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Ere Cosmiche




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Ere Cosmiche


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Era di Planck - 10 s

Finora i fisici sono riusciti a descrivere i primi istanti di vita dell'universo risalendo fino al tempo 10 s (tempo di Planck). A tempi inferiori gli effetti gravitazionali si intrecciano a tal punto con gli effetti quantistici da rendere necessaria una teoria unificata della gravità quantistica per ora non ancora disponibile.

Sostituendo il tempo di Planck nella  troviamo che la temperatura dell'universo è dell'ordine di 10 °K (10 eV), temperatura oltre la quale si ritiene che tutte le 4 forze fondamentali di natura siano unificate in un'unica 'superforza' che agisce indifferentemente su tutte le particelle.

L'unica teoria che attualmente si avventura nell'era di Planck è la teoria delle supercorde o teoria del tutto (Theory of Everything -TOE). Tale teoria descrive tutte le particelle come corde di dimensioni infinitesime (10 cm). Ogni modo di vibrazione di tali corde determina l'energia e quindi la massa della particella.


Era di Grande Unificazione s

L'universo emerge dal tempo di Planck costituito da un gas di particelle quantistiche formate da lepto-quark e dai vettori intermedi della forza di Grande Unificazione (bosoni X). I gravitoni, se esistono, si sono già separati ed agiscono in modo autonomo.

L'enorme energia che caratterizza tale gas permette alle particelle quantistiche di convertirsi liberamente le une nelle altre. In altre parole, a parte l'interazione gravitazionale, che si è già separata al tempo di Planck, le rimanenti tre interazioni (elettromagnetica, forte e debole) sono ancora unificate e i bosoni che le mediano sono in realtà indistinguibili l'uno dall'altro. L'unione della forza elettromagnetica, debole e forte in un'unica interazione viene oggi descritta da una serie di modelli della fisica delle particelle noti come teorie di Grande Unificazione o GUT.


- Al tempo cosmico 10 s si separa l'interazione forte (si formano i gluoni) che comincia ad agire sui quark (i quali a loro volta si distinguono ora dai leptoni), senza peraltro riuscire a legarli ancora in modo permanente per formare gli adroni.

Le teorie di Grande Unificazione prevedono che durante tale separazione si producano dei 'difetti' nello spazio-tempo.

E' una situazione analoga a quella che si produce quando un liquido cristallizza (transizione di fase o passaggio di stato) e regioni diverse del sistema iniziano a solidificare in modo autonomo, con diversa e casuale orientazione degli assi cristallografici. Quando tali regioni si incontrano, si producono dei difetti localizzati nei punti di confine. Nelle teorie di grandunificazione esistono difetti puntiformi, che corrispondono ai monopòli magnetici (strutture associate a poli magnetici isolati) , lineari (stringhe o corde cosmiche) e superficiali (pareti di Bloch o pareti di dominio

Ci si attende che tali difetti siano stabili ed estremamente massicci (si può ad esempio calcolare che un monopolo magnetico assuma massa pari a 10 volte quella del protone).

Inoltre i calcoli prevedono un numero talmente grande di tali difetti che la loro massa sarebbe ora preponderante su quella di qualsiasi altro oggetto conosciuto. Tali strutture non sono state finora mai rivelate.


Un'altra previsione teorica di grande interesse riguarda l'attuale asimmetria cosmica che si rileva tra materia ed antimateria. Secondo le GUT infatti si deve formare un lieve eccesso di Quark rispetto agli Antiquark e di Leptoni rispetto agli Antileptoni.

In questo modo quando nelle fasi successive materia ed antimateria si annichiliscono formando fotoni, il piccolo eccesso di materia formatosi in questo momento sarà in grado di sopravvivere e formerà la materia prima per stelle e galassie. La teoria non è in grado di calcolare in modo preciso quanta materia è in grado di sopravvivere, ma ci fornisce una stima del rapporto tra numero di fotoni (che si formano dall'annichilazione) e numero di particelle di materia, pari a .


Il valore previsto teoricamente per tale rapporto, detto anche entropia specifica dell'universo h), trova buone conferme sperimentali nelle attuali misurazioni.


