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PENSARE LA DITTATURA: FASCISMO, NAZIONALSOCIALISMO, COMUNISMO A CONFRONTO
I movimenti dittatoriali del fascismo e del nazionalsocialismo discendono da tre grandi matrici ideali del XIX secolo: conservatrice, nazionale, sociale.
Il collegamento con l'idea di Stato forte nazionale ha dato via libera all'ascesa di un "conservatorismo plebeo".
Il passaggio dell'idea di autodeterminazione nazionale da una connotazione di politica interna ad una di pol. Estera si trova in Treitschke e Mazzini. Ma col romanticismo politico questo si trasfoma nella tesi del primato del popolo.
In questa tesi sono implicite due forzature: l'oppressione interna delle minoranze politiche o etniche nel nome del popolo e la politica della missione espansionistico-imperiale.
In quasi tutti gli Stati si rafforzarono le correnti che esprimevano coscienza di una missione nazional-imperiale. In Germania Treitschke accentua il diverso valore dei popoli edelle razze e la particolare missione nazionale dei tedeschi. Questi popoli potevano richiamarsi alle glorie del passato.
Mazzini stesso rivendicava un'attiva politica coloniale dell'Italia in Africa settentrionale.
Le prospettive soprannazionali del nazionalismo si sono sempre dimostrate più deboli. Si fa strada l'idea dello Stato forte imperialista che travolge qualsiasi concezione nazionale al posto dell'immagine romantica iniziale.
In questo periodo nascono contromovimenti nazionalistico-dittatoriali che sotto la parole d'ordine del "socialismo nazionale" e del fascismo, si riallacciono alla prospettiva collettivistica e totalitaria. Anche il nazionalsocialismo aspira al ruolo di movimento operaio con forte accento sociale e nazionale. La sua origine nella Boemia dove era nato il Partito tedesco dei lavoratori è chiarificatrice.
La sua forza di
attrazione derivava dalla sua tendenza a mettere in risalto la forma nazionalistica della
comunità del popolo.
Certamente questa componente di sinistra è poi naufragata nell'assolutismo
dittatoriale di Hitler; la stessa cosa accade con Stalin però.
Senza la
qualificazione liberal-democratica il socialismo resta un grido di lotta al
quale tanti ideologi agganciano i loro desideri.
Profonda differenza tra fascismo e nazionalsocialismo: nel fascismo abbiamo
ideologia nazional-imperale della missione con risvolti socialisti, lo Stato
forte come valore assoluto; nel nazionalsocialismo una ideologia di
integrazione etnico-antisemita, come valore supremo la razza nordico-germanica.
Entrambi sono antimarxisti e anticapitalisti.
Il loro carattere di ideologia composita e di lotta con pretese
metascientifiche è ciò che li distingue nettamente dal marxismo.
Il carattere confuso dell'ideologia, accavalla elementi tradizionali e rivoluzionari, populisti e sociali, autoritari e totalitari.
L'elemento tradizionale: nel fascismo l'idea imperiale romana e lo Stato unitario nazionale monarchico come attuazione del Risorgimento; nel nazionalsocialismo il "Reich" germanico di nazione tedesca, concetto medioevale dell'impero.
L'elemento rivoluzionario: eliminazione di tutte le forze tradizionali in maniera pseudolegale e violenta e il rivoluzionamento della struttura di potere e sistema dei valori.
L'elemento populista: conquista e manipolazione pseudodemocratica del consenso.
L'elemento sociale: accento sulle forme ugualitarie e sulle organizzazioni collettive, su una "comunità popolare" al posto della società di classe e della lotta di classe.
L'elemento autoritario: struttura elitaria delle forme decisionali, una cultura della qualità opposta a una civiltà della quantità.
Totalitario il concetto dell'identità assoluta del capo e del popolo, del partito e dello Stato.
