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Edoardo Sanguineti
Edoardo
Sanguineti nasce nel 1930 a Genova figlio unico di Giovanni e di Giuseppina
Cocchi. Nel 1934 il padre di Edoardo accetta
l'incarico di lavorare come amministratore cassiere presso una nota tipografia
di Torino e così tutta la famiglia si trasferisce in quella città. A Torino
abita lo zio, musicista e musicologo,
che sarà il primo punto di riferimento per la formazione del giovane.
Nel Edoardo si iscrive al Liceo
Classico e avrà come insegnante di italiano Luigi Vigliani. A lui dedicherà il saggio su Gozzano e gli farà leggere alcune
poesie che saranno in seguito parte di Laborintus.
In questi anni il giovane frequenta il mondo 'culturale' torinese, si
reca a mostre e ascolta concerti, e nel
inizia a scrivere l'opera che si
chiamerà Laborintus. Come
egli stesso dice nei Santi Anarchici, scrive per una piccola comunità di
lettori: 'Eravamo in cinque. E i miei quattro lettori erano una
ragazza, un aspirante filologo classico e due altri studenti, uno di farmacia e
l'altro di medicina'. Il 1956 è l'anno della pubblicazione di Laborintus
ed è anche l'anno della laurea. Sanguineti prosegue, dopo Laborintus,
con lo stesso stile ipercolto e sovraccarico e scrive, tra il
e il le poesie di tema erotico che
vanno sotto il nome Erotopaegnia, poi, tra il
e il , Purgatorio de l'Inferno e
nel raccoglie, sotto il titolo di Triperuno,
le precedenti sequenze precedute da Laborintus.
Ma in queste poesie già si possono notare dei movimenti verso una scrittura che
si sposta dall'intellettualismo dei primi esordi alla concretezza delle cose
quotidiane e che, in alcuni punti, si aprono al diarismo dei successivi libri.
Nascerà poi dalla collaborazione con il poeta di Berio, Passaggio che andrà in scena nel . Sempre nel 1961 esce l'antologia dei Novissimi. Nel 1963 si istituisce il Gruppo 63 a Palermo che sarà il risultato dei legami e dei contatti culturali maturati nei precedenti anni. Nel otterrà una cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea presso la facoltà di lettere dell'università di Torino. Nel si scioglie il Gruppo 63. Qualche anno dopo si trasferisce Genova dove si trasferisce con la famiglia e inizia a collaborare con il 'Giorno'. Nel Sanguineti inizia a collaborare con l''Unità', e nel con il 'Lavoro' di Genova.
Periodicamente
Sanguineti raccoglie i suoi versi in volumi riassuntivi, come Catamerone
del 1974, ripreso nel
in Segnalibro dove la sperimentazione si riappropria dell'uso della
forma tradizionale per approdare, nel ,
a Novissimum Testamentum, poi incluso in Senzatitolo nel .
In queste opere il poeta si impegna, confermando così la sua attenta ricerca metrica, sull'ottava, sulla canzonetta,
sul sonetto intervallandoli con
componimenti dal tipico verso extra-lungo che sembra scivolare via e
'frantumarsi'. Del è la raccolta Gatto
Lupesco che contiene Bisbidis, Senzatitolo, Corollario,
la versione definitiva di Cose, e una sezione di poesie intitolate Poesie
fuggitive.
Una figura di letterato a 360 gradi, fuori e dentro il mondo accademico. Poeta, intellettuale, professore di letteratura all'Università di Torino, Salerno e Genova, autore di teatro, critico, saggista, l'attività di Edoardo Sanguineti continua fino ad oggi impegnata in una battaglia culturale iniziata con l'esperienza avanguardistica degli anni Sessanta. Insieme ad Angelo Guglielmi, Edoardo Sanguineti fu infatti il teorico più famoso del Gruppo 63.
Quando apparve l'antologia di poesia I Novissimi i critici italiani notarono subito che forme di poesia sperimentale erano già state provate da molti altri. Sanguineti era infatti allievo di Pound e del Surrealismo, ma quel gruppo, e con Sanguineti gli altri poeti della Neoavanguardia, si iscriveva nell' «onnipotenza» del capitale, nel mondo capitalista apparso con Marx, dove il cammino dello scrittore era verso una direzione di rifiuto, verso una letteratura rivoluzionaria.
Anche se qualsiasi aggettivo affiancato alla parola poesia ci sembra possa chiuderne e restringerne il mondo, occorre dire che la poesia di Sanguineti fu da subito una poesia "politica", del mondo, della "polis" appunto, delle "umane faccende" basata sullo stretto rapporto in chiave marxista tra ideologia e linguaggio.
La poetica
Egli fu anche autore di opere teatrali ma, forse, tutta l'opera di Sanguineti è stata in qualche modo teatrale, quel teatro della vita fatto di saltimbanchi, di divertissements, di sberleffi e di caos, di rebus ed enigmi che sono necessari ad interpretare la Storia.
