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Il legame covalente




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Il legame covalente


Consideriamo un sistema costituito da due atomi che hanno tra loro bassa differenza di elettronegatività; se il sistema possiede energia minore quando i due atomi sono vicini di quando si trovano a distanza infinita, significa che si è formato un legame covalente; esso è costituito da una coppia di elettroni condivisi fra i due atomi.


Fig.14.1 Valore dell'energia di un sistema di due atomi in funzione della loro distanza r.

La curva a corriponde alla formazione di un legame.

La curva b corriponde ad una situazione di repulsione tra i due atomi e non si ha formazione di legame; succede, per esempio, se tutti gli orbitali atomici sono pieni.

E0 = energia di legame

r0 = distanza di legame

Il valore 0 per E corrisponde all'energia dei due atomi a distanza infinita: perciò E0 è negativa e rappresenta una energia di stabilizzazione.


Quando si forma un legame covalente, la densità di carica elettronica è più alta nella regione fra i due nuclei.

Questo legame si può pensare che consista nella sovrapposizione di due degli orbitali atomici dei due atomi, contenenti ognuno un elettrone, per dare un orbitale di legame o di valenza nel quale si collocano i due elettroni condivisi; anche per questo orbitale vale il principio di Pauli, perciò potrà contenere solo due elettroni a spin antiparallelo.


Vediamo come si può rappresentare una situazione di legame covalente (o di 'non legame' nel caso di Ne) in modo simbolico; consideriamo, per esempio, C, N, O, F e Ne. Possiamo indicare le varie situazioni con vari tipi di notazioni, già viste:

Fig.14.2 Notazione di Lewis ed altre notazioni per alcuni atomi del 2° gruppo e relativi composti con l'idrogeno.

Nella prima colonna la rappresentazione di Lewis degli atomi e dei loro elettroni disponibili per legami; nella seconda e nella terza, due tipi di configurazione elettronica degli atomi, nell'ultima, la rappresentazione delle molecole secondo la notazione di Lewis (1916).

Per C, che nello stato fondamentale avrebbe 2 elettroni nel 2s e due spaiati nei 2p, uno dei due elettroni 2s viene 'promosso' al 2p libero: ciò comporta una spesa di energia, ma è possibile così ottenere 4 legami anziché 2, con un netto guadagno di energia. Questo avviene sempre quando è possibile, purché il bilancio energetico totale comporti una riduzione della energia totale del sistema. Un trattino che congiunge due atomi rappresenta un legame covalente, cioè un doppietto di elettroni condiviso; uno accostato all'atomo rappresenta un doppietto di elettroni non impegnato in legame (detto anche doppietto libero).

Ne non può fare legami poiché tutti gli orbitali sono occupati da un doppietto.


La zona fra i due nuclei, occupata dai due elettroni condivisi, si può pensare definita dalla compenetrazione o sovrapposizione (overlapping) di due orbitali atomici con 1 elettrone per dare un orbitale di legame. Il legame è tanto più stabile quanto maggiore è la sovrapposizione.


Il numero di coppie di elettroni che un atomo ha in comune con altri atomi può essere definito come valenza covalente o covalenza di quell'atomo; le covalenze possono essere relative anche ad atomi dello stesso tipo.

Dagli esempi è possibile dedurre la covalenza dei vari atomi presenti (almeno per quella situazione specifica).

Fig.14.3 Esempi di molecole rappresentate con la notazione di Lewis.

Ogni trattino rosso corrisponde a una coppia di elettroni; se congiunge due atomi corriponde a un legame covalente; in caso contrario, se compare cioè 'appoggiato' su un atomo, si tratta di un doppietto libero.

Gli atomi presenti hanno sempre la stessa covalenza: 1 per H ed F; 2 per O; 3 per N; 4 per C.

Tutti i legami sono legami semplici, cioè con una sola coppia di elettroni in comune.

Alcune molecola hanno nomi convenzionali, come idrazina e propano.

