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Cosmologia newtoniana
Prima del '900 non si era mai tentato di applicare la meccanica newtoniana all'intero universo, essenzialmente perché vi era la ferma convinzione che l'universo fosse infinito e statico. E' invece facile verificare che se l'universo è soggetto ad un'unica forza attrattiva (la forza gravitazionale), su grande scala, questa non può che provocarne la 'caduta' verso il centro e quindi un movimento di contrazione.
Inoltre applicando le equazioni di Newton ad un universo infinito si va incontro al cosiddetto paradosso gravitazionale, per il quale la forza gravitazionale a cui è soggetto un corpo presenta un valore diverso a seconda del procedimento usato per calcolarla.
Immaginiamo ad esempio di costruire intorno ad un punto materiale P una serie di superfici sferiche concentriche che inglobino porzioni via via maggiori di universo (che ipotizziamo formato da un fluido materiale uniformemente distribuito).
E' facile dimostrare che l'attrazione gravitazionale netta che ciascun guscio di materia esercita sul punto è, per ragioni di simmetria, nulla. Se immaginiamo di costruire infiniti gusci intorno al punto P, la forza gravitazionale che ne scaturirà sarà comunque nulla.
Se ora proviamo a costruire i nostri gusci sferici in modo che il punto rimanga sempre sulla loro superficie, otterremo
In tal caso il punto P di massa m subisce una forza gravitazionale diretta verso il centro dei gusci che risulta direttamente proporzionale alla massa M contenuta in ciascun guscio e inversamente proporzionale al quadrato del raggio del guscio
In questo modo, se costruiamo infiniti gusci la forza gravitazionale risultante risulta essere infinita.
Il procedimento che porta a risultati fisicamente accettabili è quello di porre il punto sulla superficie di un guscio e di costruire i gusci esterni, in modo che siano concentrici al primo.
Per una proprietà della forza gravitazionale già dimostrata dallo stesso Newton, i gusci esterni non esercitano (per ragioni di simmetria) nessuna attrazione netta sul punto P, il quale 'sente' solo la massa contenuta nel guscio interno, come se essa fosse interamente concentrata nel centro.
Immaginiamo dunque l'universo come una sfera di raggio R, volume V = e massa M uniformemente distribuita. Si consideri ora una galassia di massa m posta sulla superficie di tale sfera, dotata di una velocità di recessione, secondo la legge di Hubble, pari a
La sua energia cinetica sarà pari a
e la sua energia potenziale
Per il principio di conservazione dell'energia, l'energia totale (cinetica + potenziale) deve rimanere costante durante l'espansione
La relazione 4) ci permette di individuare 3 casi che producono 3 differenti modelli cosmologici
L'energia cinetica supera l'energia gravitazionale. La forza gravitazionale non è in grado di fermare l'espansione la quale continuerà indefinitamente. L'universo si dice aperto.
L'energia gravitazionale eguaglia l'energia cinetica. Ci troviamo in una situazione di perfetto equilibrio. La forza gravitazionale non è in grado di fermare l'espansione. La velocità di espansione continuerà a diminuire, tendendo a zero senza però annullarsi. Anche in questo caso l'universo si dice aperto.
L'energia gravitazionale supera l'energia cinetica. La forza gravitazionale è in grado di fermare l'espansione. L'universo raggiungerà un punto di massima espansione, si fermerà e inizierà a contrarsi. L'universo si dice chiuso.
Possiamo osservare la stretta analogia con un proiettile che viene lanciato dalla terra. Se la sua energia cinetica supera o eguaglia l'energia gravitazionale esso è in grado di sfuggire al campo gravitazionale terrestre, in caso contrario è destinato a ricadere sulla terra.
Se la sua energia cinetica eguaglia l'energia gravitazionale entra in un'orbita parabolica intorno alla terra, trovandosi in una situazione di perfetto equilibrio dinamico.
La velocità che il proiettile deve avere in quest'ultimo caso è detta velocità di fuga e si calcola facilmente dalla condizione di eguaglianza tra Ec ed Ep
6)
Anche per l'universo possiamo calcolare una velocità di fuga. Non conoscendo la massa totale M ed il raggio R dell'universo è più conveniente esprimere tale velocità in funzione di variabili accessibili alla misura come la densità di materia e la costante di Hubble
Sostituendo nella 6) e ricordando che per la 1) si ottiene
8)
relazione che contiene solo variabili ( H e r) misurabili.
rc è la cosiddetta densità critica, cioè la densità che l'universo dovrebbe possedere affinché la sua energia cinetica (misurata dal valore di H) in un certo istante eguagli l'energia gravitazionale (misurata da r). Se ora sostituiamo ad H il valore attualmente misurato (Ho) otteniamo il valore attuale della densità critica.