La poesia di
Sanguineti, anche quando ha superato la fase di dichiarata avanguardia ha
continuato a mettere in atto procedimenti di rottura, di frammentazione e di
apertura (si noti l'uso delle parentesi; e la conclusione dei testi, sempre
lasciata in sospeso con i due punti). Grottesco, dilatazione della lingua,
parodia che, da un caotico viaggio attraverso la psicanalisi, è passata al
racconto diaristico di un'esperienza vagamente crepuscolare: tra questi estremi
si muove l'avventura di Sanguineti che, però, è innanzitutto
linguistico-espressiva.
Molto spesso si è affidato a una poesia-diario di viaggio, in modo da
incentivare il plurilinguismo
nell'immissione di vocaboli di lingue straniere, la dialogicità, la rapidità
della nota e del passaggio da uno spunto all'altro; e in modo, altresì, da
focalizzare il testo intorno all''io', non però al fine di sublimare
liricamente il vissuto, ma al contrario a scopi di demistificazione, di analisi
materialistica e politica dell'io. Soprattutto grazie
alle risorse tecniche dell'accostamento acrobatico di parole dai suoni simili
(fin quasi al nonsense),
Sanguineti perviene a un efficace straniamento dei
contenuti culturali, aggrediti con le cariche del comico e del grottesco. Sanguineti
tenta una scrittura informale, con automatismi vagamente surrealistici,
coinvolgendo in questa esperienza il linguaggio intellettuale, come linguaggio
di un ceto a suo avviso ormai escluso dall'onnipotenza capitalistica e condannato,
quindi, alla non-comunicatività o al non-sense.
Sanguineti narratore
Nella produzione artistica di Sanguineti le opere narrative hanno sicuramente rappresentato un ulteriore tentativo di esplorazione della lingua ma è stato poi l'esercizio poetico quello che meglio si è adattato alla visione delle "umane faccende" dello scrittore, per il valore di occasioni inesauribili che hanno da subito rappresentato.
Nel '76, egli scrisse una poesia sul fare poesia. È organizzata come una ricetta di cucina. Vi è il consiglio di prendere 'un piccolo fatto vero (possibilmente fresco di giornata)', e di trattarlo curando spazio e tempo, con date precise, con luoghi definiti, con personaggi obiettivamente riconoscibili, in vista della preparazione di 'una pietanza gustosamente commestibile' e 'verificabile'. La poesia, per Sanguineti è una particolare 'specie di lavoro": mettere parole, a volte in corsivo, e tra virgolette, e sforzarsi di farle memorabili, come tante battute argute e brevi che si stampano in testa. Anche, ad esempio gli enjambement, le allitterazioni, le solite metafore, vengono a significare, poi, nell'insieme: "attento, tu che leggi, e tieni a mente'.
Sanguineti teorico e critico
Anche la produzione saggistica mette in evidenza la visione tagliente dell'esistenza dello scrittore e la nuova figura dell'intellettuale
Andando a ritroso negli anni troviamo:
Il chierico organico. Scritture e intellettuali (2000), l'ultima raccolta di saggi che in maniera coerente con gli studi precedenti, ripercorre l'attività letteraria svolta in 50 anni di storia attraverso figure rappresentative quali Boccaccio, Foscolo, Leopardi, Montale, Calvino fino ad arrivare al plurilinguismo nelle scritture novecentesche.
Con l'arte del découpage, come un collage di immagini, vediamo che tutti gli intellettuali di cui Sanguineti ci parla, sono impregnati fin nelle radici nelle realtà in cui hanno operato.
La disgregazione del linguaggio
Sanguineti, nel programma della neoavanguardia, è figura centrale per il suo poundismo, per i richiami psicoanalitici dei suoi testi e per il suo plurilinguismo. La poesia di Laborintus sembra, con la sua accentuata disgregazione dei linguaggi, esempio della tecnica dell'assemblage.
La tecnica dell'assemblage, utilizzata nella poesia di Sanguineti, è infatti presa dall'ambito pittorico e gli oggetti - segni, tolti dallo spazio in cui erano collocati, acquistano improvvisamente la loro piena autonomia, ingrandendosi a dismisura.
Anche nel romanzo Sanguineti dedica molta
attenzione al trattamento del linguaggio, tanto sul piano lessicale quanto su
quello sintattico e sia nel romanzo Capriccio italiano,
pubblicato nel , e Il gioco dell'Oca del
si avverte il piacere ludico della parola.
Ed è con Capriccio italiano che lo
scrittore si fa portavoce del romanzo sperimentale mostrando la crisi del
romanzo tradizionale giocando sui motivi dell'inconscio, dell'onirico e del biologico - sessuale.