Il numero di protoni per unità di volume può essere stimato dividendo la densità effettiva () per la massa del protone (mp g)

Nell'ipotesi di un universo euclideo ( = 1), con c h , la relazione ci permette di calcolare una densità adronica di 1,1 10 h protoni/cm (circa dieci protoni per metro cubo di universo).


Il numero di fotoni per unità di volume può essere ottenuto dalla relazione di Planck , dividendo per l'energia = h posseduta da ciascun fotone e integrando poi su tutte le frequenze. Si ottiene per la densità fotonica la relazione


per T = To = 2,728 °K si calcolano circa 412 fotoni/cm


L'entropia specifica dell'universo in tal modo stimata risulta pertanto 412 / 1,1 10 h h (10 ) in buon accordo con il valore teorico.

In altre parole si stima che attualmente nell'universo vi siano circa 100 milioni di fotoni per adrone.


L'entropia specifica dell'universo è un parametro estremamente critico per l'esistenza dell'universo come noi lo conosciamo.

Si dimostra infatti che è sufficiente variare in misura minima il valore del rapporto per cambiare in modo radicale l'evoluzione e la struttura dell'universo.

Se infatti il numero di fotoni fosse stato inizialmente inferiore, la pressione di radiazione da essi esercitata non sarebbe stata in grado di tenere separati i barioni urtandoli di continuo. I barioni si sarebbero perciò combinati molto precocemente e con maggior efficienza formando rapidamente nuclei di elementi chimici pesanti a scapito di quelli più leggeri.

L'universo sarebbe oggi praticamente privo di idrogeno e di elio, e quindi di stelle, formato da enormi massi di elementi pesanti alla deriva nello spazio.


Con un numero di fotoni eccessivo l'universo sarebbe invece formato praticamente di solo idrogeno. Ma quel che più conta l'eccesso di fotoni avrebbe impedito alle perturbazioni gravitazionali della materia di crescere, disperdendole continuamente. Le galassie non si sarebbero potute formare ed oggi l'universo sarebbe costituito ancora di una distesa omogenea di idrogeno.


Era dell'Inflation s

La teoria dell'inflation, formulata nella sua forma originaria da A. Guth nel 1980, ha il pregio, come afferma lo stesso Guth, di trasformare qualsiasi universo (o quasi) in quello attualmente osservabile, risolvendo in tal modo parecchi problemi che affliggono i modelli cosmologici classici.

Guth dimostrò che quando la temperatura raggiunge valori intorno a 10 °K (10 eV) l'universo potrebbe essersi trovato in una condizione metastabile, denominata di falso-vuoto.


Il falso vuoto ha alcune particolarità fisiche di notevole interesse cosmologico. La sua densità di energia rimane costante durante l'espansione. Inoltre presenta una pressione negativa non trascurabile e tale che la densità totale risulta anch'essa negativa

In una situazione di tal genere, in cui la densità di energia del falso vuoto è prevalente e negativa, essa viene ad avere un effetto repulsivo antigravitazionale ed agisce pertanto in modo analogo alla costante cosmologica, il parametro introdotto (e poi sconfessato) da Einstein per giustificare l'esistenza di un universo statico.


Ma mentre la costante cosmologica agiva in un universo statico, in un universo già in espansione come il nostro questa specie di nuova costante cosmologica avrebbe l'effetto di aumentare a dismisura la velocità, producendo in definitiva un'espansione esponenziale o inflazione.

La legge oraria dell'espansione è , dove

Ro = raggio attuale dell'universo

Hi = costante di Hubble durante l'inflation


Il modello prevede che nell'intervallo di tempo compreso tra 10 e 10 secondi l'universo aumenti le proprie dimensioni almeno di un fattore 10


Infatti, calcolando il rapporto tra le dimensioni dell'universo al tempo t2 = 10-32 s e le dimensioni dell'universo al tempo t1 = 10-35 s si ottiene (Hi è calcolabile per via teorica e vale 1034 s-1)


Tra le diverse questioni lasciate in sospeso dai modelli cosmologici classici, l'inflation dà risposta al problema della piattezza, al problema dell'orizzonte e al problema dei monopoli magnetici.

Il problema dell'orizzonte e della piattezza non rappresentano in realtà una contraddizione vera e propria dei modelli classici. E' infatti sufficiente assumere l'uniformità e = 1 come condizione iniziale dell'universo e l'universo si evolverà uniformemente ed in modo euclideo.