Il perossido di idrogeno è più comunemente noto come acqua ossigenata e contiene un legame perossidico, relativamente instabile, quello tra i due O.


Esistono però anche molecole che, oltre ai legami semplici, contengono anche legami doppi e tripli, che corrispondono alla messa in comune di 4 o 6 elettroni:



Fig.14.4 Esempi di molecole con doppi e tripli legami.

Il diossido di carbonio è comunemente noto come anidride carbonica; i tre atomi giacciono sulla stessa linea.

L'etino è noto come come acetilene; i quattro atomi giacciono sulla stessa linea.

Anche nell'acido cianidrico i tre atomi giacciono sulla stessa linea.

Il chetene ha due doppi legami adiacenti e i tre atomi di carbonio giacciono sulla stessa linea; non sono molte le molecole che hanno questa struttura.

Propionitrile ed etilisonitrile sono isomeri dato che la formula minima è la stessa (sono costituiti dagli stessi tipi e dallo stesso numero di atomi), pur avendo proprietà molto diverse.

Il penta(1,3)diene è detto anche (1,3)pentadiene, in cui i numeri rappresentano il primo C da cui parte ogni doppio legame, e diene significa che ci sono due doppi legami (di-ene).


Come si può notare nelle formule precedenti, ogni atomo ha attorno 8 elettroni (salvo H che ne ha sempre 2).

Ciò ha portato Lewis a proporre la teoria dell'ottetto, per la quale la struttura elettronica di una molecola deve essere tale che ogni atomo sia circondato da un ottetto di elettroni.

Così ogni atomo assume la configurazione del gas nobile che lo segue. In effetti questa regola non è vera in assoluto, anche se è stata molto utile per comprendere alcune formule elettroniche altrimenti di difficile descrizione, come per esempio quella del monossido di carbonio.

Fig.14.5 Situazione elettronica del monossido di carbonio CO in base alla teoria dell'ottetto


In effetti, quando entrano in gioco elementi del 3° periodo, la regola può non essere valida, come succede, per esempio per PF5, ClF3, SF6,

In questi casi sono infatti disponibili gli orbitali d e in questi orbitali 3d alcuni elettroni possono venire 'promossi' (dato che l'energia dei 3d è un po' superiore di quella dei 3p), così da permettere la formazione di un maggior numero di legami covalenti:



Fig.14.6 Esempi di espansione dell'ottetto.


A sinistra la configurazione senza espansione, a destra quelle con espansione, che comporta la promozione di uno o più elettroni 3s o 3p in orbitali 3d. La promozione comporta una spesa di energia, abbondantemente compensata dalla possibilità di  formazione di più legami.


Tutto ciò non è però ancora sufficiente a spiegare tutti i tipi di legami covalenti.

Prendiamo per esempio il benzene C6H6. Per giustificare alcune sue caratteristiche chimiche (rapporto atomico C/H = 1/1; stabilità nonostante la presenza di 3 doppi legami; polarità quasi nulla), sono state proposte formule di tipo molto diverso:


Fig.14.7 Strutture del benzene ipotizzate da Claus, Kekulé, Armstrong e Bayer, Dewar, Stadeler e Wichelhaus, Ladenburg.


Ognuna delle rappresentazioni cercava di giustificare, con strutture anche fantastiche (dal punto di vista chimico), i dati sperimentali sul comportamento e sulle caratteristiche del benzene. Ogni tratto corrisponde a una coppia di elettroni, salvo che nella raffigurazione di Armstrong, nella quale le freccette corripondono a 1 elettrone ognuna.


Fig.14.8 e 14.9 Struttura proposta nel 1866 per il benzene da Kekulé ed un ritratto di Friederich August Kekulé


Già nel 1866 Friederich August Kekulé (1829-1896) aveva proposto una struttura che più si avvicinava a quella attualmente accettata. Il suo disegno (pare dovuto a un sogno) è quello in figura.