Il tema centrale del romanzo si basa sulla gravidanza della moglie del narratore e l'attesa del figlio ed è
trattato non in modo naturalistico ma come una prova che , attraverso brevi
episodi simili ad un sogno, smuovono gli strati dell'inconscio.
Sanguineti procede a un uso ludico della parola smontando le forme di narrazione tradizionale, sovvertendo l'uso della punteggiatura e interrompendo continuamente il corso narrativo con ricordi e sogni.
Capriccio italiano ne è l'esempio, 111 capitoli brevi per rappresentare la crisi tra l'io narrante, frammentato e diviso dalla continua alternanza tra sogno e realtà, e la moglie Luciana in attesa del terzo figlio. E' qui presente un uso della lingua bassa e colloquiale come a rendere a portata di tutti le esperienze della neoavanguardia. Vediamo rappresentate le esperienze erotiche del narratore, i sospetti di tradimento, la malattia, la paternità, il corpo, ma soprattutto il gioco, delle carte, delle sedie, che è poi il gioco del romanzo.
Laborintus
La prima pubblicazione di Laborintus, nel 1956, passa quasi inosservata. Le sue poesie, così difficili e illeggibili, sarebbero divenute, solo un decennio dopo, norma per le sperimentazioni linguistiche-poetiche che avrebbero imperversato negli anni Sessanta.
Laborintus è infatti un testo di riferimento centrale per lo sperimentalismo degli anni Sessanta soprattutto se confrontato con la poesia del suo tempo. Esso infatti si presenta come qualcosa di nuovo che apre soluzioni linguistiche e formali sconosciute
Purgatorio de l'Inferno
Lo scopo di questa lirica è didascalico, il poeta si improvvisa maestro del figlio Alessandro per insegnargli i nomi delle cose. Ma queste cose giacciono nel caos quotidiano di un tavolo, dal libro di storia al burro, resto della colazione, fino ad un'enciclopedia. Le cose che ci presenta il poeta si affollano caoticamente in un mondo alienato con nomi labili e provvisori, in contrapposizione a quello comune a tutti: il denaro. Dietro il consolante aspetto delle cose si trova sempre il denaro, che le cancella nella loro individualità e le riduce a semplice merce. Le opere dell'uomo, la sua civiltà, la sua filosofia, il pensiero, l'azione fanno parte del mondo mercificato del capitalismo, che domina incontrastato. Solo ad un certo punto, il maestro cambia e svela il vero significato nascosto. Parla del denaro: i generali che per esso fanno la guerra e uccidono anche innocenti, le banche senza scrupolo, il trionfo del capitalismo, le strutture attraverso le quali esso domina il mondo. L'impeto dissacratorio è simulato ma ben presente, in quella contiguità tra morte e "storie" dei libri di storia, dove il vocabolo conserva l'usuale significato di "fandonie", oltre a quello proprio. Il poeta vuole dare un significato a tutto questo, un significato alla vita e, infine, lo trova: dietro alla facciata di significati vacui, in realtà c'è solo il nulla, il non-umano.
questo è il gatto con gli stivali, questa è la pace di Barcello
fra Carlo V e Clemente VII, è la locomotiva, è il pesco
fiorito, è il cavalluccio marino: ma se volti pagina, Alessandro,
ci vedi il denaro:
questi sono i satelliti di Giove, questa è l'autostrada
del Sole, è la lavagna quadrettata, è il primo volume dei Poetae
Latini Aevi Carolini, sono le scarpe, sono le bugie, è la scuola d'Atene, è il burro,
è una cartolina che mi è arrivata oggi dalla Finlandia, è il muscolo massetere,
è il parto: ma se volti il foglio Alessandro, ci vedi
il denaro
e questo è il denaro,
e questi sono i generali con le loro mitragliatrici, e sono i cimiteri
con le loro tombe, e sono le casse di risparmio con le loro cassette
di sicurezza, e sono i libri di storia con le loro storie:
ma se volti il foglio, Alessandro, non ci vedi niente.
Si tratta di una lirica composta da versi liberi, quasi in prosa. I versi sono, inoltre, atoni, a causa della mancanza in essi, di possibili figure ritmiche ricorrenti. La cadenza è, però, data dalla ricorrenza sintattica (questo è. e. e. e questo è.) e anche dalla divisione in tre brevi sequenze indicate dai bianchi tipografici.
