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Gianbattista Vico




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Gianbattista Vico



Ci spostiamo in Italia. Visse tra il '600 e il '700 Nacque nel 1658, morì nel 1744.


E' il momento dell'età barocca italiana. Napoletano, Napoli in quel tempo era il Regno di Napoli, un reame, che aveva visto numerosi sovrani passare sul proprio territorio: francesi, spagnoli.

Il Regno aveva in quel periodo una vita intellettuale e culturale molto fervida. Di per sé Vico non era un grande personaggio. Suo padre era un modesto libraio. Il suo massimo traguardo fu quello di ottenere una cattedra all'università di Napoli. Ai suoi tempi, però, era abbastanza letto, sia in Italia che in altri paesi. Ha un linguaggio abbastanza complicato, un italiano non troppo facile.


La sua opera principale è : "La scienza nuova".


La scienza Nuova


La scienza nuova, secondo Vico è la storia. La storia, che, secondo la sua opinione, non era stata studiata fino a quel momento, in maniera scientifica, alla luce della ragione, ma studiata unicamente come fatti accaduti.

Egli dice : "la storia, fino alla mia epoca è studiata solo come lista di avvenimenti, cose accadute. Invece, io voglio trattare la storia come una scienza.".


Perché per Vico unicamente la storia è una scienza ?


Egli sostiene che l'uomo può raggiungere la verità solamente nelle cose di cui egli ha esperienza, che egli stesso ha creato. Quindi, in tutte le cose che egli non ha creato, l'uomo non arriverà mai alla verità, non avrà mai una conoscenza vera.


E questo riguarda tutte le scienze naturali. Poiché la natura è opera di Dio e non dell'uomo, questo non potrà mai conoscerla alla perfezione. L'uomo, invece, ha fatto la storia, e quindi in questo campo e solo in questo, egli può raggiungere una verità scientifica.


Vico critica alcuni pensieri del Giusnaturalismo,  viene quindi definito anti-giusnaturalista.


Egli, ai teorici del giusnaturalismo critica soprattutto la loro analisi del concetto di ragione.


I giusnaturalisti affermano che l'uomo fin dal principio, fin dallo stato di natura, usava la ragione, era un essere razionale,  per ottenere il massimo possibile dagli altri individui.

Per Vico questa è una affermazione che non trova risposta nella storia. L'uomo non è stato da subito razionale. La ragione è un qualcosa che è andato ad affermarsi e svilupparsi progressivamente nella storia.


All'inizio, nella prima era (lui parla di ere), gli uomini erano molto simili agli animali, agivano d'istinto. Solo poi, si è andato a sviluppare il principio della ragione. L'uomo è divenuto razionale solo alla fine del percorso che porta alla civiltà.


Vico, poi,  la prende con due tipi di superbie, che chiama boria:


  • La boria dei dotti (che sarebbero poi i giusnaturalisti, i filosofi);
  • la boria delle nazioni.

La boria dei dotti, è quella superbia che fa dire ai dotti, agli intellettuali, che quello che loro pensano, le loro idee, siano sempre state valide, fin dall'inizio della storia dell'uomo.


La boria delle nazioni, è invece quella superbia, che fa dire ad una nazione di essere stata lei la culla della civiltà, la nazione portatrice dei valori migliori della civiltà.



Questa nuova scienza, la scienza storica, ci fa dire che tra tutte le civiltà ci sono dei tratti comuni, in ogni tempo ed in ogni luogo. Fra questi, tre sono i più importanti:


  • la religione;
  • le nozze;
  • le sepolture.

In ogni nazione, a distanza di moltissimi chilometri e moltissimi anni, si riconosce che gli uomini hanno sempre creduto in qualche principio trascendente, quindi una forma di religione, hanno sempre considerato molto importante l'unione fra la donna e l'uomo (matrimonio o altro), e hanno quasi sempre seppellito i propri morti.


Questo sta ad indicare che, il cammino delle civiltà ha dei tratti in comune. Il percorso delle civiltà è anche il percorso della ragione.


Il percorso della civiltà passa attraverso 3 tappe, 3 ere:


l'età degli dei

l'età degli eroi

l'età degli uomini


Nella prima era, gli uomini vivevano nello stato felino, come gli animali. Gli istinti prevalgono sulla ragione. Gli uomini vivono all'esterno, non ci sono aggregazioni sociali. Piano piano, invece, gli individui iniziano ad avvertire che esiste qualcosa sopra di loro, a loro misteriosa. Questo fa nascere il senso del pudore. L'uomo inizia a rinchiudersi all'interno, nelle grotte, a cercare una sola compagna. E' questo il momento in cui secondo Vico si comincia a sviluppare la famiglia e a svilupparsi la ragione. L'uomo inizia a sfruttare la terra, il fuoco, a fare le prime innovazioni tecnologiche. Non tutti però lo fanno nello stesso modo.


