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I regimi democratici




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I regimi democratici


Democrazie reali


Varie distinzioni di democrazia:

democrazia ideale = costruzione utopica che può aiutare nella costruzione delle democrazie reali;

democrazia formale = basata sul rispetto delle regole e delle procedure (teoria);

democrazia sostanziale = è il risultato dei procedimenti formali (applicazione della teoria);

democrazia liberale = democrazia caratterizzata da

diritti civili e politici riconosciuti e tutelati;

rispetto del governo della legge

magistratura indipendente

società pluralista;

mezzi di comunicazione non controllati dal governo

democrazia elettorale = si vota, ma non si rispettano alcune caratteristiche della democrazia liberale.


La definizione

La definizione procedurale di Schumpeter è:

"il metodo democratico è quell'assetto istituzionale per arrivare a decisioni politiche nel quale alcune persone acquistano il potere di decidere mediante una lotta competitiva per il voto popolare".

Per una definizione completa si integra il principio delle reazioni previste di Friedrich:

il detentore del potere, per ragioni diverse, si sforzerà di interpretare le preferenze del maggior numero di elettori; dunque terrà costantemente conto delle preferenze e renderà conto del suo operato quando tenterà di essere rieletto (responsabilizzazione).


Le condizioni politiche

Il requisito fondamentale per l'esistenza della democrazia è l'estensione del suffragio senza discriminazioni, ad entrambi i sessi a partire dai 18/20/21 anni di età.

Oggi, quando inizia il processo di democratizzazione, non è più necessario combattere per il riconoscimento del diritto di voto, e ciò comporta minore mobilitazione/coinvolgimento attivo dei cittadini. Questo spiega in parte l'elevato tasso di astensionismo nelle democrazie recenti.

Per gli altri requisiti vedi l'elenco di Dahl.

L'elenco di Dahl si può usare per valutare i processi storici di democratizzazione, che è formata dalla congiunzione del

processo di liberalizzazione (= allargamento delle opportunità di contestazione delle autorità); trasforma i regimi chiusi in oligarchie competitive;

allargamento della partecipazione (non è detto che produca un regime competitivo).

L'esito della democratizzazione è la poliarchia, regime in cui nessun gruppo riesce ad egemonizzre il potere politico.

La democrazia in entrata si ottiene con la liberalizzazione e la partecipazione + garantendo il rispetto dei diritti dei cittadini.

La democrazia in uscita (= controllo delle decisioni dei governanti) si ottiene con il meccanismo di rielezione che scatena il "principio delle reazioni previste" di Friedrich + una opposizione attenta, critica, propositiva e alternativa.



Le fasi della democratizzazione

Rustow individua le pre-condizioni della democratizzazione, che sono

un regime non democratico legittimato dalla tradizione, più che dalla repressione;

i partecipanti sono perfettamente d'accordo sulla loro appartenenza ad una comunità politica.

1° fase (preparatoria): è la lotta fra gruppi di élite, senza vittorie e con il compromesso.

2° fase (di decisione): è la scelta di riconoscere su un piano paritario le proprie diversità e creare strutture che le preservino l'accettare l'esistenza dell'opposizione porta alla competizione democratica.

3° fase (habituation): è il conflitto sulla scelta delle procedure decisionali, fino all'assuefazione ai processi. Importante per la fase è che i processi vengano accettati da tutti gli attori politici.


Il processo di democratizzazione può essere facilitato o indebolito da vari fattori, come ad esempio il sistema internazionale.

La contaminazione positiva pare essere più forte di quella negativa (il crollo di un regime democratico che trascina co sé i paesi vicini).

Huntington individua 3 ondate di democratizzazione (e 2 di riflusso):

dal 1828 al 1926 29 Stati democratici facilitata da fattori socio-economici = industrializzazione, urbanizzazione, nascita della borghesia, della classe media e operaia, la riduzione delle diseguaglianze economiche);

dal 1943 al 1962 36 Stati facilitata da fattori politico-militari = vittoria degli Alleati e decolonizzazione;

dal 1974 in poi 58 Stati facilitata dalle esperienze precedenti di democrazia + 5 mutamenti:

crisi di legittimazione dei regimi autoritari;

crescita economica senza precedenti;

il nuovo ruolo della Chiesa dopo il Concilio Vaticano Secondo;

l'impatto della comunità europea sui regimi autoritari dell'Europa meridionale, la tutela dei diritti umani e il tentativo di Gorbaciov;

l'effetto di contagio positivo.


Le condizioni socio-economiche

Quanto influenzano le condizioni socio-economiche sulla creazione/mantenimento della democrazia Varie e diverse ipotesi:

Lipset individua un nesso forte fra democrazia e sistemi socio-economici sviluppati (= alti reddito pro capite, istruzione, urbanizzazione, industrializzazione, esposizione ai mezzi di ccomunicazione) e la possibile esistenza di una relazione causa-effetto. Se i sistemi socio-economici superano certe soglie di sviluppo, daranno vita a regimi democratici.

Non è tanto lo sviluppo socio-economico, ma l'assenza di squilibri e disseguaglianze fra i vari gruppi sociali che mantenono la democrazia.

Non è tanto lo sviluppo socio-economico, ma le modalità con le quali è stato conseguito. Lo sviluppo socio-economico accelerato richiede metodi autoritari e dunque anti-democratici. Per di più, gli autocrati diventeranno in fretta predoni di risorse, causando l'impoverimento della società.