Piangi piangi
piangi piangi, che ti compero una lunga spada blu di plastica, un frigorifero
Bosch in miniatura, un salvadanaio di terracotta, un quaderno
Con tredici righe, un'azione della Montecatini:
piangi piangi, che ti compero
una piccola maschera antigas, un flacone di sciroppo ricostituente,
un robot, un catechismo con illustrazioni a colori, una carta geografica
con bandierine vittoriose:
piangi piangi che ti compero un grosso capidoglio
di gomma piuma, un albero di Natale, un pirata con una gamba
di legno, un coltello a serramanico, una bella scheggi di una bella
bomba a mano:
piangi piangi, che ti compero tanti francobolli
dell'Algeria francese, tanti succhi di frutta, tante teste di legno,
tante teste di moro, tante teste di morto:
oh ridi ridi, che ti compero
un fratellino: che così tu lo chiami per nome: che così tu lo chiami
Michele:
Il testo, tratto da Purgatorio de l'Inferno tratta del rapporto padre-figlio, nel momento in cui il padre-poeta canta al bambino una vera e propria ninna-nanna, il cui ritmo ripetitivo è dato dall'elenco di una serie di oggetti consumistici, di "regali di Natale" debitamente scelti per la loro assoluta inutilità. La cantilena accompagna il pianto del bambino, ma nel finale la situazione è ribaltata e l'invito del padre al figlio è di ridere perché, finalmente, c'è un regalo vero, quello di un fratellino (Michele è in effetti il terzogenito di Sanguineti).
La poesia è scritta in forma colloquiale, quasi prosa ed è ben evidente la funzione antiretorica contro il mondo consumistico, che si presenta, ancora una volta, come ingannevole e alienante. Sanguineti introduce diversi aspetti innovativi, sia dal punto di vista grafico, metrico e stilistico ma soprattutto per quanto riguarda le tematiche. Egli, infatti, cerca una riflessione critica e attenta sul presente e sulla società del denaro, dando al lettore una panoramica obiettiva sulla società di massa, tanto agognata e rincorsa nel passato. La "società della merce" messa in evidenza da Sanguineti nelle sue opere, ha un solo obiettivo: l'accumulo di denaro che non si sofferma sui danni umani che la mercificazione provoca, primo fra tutti l'alienazione. L'operaio, sfruttato come forza lavoro, è come se vendesse parte di sé, in quanto poi si ritrova nella necessità di comperare ciò che egli stesso ha prodotto; tutto questo non fa altro che creare un circolo vizioso, in cui l'uomo si estranea, perde coscienza di sé e segue ciò che la società cerca di imporre. Questa società offre come unici oggetti di appagamento, una mescolanza di cose futili e inutili, senza arrestarsi davanti alla guerra, anch'essa fonte e promotrice di mercato e ricchezza. E' proprio una finestra sulla vita contemporanea che il poeta vuole spalancare, sottolineando gli aspetti più crudi attraverso un crescendo continuo di immagini e caos che giunge a realtà oscure e pericolose. Infine, poco prima del finale che ci riporta nella speranza, l'aspetto quasi più tragico del mondo moderno,appare all'improvviso: la morte e la violenza trasformate in oggetti di comune scambio, in merci da vendere o comprare, in azioni "normali" e quotidiane.
Il gruppo 63 e la poesia ai giorni nostri: intervista a Sanguineti
Il gruppo 63, era, fondamentalmente, una nuova generazione letteraria, formata da giovani affamati di informazione e novità. Ai giorni nostri, come anche lo stesso Sanguineti afferma, "i giovani cominciano a seccarsi, un tempo si aveva fame di cultura perché non si trovavano i libri, libri come Proust ad esempio. Adesso in libreria si trova di tutto, e quindi è difficile sentire la fame quando si ha tutto". E' questa la maggiore difficoltà per ricreare quella contestazione culturale che ha stimolato una generazione intera. In realtà il desiderio di confronto e di scontro è ancora vivo tra i giovani e, persino Internet, se usato bene e non in maniera distorta, rappresenta ancora il modo per trovarsi, per contagiarsi, come succedeva per il gruppo 63 durante quel periodo. Internet non è da demonizzare: la cultura è più diffusa. La cultura non è solo nei luoghi tradizionali, anche se continua ad essere presente nelle le librerie e nelle biblioteche, ma ora è presente anche in luoghi come il cinema, che, però, ancora non ha soppiantato il teatro o nei Festival, importanti per la nuova diffusione della cultura.
Sanguineti sottolinea: "La poesia, soprattutto quella dei giorni moderni, deve rifiutare i modelli; si continua a tornare all'ordine quando invece bisogna tornare al disordine". Certo è presente un'industria, c'è un mercato della cultura che rischia di svilire l'innovazione ma, del resto, "anche Virgilio scriveva per una corte". E' fondamentale riconoscere l'unicità dell'essere, e non rinchiudersi nella paura di scrivere qualcosa di "sbagliato"; nulla è sbagliato, l'unico errore è lo scrivere solo cose gradite, l'omologazione del sentire. "E' troppo diffusa la paura di esporsi, si confrontarsi e, a volte, affrontarsi; anche durante gli incontri del Gruppo 63 si litigava e poi si andava a bere insieme, era questa la base dell'innovazione".
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