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John Locke




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John Locke


Altro grande teorico del giusnaturalismo. Massimo teorico del liberalismo moderno, considerato il filosofo della libertà.


Nato nel 1632, (come Spinoza), morì nel 1704. Visse nel contesto della II rivoluzione inglese, che portò alla cacciata del tiranno Stuart, Giacomo II a seguito della venuta in Inghilterra del Principe Olandese (D'Orange) al quale viene chiesto da alcuni nobili inglesi di venire in Inghilterra e di insediarsi come Re.

Siamo nel 1688-1689.


Per la prima volta un esercito straniero invade l'Inghilterra, arrivando fino a Londra e oltre.


Locke non fu un politico fin da giovane, la sua carriera politica fu dovuta a cause accidentali.


Studiò ad Oxford ed era interessato alla medicina. Ad un certo momento della sua vita ebbe l'onore di conoscere uno dei grandi politici dell'Inghilterra del tempo: Lord Ashley, in seguito Conte di Shaftesbury, fondatore del partito Whig , gli odierni laburisti inglesi, la sinistra del Parlamento inglese.

Egli lo prese accanto a sé come confidente. Un aneddoto molto importante tra i due, si riferisce ad una operazione chirurgica che coinvolge Lord Ashley. Una operazione al fegato, molto delicata per quel periodo, presieduta da Locke. L'operazione riesce brillantemente e Lord Ashley da quel momento pensa di dover la vita a quel giovane medico, introducendolo nella vita politica, insegnandogli l'arte politica ed introducendolo nel Parlamento Inglese.


Cambia quindi la sua vita. Nel 1683 entrambi vengono coinvolti in una congiura di palazzo, mirata a cacciare il Re. La congiura però viene scoperta e i due sono costretti a fuggire in esilio in Olanda. Dal 1683 a 1689 Locke visse nella Repubblica delle Nazioni Unite, una realtà molto libera e tollerante. In questo ambiente egli concepisce l'opera politica di cui parleremo, i due trattati sul Governo, che furono pubblicati nel 1690, subito dopo la rivoluzione inglese, quando Giacomo II venne rimosso e sostituito con Guglielmo D'Orange che prese il nome di Guglielmo III.


Si tratta di un trattato dal tenore giusnaturalistico che prende spunto dal contesto storico. Soprattutto dal contesto di contrasto politico istituzionale di due importanti organi: la Corona, titolare del potere esecutivo ed il Parlamento, titolare del potere legislativo. Questa, almeno in teoria, era la suddivisione dei poteri in Inghilterra, in realtà suddivisione molto criticata da entrambe le parti che volevano possedere entrambi i poteri.


Locke è il padre del Liberalismo Il liberalismo è una dottrina politica che nasce nel XVII secolo e che trova in Locke, Montesquie e Tockeville i suoi massimi esponenti.


Il liberalismo è la dottrina politica che pone al centro, la libertà come valore principale. Per i socialisti, questo valore sarà invece l'uguaglianza.


I due trattati sul Governo


Hanno uno scopo ben preciso, in particolare di criticare e confutare l'opera di Robert Filmer, scritta nel 1680: il Patriarca. In questo trattato Filmer difendeva il potere assoluto dei Re in quanto ricevuto direttamente da Dio attraverso Adamo, da Adamo ai padri delle famiglie, per arrivare fino ai Re attuali, quelli del '600.


Primo trattato.

Locke impiega tutto il primo trattato sul governo per confutare questa opera. Secondo Locke non esiste questo diritto divino dei Re, il potere deriva da una concessione fatta dal popolo.


Secondo trattato.

Il secondo trattato sul Governo, invece, si occupa più diffusamente della politica, dello stato di natura, del contratto sociale e del rapporto tra l'individuo e lo Stato.


Innanzitutto Locke sostiene che il potere nasce da un atto volontario, non nasce per diritto divino. Egli si chiede come si possa dimostrare che il potere degli attuali Re d'Europa deriva dal potere dei primi patriarchi della storia. Ci sono stati tantissimi passaggi di consegne nella storia. Molto semplicemente è impossibile risalire così addietro nella storia dal poter stabilire una discendenza diretta per esempio tra Abramo e i suoi figli e Luigi XIV.