Ci sono alcuni che riescono meglio degli altri, pertanto, nella prima era, nasce la distinzione molto importante tra "le genti maggiori" e "le genti minori".


Le genti maggiori sono coloro che per primi hanno sviluppato la ragione, mentre le genti minori sono coloro che vivono ancora allo stato animale.


Questo porta, secondo Vico, al fatto che, le genti maggiori  dominano le genti minori. Queste cercheranno di ribellarsi ma escono sconfitte, in quanto le genti maggiori sono maggiormente organizzate. Quindi le genti minori si rendono schiave e si sottomettono alle genti maggiori.

A questo punto si passa alla seconda età.


Nell'età degli eroi c'è chiaro questo contrasto perenne tra le genti maggiori e le genti minori. Vico fa l'esempio storico dell'antica Roma e del contrasto tra Patrizi e Plebei, ricchi e poveri.


Ma cosa vogliono le genti maggiori e le genti minori ?


Esiste secondo Vico quella che lui chiama "l'eterna legge dei Feudi".


L'eterna legge dei Feudi è, secondo lui, la legge del potere, secondo la quale chi ha il potere cerca sempre di conservarlo, e chi non ha il potere cerca sempre di conquistarlo.


Questo significa che le genti minori cercano sempre di riconquistare il potere che, invece, le genti maggiori cercano di resistere e conservare la situazione di supremazia. Alla fine, però, le genti minori, avranno la meglio. In quanto, nel processo di sviluppo, la ragione arriverà anche alle genti minori. Quindi alla fine le genti minori arriveranno alla parità con le genti maggiori. Questo, però arriverà per gradi.


La prima cosa che vogliono le genti minori, è la proprietà della terra che lavorano. Si tenga presente che le genti maggiori, non lavorano la terra, ma la fanno lavorare alle genti minori.

All'inizio verrà concesso solo il possesso. Lo scontro porta inevitabilmente all'acquisizione del diritto alla proprietà della terra. Dopo aver acquisito la proprietà, le genti minori vogliono poter trasferire questo diritto ai loro discendenti. Le genti minori, non avevano il diritto di fare testamento, come non avevano il diritto di contrarre matrimonio. Progressivamente questa è un'altra cosa che le genti minori ottengono, la possibilità di fare testamento e fare matrimonio.


Ovviamente ognuna di queste acquisizioni è il frutto di rivolte e guerre civili.


Nel momento in cui le genti minori acquisiscono questi diritti, diventano pari con le genti maggiori: siamo nella terza era.


Nella terza era, l'età dell'uomo, è quella in cui tutti sono uguali, la ragione è sviluppata in tutti gli individui. Si è passati per quanto riguarda le forme di governo, dalla monarchia patriarcale della prima era, alla aristocrazia delle genti maggiori, tipica della seconda era, al Governo Repubblicano della terza era. Tutti sono uguali, non c'è più guerra civile, gli uomini vivono in pace.


Il ricorso storico.


Non è finita, secondo Vico, dopo la terza era, c'è la possibilità di un ritorno alla prima età, e questo lui lo chiama il ricorso storico.


Purtroppo, l'uomo è fatto in modo tale che, una volta in cui egli ha raggiunto la terza era, quella dell' uguaglianza, la fine delle guerre, in cui si gode di grande libertà, ma egli rischia di trasformare la libertà di cui gode in anarchia, in libertà di fare ciò che vuole. La terza era, dice Vico, è l'epoca in cui gli uomini depongono le armi, smettono di combattere, ed iniziano a dialogare. E' l' epoca  della filosofia, del dialogo, ma anche questi portano però alla supremazia di una verità su un'altra. In pratica, ciascuno dice la propria e alla fine, nell'età del dialogo, il rischio è quello di considerare la propria verità come la verità in assoluto. Quindi questa eccessiva libertà di pensiero potrebbe portare ad uno scontro di opinioni, in cui ciascuno è convinto di portare l'unica opinione vera. E questo scontro di opinioni porta alla creazione di fazioni e può arrivare a diventare violento. Dalle opinioni si passa ai fatti. Ogni partito cerca quindi di imporre la propria opinione sull'altro portando alla condizione di guerra civile, che altro non è che un imbarbarimento dell'uomo che lo porta ad uno stadio molto simile a quello della prima età.


In realtà questa condizione di guerra civile di questa epoca può avere diversi esiti:


il primo esito è quello che porta ad un nuovo tiranno, una persona che, in questa situazione si propone di riportare la pace;

il secondo esito è l'invasione straniera. Cioè uno stato civile, che, accortosi della nostra debolezza, ci invade. E' l'invasione di uno stato forte su una nazione in declino;

il terzo esito è proprio quello di un ricorso storico. Cioè gli individui in questo stadio di guerra civile, ritornano alla condizione della prima era e, in un progressivo recupero della ragione, cercano di ritornare di nuovo ad una terza era non più corrotta ma più pura.


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