Baldo che ci vorrà qualche anno per attuare anche questa fase del progetto.
Tuttavia, lavorare con impegno e coltivare qualche sogno è una valida ricetta per ogni imprenditore che si rispetti.
Calabria: tangenti? No, grazie
Nella difficile realtà imprenditoriale calabrese, condizionata da disfunzioni amministrative e logiche mafiose, una piccola azienda di Cariati, nella Calabria ionica, percorre le strade di una 'economia per l'uomo'.
Quell'appuntamento ad un orario così insolito destava dei forti sospetti. Ciò nonostante Antonio Trento, giovane imprenditore che dirige un'azienda di impianti elettrici, partì la mattina presto da Cariati per incontrare all'ora stabilita il funzionario che lo aspettava in un altro comune della regione.
'La nostra ditta stava eseguendo dei lavori in appalto per conto di quel comune, e mi avevano chiamato per discutere un progetto di varianti ai lavori in corso.' Antonio ascoltava con interesse le proposte dell'impiegato: i nuovi prezzi erano molto vantaggiosi per l'impresa. Ma ecco che i sospetti diventarono certezza quando il funzionario concluse che, per fare approvare le modifiche migliorative, ci sarebbe stato un 'costo' aggiuntivo da pagare, e delle persone da 'accontentare'.
Era un periodo di difficoltà, per mancanza di commesse. Ciò nonostante la risposta al funzionario fu decisa, ma cordiale: 'Sono certamente soddisfatto di poter eseguire questi lavori. Ma se ci sono queste condizioni, le assicuro che siamo ugualmente lieti di non eseguirli'.
'Mi aspettavo che quel funzionario avrebbe raddoppiato i suoi atteggiamenti ostili verso di me e la ditta che rappresentavo. Invece, inspiegabilmente, il rapporto fra di noi è diventato cordialissimo'.
La perizia venne approvata: per Antonio l'episodio fu la conferma che l'ottica con cui era nata l'impresa era vincente.
Un'impresa per l'uomo
Una piccola azienda, ma con precise scelte di fondo, il cui obiettivo primario è l'uomo piuttosto che 'il guadagno personale che ti consente di avere il macchinone, o la villa al mare in una escalation di ricchezza individuale. In concreto - spiega - ciò significa innanzitutto pagare gli operai secondo i contratti vigenti, farli lavorare in condizioni di sicurezza, essere in regola con le assicurazioni e via dicendo'.
Nella difficilissima realtà calabrese, la scelta si presentava doppiamente coraggiosa, per il rischio di trovarsi fuori dal giro del mercato.
Una conseguenza di questa scelta di fondo è poi la valorizzazione del lavoro in quanto tale, grazie al quale l'uomo si realizza collaborando all'azione creatrice e trovando la soddisfazione dei risultati della sua opera.
Mafia e tangenti
L'imprenditoria meridionale è fortemente condizionata anche dal fenomeno della criminalità organizzata dal quale Cariati non è certamente estraneo e che pone ostacoli non indifferenti ad una sana conduzione lavorativa. Pur nelle modeste possibilità dell'impresa, Antonio non ha esitato ad assumere per un periodo di tempo un giovane condannato per estorsione, una volta uscito di galera, e liquidargli poi una buona somma di denaro, negata dalla banca, per permettergli di avviare un'attività in proprio.
'Il problema che qui viviamo non è solo la presenza degli estortori, ma anche l'atteggiamento della società che in genere chiude loro le porte e non li aiuta ad uscire dal giro'.
Quando nel 1991 Antonio è venuto a conoscenza del progetto di E.d.C., ha visto in esso una risposta anche ai problemi sociali del Meridione, 'perché in questo modo si accelera il processo di condivisione della ricchezza, che diventa sociale, patrimonio di tutti'.
Economia di Comunione
Ma c'è di più. Trovava conferma la sua convinzione che è valido in campo economico quanto il Vangelo dice. 'Ho sempre creduto - dice Antonio - che, se Dio provvede alle necessità di ciascuno, perché sa di che cosa abbiamo bisogno, provvede anche a quelle dell'azienda'.