La conferma di questa ipotesi è venuta da una lunga serie di idrogenazioni (sul benzene C6H6) e alogenazioni (sul toluene C6H5CH3).


Attualmente si usano raffigurazioni diverse a seconda del settore chimico in cui si parla del benzene e derivati, e dell'utilità della rappresentazione nel suo uso contingente (per esempio la rappresentazione centrale in basso viene correntemente usata per spiegare reazioni di sostituzione in molecole aromatiche):



Fig.14.10 Alcune delle rappresentazioni attuali della struttura del benzene.



In effetti i doppi legami non sono localizzati dove sono disegnati: nel benzene le distanze di legame C-C =1.39 Å sono tutte eguali; se fossero localizzati, ricordando che la lunghezza di un legame C-C singolo è 1.54 Å e quella di un C=C doppio è 1.34 Å, la molecola di benzene dovrebbe presentare una asimmetria (praticamente un esagono distorto); inoltre i doppi legami sarebbero molto più reattivi di quelli singoli, cosa che è sperimentalmente falsa.

La situazione è intermedia tra il legame singolo e il doppio: l'ordine di legame è 1.5 (numero di legami/numero di atomi) = (6 + 3)/6.


Si dice che gli elettroni dei doppi legami sono delocalizzati su tutto l'anello.

Questa situazione si può indicare graficamente, per convenzione, come illustrato nella figura seguente:

Fig.14.11 Rappresentazione convenzionale della molecola di benzene.

Essa indica che la situazione reale è intermedia tra le rappresentazioni I e II, che si chiamano formule limite o di risonanza.

Il simbolo con la doppia freccia non va confuso con quello di equilibrio, costituito da due frecce in direzioni opposte.


Il fenomeno si chiama risonanza o mesomeria: il benzene non è né I né II, ma un ibrido di risonanza delle due (o più) formule limite; queste sono così dette poiché sono situazioni 'limite', non reali.


Questo fenomeno avviene sempre quando, per una molecola (o in generale per una struttura poliatomica, come un anione, per esempio) è possibile scrivere più formule elettroniche; ognuna di esse contribuisce alla situazione reale in base alla sua probabilità di esistenza e perciò alla sua energia.

Esistono molte altre molecole in cui il fenomeno della risonanza è importante; conoscendo il contributo delle varie formule limite è possibile anche conoscere la situazione geometrica della molecola. Occorre tenere presente che il fenomeno è tanto più rilevante quanto più è planare la parte della molecola in cui esso si manifesta.


Fig.14,12 Esempi di strutture risonanti rappresentate attraverso le formule limite più probabili.

L'ozono O3 ha forma angolare poiché l'ossigeno centrale ha un doppietto libero; inoltre ha una parziale carica positiva rispetto agli altri due.

Il diossido di zolfo SO2, chiamato comunemente anidride solforosa, ha anch'esso struttura angolare per la stessa ragione ed i due ossigeni sono perfettamente equivalenti; nella prima formula limite S è con espansione dell'ottetto.

Nel protossido di azoto N2O, lineare, l'azoto centrale è sempre tetracovalente, perciò ha sempre una carica positiva.

Nello ione carbonato CO32- le due cariche negative sono equamente distribuite tra i tre ossigeni e la struttura è planare trigonale.

Notare che ogni atomo (escluso S) raggiunge, in ogni formula limite, la configurazione del gas nobile (otto elettroni).


Ma qual'è il modello fisico che utilizziamo per rappresentare la formazione di un legame? Abbiamo già accennato alla sovrapposizione o overlapping di orbitali: 2 orbitali atomici, contenenti ognuno un elettrone, compenetrandosi individuano una regione di spazio fra i 2 nuclei, e formano così un orbitale di legame contenente i 2 elettroni a spin antiparallelo (per il principio di Pauli).


Questa regione è l'area di sovrapposizione. Può succedere anche che uno degli orbitali atomici contenga 2 elettroni, l'altro nessuno (è il caso di un legame 'coordinativo').

