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Nascita mitologica dell' Europa




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Nascita mitologica dell' Europa

Il termine "Europa" nasce in zona greca, nel periodo classico quando ci si riferisce ad un personaggio mitologico, una delle nereidi; figlia dei Titani Oceano (dio del mare) e Teti. Ella viveva a Creta, dove fu vista da Giove che se ne innamorò follemente. Giove vide questa fanciulla, immagine stessa della giovinezza e della bellezza, mentre coglieva dei fiori e per conquistarla si trasformò in un toro bianco con una striscia nera in mezzo alle corna; raggiunse la riva dove giocava con le altre ninfe, ed Europa constatatene la mansuetudine, montò sulla groppa del toro il quale ben presto rivelò la sua natura non bestiale ma umana, cioè divina e umana nello stesso tempo, dal loro amore nacquero: Minasse, Radamanto e Sarpedone; Europa partorì la stirpe cretese che è il crogiolo da cui sono nate tutte le civiltà della Grecia classica.

Questa leggenda è raccontata da Esiodo nel "Catalogo delle donne" (γυναικών κατάλογος) nei frammenti 67 e 67b.

Sono due le più accreditate analisi etimologiche della parola:

in semitico, vorrebbe dire: "terra della sera" o "terra del tramonto"

in greco, "occhi che riesce a vedere lontano"


Aurora dell'idea di Europa nei greci.

Dal 500 al 449 a.C. la Grecia fu caratterizza da un periodo di guerra con l'Impero Persiano.

Il criterio principale di differenziazione è quello di libertà politica, ellenica, contrapposta alla tirannide asiatica; e la libertà significa partecipazione di tutti alla via pubblica (onde si hanno cittadini, non sudditi) e vivere secondo le leggi, non secondo l'arbitrio di una persona, si veda Aristotele, dove gli Asiatici vivono abitualmente in sudditanza e servitù, mentre i Greci vivono continuamente in libertà.

Bisogna tenere ben presente questa distinzione, destinata ad influire nei secoli: che da allora all'idea di Europa si assocerà quella di libertà, all'idea di Asia quella di servitù.

Certo è che fra il V e il IV sec. a.C. sorge una coscienza europea (od occidentale) contro una asiatica (orientale). E se all'inizio essa sorge come coscienza di difesa, più tardi acquista anche carattere di offesa, espansionistico .


La conquista romana della civiltà dei Greci

Roma è l'erede della civiltà greca, osserva giustamente il poeta Orazio "Graecia capta ferum vincitorem cepit".

La Grecia fu una delle province chiave dell'Impero romano. La cultura romana si ellenizzò e la lingua greca continuò a servire da lingua franca in Oriente. Roma dal canto suo portò in Grecia il proprio diritto, le proprie istituzioni politiche e la propria tecnologia civile (ponti, strade, anfiteatri ecc.) e militare. Molti intellettuali greci (Polibio, Dionigi di Alicarnasso, Elio Aristide, Plutarco), si recarono a Roma e ne celebrarono le glorie. Dal canto loro numerosi patrizi romani (primo fra tutti Cicerone) amavano soggiornare in Grecia, attratti dal suo prestigioso passato e da una vita culturale, che si mantenne viva durante tutta l'età imperiale. La pax romana permise alla Grecia di continuare a prosperare economicamente e socialmente fino alla vigilia delle invasioni barbariche.


La Grecia nel 146 a.C. diventa protettorato romano,

Consistenza geografica dell'Europa.


"Il nome Εύpωπη designava in origine la Grecia centrale (omissis). Ben presto venne esteso all'intera Grecia continentale e, verso il 500 a.C., all'interno del continente situato al di là di essa. Il confine tra il continente europeo e l'Asia era generalmente fissato al fiume Don. Omero aveva una vaga conoscenza di misteriose regioni ad Ovest e a Nord, ma le sue informazioni non andavano oltre la Grecia a Nord e la Sicilia ad occidente. Le terre europee bagnate dal Mediterraneo vennero colonizzate principalmente dai Greci tra l'800 e il 500 a.C. Le coste dell'Atlantico e le isole dello stagno furono scoperte dai Fenici; Pitea circumnavigò la Britannia (omissis). L'esplorazione dell'Europa per via di terra fu opera soprattutto degli eserciti romani. Questi completarono l'esplorazione cartaginese della Spagna; sotto Cesare scoprirono la Gallia; sotto i generali di Augusto, M. Crasso, Tiberio e Druso, aprirono i Balcani, la catena delle Alpi e il bacino del Danubio. I commercianti romani riscoprirono la via dell'ambra da Vienna al Baltico, e la conquista di Traiano rivelò i Carpazi. Tiberio e Druso occuparono anche la Germania occidentale fino all'Elba, ma la Germania centrale rimase al di fuori dell'Europa conosciuta"[1].

In origine le terre appartenenti al continente europeo sono più propriamente le mediterranee: l'Italia, le coste della Gallia e della penisola Iberica e la Grecia. Più in generale il concetto di Europa si estendeva quanto più il continente veniva conosciuto, geograficamente l'impero Romano raggiunse la sua massima espansione sotto Traiano (98-117 d.C.).

Si può ben dire che l'impero romano fu l'Europa antica, oltre il limes vi erano le popolazioni abitate dai Barbari, in pratica tutte le popolazioni che non parlavano il latino, mutuando il significato dal greco . La stessa sillaba ripetuta che forma la parola (bar-bar) fa riferimento ad un suo altro significato affine: balbettante, per prendere in giro i tentativi degli stranieri di parlare in greco.