In sostanza, il motivo profondo del rifiuto della logica delle tangenti è - oltre ad una onestà e rettitudine di fondo - la certezza che la Provvidenza fa parte del gioco.
'Certe volte ora sono gli stessi operai che, quando stiamo per esaurire ogni risorsa, mi ricordano che la Provvidenza non mancherà'.
Da qui nuovi stimoli per il futuro, con due iniziative concrete attualmente allo studio.
In primo luogo, è nata l'idea di un collegamento fra aziende che condividono le stesse idealità, per creare una banca dati utili a mettere in comune capacità tecniche, attrezzature e mezzi finanziari.
In secondo luogo, l'azienda di Antonio offre a servizio dei giovani la propria esperienza e professionalità per aiutarli a realizzare nuove imprese sulla base della legge De Vito per l'occupazione giovanile.
'Sento di avere una grande responsabilità. Se ci colleghiamo con altre che fanno la stessa esperienza, e se altre nascono con lo stesso stile e le stesse idealità, credo che possiamo costruire concretamente un mondo nuovo, e contribuire alla soluzione dei gravi problemi di oggi, con delle imprese che siano un'espressione dell'unità fra gli uomini'.[302]
Sardegna: la Primavera '83, il coraggio di una scommessa
Sono partiti da zero, ed ora hanno in appalto la manutenzione del verde pubblico di Cagliari.
L'esperienza di PRIMAVERA '83 nasce in quell'anno, a seguito della legge
regionale n.28 per l'incremento dell'imprenditoria giovanile.
Carlo Tedde spiega che inizialmente l'intento era quello di offrire un'opportunità di lavoro ai giovani soci. Si comincia con l'offrire una molteplicità di servizi sperando così di avere maggiori possibilità, ma ciò non qualifica in senso qualitativo l'attività resa: 'Ci siamo ben presto convinti che solo l'alta specializzazione ci avrebbe permesso un elevato rapporto tra qualità del servizio prestato ed il suo prezzo: in pratica, le armi su cui far leva per essere competitivi.'
E' stata necessaria una lunga fase di ristrutturazione. Carlo fu eletto allora presidente della cooperativa, e valutate le opportunità di mercato, fu deciso di puntare sul settore della realizzazione e manutenzione di verde pubblico e privato. 'Ma prima ancora abbiamo concentrato i nostri sforzi nel valorizzare le risorse umane interne alla cooperativa, anche attraverso alcuni corsi di formazione alla gestione per coloro che dovevano detenere le maggiori responsabilità, e di specializzazione per i soci operatori'.
A quel periodo risale l'entrata nella cooperativa di Maria Grazia per l'aspetto amministrativo e di Raimondo in qualità di direttore tecnico.
Ma quali le conseguenze delle decisioni prese?
'Lo si può facilmente dedurre - spiega Maria Grazia - dall'analisi dell'andamento del fatturato nei vari anni: nell'86 l'importo era di 20 milioni, nell'87 di 100, nel '90 di 496, per poi giungere all'attuale importo per la manutenzione del verde pubblico di Cagliari, ben due miliardi e 240 milioni'.
Risultati che assumono un maggior significato in un mercato che ha visto accentuarsi la concorrenza.
Ma la scommessa più grossa è stata un'altra. Nel '91, Carlo ha deciso di rendere partecipi i soci della cooperativa di un progetto innovativo per quanto riguardava la gestione dell'azienda e la destinazione degli eventuali utili. Seguì una serie di incontri con loro.
'Si trattava di trovare un impegno comune per far sì che col contributo di ciascuno l'azienda potesse progredire, offrendo possibilità di lavoro.
Significava inoltre che ognuno doveva sentirsi responsabile in prima persona dell'andamento dell'azienda, in modo da consentire un investimento in mezzi tecnici sempre più adeguati, oltre che nel potenziamento delle risorse umane'. L'accordo è stato unanime.
Ma quelli della Primavera '83 si sono impegnati a qualcosa di più: destinare parte degli utili alla gente che si trova in necessità.