Naturalmente un modello che debba accontentarsi di assumere alcune condizioni come date, senza riuscire a darne spiegazione, risulta meno soddisfacente di uno che possa giustificare l'esistenza di tutte le caratteristiche cosmiche osservate.


- Per ciò che riguarda il problema della piattezza l'immensa regione di spazio che oggi noi chiamiamo universo corrisponderebbe ad una porzione estremamente piccola di uno spazio-tempo dilatato enormemente dall'espansione inflativa.

Tale spazio ci appare piano allo stesso modo in cui sembra piana la terra vista in una sua piccola porzione superficiale. In tal modo noi siamo costretti ad osservare uno spazio piatto indipendentemente dalla curvatura che poteva inizialmente possedere l'universo.

Il problema si è ora per certi versi addirittura capovolto, nel senso che se l'inflation prevede che  sia pari ad 1, dobbiamo in qualche modo cercare di giustificare perché noi in realtà misuriamo valori inferiori. E' il cosiddetto problema della massa mancante, che potrebbe comunque trovare soluzione tramite il gran numero di particelle esotiche la cui esistenza è prevista dalle GUT e dalle teorie supersimmetriche (neutrini, gravitini, fotini, assioni etc.).


- Per ciò che riguarda il problema dell'orizzonte l'universo che entra nella fase inflativa sarebbe enormemente più piccolo di quanto precedentemente previsto (circa di un fattore 10

In precedenza avevamo visto che le dimensioni previste dai modelli cosmologici classici per la porzione di universo attualmente osservabile, riferite al tempo 10 s (inizio era materia) era circa 100 volte superiore della distanza-orizzonte riferita al medesimo istante.

Se ora accettiamo che le dimensioni dell'universo preinflativo siano 10 volte inferiori a quanto precedentemente calcolato, la porzione di universo attualmente osservabile avrebbe avuto, in periodi precedenti a 10 s, dimensioni di gran lunga inferiori all'orizzonte. E' possibile calcolare che in questa situazione la distanza orizzonte era circa 10 volte superiore delle dimensioni raggiunte allora dalla porzione di universo oggi osservabile.

L'universo preinflativo sarebbe stato perciò sufficientemente piccolo da permettere alla luce di viaggiare da un capo all'altro più volte, risolvendo il problema dell'orizzonte. Infatti tutti gli eventi compresi nell'universo osservabile e attualmente non connessi, lo erano prima dell'inflation, poiché compressi in una regione sufficientemente piccola.

Durante l'era di Grande Unificazione l'universo, percorso innumerevoli volte dalla radiazione, ha subito quindi un processo di omogeneizzazione che giustifica l'aspetto altamente uniforme che presentano ancor oggi regioni tra loro molto distanti. E' questo il motivo per il quale l'era GUT viene a volte indicata come era della omogeneizzazione.



- Anche il problema dei monopoli magnetici ed in generale di tutte le strutture massicce (corde cosmiche, pareti di dominio) che secondo le teorie di Grande Unificazione si sarebbero dovute formare in quantità tale da essere oggi facilmente osservabili viene risolto in modo estremamente semplice dall'inflation. Infatti l'aumento di un fattore 10 delle dimensioni cosmiche produce una diluizione formidabile su tali strutture, al punto da rendere la loro densità (numero per unità di volume) talmente piccola da essere compatibile con le osservazioni.


Era Elettrodebole o del Deserto 10 s

L'interazione elettrodebole rimane unificata fino al tempo cosmico 10 s.

Alla fine dell'era i bosoni deboli che trasportano la forza debole (W e Zo) iniziano a separarsi dai fotoni, acquisendo massa. Se confrontiamo l'intervallo di temperature (e quindi di energia) che caratterizza questa era con quello delle altre ere, possiamo notare come sia estremamente ampio. Poiché in questo lasso di tempo non accade nulla di particolarmente rilevante molti fisici parlano di deserto di gauge (i modelli matematici che descrivono le interazioni sono teorie di gauge - leggi 'gheidg').


Era Adronica    10 s

Al tempo cosmico 10 s i gluoni colorati iniziano a legare permanentemente i quark formando gli adroni di massa maggiore (adronizzazione).