Il legame è tanto più stabile quanto maggiore è la sovrapposizione fra gli orbitali atomici.


Il tipo o l'entità della sovrapposizione dipenderà, ovviamente, dalla forma degli orbitali atomici che possono interagire; è perciò importante ricordare la forma degli orbitali di tipo s, dei p, dei d, etc. e la loro simmetria.


Quando la sovrapposizione avviene lungo un asse, si ha simmetria cilindrica lungo l'asse, sia della sovrapposizione sia del legame che ne consegue: è un orbitale σ.

Quando invece avviene lateralmente, si ha un orbitale π.



Fig.14.13 Sovrapposizione di orbitali atomici s e p, con formazione di orbitali di legame   σ e π.

Con i σ si ha simmetria assiale; con i π si ha un piano nodale (in questo caso xz); sul piano nodale si annullano sia le funzioni d'onda sia la funzione probabilità. In generale si ha sovrapposizione maggiore, perciò maggiore stabilità per i σ; il primo legame che si forma è perciò il σ, poi gli atomi ruotano finché possono creare il π; quando questo è formato, la rotazione è però bloccata.


Il massimo numero possibile di legami tra due atomi è 3, un σ, due π. L'orbitale di legame s assume la forma di un ellissoide con l'asse di simmetria cilindrica coincidente con l'asse di legame. L'orbitale p ha la forma di due 'salsicciotti' con un piano nodale; se ce ne sono due, la nuvola carica assume circa la forma di un cilindro cavo, coassiale col legame s.

La forma degli orbitali di legame non può essere dovuta alla semplice somma degli orbitali atomici: questi infatti sono modificati dalla vicinanza dell'altro atomo, anche quelli che non partecipano ai legami (questo avviene a causa anche della repulsione elettronica tra gli orbitali atomici).

 Prendiamo per esempio il caso del metano CH4: 3 degli H potrebbero legarsi ai 3p, a 90° l'uno dall'altro; il quarto H dovrebbe, in questo caso, legarsi all'orbitale s: questo quarto legame sarebbe però di diversa lunghezza e circa a 125° (w), così da essere simmetrico ed equidistante dagli altri 3.


Fig.14.15 Direzione degli assi dei tre orbitali atomici p e del quarto asse che corrisponderebbe all'asse del quarto legame se i primi tre fossero formati con gli orbitali atomici p puri del carbonio per formare la molecola di metano.


A destra le misure degli angoli tra gli assi; in basso a destra viene evidenziato che un eventuale legame nella direzione ow sarebbe diverso dagli altri tre.


Ma, dai dati sperimentali (spettroscopici, di reattività, di polarità), i legami sono perfettamente equivalenti ed equidistanti tra loro, a 109°28', angolo corrispondente alla simmetria tetraedrica.

Perché ciò avvenga è necessario che i 4 orbitali atomici si mescolino per dar luogo a 4 orbitali di legame perfettamente equivalenti: questo processo si chiama ibridazione; può essere espresso come una combinazione matematica delle funzioni ψ degli orbitali atomici, per dare orbitali ibridi.

Questa operazione può avvenire fra orbitali diversi; gli ibridi prendono il nome dagli orbitali atomici usati; ogni combinazione ha una sua conformazione geometrica, generalmente con gli orbitali ibridi alla massima distanza angolare tra loro (per ridurre l'energia di repulsione).


ibridi

orbitali atomici

conformazione

esempi

sp

s + p

lineare

CO2, BeCl2

sp2

s + px+ py

trigonale

BF3, SO2,

CO3--, CH2CH2

sp3

s + px + py + pz

tetraedrica

CH4, NH3, H2O

dsp2

s + dx2-y2 + px + py

planare quadrata

PdCl4--, Ni(CN)4--

dsp3

s + dz2 + px + py + pz

s + dx2-y2 + px + py + pz

trigonale bipiramidale

quadrata piramidale

PCl5, CuCl53-

rara

d2sp3

s + dx2-y2 + dz2 + px + py + pz

ottaedrica

Ni(NH3)6++, IF5, SF6


Fig.14.16 Tipi principali di ibridazioni, orbitali atomici coinvolti nell'operazione, simmetria degli orbitali ibridi ottenuti, esempi di molecole, ioni o complessi in cui è presente il tipo relativo di ibridazione e perciò anche la simmetria spaziale.