Per un valore di Ho = 55 km/(s Mpc) la densità critica presenta un valore attuale di 5,67 10 g/cm
Utilizzando i valori estremi di Ho (50 e 100 km/s Mpc) la densità critica assume i valori 4,70 10 g/cm e 1,88 10 g/cm
In linea di principio potremmo pertanto sapere se l'universo è aperto o chiuso confrontando il valore della densità critica con quello della densità effettiva attuale (ro
Il modo più semplice per misurare la densità effettiva è contare il numero di galassie per unità di volume e moltiplicare per la massa media di una galassia.
Il numero medio di galassie per unità di volume sembra aggirarsi intorno a 2 10 per megaparsec cubico, pari a circa 2 galassie ogni 100 Mpc . La massa media di una galassia può essere desunta partendo dall'ipotesi che vi sia una proporzionalità tra luce emessa e massa della galassia. Assumendo per le galassie una magnitudine assoluta media M = - 21 e ricordando che il sole (la cui luminosità viene presa come unità di misura ed indicata come L erg/s) presenta una magnitudine assoluta pari a M = 4,9, la luminosità intrinseca media di una galassia è pari a circa L
Se poniamo uguale ad 1 il rapporto Massa-Luminosità del sole (M/L = 1) troviamo che tale rapporto vale mediamente per le galassie circa 10. Tale coefficiente ci permette di trasformare la luminosità media di una galassia in massa media, espressa in masse solari. La massa media di una galassia deve pertanto valere approssimativamente 2,2 10 M. Moltiplicando tale valore per il numero medio di galassie per unità di volume otteniamo una densità, espressa in masse solari, pari a circa M/Mpc
Ricordando infine che M g e che 1Mpc cm , possiamo calcolare la densità effettiva in g/cm . Essa risulta essere pari a circa 3 10 g/cm (valore già trovato da Oort nel 1958).
Tale valore è naturalmente un limite inferiore della densità effettiva poichè tiene conto solamente della materia visibile.
Le misure di densità effettiva danno dunque valori che si aggirano su 1/100 della densità critica. Se ciò fosse vero l'energia cinetica supererebbe l'energia gravitazionale e l'universo sarebbe destinato ad espandersi per l'eternità.
Vi sono comunque diverse obiezioni a questa conclusione.
In primo luogo il valore della densità critica dipende dal valore misurato di Ho che, come abbiamo già detto presenta un'elevata incertezza ( 50 - 100 km/s Mpc). In secondo luogo la densità effettiva che noi misuriamo tiene conto per lo più della materia visibile, quella che emette luce. Potrebbe esistere nell'universo, e la maggior parte degli astronomi ne è convinta, parecchia materia non emittente (materia oscura) che potrebbe contribuire in modo decisivo ad innalzare il valore di ro
Gli astronomi sono soliti indicare la densità dell'universo tramite il parametro di densità W, pari al rapporto tra la densità effettiva e la densità critica.
Naturalmente W potrà assumere i seguenti valori
W < 1 Universo aperto in espansione perpetua
W = 1 Universo aperto in espansione perpetua (critico)
W > 1 Universo chiuso destinato a collassare
Gli effetti della materia presente nell'universo possono essere descritti anche attraverso l'entità della decelerazione prodotta. Tale decelerazione viene espressa in cosmologia tramite un parametro detto parametro di decelerazione q.
Il parametro di decelerazione misura in pratica la velocità con cui il valore di H è diminuito al passare del tempo. In altre parole q è pari alla derivata di H rispetto al tempo e si può dimostrare che esso risulta legato al parametro di densità dalla relazione
Cerchiamo di ottenere una relazione che leghi R al tempo (legge oraria) per i 3 modelli di universo. Dall'equazione 4), riordinando
la quantità al primo membro è una costante.
Ponendo la 10) diventa
Il valore di k può variare in funzione delle unità di misura usate, ma non il suo segno.
Infatti se
Ep > Ec k > 0
Ep = Ec k = 0
Ep < Ec k < 0
In genere, per uniformare le diverse trattazioni si restringono i possibili valori di k a +1, 0, -1
Esprimiamo ora anche nella 10) la Massa e la Velocità in termini di variabili misurabili (r e H).
12)
La relazione 12) è analoga a quella che descrive lo spazio-tempo nella relatività generale. La differenza sostanziale sta nell'interpretazione fisica di R, k e r
Nell'approccio newtoniano R è il raggio dell'universo esprimibile attraverso unità di misura di lunghezza, r è la densità di materia e k è una misura dell'energia totale di una particella materiale, il cui segno ci permette di prevedere se essa è o meno gravitazionalmente legata.
Nell'approccio relativistico R è il fattore di scala, k è l'indice di curvatura dello spazio-tempo e r è la densità della massa-energia.
Di tali differenze parleremo in seguito, dopo aver analizzato il comportamento dinamico dell'universo nei tre casi individuati. Per ora si osservi che, essendo R sempre necessariamente positivo, sarà sufficiente calcolare il segno della quantità tra parentesi nella 12) per conoscere il segno di k (segno che dipende dai valori attualmente misurati di r e H).