Si formano adroni ed antiandroni, con un leggero eccesso dei primi sui secondi come previsto dalle GUT.

Gli adroni più pesanti non sono stabili (oggi li creiamo artificialmente negli acceleratori) e man mano che la temperatura diminuisce decadono negli adroni più leggeri.

Al tempo cosmico 10 s iniziano a formarsi gli adroni più leggeri e stabili (protoni e neutroni).


Al tempo cosmico 10 s viene raggiunta la soglia dei protoni e termina l'era adronica.

Durante l'era adronica i fotoni erano in equilibrio termodinamico con gli adroni e la velocità di produzione era pari alla velocità di annichilazione.

Al termine dell'era adronica la produzione cessa, mentre continua l'annichilazione con formazione di fotoni.


Era Leptonica 10 s

Sotto la soglia termica dei protoni (10 oK) i fotoni possiedono ancora energia sufficiente per creare coppie leptone/antileptone (naturalmente le coppie leptone/antileptone si formavano anche in precedenza).

Il gas quantistico è ora formato da una miscela di fotoni, tauoni, muoni, elettroni con i rispettivi neutrini (e le rispettive antiparticelle) ed una piccola quantità di protoni e neutroni (inizialmente in egual numero), residuo dell'era precedente.

Man mano che la temperatura scende i leptoni più pesanti (tauoni e muoni) decadono nel leptone più leggero (l'elettrone). I neutrini tauonici e muonici invece si conservano e dovrebbero essere presenti ancor oggi in numero enorme nell'universo (qualche centinaio/cm3).

Durante l'era leptonica è previsto il disaccoppiamento dei neutrini dal fluido cosmico. Il momento del disaccoppiamento dei neutrini non è determinato in modo preciso poiché dipende dal tipo di interazioni che i neutrini producono con le altre particelle, non ancora completamente chiarito.


- Circa 10 s dopo il big bang, i fotoni non hanno più energia sufficiente per produrre coppie elettrone/positrone. Elettroni e positroni si annichilano producendo fotoni in numero enorme. Termina l'era leptonica ed inizia l'era fotonica.




Era fotonica 10 s

Il piccolo numero di elettroni che sopravvive è pari al numero di protoni sopravvissuto nell'era adronica (nell'ipotesi che la carica elettrica totale dell'universo, una grandezza che si conserva, fosse inizialmente nulla).


Durante i primi minuti dell'era fotonica si situa il periodo della nucleosintesi, durante il quale protoni e neutroni trovano le condizioni per fondersi formando in prevalenza He, tracce di Deuterio, Litio e Berillio.

Sopra i 10 °K (tempo cosmico 10 s) protoni e neutroni sono mantenuti in equilibrio termodinamico dall'interazione debole, attraverso processi di decadimento del tipo


Le reazioni di interconversione tra protoni e neutroni diminuiscono drasticamente sotto i 10 °K sia perché l'interazione debole diventa meno efficace a tali temperature (la velocità delle reazioni diventano minori della velocità di espansione) sia perché gli elettroni e i positroni necessari per tali reazioni si sono annichiliti nell'era precedente.


Da questo momento in poi l'unico processo che interessa l'equilibrio protoni/neutroni è il decadimento beta che fa decadere i neutroni isolati.


I neutroni isolati non sono infatti stabili e decadono in un tempo medio di circa 16 minuti (10 s). Il loro tempo di dimezzamento è di circa 11 minuti.


Il decadimento radioattivo presenta sempre una cinetica di primo ordine. Manifestano una cinetica di primo ordine quelle reazioni in cui la velocità è direttamente proporzionale alla concentrazione di un solo reagente, secondo una legge del tipo v = k[A]. Nel caso del decadimento radioattivo la velocità di decadimento è direttamente proporzionale al numero di N di atomi presenti v = lN. è la costante di velocità specifica che prende qui il nome di costante di decadimento radioattivo. misura la velocità di reazione unitaria (del singolo atomo in questo caso) e rappresenta pertanto la probabilità che un atomo decada nell'unità di tempo.