E' interessante notare che gli orbitali ibridi assumono, nello spazio, una forma e un orientamento condizionati dagli orbitali di partenza (escluso l'orbitale s che, avendo simmetria sferica, non dà contributi spaziali): per esempio, sp2 (si legge: esse pi due), costruito con un px e un py giacerà sul piano xy; sp3 (si legge: esse pi tre), costruito con px, py e pz avrà contributi in tutto lo spazio; dsp2, costruito con px, py e dx2-y2 (tutti e tre sul piano xy) giacerà sul piano xy; ecc.

Il processo di ibridazione comporta una certa spesa di energia, largamente compensata però dalla stabilità dei legami che è possibile costruire con gli ibridi. Nella immagine successiva sono rappresentati tre tipi di ibridazioni, con gli orbitali atomici di partenza e gli ibridi risultanti.


Fig.14.17 Ibridazione lineare, trigonale e tetraedrica.

Il disegno mostra gli orbitali atomici utilizzati nell'operazione e gli   ibridi risultanti.

Sono indicati anche gli angoli tra gli assi degli ibridi, nei casi delle ibridazioni trigonale e tetraedrica e perciò anche tra i legami che con tali ibridi si possono fare.

I lobi maggiori sono sempre di segno positivo e sono più adatti a formare legami rispetto agli orbitali atomici iniziali, soprattuto perché più direzionali.

Nel caso dell'ibridazione tetraedrica non sono disegnati i lobi negativi per non complicare l'illustrazione. In ogni caso anche i lobi negativi si trovano sempre sullo stesso asse dei corrispondenti positivi e dalla parte opposta rispetto all'intersezione degli assi.


Il disegno non riesce però a dare un'dea dell'ampiezza della funzione risultante, dato che di ogni orbitale ibrido viene rappresentata una sezione.

In effetti, se riportiamo il valore della funzione in grafico contro la sua distanza dal nucleo:


Fig.14.18 Profilo dell'ampiezza della funzione d'onda dell'ibrido sp e sua posizione rispetto alla posizione del nucleo.

Nel disegno dei due ibridi sp il nucleo è rappresentato dal punto rosso.

Notare che normalmente si disegnano per semplicità gli ibridi con il piano nodale passante per il nucleo, mentre invece il nucleo si trova in una zona a densità elettronica non nulla.


Anche le strutture di NH3 e H2O sono interpretabili con una ibridazione sp3 anche se distorta, benché creino, poi, solo 3 o 2 legami: infatti anche i doppietti liberi assumono circa una disposizione tetraedrica rispetto ai legami molecolari.

A volte questo non accade, in particolare quando alcuni orbitali atomici possono essere utilizzati meglio come tali (quando, cioè, producono legami abbastanza stabili anche senza l'ibridazione; infatti questa comporterebbe una spesa di energia che non verrebbe compensata): è il caso dei tripli legami, come avviene, per esempio, nella molecola di azoto N2.

L'azoto N ha la configurazione elettronica 2s2 2p3; potrebbe formare perciò 3 legami lungo le direzioni degli assi x, y, z. Ma gli orbitali p danno una sovrapposizione piuttosto scarsa; è più conveniente una ibridazione sp che permette un legame s molto più forte; i due doppietti liberi dei due N si collocano nei due ibridi sp esterni, non utilizzati per il legame.

Restano ancora a disposizione due orbitali p perpendicolari alla direzione di legame; ruotando attorno all'asse di legame, essi cercheranno di interagire in modo che le funzioni d'onda possano dare un effetto non nullo: si affiancheranno cioè i due lobi positivi dei p paralleli e i due lobi negativi, in modo da formare due orbitali π.