Da qui nacque la distinzione tra Grecia e barbari. Successivamente, con l'ellenismo, il significato venne a modificarsi: ogni uomo partecipe della cultura e della cività ellena è elleno, gli altri sono barbari incivili.

Medesimo significato assunse la parola 'barbaro' anche a Roma.

Il cristianesimo ha utilizzato il termine barbaro nella sua accezione ellenica: l'apostolo Paolo lo usa nel Nuovo Testamento (Lettera ai Romani 1:14) per indicare i non-greci o chi semplicemente parla una lingua diversa (Prima lettera ai Corinzi 14:11).

Greci e barbari per Paolo si distinsero rispettivamente per sapienza ed insapienza, ma Taziano[2] pone in rilievo la superiorità della cultura dei barbari (cioè gli Ebrei) rispetto a quella vana dei filosofi greci.

Poiché con il IV secolo l'Impero Romano iniziò a divenire cristiano, barbaro cominciò ad assumere il significato di non romano (giacché non cristiano). Ma anche gli scrittori pagani del periodo, come Eutropio ed Ammiano Marcellino usano il termine con questo significato, essendo questi non-romani estranei all'Impero e considerati inferiori per civiltà, il fattore culturale rinasce di nuovo. In questo periodo barbare per antonomasia furono quelle popolazioni (Vandali, Eruli, Unni, Visigoti, Ostrogoti, Goti, ecc.) che dalle loro terre di origine, solitamente localizzate nell'Europa settentrionale, scesero a ondate nell'Impero.


La volontà di impero dei Romani

Tu regere imperio populos, Romane, memento

(hae tibi erunt artes), pacique imponete morem,

parcere subiectis e debellare superbos.

Virgilio, Eneide VI, vv 851-853

Abi, nuncia, inquit, Romanis coelestes ita velle, ut mea Roma caput orbis terrarum sit.

Tito Livio, Ab Urbe Condita, I, 16,7

Il poeta e lo storico augustei, danno una giustificazione  del loro imperialismo facendosi portavoce di una convinzione comune alla loro epoca, cioè che l'Urbe sia stata designata provvidenzialmente ad essere capo e guida del mondo. In questa idea culmina il processo di autocelebrazione patriottica maturato nella letteratura latina a partire da Nevio, Ennio e Catone e supportato dalle teorie di stampo stoico, nel fervore dell'espansionismo repubblicano. Così la coscienza della superiorità del popolo romano e della sua missione universale legittima spesso, anche a livello ufficiale, interventi brutali e stragi efferate nei confronti dei nemici riottosi e ribelli.

Di qui la famosa sentenza Tacitiana:

"Auferre trucidare rapere falsis nominibus imperium, atque ubi solitudinem faciunt, pacem appellant".

(De vita et moribus Iulii Agricolae, 25-38)

Passando al periodo cristiano la consueta valutazione positiva dei Romani rispetto ai Barbari, viene completamente rovesciata. Se per gran parte degli scrittori i barbari erano poco più che animali, per Salviano: la bestialità abita invece tra i sudditi dell'impero (n.b. dal 212 d.C. dopo la Constitutio Antoniana, emanata da Caracalla, tutti gli abitanti liberi dell'Impero diventarono cittadini romani).

L'unità dell'Impero: le strade.

Le strade romane sono state costruite da Nord a Sud del continente con uno stesso criterio, da quelle che portano fino alle regioni più lontane e ai confini più remoti dell'impero. La caratteristica di queste strade edificate è di essere state realizzate sempre con la massima cura; si diceva che i romani, come i greci, costruivano eis aei, e infatti nei secoli del periodo tardo antico e alto medioevale queste strade sono ancora servite a lungo.

Fino ai confini dell'Impero: i limes.

Da una parte vi era Roma dall'altra vi erano le terre selvagge, i limes erano la più remota linea di confine tra la civiltà e i barbari. I limes potevano essere sia costruzione difensive fortificate (cfr. Vallo di Adriano e di Antonino in Britannia e Scozia) ma anche essere costituiti da barriere naturali (cfr. le linee di confine sul Reno e sul Danubio).

La decadenza dell'Impero e sua disgregazione.

Solitamente quando si parla di decadenza dell'Impero Romano si fa riferimento alla "caduta dell'impero romano" dove si indica come data il 476 d.C. quando Odoacre re gli Eruli depone il giovane imperatore Romolo Augustolo, invia le insegne romane all'imperatore d'Oriente Zenone e si propone come legato imperiale. In realtà questa analisi risulta superficiale e inesatta, la crisi di Roma ha profonde radici, cha vanno dalla corruzione dei costumi, dalle continue invasioni barbariche, etc. ma non è questa la sede per affrontare tale problema, basti sapere che ad un certo punto per svariati motivi l'Impero perde la sua unità, non è più un unico corpo sociale e a nulla valsi i tentativi di è valsa la vana reductio ad unum di Giustiniano.

L'eredità della cultura latina:


Per quanto l'Impero romano fosse ormai scomparso, immortale rimase la sua civiltà. Esso era riuscito ad unificare politicamente quasi tutti i popoli del mondo antico, sottoponendoli ad unica legge e diffondendo ovunque i benefici della Pax Romana, e il geni pratico dei romani aveva costruito strade, ponti, acquedotti, terme, teatri in tutte le regioni dell'occidente e dell'Oriente, portando ovunque sicurezza e benessere.

Per questo motivo Roma divenne nella storia universale dei popoli civili, il supremo simbolo del diritto, dello stato forte ed egualitario, dell'arte di governo.




Informazioni tratte da: DIZIONARIO DI ANTICHITA' CLASSICHE DI OXFORD, a cura di HAMMOND E SCULLARD, ed. Paoline, 1981

apologeta del II secolo nato in Siria

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