Più spesso viene utilizzata la relazione di velocità integrata che mette in funzione la concentrazione con il tempo di reazione t. Essendo infatti la velocità istantanea pari alla derivata della concentrazione rispetto al tempo

dove il segno meno è dovuto al fatto che in tal caso la velocità si esprime in funzione del numero di atomi N, decrescente col tempo, potremo scrivere

e riordinando

Integrando entrambi i membri si ha infine


Se ora indichiamo con

No = il numero iniziale di atomi al tempo t = 0

Nt = il numero di atomi residui al tempo t


La costante di integrazione si fissa ponendo l'istante iniziale pari a zero. Per t = 0 si ha quindi  

Il numero di atomi residui al tempo t sarà dunque


o, passando alla relazione esponenziale,


Per i processi di decadimento radioattivo si calcola generalmente il tempo di dimezzamento, cioè il tempo necessario affinchè il numero iniziale No di atomi si riduca ad una quantità Nt = No/2. Si avrà pertanto


Il reciproco di rappresenta la vita media di un atomo

Se infatti la probabilità che un atomo decada nell'unità di tempo è di 1/100, ciò significa che mediamente decade 1 atomo ogni 100 secondi. Possiamo allora affermare che mediamente ogni atomo sopravvive 100 secondi prima di decadere.

Osservando infine che

è possibile esprimere la vita media di un atomo radioattivo in funzione del suo tempo di dimezzamento


In realtà i neutroni riescono a salvarsi dalla completa distruzione perché dopo 3-4 minuti ( s) l'universo raggiunge una temperatura di 10 °K, sufficientemente bassa perché il deuterio che si forma dalla fusione di un protone con un neutrone sia stabile e non venga subito distrutto (come avviene a temperature più elevate) dall'urto con particelle troppo energetiche.


Sulla base della velocità di decadimento dei neutroni è possibile stimare che durante il periodo di nucleosintesi il rapporto neutroni/protoni doveva essere pari a 1/7.


Esistono dunque 2 neutroni ogni 14 protoni. Questi si salvano dalla completa distruzione formando deuterio e poi, molto rapidamente, elio. Poiché un nucleo di elio è formato da 2 protoni e da due neutroni, per ogni nucleo di elio che si forma rimangono altri 12 protoni (nuclei di idrogeno).

Si calcola dunque che il rapporto He/H che si forma deve essere 1/12 in numero e, poiché l'elio pesa praticamente 4 volte un atomo di idrogeno, 4/12 = 1/3 = 25/75 in peso (per ogni 100 g di materia vi sono 25 g di He e 75 g di H).


Attraverso considerazioni analoghe si può prevedere che debba alla fine sopravvivere 1 atomo di deuterio ogni 104-105 atomi di idrogeno. Quando dopo qualche minuto la temperatura scende sotto i 5 10 °K la nucleosintesi termina senza che si siano potuti formare elementi più pesanti degli isotopi dell'Idrogeno, dell'Elio, del Litio e del Berillio .


In generale le quantità dei diversi elementi leggeri formatisi durante la nucleosintesi, calcolati per via teorica, trovano buone conferme nelle misure odierne delle abbondanze degli elementi chimici nell'universo e costituiscono pertanto una delle migliori conferme sperimentali del modello del Big Bang.


Le abbondanze relative calcolate dipendono in realtà dal rapporto fotoni/adroni. I valori dati in precedenza sono stati calcolati per un rapporto fotoni/adroni pari a 10 . Ad esempio se il rapporto fotoni/adroni scende da 10 a 10 l'Elio varia da un 25% ad un 29% in peso, mentre il deuterio diminuisce drasticamente sotto il valore di 1 atomo di deuterio ogni 10 atomi di idrogeno (come abbiamo già detto in precedenza un minor numero di fotoni rende molto più efficienti le reazioni di fusione nucleare che trasformano deuterio in elio).


L'abbondanza di deuterio risulta essere la più sensibile alla variazione del rapporto fotoni/adroni e per questo motivo la misuro del deuterio cosmico è ritenuta di grande interesse come indicatore del rapporto fotoni/adroni nell'universo.