Cerca di disegnare la situazione degli orbitali di legame della molecola di azoto, sulla base di quanto detto.


I legami π sono molto importanti per quanto riguarda la struttura spaziale delle molecole poiché impediscono la rotazione attorno al legame σ, rotazione che, in loro assenza, è praticamente libera.

Un classico esempio di impossibilità di rotazione è quello dell'etene (noto anche come etilene) H2C=CH2.

Fig.14.19 Rappresentazione della molecola di etene (detto anche etilene).

I 4 idrogeni giacciono tutti sullo stesso piano, perpendicolare all'asse dei p liberi; i legami σ sono dovuti a ibridazione sp2 trigonale.

Le posizioni 1, 2, 3, 4 individuano le posizioni dei singoli H. H1 e H3, se non viene rotto il legame π, restano sempre nella posizione cosiddetta cis; H1 e H4 sempre in trans.

Se sostituisco chimicamente H1 con A e H4 con B, A e B saranno sempre in posizione trans (sempre purché la reazione di sostituzione non comporti la rottura del legame π).

Composti cis e trans hanno reattività e caratteristiche chimico-fisiche diverse (temperature di fusione e di ebollizione, momento dipolare, ecc.).


I legami π sono comunque meno forti dei σ e molto più reattivi; sarà perciò relativamente facile romperli.

Poichè però i π esistono solo se già esiste un σ, la loro presenza darà luogo a legami totali più forti, e perciò a distanze di legame più corte:


tipo di legame

distanza C-C

orbitali di legame

singolo



doppio



triplo




Fig.14.20 Distanze di legame in funzione del tipo di legame e degli orbitali di legame coinvolti, nel caso di legami carbonio-carbonio


Abbiamo fatto, finora, una netta distinzione fra legame ionico e legame covalente; in effetti la distinzione non è così netta: se i due atomi sono eguali, il baricentro della densità elettronica cade a metà della distanza fra i due nuclei: abbiamo allora un legame covalente puro e omeopolare.

Se però gli atomi sono diversi non sarà così: la maggiore densità elettronica sarà spostata verso uno dei due: se lo è totalmente, avremo legame ionico, mentre le situazioni intermedie individuano un legame covalente polare.

In questi casi il baricentro delle cariche positive e negative non coincide: esiste perciò un momento dipolare μ:


Fig.14.21 Momento dipolare μ.

Esso è un vettore il cui modulo è dato dal prodotto della carica q per la distanza r  tra i due baricentri delle cariche positive e negative.


permette di calcolare il grado di ionicità di un legame, strettamente collegato alla elettronegatività relativa dei due atomi A e B.

Il legame sarà covalente puro solo se A = B (stessa elettronegatività), ionico se le elettronegatività sono molto diverse; altrimenti, nelle situazioni intermedie, covalente polare.

La densità elettronica è statisticamente spostata verso l'atomo più elettronegativo.


Per prevedere il grado di ionicità di un legame diventa così importante determinare una scala di elettronegatività.

Scale di elettronegatività EN sono state proposte da diversi ricercatori, basandosi su metodi diversi:





I A  (1)

II A  (2)

III B  (13)

IV B  (14)

V B  (15)

VI B  (16)

VII B  (17)

H








Li


Be


B


C


N


O


F


Na


Mg


Al


Si


P


S


Cl


K


Ca


Ga


Ge


As


Se


Br


Rb


Sr


In


Sn


Sb


Te


I


Cs


Ba


Tl


Pb


Bi


Po


At


Fig.14.22 Scale di elettronegatività EN. La prima secondo Allred-Rochow (in base alla forza esercitata dal nucleo su elettroni di valenza); la seconda secondo R.S.Mulliken (EN proporzionale al prodotto tra potenziale di ionizzazione e affinità elettronica diviso due) e vale per atomi isolati; la terza secondo L.Pauling (in base alla termochimica delle E di ionizzazione dei legami). I dati mancanti non sono stati calcolati dagli autori. La suddivisione per colonne è in base ai gruppi della tavola periodica, con simboli tradizionali e con quelli proposti dalla IUPAC (fra parentesi).