Bisogna invece analizzare da un punto di vista della ragione l'origine e lo sviluppo delle società politiche.


Lo Stato di Natura.


Lo stato di natura di Locke è assai differente da  quello di Hobbes.


Secondo quanto affermato da Hobbes, gli uomini allo stato di natura erano in uno stato di inimicizia perpetua, in uno stato di assenza del diritto, tutti avevano diritto a tutto, dove, in pratica, ad un qualsiasi diritto, ogni altro individuo può opporre un diritto identico e opposto.


Nello stato di natura di Locke, invece è possibile parlare di diritti naturali, ai quali ogni individuo ha diritto più di altri e che un uomo può opporre a tutti gli altri.


Lo Stato di Natura è uno stato di perfetta libertà e perfetta uguaglianza (questo anche per Hobbes). Nello stato di natura, ognuno è in grado di agire come vuole.


Di sicuro, esiste un diritto inalienabile alla auto-conservazione, a preservare la propria vita, che è uno dei principi fondamentali dei Giusnaturalisti.


Il fondamento del diritto alla auto-conservazione si trova, secondo Locke, in Dio. Essendo tutte creature di Dio, la vita non ci appartiene, la nostra vita appartiene a Dio, per cui noi non possiamo disporne. Questo sarà un argomento che servirà a criticare la concezione di Hobbes della trasmissione di tutti i diritti naturali al sovrano.


Da questo diritto assoluto e incedibile alla auto-conservazione, Locke fa derivare il diritto alla auto-tutela: il diritto di difendersi dalle aggressioni di altri individui. Poiché ciascuno ha il diritto di conservare la propria vita, di conseguenza, ogni qual volta questa è in pericolo, egli acquisisce il diritto a difenderla con la forza.


Bisogna però distinguere questo diritto con il diritto alla riparazione del danno subito. Ciò significa che, se ad esempio io desidero la cosa di un altro e cerco con la forza di appropriarmene, si tratta di una violazione del diritto di proprietà. In questo caso, nello stato di natura chiunque può unirsi alla parte offesa per difenderlo dal violatore, però, solamente la persona offesa ha il diritto di richiedere successivamente la riparazione del danno subito.


Diritto di proprietà


Molto importante nello stato di natura è il Diritto di Proprietà.


Mentre per Hobbes, qualsiasi atto di forza nello stato di natura è sempre giusto visto dagli occhi di chi lo commetteva, invece, in considerazione del fatto che, per Locke, esistono i diritti naturali, esiste nello stato di natura una forza giusta e una forza ingiusta.


La forza ingiusta è quella che viene commessa in violazione del diritto di proprietà o del diritto alla auto-conservazione.


Il diritto di proprietà è per Locke il diritto fondamentale. Locke è il teorico che, in maniera più sistematica di altri, ha iniziato a teorizzare l'idea del diritto alla proprietà privata.


L'uomo ha un diritto assoluto sulle cose che lavora. Infatti il pensiero di Locke è stato interpretato come la difesa del ceto medio inglese, la borghesia, che nel '600 stava cercando di far valere questo diritto proprio contro la nobiltà e contro il sovrano.


Riguardo il diritto di proprietà egli fa il seguente ragionamento: certamente l'uomo possiede il diritto di proprietà. Ma come si compra questo diritto di proprietà ?




Per rispondere a questa domanda, Locke fa l'esempio del fiume :


"è chiaro che l'acqua presente in un fiume che scorre è di tutti, invece la stessa, raccolta da un uomo che la porta in una brocca verso casa, è sua. Questo è evidente. Ma quale è il momento in cui l'uomo che porta l'acqua ne diviene proprietario ?"


Locke, in risposta a queste domande, afferma che ciò che legittima la proprietà è il lavoro che l'uomo trasmette in queste cose. Ovvero, con il suo lavoro, l'uomo trasferisce una parte di se stesso, una parte della sua energia nella cosa che sta lavorando. Per cui il frutto del suo lavoro sarà oggetto di proprietà privata, in quanto il lavoro genera un diritto superiore a quello degli altri, quindi, è evidente che su un pezzo di terreno che un uomo ha lavorato per mesi, egli ha un diritto più importante degli altri, anche nello stato di natura.