Poiché finora tutte le misure effettuate sull'abbondanza cosmica del deuterio hanno fornito valori intorno ad 1 atomo di deuterio per 104-105 atomi di idrogeno, gli astrofisici sono propensi a ritenere che il valore corretto del rapporto fotoni adroni debba essere proprio 10

Tale valore pone inoltre anche un limite ben preciso alla quantità di materia barionica che oggi deve trovarsi nell'universo. Poiché infatti la densità fotonica attuale è misurabile con ottima approssimazione (412 fotoni/cm ), i barioni devono essere 10 volte meno numerosi, pari a circa 4 10 per cm . Moltiplicando per la massa di un protone (1,67 10 g) otteniamo la densità barionica, espressa in grammi, compatibile con l'abbondanza misurata di Deuterio, pari a 6,9 10 g/cm


L'era fotonica termina assieme all'era della radiazione, convenzionalmente quando la densità di materia eguaglia e supera la densità di massa equivalente all'energia di radiazione al tempo cosmico 10 s.


Deve dunque essere . Se indichiamo con un pedice 'x' le grandezze cosmiche relative al momento in cui le due densità si eguagliano e con il solito pedice 'o' le medesime grandezze al momento attuale, possiamo scrivere (ricordando che  e )

dividendo membro a membro e ricordando che Poiché , allora , si ottiene


Poiché la densità attuale di materia ( o = 1,88 10-29 h2 per = 1) e la densità di massa equivalente alla radiazione (4,65 10-34 g/cm3) si possono misurare ed abbiamo già visto che il loro rapporto vale circa 104, se ne può dedurre che l'era della radiazione è terminata quando anche , cioè quando l'universo era circa diecimila volte più piccolo di quanto è attualmente. Se potessimo ricevere informazioni elettromagnetiche provenienti da quell'istante esse sarebbero caratterizzate da z 10.000. Tenendo poi presente che per la radiazione vale RT = cost deve anche essere  e quindi . Poiché attualmente To 3°K allora Tx 3 104 °K. Introducendo tale temperatura nella relazione si ottiene un tempo dell'ordine di 1011 s.



Era della Materia    10 s

Quando la temperatura dell'universo scende a circa 10 oK (3-5000 oK) il plasma di particelle che formava l'universo è sufficientemente freddo da poter dar vita ad un gas di atomi neutri. In precedenza i fotoni erano sufficientemente energetici da ionizzare immediatamente qualsiasi atomo neutro si formasse. Gli elettroni ed i nuclei si legano definitivamente attraverso un processo detto di ricombinazione.

Possiamo calcolare che ciò dovrebbe avvenire intorno a 10 s (circa 300.000 anni)


Gli elettroni perdono inoltre in tal modo la loro funzione di mantenere l'equilibrio termodinamico tra fotoni e materia. I fotoni si sganciano definitivamente dalla materia con la quale fino a quel momento scambiavano continuamente energia grazie alla mediazione degli elettroni. La separazione tra materia e radiazione è detta disaccoppiamento

Durante il disaccoppiamento la materia libera i fotoni che d'ora in poi condurranno vita autonoma. Si usa descrivere il fenomeno dicendo che la materia diviene trasparente alla radiazione.

L'universo che fino a quel momento sarebbe apparso ad un ipotetico osservatore completamente privo di luce, si accende con un flash rossastro. Si libera in tal modo la radiazione di fondo che oggi noi misuriamo ad una temperatura di 2,728 oK (con un'incertezza dello 0,03% che corrisponde a un DT = 0,008 °K e quindi a 2,728 0,004°K).


Dovendo essere  avremo che

Se ne deduce che il fondo a 3K si è formato quando l'universo aveva dimensioni mille volte inferiori alle attuali e presenta quindi z = 1000. Tale valore di red-shift costituisce quindi una specie di fotosfera cosmica dalla quale si è generata la radiazione di corpo nero che permea l'universo e rappresenta in definitiva una sorta di orizzonte ottico (o meglio elettromagnetico), oltre il quale non possiamo fisicamente andare. Non possiamo cioè sperare di osservare radiazione proveniente da oggetti con z >1000 poiché ciò significherebbe osservare fotoni che non si erano ancora disaccoppiati.


Le fluttuazioni casuali di densità presenti in seno alla materia, non più disturbate ed annullate dai fotoni, sono ora libere di crescere sotto l'effetto della loro stessa gravità. Ma per quanto il processo avvenga rapidamente i calcoli mostrano che non vi è tempo sufficiente per arrivare da queste alla formazione delle galassie. Si tratta di un problema ancora irrisolto all'interno del modello del big bang.


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