LE SCELTE DI POLITICA INTERNA DI GIOLITTI
Tra le
iniziative politike di Giolitti la più importante fu l'ampliamento del diritto di
voto (1912), ke venne esteso a tutti i cittadini di sesso maskile di oltre
21 anni (di oltre 30 se analfabeti) e ke consentiva una maggiore partecipazione
delle classi popolari. Egli era infatti un sostenitore della collaborazione tra le classi sociali
affinkè la politica cessasse di essere a favore esclusivo delle classi
abbienti. Deciso a portare avanti una gestione personale della politica,
Giolitti si destreggiò fra gli opposti partiti, appoggiando ora gli uni, ora
gli altri (trasformismo) e non esitò
a ricorrere perfino all'intimidazione
che, con l'appoggio di prefetti e della polizia ke eliminarono possibili
avversari, gli permise di creare una Camera di deputati a lui fedeli e di
garantire in tal modo la stabilità del governo → aspra critica da parte
dello storico socialista Salvemini.
Allo scopo di frenare le frange più estremiste del socialismo, Giolitti accolse
alcune rivendicazioni del Partito
Socialista, scelta ke senz'altro contribuì al progresso del Paese, anke
grazie al miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori. In questo modo
egli cercò un accordo con il Partito Socialista ke puntava ad un piano di
collaborazione e le allontanava dalle tentazioni rivoluzionarie. (Invito ad
entrare nel suo partito a Filippo Turati ke rifiutò). In seguito ad uno sciopero generale nel 1904 e alle
conseguenti elezioni ke videro l'indebolimento dell'estrema sinistra, il
Partito Socialista si avvicinò alla politica di Giolitti ke cercò l'appoggio
dei cattolici, contro il "pericolo
rosso". L'ideologia atea e anticlericale del PS, il suo linguaggio eversivo e
la violenza degli scioperi, indussero il pontefice Pio X ad attenuare l'intransigenza vaticana nei riguardi del Regno
d'Italia e ammorbidire il Non Expedit
d Pio IX ammettendo la partecipazione dei cattolici elle elezioni politike. L'intesa
con le forze cattolike sfociò in un accordo segreto (patto Gentiloni, 1913), in base al quale i cattolici avrebbero
sostenuto alle elezioni i deputati liberali (laici) in cambio dell'abbandono
della politica anticlericale. All'interno del cattolicesimo italiano intanto,
si veniva precisando un orientamento liberale, aperto ad una visione
progressista e sociale della politica attraverso ●libertà sindacale,
●ampia legislazione sociale, ●riforma tributaria,
●decentramento amministrativo, ●allargamento del suffragio
elettorale. Il principale esponente di questa linea fu il sacerdote Romolo Murri, fondatore di un movimento
(ke verrà poi kiamato "Democrazia
Cristiana") aperto ai problemi sociali in vista di una conciliazione tra
socialismo e religione attraverso la formazione di un'ampia rete di organismi
politico-sindacali. Questo movimento xò non trovò il consenso del pontefice ke
volevano evitare pericolose autonomie e mantenere i fedeli nell'ambito di un
cauto appoggio dei deputati liberali; x questo Murri, dopo essere stato eletto
deputato nel 1904, venne sospeso e poi scomunicato nel 1990. Anke il sacerdote
siciliano Luigi Sturzo cercava di
qualificare la partecipazione cattolica alla politica creando un partito di
carattere democratico e popolare, autonomo dall'autorità
ecclesiastica e capace di aggregare i ceti più deboli sulla base dei valori
cristiani. Di ispirazione cattolica era anke il movimento sindacale legato a Guido Miglioli e alle leghe bianke, attive nelle campagne
attraverso l'organizzazione di casse rurali e associazioni contadine.