Quindi non è assolutamente vero che nello stato di natura tutti hanno lo stesso diritto. Il lavoro legittima il diritto di proprietà.


Questo è anche il motivo per cui, la volontà di un soggetto di appropriarsi di qualcosa di altri, genera una forza ingiusta: la persona che ha lavorato il campo ha un diritto superiore rispetto a tutti gli altri.


Locke descrive l'evoluzione del diritto di proprietà e delle relazioni economiche tra gli individui.


La prima forma di commercio fu il baratto, scambio di merce contro altra merce. Il baratto però aveva alcuni inconvenienti, primo fra tutti il fatto che molti beni si deteriorano o decompongono.

E' ovvio che nello scambio tra carne e noci, per esempio, la carne ha una durata inferiore.


Altro inconveniente è la indivisibilità di alcuni beni, come nel caso di uno scambio tra noci e una pecora, questa è indivisibile viva.

Tutta una serie di inconvenienti, quindi, che hanno portato alla cessazione del baratto e alla creazione di una merce che potesse durare nel tempo, ampiamente divisibile e una merce di cui tutti dovrebbero avere necessità: il denaro.


Il problema però è che la moneta ha generato il fenomeno dell'accumulo di capitali. Quindi, è accaduto che, se prima l'uomo, secondo Locke, aveva diritto di proprietà sull'oggetto del proprio lavoro, quindi, ad esempio, un uomo aveva diritto a quella parte di terra che nella giornata riusciva a lavorare, e questo dava la possibilità a tutti di avere una propria parte di terra, proprio per il fatto che la parte che ognuno riusciva a lavorare era chiaramente limitata, ora, con l'introduzione della moneta, si generano grandi capitali, e di conseguenza la possibilità di acquisto di grandi proprietà di terre. Conseguentemente, l'idea che il diritto di proprietà sia legato al frutto del proprio lavoro giornaliero, comincia a creare dei problemi.


Si creano, di conseguenza, le grandi ricchezze, che generano i ricchi e i poveri. Locke è abbastanza critico sul concetto di ricchezza e di terra. E' proprio per questo che egli non è propriamente un difensore del liberalismo più sfrenato come alcuni critici hanno voluto far vedere.


Nascita dello Stato, passaggio dallo stato di natura allo stato civile.


Successivamente allo stato di natura, si passa allo stato civile mediante un contratto.


Perché gli uomini allo stato di natura si mettono a creare lo stato, la società politica o civile ?


Perché anche per Locke, come per Hobbes, lo stato di natura, ad un certo momento non regge più: diviene uno stato di guerra.


Il problema secondo Locke, riguarda proprio il diritto alla auto-tutela e alla punizione delle violazioni del diritto naturale alla proprietà. Abbiamo detto che ciascuno può punire le violazioni che avvengono a questi due diritti. Quindi ciascuno nello stato di natura è giudice di se stesso, allora il rischio è quello di abusare del diritto di punire chi, secondo me, ha violato i miei diritti. Il problema, quindi, secondo Locke, è che ognuno dovrebbe punire l'altro in proporzione al danno subito, e così dovrebbe essere, nel caso in cui gli uomini fossero razionali. Il fatto di essere ciascuno giudice di se stesso, dice Locke, porta allo stato di guerra e di conflitto, in quanto manca proprio quella razionalità che fa si che il danno procurato venga punito con la giusta proporzione.


Si arriva proprio allo stato di guerra in quanto il diritto di natura è "certo", ma il godimento di questo diritto è "incerto", proprio perché non c'è nessun arbitro, nessun giudice tra le parti: ognuno è giudice di se stesso. Per questo è necessario che gli individui cedano la facoltà di essere giudici di se stessi ad un'altra autorità, lo Stato o il sovrano, creando una associazione che possa meglio garantire i loro diritti naturali che possedevano nello Stato di natura.


Si crea quindi un contratto attraverso il quale gli uomini escono dallo Stato di Natura. Però, secondo Locke, diversamente da Hobbes, gli uomini non cedono tutti i loro diritti al sovrano. Assolutamente.