'Una cura particolare la dedichiamo alle persone che, sempre più frequentemente, vengono da noi in cerca di lavoro. Destiniamo a questi colloqui un giorno al mese. Tanti ci dicevano che non potevamo permetterci di perdere tempo in questi colloqui. Ma per noi non è così, perché in primo luogo sono persone che hanno diritto di essere ascoltate. In secondo luogo, ci accorgiamo che proprio questi colloqui approfonditi ci consentono, quando occorre, di trovare 'la persona giusta al posto giusto'. Ci dicono anche che siamo particolarmente fortunati con i nuovi assunti, perché non ci creano problemi e hanno voglia di lavorare.Ma sappiamo che spesso quel 'bravo lavoratore' è frutto di un atto di fiducia in lui e nelle sue possibilità'.
Non è facile dire cosa significhi vivere all'interno della cooperativa e nei rapporti con il mondo della concorrenza lo spirito dell'E.d.C.
'Ma quasi ogni giorno ci portano in azienda una confezione di dolci, di paste, 'per ringraziarci', dice chi le porta, o 'per festeggiare insieme la nascita di un figlio o l'aver potuto trovare casa' '.
E' certamente un piccolo segno, ma il segnale che qualcosa di nuovo si sta componendo anche nei rapporti di lavoro. Cosa non facile ai nostri giorni.[303]
CONCLUSIONI
Le esperienze delle aziende che aderiscono al progetto di E.d.C. mostrano alcuni elementi interessanti:
le imprese operano nei più svariati settori;
l'orizzonte temporale di riferimento è di lungo periodo; questo influisce sulla concezione che gli attori hanno dell'impresa, che può essere definita comunitaria e coesiva;
la cultura di fondo (la cultura del dare) porta all'affermazione di valori permanenti, quali la produttività, la qualità, la creatività. In tal senso gli elementi quantitativi dell'azienda sono funzionali agli elementi qualitativi.
Alcune aziende hanno registrato in questi anni consistenti tassi di sviluppo: esempi sono la Ancilla S.p.A., il Bangko Kabayan, la cooperativa Tassano, la rubinetteria Webert.;
gli operatori dimostrano un rapporto 'distaccato' con la ricchezza e un atteggiamento fiduciario nei confronti dell'azienda;
il profitto, destinato ad essere condiviso con tutti, assume un forte significato motivazionale capace di mobilitare le migliori risorse aziendali in vista del conseguimento di risultati positivi nel lungo periodo;
nelle imprese di E.d.C. vi è una sinergia tra la dimensione economica e la dimensione umana;
l'atteggiamento verso i concorrenti è 'rivoluzionario': fondato su principi quali il rispetto, l'umiltà e la considerazione e volto a superare qualsiasi concezione di superiorità e ad ottenere collaborazioni;
l'impresa, vista come comunità di persone, si sente responsabile dell'intera società. Essa, quindi, si apre e coopera con la comunità nella quale è inserita per collaborare allo sviluppo economico umano.
L'E.d.C. non propone la modifica degli strumenti economici, ma rappresenta una sfida culturale che invita 'a trasformare il tempo dell'operare umano in una occasione di cooperazione tra tutti ed a vedere i risultati economici come frutto della comunione tra tutti'.[304]
Valore portante di tutto il progetto è la libertà di adesione, senza la quale l'E.d.C. non può realizzarsi.
Alcune aziende per esigenze di sviluppo destinano tutto l'utile all'autofinanziamento, sottraendosi così alla devoluzione per gli altri scopi. Non per questo esse perdono la caratteristica di imprese aderenti: infatti permane nei soci di tali realtà il desiderio di tripartire l'utile (appena sarà raggiunto).
Quella sera sotto la pioggia, in 'Economia di Comunione - una cultura nuova', Città Nuova Editrice, Roma, 1996, n.3, pag. 6.
M.AQUINI, Aiutare a nascere e a morire, in 'Economia di Comunione - una cultura nuova', Città Nuova Editrice, Roma, 1997, n.3, pag. 6.
La storia della Prodiet Farmaceutica, in 'Economia di Comunione - una cultura nuova', Città Nuova Editrice, Roma, 1995, n.2-3, pag. 8.
A. FERRUCCI, La storia del Bangko Kabayan, in 'Economia di Comunione - una cultura nuova', Città Nuova Editrice, Roma, 1999, n.1, pag. 6.
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