Nel fascismo la permanenza della chiesa e della monarchia hanno impedito che si giungesse alla pseudoreligiosa totalità della dittatura del capo nazionalsocialista.
Comunismo: ciò che
conferiva all'ideologia la sua forma politica reale, erano gli adattamenti alla
strategia rivoluzionaria di Lenin al potere. Questa forma era allo stesso tempo
autoritaria (elite del partito) e totalitaria (culto di Lenin e Stalin). Reali
erano la collettivizzazione forzata, la struttura paramilitare, la
sottomissione dell'individuo e la persecuzione di tutte le deviazioni.
Il tecnicismo modernizzatore sotto Stalin favorì il rafforzamento del potere.
Finché la rivoluzione mondiale rimase all'ordine del giorno e finché il nemico
di classeinterno, l'ideologia richiese la lotta continua e la terminologia
militante dei programmi non si allontanò molto dalla propaganda
nazionalsocialistaca.
Anche qui troviamo varie caratteristiche
Tradizionale: nesso con i metodi zaristi, oppressione all'interno e grande potenza all'esterno.
Rivoluzionario: manipolazione pseudolegale dei Consigli (soviet) al di sopra dello Stato; dopo, l'attuazione totale della dittatura del partito.
Populista: pretesa democratica del comunismo e l'estorsione del consenso.
Sociale: portare il socialismo a tutti coloro che lavorano; tuttavia alcuni erano "più uguali", la nuova classe di rivoluzionari al potere.
Autoritario: la volontà del partito e dei suoi capi veniva formata e attuata dall'alto verso il basso.
Totalitario: l'ideologia dell'identità del capo e partito, del proletariato e del popolo; permanenza dell'idea della lotta di classe.
Il comunismo rappresentò la prima e più originale sottospecie del totalitarismo. Si riallacciava alla Rivoluzione francese nella fase più radicale, giacobina.
Il punto essenziale è la dilatazione mostruosa dell'idea della dittatura del proletariato, la quale è una concretizzazione della dittatura del partito e della elite dirigente (che sa tutto). Totalitaria è la triplice pretesa ideologica: dittatura per il popolo ma non attraverso il popolo, ma attraverso il partito che attraverso l'elite che si autoelegge tale governa senza limiti costituzionali effettivi.
A ciò si aggiunge la pretesa di modellare mediante l'arruolamento di tutta la popolazione, attraverso uso massiccio dei nuovi mezzi tecnologici. Questi mezzi permettono l'aspirazione alla cattura monocratica dell'intera società.
E' soprattutto l'inversione del ruolo del partito nelle dittature ad assumere un'importanza strategica per la teoria e l'ideologia; il partito autoritario-totalitario è la sintesi di tutti i processi di trasmissione sociopolitico. E' partigiano nel senso che abbraccia e realizza interamente la volontà del popolo.
Naturalmente si è sempre chiesto che grado di fede gli ideologi stessi avessero della loro politica. Spesso si è notato il disincanto, anzi il disprezzo di vasti strati popolari nei confronti elle formule ideologiche.
Nel passato l'ideologizzazione non ha mai toccato punte così alte come quella moderna, perché questa è ideologizzazione della volontà generale.
Questa ideologizzazione esige obbligatorietà totale e religiosa dei valori e degli obbiettivi politici: il consenso assoluto come costrizione alla collaborazione permanente.
Con essa sembrano superati il grande dubbio e la critica nei riguardi della fee progressista individualistico-liberale.
Il metodo dialettico, per il suo carattere pseudoscientifico, si presta all'ideologizzazione ancor meglio del volontarismo irrazionalistico delle Weltanshauungen fascista o nazionalsocialista. Esso trovava adesioni intellettuali maggiori.
Il punto essenziale era l'"inversione di valori" formulata da Nietzsche. I tre temi ora sono: la lotta per i valori; l'importanza di singoli teorici; l'idea della guerra come rottura dell'idea di progresso nel periodo tra le due guerre.
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