Al contrario, lo Stato nasce proprio per garantire quei diritti che c'erano nello stato di natura: la proprietà e l'auto-conservazione. Quindi l'individuo tiene questi diritti e non li cede allo Stato, egli cede unicamente la facoltà di essere giudice di se stesso.


Quindi, vediamo che, siccome l'uomo conserva alcuni diritti, è ovvio che conserva anche la facoltà di giudicare se il sovrano li ha violati oppure no. Lo stato nasce quindi, secondo Locke, non per garantire la pace, ma per  garantire il godimento di quei diritti naturali che allo Stato di Natura è incerto. Per questo, attraverso il contratto si crea l'autorità politica.


Il contratto è di questo tipo: gli individui cedono al sovrano la facoltà di garantire attraverso l'esecuzione delle leggi i diritti naturali, ma si riservano sempre la possibilità di revocare il mandato al sovrano nel momento in cui si rendono conto che il sovrano ha violato in modo palese questi diritti.


Quindi, di fatto,  il contratto tra popolo e sovrano è un mandato: il popolo demanda al sovrano alcune funzioni, ma come nel rapporto tra mandante e mandatario, il popolo può revocare il mandato qualora giudicasse che il sovrano ha abusato di questo potere. Questa una grande differenza tra Locke e Hobbes.


Come per tutti i giusnaturalisti lo Stato nasce quindi per atto volontario, un atto di consenso, non è un atto naturale e spontaneo


Divisione dei Poteri


A Locke si deve anche la prima teoria compiuta della divisione dei poteri.


Egli distingue tre poteri:


  • il potere legislativo, il potere di fare le leggi;
  • il potere esecutivo, che è il potere di fare eseguire le leggi,
  • potere federativo, ossia quello relativo alla politica estera, come dichiarare guerra, la pace, il potere di fare accordi commerciali con altre nazioni.

Il potere federativo, secondo Locke è una branca del potere esecutivo, quindi Locke va concentrarsi proprio sul rapporto tra potere legislativo e potere esecutivo.


L'interesse sul rapporto tra questi due poteri nasceva dal fatto che, nell'Inghilterra del  '600, voleva dire parlare del rapporto tra il Re ed il Parlamento. Affermare la supremazia dell'uno o dell'altro, significava fare una precisa scelta politica.


Certamente, dice Locke, il potere legislativo deve essere considerato il poter supremo, proprio perché questo deriva direttamente dalla volontà del popolo, il quale è sovrano fin dall'origine, quando facendo un contratto è uscito volontariamente dallo stato di natura. Quindi il potere legislativo spetta ai rappresentanti del popolo.


Forma di Governo


Qualora il popolo percepisse i propri diritti naturali in pericolo, il popolo stesso può riprendersi la sovranità che ha ceduto e determinare una mutazione di governo


Questo principio è molto importante, al punto che si troverà anche nella Dichiarazione d' Indipendenza Americana del 1776,  ma, allo stesso modo, era considerato nell'Inghilterra dell'epoca un principio blasfemo, eretico, sia dal partito dei Tori (i conservatori), sia da quello dei Whig.


E' una affermazione molto forte,in quanto egli non si limita ad affermare che il popolo può mettere in discussione il Monarca e sostituirlo, ma addirittura, egli afferma che il popolo ha il diritto di modificare la forma di governo, da Monarchia a Democrazia. Il Popolo che è sovrano può decidere lui il mutamento costituzionale. Il legislativo è quindi il potere supremo, proprio perché trova la sua legittimazione direttamente nel contratto sociale.


Il potere esecutivo non è meno importante, perché, dice Locke, il potere legislativo non è sempre in funzione. I rappresentanti del potere legislativo, il Parlamento di Londra, si riunivano solo in determinate occasioni. Invece il potere esecutivo è sempre in funzione. Questo è importantissimo nei casi di urgenza, nei casi di governo straordinario, quando, per riunire il legislativo occorre uno sforzo importante di tempo e di denaro, mentre invece tocca al potere esecutivo svolgere le funzioni del legislativo, finché questo non si sia riunito. Locke chiama questo potere il potere di prerogativa.