Przeworski nota che le condizioni socio-economiche non influiscono sulla nascita dei regimi democratici, ma ne influenzano la durata. Cattive prestazioni economiche, soprattutto nei paesi poveri che non hanno risorse per affrontare la crisi, rendono vulnerabili le democrazie. L'incapacità di fronteggiare la crisi viene addebitata alla procedura democratica e legittima il passaggio all'autoritarismo.


Tipi di democrazie

I regimi democratici si distinguono dalla forma di governo, dai sistemi partitici, dal funzionamento/rendimento dei regimi.

Almond analizza il (1) funzionamento/rendimento dei regimi, individuando la variabile indipendente nella cultura politica e la variabile dipendente nella stabilità/instabilità politica:

cultura politica omogenea e secolarizzata = regimi democratici stabili democrazia anglosassone;

cultura eterogenea e frammentata = regimi democratici instabili democrazia europea continentale.

Siccome la classificazione non conteneva i paesi scandinavi (cultura politica eterogenea ma regime stabile), Lijphart aggiunge la variabile del comportamento delle élite (vedi tabella), individuando 4 regimi democratici (centripeta, centrifuga, consociativa, spoliticizzata); sottolinea che il cambio del comportamento delle élite può far cambiare la cultura politica.

Lijphart riclassifica ancora i regimi democratici analizzando i (3) comportamenti delle élite in rapporto alla logica di funzionamento delle istituzioni:

principio maggioritario, che valorizza il conflitto (= democrazia maggioritaria);

ricerca degli accordi, che teme il conflitto (= democrazia consensuale/consociativa).

(La democrazia consociativa come rimedio per le società difficili a struttura segmentata)

La democrazia maggioritaria, il cui esempio è il modello Westminster (con eccezione al punto 10) è caratterizzata da:

potere esecutivo concentrato in governi monopartitici a maggioranza risicata;

predominio dell'esecutivo;

sistema bipartitico;

sistema elettorale maggioritario;

pluralismo dei gruppi di interesse;

sistema di governo unitario e accentrato;

potere legislativo concentrato in una assemblea monocamerale;

Costituzione flessibile

Judicial review assente

Banca centrale controllata dall'esecutivo.

La democrazia consensuale è l'opposto:

potere esecutivo condiviso in grandi coalizioni;

equilibrio di potere fra esecutivo e legislativo;

sistema multipartitico;

sistema elettorale proporzionale;

corporativismo dei gruppi di interesse;

federalismo e governo decentrato;

bicameralismo forte;

Costituzione rigida;

Judicial review;

Banca centrale indipendente.


Globalmente individua democrazie maggioritarie, federali maggioritarie, consensuali unitarie e consensuali.

Tali classificazioni hanno attirato molte critiche, per la presenza di molti casi anomali o non inquadrabili.



La qualità delle democrazie

Valutare la qualità (cioè rendimento e funzionalità) delle democrazie è difficile e molti studiosi evitano il tema.

Di recente si è aperto il dibattito sulla migliore forma di governo che ha riportato alla rivalutazione delle FdG parlamentari e presidenziali.

Lijphart utilizza 2 criteri per valutare le democrazie: durata dei governi e qualità; per gli indicatori di qualità rimanda a Dahl e al suo elenco sulle opportunità di partecipazione.

Schmitter individua gli indicatori di qualità nel rapporto fra cittadini e autorità pubbliche (vedi tabella).

Premettendo che la democrazia è sempre governo dal popolo (= fondata dal libero voto dei cittadini)

se è governo del popolo si pretende che i cittadini partecipino e che le autorità siano accessibili;

se è governo per il popolo si pretende che ci siano meccanismi con cui i cittadini possano valutare i governanti e che le autorità rispondano alle loro preferenze.

Questi rapporti dipendono dalla competitività, assicurata dalle procedure elettorali.

L'indicatore della partecipazione più sicuro è l'affluenza alle urne

L'indicatore sulla rispondenza dei governanti è dato da sondaggi sulla soddisfazione dei cittadini come l'Eurobarometro.

Norris nota che i cittadini possono sostenere i principi della democrazia, ma al tempo stesso essere critici sul rendimento e funzionamento del regime democratico e delle istituzioni; proprio perché la democrazia ha vinto i cittadini sentono raccomandabile la critica.


Il futuro della democrazia

La democrazia ha due gruppi di critici:

a)     coloro che la ritengono migliorabile e formulano critiche costruttive (vedi sotto Bobbio);

b)     coloro che vogliono delegittimarla e distruggerla per sostituirla con presunti regimi più democratici o egualitari. Con il crollo dei regimi comunisti, tale alternativa è venuta meno.

Bobbio critica il fatto che la democrazia non ha saputo mantenere queste promesse:

una società egualitaria, senza corpi intermedi;

l'eliminazione degli interessi particolaristici

la fine delle oligarchie;

la diffusione della democrazia anche negli apparati burocratici, militari, amministrativi, nelle imprese;

la distruzione dei poteri invisibili;

l'elevazione del livello di educazione politica dei cittadini.

Secondo Bobbio, ciò è successo perché il progetto democratico fu ideato per una società meno complessa di quella odierna.

Dahl individua 3 possibili trasformazioni future nelle democrazie:

1 - aumento del loro numero;

2 - trasformazione dei limiti e delle potenzialità del processo democratico (riferito a organismi sovranazionali poco controllabili dai cittadini);

3 - più equa distribuzione delle risorse e delle possibilità politiche tra i cittadini + allargamento del processo democratico a istituzioni governate da processi non democratici.


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