Vediamo ora come evolve l'universo nei tre casi
Ep > Ec k > 0 W > 1
Per k positivo la differenza a secondo membro nella 11) sarà positiva per R molto piccolo (e quindi 2GM/R molto grande). Man mano che il raggio dell'universo aumenta, la differenza a secondo membro si fa più piccola (e con essa la velocità di espansione al primo membro).
Ad un certo punto R raggiunge un valore massimo che azzera la velocità. Per v = 0 si ha
Quando la velocità di espansione si è azzerata (e con essa l'energia cinetica) l'energia gravitazionale è libera di invertire l'espansione inducendo una diminuzione di R. L'universo si contrae fino ad azzerare nuovamente il suo raggio. La curva che si ottiene è una cicloide.
Ep = Ec k = 0 W = 1
Per k nullo la 11) diventa
ricordando che la velocità è la derivata dello spazio rispetto al tempo , possiamo riscrivere la 14)
che integrata porge
riordinando si ottiene
(che presenta la stessa forma della terza legge di Keplero)
Al crescere del tempo t il raggio dell'universo è quindi destinato a crescere indefinitamente secondo una legge oraria del tipo
Esprimendo nella 17) la massa M in funzione della densità di materia otteniamo la relazione che ci descrive come varia r con il tempo
Ricordando poi che in questo modello l'universo possiede esattamente la velocità di fuga e quindi ro rc W = 1), possiamo sostituire nella 18) r con il valore della densità critica trovato nella 9). Otteniamo
Se nella 19) sostituiamo H con il suo valore attuale (Ho = 55 km/s Mpc) troviamo il tempo (to) trascorso dall'inizio dell'espansione ad oggi in un universo in equilibrio dinamico (Ec = Ep
Questo modello di universo è l'unico per il quale è possibile calcolare il tempo effettivamente trascorso dall'inizio dell'espansione, poiché, ponendo la densità effettiva uguale alla densità critica, si può calcolare in modo preciso l'effetto frenante della materia sull'espansione.
Ep < Ec k < 0 W < 1
per k negativo la differenza a secondo membro nella 11) sarà sempre positiva, e sempre maggiore di zero sarà pertanto anche la velocità di espansione a primo membro.
La forma della legge oraria R(t) è diversa nelle fasi iniziali dell'espansione rispetto alle fasi successive.
All'inizio dell'espansione (t piccolo) R è molto piccolo e quindi . Essendo all'inizio dell'espansione k trascurabile rispetto a 2GM/R la 11) diventa la 14) e la legge oraria sarà quindi del tipo
Man mano che il raggio dell'universo aumenta sarà . Essendo a questo punto 2GM/R trascurabile rispetto a k, la 11) diventa
che integrata fornisce la legge oraria
Possiamo riunire i 3 modelli in un unico grafico
Come si può osservare un universo chiuso (k > 0) deve avere un'età indefinita inferiore a , mentre un universo aperto (k < 0) deve avere un'età indefinita compresa tra e
In sintesi dunque i 3 modelli consentono di descrivere tre tipi alternativi di universo in espansione. Essi dipendono essenzialmente da quanta materia è presente nell'universo. Nell'approccio newtoniano che abbiamo finora utilizzato possiamo immaginare che la presenza di materia nell'universo produca una forza gravitazionale di richiamo che diminuisce progressivamente la velocità di espansione
Il problema è analogo a quello della velocità di fuga per un corpo che si allontana dalla terra. Se infatti il corpo possiede una velocità maggiore di quella di fuga esso potrà allontanarsi definitivamente dalla superficie terrestre, se esso invece presenta una velocità inferiore alla velocità di fuga sarà destinato a ricadere su di essa.
Possiamo immaginare che anche per l'universo esista una velocità di fuga il cui valore dipenda dalla quantità di materia in esso presente.
Se dunque l'universo si sta espandendo con una velocità superiore alla sua velocità di fuga, la sua espansione sarà infinita. La sua velocità diminuirà per la presenza di materia, ma senza mai azzerarsi (universo aperto).
Se invece l'universo si sta espandendo con una velocità inferiore alla sua velocità di fuga, la sua espansione avrà termine. La sua velocità diminuirà fino ad azzerarsi e a quel punto l'espansione si trasformerà in una contrazione destinata a riportare tutta la materia in un unico punto (universo chiuso).
Esiste anche un caso intermedio. Se infatti l'universo possiede una velocità esattamente pari alla sua velocità di fuga esso si trova in una situazione di perfetto equilibrio tra energia cinetica ed energia potenziale che gli consente comunque una espansione perpetua. Anche questo è classificato come universo aperto. In quest'ultimo caso è possibile calcolare quale dovrebbe essere la densità che l'universo dovrebbe possedere per equilibrare esattamente la sua attuale velocità di espansione (che siamo in grado di stimare). Tale densità è detta densità critica. (rc
Naturalmente non conosciamo il valore della densità effettiva (ro) che ci permetterebbe di sapere quale dei tre modelli descrive effettivamente il nostro universo.
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