Anche se i valori riscontrati sono diversi, la sequenza è la stessa: l'elettronegatività cresce da sinistra a destra e dal basso verso l'alto. Anche l'elettronegatività è una proprietà periodica.


Non sempre a legame polare corrisponde molecola con momento dipolare: esso infatti dipende dalla simmetria della molecola:


Fig.14.23 Polarità della molecola e momento polare dei legami.

Nel primo esempio l'anidride carbonica o diossido di carbonio, apolare.

Nel secondo esempio l'acqua, polare. La sua polarità è dimostrata da fatti sperimentali e ciò comporta che non possa avere struttura lineare.


In base a quello che ora sappiamo, come scrivere le formule di struttura?

Prendiamo due esempi, SO3 e SO32- e proviamo a seguire gli stadi seguenti:


Legare tutti gli atomi (O) all'atomo centrale (S) con un legame semplice.

Avremo così due strutture eguali: un S centrale legato ai tre O con legame singolo.


Sommare gli elettroni esterni dei vari atomi, più le eventuali cariche negative, sottrarre eventuali cariche positive.

Nel caso di SO3 saranno 24; nel caso di SO32- saranno 26.


Disporre tutti i possibili elettroni sugli atomi periferici, in modo da soddisfare alla regola dell'ottetto; i rimanenti sull'atomo centrale.

Nel caso di SO3 ogni O avrà tre doppietti, oltre a quello di legame, mentre S avrà solo i tre doppietti di legame (perciò con soli 6 elettroni attorno); la struttura è trigonale planare. Nel caso di SO32- avremo, in più, un doppietto libero su S: ciò comporterà una repulsione rispetto ai doppietti di legame S-O, con la trasformazione della struttura da trigonale a tetraedrica distorta; ma in questo caso anche S avrà il suo ottetto completo.

Ridistribuire gli elettroni in modo da scrivere formule o formule limite accettabili.


Fig.14.24 Formule limite più probabili per SO3 e SO32-.

Ogni formula contribuisce tre volte, variando ogni volta gli O.

Le formule limite più probabili, in generale, sono quelle con minor numero di cariche totali.

In quasi tutte S ha espansione dell'ottetto.

Il contributo di ogni formula limite alla struttura reale è basato sulla probabilità di esistenza rispetto alle altre.


Una notizia molto recente (Chem. Eng. News, 25/1/1999) riporta i risultati di una ricerca di R.Rawls che è riuscito ad ottenere l'esafluoroarsenato di pentaazoto [N5]+ AsF6- in cui i 5 atomi di azoto assumono una configurazione spaziale a V (in cui il vertice è costituito da un N e i due segmenti da due N ognuno); la struttura è molto risonante (è per la stabilizzazione dovuta alla risonanza che si è potuto ottenere uno ione che dal punto di vista teorico dovrebbe essere quasi impossibile) e il sale ottenuto è in effetti molto instabile. Esso viene ottenuto a -78°C e, con estrema difficoltà lo si può portare fino a 22°C, ma esplode violentemente al minimo contatto con acqua o sostanze organiche o per aumento di temperatura. Una delle formule limite mostra un triplo legame tra il primo e il secondo azoto, un doppio legame tra il terzo (al vertice della V) e il quarto, un altro doppio legame tra il quarto e il quinto. Prova a disegnarla, ricordando di rispettare il numero di 8 elettroni attorno ad ogni atomo N; e poi prova a scrivere altre formule limite per lo ione [N5]+. Dalle formule limite dovresti capire perche' la forma spaziale è a V e su quale (o quali) dei 5 N risiede la maggior parte della carica positiva del catione.



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