Anche se il legislativo benché potere supremo, deve trovare dei limiti.

In primo luogo, il potere legislativo non può essere un potere arbitrario sul diritto alla proprietà e alla vita. Quindi Locke sta dicendo che il diritto di resistenza del popolo può essere attuato non solo nei confronti del Re, ma anche nei confronti del potere legislativo. Anche il Parlamento può abusare del proprio potere.

Il problema vero è che tra i due poteri (Corona e Parlamento)  possono avvenire dei contrasti. Tali contrasti nell'Inghilterra del '600, derivavano soprattutto dall'esercizio della prerogativa.


La prerogativa era la possibilità per il titolare dell'esecutivo, il Re, in certi casi, di svolgere funzioni che normalmente sono di competenza del potere legislativo. Quindi l'esecutivo diventa anche legislativo, e può porre dei provvedimenti che possono anche andare contro le leggi poste dal potere legislativo.


Ma quali sono i casi in cui il potere esecutivo può svolgere funzioni legislative?


Secondo Locke, in casi straordinari di necessità e di urgenza.

Si tratta di un diritto che si ritrova in quasi tutte le costituzioni: la decretazione d'urgenza, il Decreto Legge (art. 77 nella nostra costituzione, di cui l'origine, è proprio negli scontri tra i poteri nell'Inghilterra del '600).


Il problema è che l'esercizio di questa prerogativa molto spesso è giudicato dal Parlamento come un abuso. In questo caso l'esecutivo può dare ragione al Parlamento e riconoscere il proprio abuso, oppure negare.

Questo è tipico nell'Inghilterra del '600, e il contrasto può raggiungere livelli tali da portare alla guerra civile.


Chi è allora che può decidere sul conflitto tra Legislativo (Parlamento) e esecutivo (il Re) ?


Secondo Locke esiste un arbitro: il popolo.

Il popolo è una entità diversa sia dal Parlamento che dal Monarca, che rientra in gioco in politica proprio nel caso di conflitto e può fare da arbitro ed esercitare il suo diritto di resistenza sia nei confronti dell'esecutivo che del legislativo, ma secondo Locke, addirittura, nei confronti di entrambi, nel caso in cui a sbagliare siano veramente entrambi.


Questo diritto di intervento del popolo è di fatto il diritto alla Rivoluzione. Quindi Locke afferma chiaramente che, nel caso in cui i diritti naturali siano in discussione, il popolo può fare la rivoluzione. In pratica, sta sostenendo di essere con il popolo nello scontro con il tiranno Stuart, per deporlo e mettere sul trono d'Inghilterra Guglielmo III.

Ma si spinge ancora più avanti. Nello stesso partito Whig, non tutti furono d'accordo con Lui, in quanto giudicato un filosofo troppo radicale. Una cosa è attribuire al popolo il diritto di resistenza al Sovrano, un'altra è attribuire il diritto di resistenza nei confronti del Parlamento stesso, e di conseguenza dell'aristocrazia inglese.

Il Popolo.

Quando Locke parla di popolo, egli non intende il popolo come lo intendiamo noi, egli lo vede con gli occhi dell'uomo del '600: certamente egli era favorevole all'allargamento dei diritti civili e politici, ma per quanto riguarda la massa vera e propria, lo strato più povero della società, anche Locke, in altri scritti dice che queste ultime non hanno alcun diritto politico.

Al tempo si credeva che si avevano dei diritti politici unicamente se si avevano delle proprietà di una certa consistenza. Il lavoratore dipendente, colui che percepiva uno stipendio da un altro, non era considerato autosufficiente e quindi privo di diritti politici.

Facendo quindi il giusto distinguo, si può però affermare con certezza che la posizione di Locke era, per l'epoca, una posizione abbastanza radicale, di sovranità popolare e di suffragio abbastanza allargato. Per questo ebbe critiche dal suo stesso partito, non solo dai Tori.


Si può dire che Locke fu uno dei filosofi maggiormente letti dai rivoluzionari americani alla fine del '700, nel contesto della rivoluzione americana che portò alla nascita degli Stati Uniti d'America.


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